[QWA] L’uomo nero e la contaminazione di Mami Wata

 

Il grande fuoco al centro del villaggio rimandava bagliori vivaci, gli spiriti di Xangò che mai riposano danzavano sinuosi illuminando la vita di Timata Ora, e adesso, al parlare di Khewe, parevano mostrare ciò che era il dire del giovane.

 

 

Ecco la sagoma possente di un Naa’har, la più sacra tra le bestie. Qualcosa però non andava. Era inquieto, dallo sguardo ottenebrato.

Ecco ora un teschio nero, che un serpente frantuma in mille schegge. Ma le schegge si disperdono sulla terra, dalla terra trovano l’acqua, e la corrompono.

Ecco infine apparire un uomo scuro.

Questo il Mangarap, il mondo dei sogni, aveva mostrato alla Tribù di Timata Ora.

 

Khewe raccontò come la Tribù si era recata su Watan per controllare la Sacra Grotta dove i Naa’har andavano a morire, e vi avevano trovato una vegetazione alterata e ostile. Dopo aver eliminato il pericolo, i Qwaylar avevano scorto una piccola fonte d’acqua presso la quale apparve uno spirito, Djande Mu, emissario di Mami Wata. Djande Mu narrò loro di come tempo addietro l’acqua era stata corrotta, e di come un uomo nero, giunto presso presso quella fonte contaminata e ignaro di tutto, si era abbeverato e ne era stato corrotto lui stesso. Ciò lo aveva reso in qualche modo molto potente e ne aveva mutato lo spirito, spingendolo a far dilagare il male che lo aveva posseduto.

 

La Tribù allora aveva innalzato canti e fatto danze intorno alla sorgente, e il rito aveva purificato la fonte. Alla fine del rito lo Spirito di Mami Wata si era mostrato nella Grotta Sacra rivelando che l’Uomo scuro era tornato su Yarda e che avrebbero dovuto trovarlo e ucciderlo.

La Vodun Kinyesi ebbe l’idea di rivolgersi al Pochteca di Kaniga Wata. Djande Mu aveva rivelato che l’evento si era già verificato in passato e forse le genti dell’antico villaggio avrebbero saputo come aiutarli, come avevano già fatto al tempo di Cocco.
Lo sciamano Wanjala, mediante l’uso di un’erba sacra, fece sollevare un denso fumo per creare delle visioni. Tutti i presenti, inalandolo, riuscirono a vedere cosa era accaduto:

Lo spirito maligno si era fatto largo tra i mondi ed era giunto nel Luogo Sacro dei Naa’har, dove uno di questi, Righ’sha, era andato per trovare pace e ricongiungersi a Mawu. Ma invece di pace, il Naa’har aveva trovato corruzione, e la sua pelle era divenuta scura, unta e sporca come il suo spirito contaminato.
Gli Spiriti avevano allora chiesto aiuto alle varie Tribù della Giungla, e molti avevano risposto alla chiamata, ma sia i Kokaroti che la Tribù dello Stregone Serpente erano tornati decimati dalle spedizioni. Tale era il potere di Righ’sha.

 

Anche la Tribù di Timata Ora aveva provato ad avvicinare il Naa’har, ma la bestia li aveva respinti; la corruzione dentro di lui era tale che egli non desiderava essere curato.
I Qwaylar, però, avevano portato con loro Sakapta. Lo Spirito riuscì a vedere ciò che i loro occhi mortali non riuscivano a scorgere, ovvero la fonte della corruzione in cui risiedeva lo spirito maligno: il teschio nero. Era il teschio a insozzare l’acqua, e dall’acqua le creature viventi.
Lo Spirito di Sakapta allora si mostrò, saltò dentro il teschio e lo distrusse. I frammenti del teschio si sparsero d’intorno e come una melma putrida affondarono nel terreno fino a trovare l’acqua, contaminandola. Fu allora che l’Uomo arrivò e, ignaro, bevve alla stessa fonte che aveva fatto diventare folle il Naa’har prima di lui. La corruzione lo portò a rinnegare ogni cosa in cui credeva. Lo portò al punto da rinnegare anche Mawu. Da odiare Mawu.
Prese l’acqua contaminata con sé e la portò nel covo sotterraneo dove si era rifugiato. Lì era dove lo avrebbero dovuto stanare.

La sera dello scontro la Tribù si era recata sull’isola dove si trovava il rifugio dell’Uomo nero e si accingeva ad affrontarlo fiancheggiata dai potenti Uomini della Quercia, compagni dei draghi, dalla storica ciurma dei Corsari Scarlatti e da quella nascente dell’isola di Tortuga, oltre che dagli amici Girotondi.
La Vodun Kinyesi tracciò i corpi dei Qwaylar con segni di potere che rafforzassero le membra e la mente, e Khewe e Hopi guidarono la spedizione facendosi largo tra le moltitudini di piante che si erano rivoltate al volere di Mawu.
Discendendo nelle viscere della terra, si trovarono infine a fronteggiare Ikangu, l’Uomo scuro, nei cui occhi si palesava il nero potere di cui si era ammantato.

Per nulla intimorito dall’imponente gruppo che gli si poneva dinnanzi, Ikangu rilasciò tutta la sua autorità richiamando a sé altri sciami di creature ostili, che a ondate si infransero sugli avventurieri.
Infine, incapace di avere la meglio, si dissolse in un vortice d’aria, sparendo alla vista. Tutti però erano consapevoli che si era solo rifugiato in un luogo da cui un giorno, forse, avrebbe fatto ritorno.

 

Poi, ancora una volta, Djande Mu tornò a palesarsi. L’emissaria dichiarò che era tempo di purificare la fonte, come la Tribù aveva fatto in precedenza con quella su Watan. Stavolta non solo i Qwaylar, ma tutti i presenti avrebbero dovuto seguire Djande Mu nella frenetica danza, seguendo il volere di Mami Wata che lo Spirito leggeva nell’acqua. La cava risuonò dei canti e dei gesti forsennati che si erano scatenati in cerchio, e al culmine di essi Mami Wata apparve.

 

Era troppo tardi per risanare il luogo, dichiarò lo Spirito, nulla avrebbe potuto riportare quel luogo all’ordine naturale cui era seguita la corruzione, ma altre terre erano state salvate dal dilagare di quello stesso scempio. Yarda era ancora in pericolo, giacché anche se gravemente ferito, l’Uomo nero un domani avrebbe potuto ritentare il rito di corruzione che era stato interrotto quella sera. Ma per il momento era tempo di gioire per il successo appena conseguito. Mami Wata donò a Kinyesi in segno di ringraziamento la sua acqua più pura, una mawena che la Tribù avrebbe custodito gelosamente.

E quella sera un altro grande evento fece danzare gli spiriti di Xochipilli nell’animo della Tribù: un nuovo Tlatoani ascese a guida del popolo di Timata Ora, che dopo la sparizione di Yoruba attendeva un nuovo capo. Il primo atto di Kinyesi, che da quel momento sarebbe stata conosciuta col nome di Spire Nere, fu di riconoscere l’aiuto ricevuto dai presenti e di garantire che la Tribù sarebbe intervenuta in sostegno di coloro che avevano contribuito a sventare la minaccia.

 

Lhuixan illuminava le imbarcazioni col suo debole chiarore, e ognuno tornò alla propria dimora per il meritato riposo.
Tutti, ma non i Qwaylar. Quella notte sarebbe stata festa grande tra i membri della Tribù per innalzare Spire Nere e per celebrare una nuova vittoria.
Una vittoria, forse solo provvisoria, per la salvaguardia della giungla e di Yarda tutta.

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