[VAL] Ritorno al Bosco di Tiond

Ondolinde, Città del Regno di Valinor ospitante la Famiglia Reale delle due razze Sindar e Quenya. Le giornate procedevano serene per gli Eldar che cominciavano ad avere consapevolezza della loro grandezza grazie alle scoperte delle Antiche Conoscenze in parte condivise con il Mondo.

Era passato molto tempo dal giorno del Prodigio. Giorno in cui i Faerin erano tornati in comunione con i Sindar, dopo tanto tempo di allontanamento l’uno dall’altro. Tutta la città elfica era mutata dalle basi unendo Granito e Foreste in perfetta simbiosi Quenya e Sindar. O ra era la città di ambedue le razze, senza più ospiti o rifugiati. Si erano create le Schiere dei Faerin, come un tempo era consuetudine fare presso Tiond. Una nuova alba per tutti. Ma non era ancora finita. I passi erano stati molti ma dovevano esserne fatti ancora, e Mythras lo sapeva bene.

L’Argur, Capo Schiera del Granito, aveva dialogato e persino lottato come prova di fede con i Faerin. Evento molto raro nella storia degli elfi anche solo il semplice manifestarsi di uno degli Spiriti Maggiori. Il Doriath stava rinascendo piano piano e le minacce quasi completamente estinte fino al nuovo attacco Drowish presso Nolwe. Il Bianco Esercito si era mobilitato con un campo base ai confini pronti a respingere e contrattaccare.

Mythras stava studiando la Mappa dei Bianchi Possedimenti per poter arginare al meglio la minaccia e prevenire altri movimenti tattichi da parte dei Moriquendi lato Ceoris e Grotte Nere. Li sotto vi era un articolata ragnatela di grotte e passaggi che portavano al Regno Terathan fino alla città nemica, Luughnasad. Era la sua scacchiera. E aveva necessità di fare la mossa giusta.

Ma la tattica non era l’unica cosa su cui poteva disporre Mythras. Era un Sindar, e in quanto tale aveva una dote per quanto riguardava i fremiti degli spiriti naturali. Qualcosa lo richiamava al Tempio di Suldanas. Riconobbe quella sensazione, aveva imparato a riconoscerla dal giorno del Riavvicinamento con i Faerin. Pertanto la seguì. Prese il suo destriero e si diresse ai confini della Foresta di Earlaan dove ebbe un incontro insperato.


“Mae Govannen, Argur amin. Porto notizie dagli Spiriti del Bosco. Il Momento è giunto!”

Faroth Acharnu. Primo dei Lupi di Fuoco. Corpo scelto Suldanita. Arcieri temibili in tutto il Doriath.

A suo dire sembrava giunto il momento del “Ritorno”. Era un detto Sindarin prefissatosi nel tempo dal momento in cui vennero cacciati da casa loro dal risveglio del Bosco stesso da quelle che sembravano creature nemiche e da abbattere. Il percorso che fecero con i Faerin fece capire agli Eldar tutti che invece quelle non erano creature appartenenti a un gruppo invasore. Ma piuttosto appartenenti ormai all Equilibrio della Foresta tutta e, pertanto, portatrici del volere dei Faerin stessi.

“Gli spiriti sono pronti a riaccogliere i Sindar nella Foresta. Ma vi è un rito da effettuare, donando alla Foresta stessa qualcosa di cui il mondo elfico è avverso da sempre. Una Fara Sacra sarà il rito di passaggio per tale il dono stesso. I Lupi di Fuoco saranno onorati di Cacciare al vostro fianco, ovunque voi decidiate di intraprenderla.”

Faroth e i suoi cacciatori chinarono il capo in segno di riverenza nei riguardi del Portavoce Reale.
Quella era una notizia indescrivibile persino per un Eldar come Mythras che aveva vissuto quasi due secoli su Ardania. Per quanto la sua Fede in Suldanas fosse incrollabile e la determinazione nel guidare il suo Popolo verso la Gloria che meritava ineguagliabile, non avrebbe mai immaginato di poter “Tornare a Casa”. Se c’era un sentimento che i Sindar avevano generato e fatto loro nell’ultimo periodo è stata la nostalgia di Casa e, per quanto qualche decade sia poco meno di un battito di ciglia per un Eldar, quello si può dire esser stato il battito di ciglia più lungo e doloroso della loro vita.

Sia. Vi congