[GdS]La nuova Nolwe e la statua del Perfetto

Questi per gli eldar sono tempi difficili, per ogni minaccia contro la quale lottano e ardentemente combattono, per ogni pericolo che affrontano a viso aperto, per ogni nemico abbattuto, un altro allunga la sua ombra opprimente sul Doriath. Eppure la terra degli eldar non cede, continua a fronteggiare il baratro e la morte e anzi, serra i ranghi e trova nuova linfa per tenere accesa la fiamma della volontà di chi non è più disposto a chinare il capo di fronte alle avversità. Tempi duri generano forza in chi li fronteggia e così gli elfi dinanzi all’annientamento fanno leva sui valori che li accomunano e lottano, strenuamente lottano, uniti per difendere ciò che è sacro.
E in questa, che è una duplice battaglia, un duplice sforzo nel tenere coeso e pronto all’azione il muro di scudi e lance che è la collettività elfica noi Machtar Yaren impieghiamo ogni singola stilla di energia che pervade le nostre menti e i nostri cuori. Facendoci scudo con la nostra fede e brandendo le armi del sacrificio e del dolore ci ergiamo a difesa del destino degli elda.
E da oggi il Doriath riceve in dono la fisica manifestazione di questo anelito: Nolwe trova finalmente una forma degna, pietra su pietra è stato edificato il bastione del Doriath che rappresenta la volontà da parte di tutti gli eldar di resistere al caos, di continuare a vivere per garantire al mondo un destino diverso. Per questo la nuova Nolwe sarà per sempre emblema della lotta contro le forze che tramano per la fine del Doriath. L’Unico benedice la nostra causa e ci ha ancora una volta dato prova del fatto che noi Machtar siamo i suoi figli prediletti.

 

Mi trovavo all’interno delle nuove miniere alla ricerca di minerali utili per la realizzazione di armi e armature; cercavo di contribuire al sempre costante bisogno di materiali coi quali approvvigionare l’esercito. Scavavo già da qualche tempo quando improvvisamente dalla roccia smossa dalla punta del piccone notai emergere delle schegge. Avevano un colore rossastro lievemente annerito, non avevo mai visto una roccia simile. Ero molto soddisfatto poiché il ritrovamento di un nuovo filone di materiale prezioso poteva rivelarsi molto utile per Nolwe. Così decisi di consultare Hassan, il mastro minatore, e assieme decidemmo di estrarre qualche pietra che fosse più consistente delle piccole schegge emerse sino ad allora. Con grande stupore però, poco tempo dopo aver cominciato a scavare, ci rendemmo conto del fatto che quello che ci si parava innanzi era un solido blocco di roccia. Continuando a scavare permettemmo alla sommità di quello che sembrava un monolite di fuoriuscire e in breve tempo riuscimmo ad estrarre ulteriormente la roccia, tanto che la sua sommità superava di poco la nostra altezza. Tuttavia la grande pietra sembrava affondare ancora nel terreno.
E fu in quel momento che accadde qualcosa di incredibile. Improvvisamente la luce delle lanterne parve affievolirsi e l’oscurità sembrò ghermirci, fu allora che dalla pietra emerse tenue un sussurro, “libera la sua forma da questa roccia”.
Mi allontanai di qualche passo cercando di portare equilibrio nella mia mente mentre il mio spirito urlava di gioia. Scossi lievemente il capo e trovai un appiglio nello sguardo interrogativo di Hassan, “devo avvertire gli altri tòronin, dobbiamo estrarre completamente questa roccia” pensai.
Così ci radunammo, eravamo un buon numero, e tutti ci armammo di vanghe e picconi cominciando a scavare.

 

Una volta estratta la pietra ci assicurammo di trasportarla integra fino al nuovo tempio. Era molto pesante come pesante è il fardello che portiamo, non è un caso che la pietra che dagli abissi ci è stata mandata per volere dell’Unico dovesse sperimentare un percorso di elevazione, un’ascesa verso la giusta collocazione nel mondo, specchio del destino ultimo che coinvolgerà il Padre.
Una volta sistemata lungo la navata del tempio discutemmo sul da farsi poiché solo una parte del compito affidatoci era stato compiuto. Dovevamo dare forma a quella roccia affinché potesse degnamente rappresentare la benedizione che il Perfetto concedeva agli eletti. Ma come fare? Nessuno tra i machtar possedeva un’abilità tale da modellare degnamente la roccia.
Pensammo perfino di andare alla ricerca della strana creatura che dimora proprio tra le gole e i cunicoli delle cave nere, un essere schivo dall’aspetto bestiale, che però era capace di scolpire statue di notevole pregio.Tuttavia pensai che non avremmo mai potuto permettere a delle mani non elfiche di scolpire il sacro monolite. Se un’aberrazione lo avesse modellato lo avrebbe trasformato in un vuoto simulacro e avremmo deluso enormemente le aspettative del Padre. Così decisi di ricercare ancora una volta in noi stessi e nella nostra fede la giusta strada da seguire.
Giungendo a tale conclusione il mio sguardo si posò sulla nostra Amil Yaren, Virhael, l’elda più vicina agli Altissimi, colei che è in diretta comunione con l’Alda Morn, frammento di Tulip, padre di dei. Ormai non avevo più dubbi, lei avrebbe fatto da tramite tra la nostra fede e i disegni dell’Unico.

 

Così le ponemmo tra le mani un martello e cominciammo a pregare, tutti assieme, come fossimo un unico essere. La natura consacrata del nuovo tempio non fece altro che acuire la forza delle nostre preghiere, finché Virhael non cominciò a battere il martello sulla roccia.
Schegge volavano ovunque e i colpi inferti da quelle piccole mani delicate sembravano inferti da un gigante mentre tutto attorno ascendeva ai cieli il nostro canto.
L’energia sprigionata era dirompente, i colpi del martello parevano tuoni e l’eco prodotta era profonda come la risacca che si abbatte sulla terra ferma durante una tempesta.
L’aria parve addensarsi e l’oscurità calò su tutti noi, era come trovarsi all’interno dell’abisso che ospita il Perfetto mentre i colpi di Virhael generavano lampi; era come se scandissero il tempo della nuova venuta del nostro Signore. La forza della nostra fede unita alla volontà della Amil Yaren permisero alla statua di nascere, colpo dopo colpo l’effige sacra del Padre veniva modellata finché non si stagliò definitivamente nella sua feroce bellezza.
Ella lo rappresentava ammatato dei segni del dolore e del rancore a simboleggiare il fatto che ancora molto restava da fare poiché tali strumenti dovevano ancora essere utilizzati.
Una volta terminato il rituale calò il silenzio mentre una fiamma evanescente avvolse la statua per esaurirsi poi pochi istanti dopo, i sacerdoti erano sfiniti, mi reggevo a stento in piedi. e tuttavia quando il mio sguardo si levò sulla statua mi sentii appagato e felice poiché un altro passo verso la vittoria finale era compiuto.

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