[VAL] La Benedizione dei Faerin. Un nuovo futuro Eldar

8° Parte della 23esima Fioritura

Era passato molto tempo da quando i Sindar avevano effettuato il primissimo Rito di riconciliazione con il Sacro Bosco di Tiond. Il Faerin sembrava soddisfatto delle volontà esposte dagli Eldar in un periodo in cui tutta la tradizione sembrava essere messa da parte a favore della sopravvivenza del retaggio.

L’omogeneità dei Sindar con i Quenya prendeva lentamente forma, vedendosi annullare i muri inibitori di un periodo in cui due regni distinti si guardavano ognuno con occhi di superiorità verso l’altro.
Ma non era un progetto solamente interno. Non si stava forzando una convivenza, o almeno non doveva esserlo da subito. Era un Idea. Il popolo Eldar non era fatto per staccarsi l’uno dall’altro e farsi guerra per screzi o pezzi di terra come gli Atani erano soliti fare. Avevano un retaggio e un abitudine diverse a cui dovevano dare conto una volta per tutte. Quest’idea li spinse verso i Teleri e creare un rapporto con loro più che unico rispetto quanto accaduto mai nel passato. Era quello il destino del Doriath. E il prossimo passo era riallacciare il contatto spirituale con l’esoterico che li circonda tutti da sempre.
I Faerin non sono una prerogativa Sindar e basta. Certo, loro ne sono più legati degli altri, ma sono entità vicine a tutto il popolo elfico, ma sta ai singoli dimostrarne attaccamento e rispetto. Cosa che i Valinrim erano più che determinati ad esserne pionieri e fautori mettendoci tutto l’impegno che potevano.

Si recarono al Tempio di Suldanas ai confini del Bosco di Tiond per la seconda volta, preparando un focolare di legno dorato e polveri Sindarin da bruciare assieme intonando un invocazione sciamanica come i loro antenati hanno insegnato.

Il fumo si espanse improvvisamente per poi rilasciare rapidamente delle polveri che andarono a scurire il cielo. Ma era evidente che non si trattava di qualcosa di naturale, visto che faceva fatica a filtrare quella poca luce che c’era. Entrare in comunione con il rito di per se era sempre un esperienza particolare per Mythras. Sembrava come volare via in un altro mondo e poter parlare con qualcuno che veglia su di te ma che non vedi, come un antenato.
E di antenati si trattava alla fine! Ogni Sindar era solito avere un Faerin protettore che ne rappresentava le qualità, che fossero caratteriali o di caccia o combattimento. Come la Bereth infondo si diceva avesse come protettore il Faerin Farfalla.

Era un mondo magico a parte ma altrettanto facente parte del mondo Eldar in ogni sua forma.
Il Faerin apparve agli Eldar dicendosi soddisfatto di essere richiamato di nuovo e che nessuno avesse abbandonato le speranze.
Ma interruppe subito l’Argur, che aveva manifestato la volontà di parlamentare con gli Alberi Semoventi del Bosco per trovare un punto d’accordo. Sembrava che il punto non fosse quello di farsi riaccettare dal Bosco, ma accettare in prima persona il Bosco e tutti gli spiriti che vegliano sugli Eldar.
Spiegò che con il tempo si era ridotto di molto il numero di Faerin disposto a seguire il popolo elfico, ma tra quei pochi si poteva avere un contatto di riconciliazione.

Nell’oscurità sparì, così come apparve, il Faerin invocato. Aveva dato importanti indicazioni agli Eldar su quanto avrebbero dovuto fare da quel giorno in poi.
Erano indicazioni vaghe, ma avrebbero sicuramente trovato il punto di partenza e da lì, come sempre, avrebbero raggiunto l’obiettivo come un cacciatore insegue la preda.

Pochi giorni dopo venne chiesta udienza alla famiglia reale per parlare con la Bereth Beriannen, unica discendente di Arabella, colei che sembra aver tramandato la capacità di entrare in contatto con gli spiriti come nessun altro prima aveva fatto. Se c’era qualcuna che avrebbe potuto aiutare gli Eldar in quel momento non poteva essere che lei. La Tari con i suoi modi semplici e diretti aveva dato indicazioni e lanciato al tempo stesso una sfida ai migliori cacciatori ed alle guide Sindarin, ritrovare sè stessi attraverso le più antiche tradizioni di caccia, la sacra fara. Era stato individuato un imponente cervo fulvo nei pressi dei boschi adiacenti la città e sembrava esso farte parte di una prova da superare. Passò poco prima che esso venne individuato davanti i cancelli magici di Ondolinde, ove la sua indifferenza e ben celata paura lo accompagnavano nei suoi cammini fieri. Vennero avvertiti i Draug i quali non persero certo tempo e si immersero in ogni zolla di terreno del Doriath del nord.
La Fara per un Sindar e’ qualcosa che va ben oltre al mero braccare una preda, la preparazione….la pazienza….la calma nel cuore…… la coscienza di non alterare l’equilibrio e la consapevolezza di ogni suo cerimonioso gesto.
Catturare quell’esemplare di cervo dal rosso manto era il primo passo del popolo Sindar per ricongiungersi ai Rim Faerin, una creatura maestosa, scaltra, diffidente e difficile da avvicinare , capace di far perdere le sue tracce ai cacciatori piu esperti ma che andava presa senza versare una singola goccia del suo sangue.

La preparazione. La pazienza e la calma nel cuore. La conoscenza. La coscienza. Doti che Thalion aveva di certo nel suo essere, riuscendo a catturare la creatura con precisione e una velocità tale da ingannare anche Beriannen stessa, la quale aveva doti da cacciatrice di non poco conto!
Interpretando le indicazioni ricevute dall’antico faer di Tiond, spesso criptiche, le genti di Valinor, in accordo con i propri sovrani, avevano stabilito di officiare un sacrificio per risvegliare il primo dei tre grandi spiriti, il faer Draug, il cui legame con il popolo silvano doveva esser rinnovato, come una gemma che attende la fine dell’inverno per germogliare.
Così, al calar delle luci del giorno e sotto la distesa delle eleni, nella valle avevano iniziato a diffondersi le melodiose voci che si levavano in canti e preghiere a Suldanas.

Negli occhi della creatura si scorgeva l’istintiva paura della preda in balìa del predatore e ciò rappresentava il naturale procedere delle cose come la Grande Aquila aveva sancito all’alba dei tempi, il ciclo di morte e rinascita, di morte che porta a nuova vita.

Si manifestarono dapprima dei luminosi spiriti della natura, i quali assunsero una tonalità cremisi non appena una fiamma del medesimo colore si levò dalle carni che cuocevano sulle braci.
Poi apparve, tra lo stupore dei presenti, il faer Draug, lo spirito di un enorme lupo, simbolo del loro ritrovato legame. La sua sostanza era eterea, visibile grazie ai giochi di luci ed ombre provocati dal rosso fuoco, ma la sua forma era ben delineata.

Parlò con voce solenne e profonda comunicando che, sebbene il suo legame con gli edhil mhithrin era stato risvegliato dal profondo del loro animo ove era da tempo sopito sopito, vi erano altri due einur faerin con cui avrebbero dovuto rinnovare il proprio patto: lo spirito della Quercia e lo spirito del Granito.

Prima di dissolversi, l’apparizione parlò loro un’ultima volta, consigliandoli di mettersi alla ricerca di alcuni alberi secolari, in qualche parte del Doriath, le cui fronde erano state colpite da un misterioso morbo e stavano marcendo. Solo l’acqua proveniente da una fonte sacra avrebbe potuto guarirli e, se fossero riusciti nell’intento, il faer Doror, lo spirito della Quercia, avrebbe mostrato la propria riconoscenza.

Il vento si placò e la piacevole brezza serale tornò ad accarezzare i volti dei presenti. Gli spiriti della natura si tinsero nuovamente di brillanti tonalità di verde prima di svanire tra gli alberi.

Ma la notte per l’Argur e i suoi più fidati consiglieri era appena iniziata: bisognava riflettere e meditare su quanto appena udito e stabilire il da farsi per i giorni successivi.

Il prossimo passo sarebbe stato quello di creare l’acqua benedetta presso Rotiniel, ove nella piazza principale vi era la fontana ove risiedeva lo spirito delle Acque. Era necessario invocarlo e donargli un oggetto particolare per riceverne il favore.
Quale dono migliore di un anello Calaquendi infuso di polvere Sindarin?! L’incrocio di due elementi peculiari delle due razze era il dono migliore per lo spirito che, come si sarebbe verificato, accettò. Lo Spirito autorizzò i Sindar a prendere dell’acqua dalla sua Fonte per poi benedirla. Sarebbe stata quella la chiave per curare gli alberi malati presso la Valle degli Spiritelli a Ovest. E fu così che si sarebbe palesato il Faer della Quercia. Egli disse che tanto tempo fa era il Faer di tantissmi saggi, studiosi e artisti. Venne perso tutto pian piano che la sciagura cadde su Tiond facendo fuggire i suoi abitanti mandandoli incontro al loro periodo di “Buio” che li separò dal mondo mistico dei Faer. Ma ora che avevano ricucito quel legame erano pronti per incontrare quello più coriaceo di tutti. Il Faer del Granito.
Egli si trovava presso la Valle a Sud, vicino il deserto elfico.

Al loro dirigersi lì, gli Eldar si ritrovarono uno spettacolo mozzafiato. Il Faer si palesò loro dopo una scossa di terremoto notevole che fece staccare dei pezzi di roccia dal costone che presero vita! Una sorta di Golem cominciò a combattere con gli Eldar. Era la sfida del Granito! Ripeteva sempre una frase mentre il Golem si lanciava addosso agli Eldar con spietata furia. “La Schiera del Granito non cede mai!”. Era la schiera dei combattenti virtuosi. Svariate linee di combattenti seguivano tale Faer e si identificavano come guerrieri ostici da sconfiggere. Esattamente come quel Golem che venne sconfitto dopo aver sudato molto più di quello che pensavano. Ora avevano anche l’appoggio dell’ultimo Faer. Dovevano solamente tornare a casa ed incontrarli tutti e tre.



Il destino di quegli Eldar si era incrociato con la fortuna di aver visto, interagito e affrontato i Faerin di cui tanti racconti e leggende narravano. Non si facevano quasi mai vedere se non per casi importanti come quello in questione. Essi erano entrati in Valle ove gli elfi ormai risiedevano insieme, uniti e in armonia. La loro benedizione scese sulla città in modo diretto e deciso, come un mago lancia le sue magie. La città cominciò a mutare durante tutta la nottata e gli Eldar si svegliarono nella loro nuova casa. Assieme ai loro Toronin. Assieme ai Faerin. Tutto era cambiato e i Sindar erano sani nello spirito ora che avevano ricucito quella “mancanza” che tanto soffrivano. Era l’inizio di una nuova era.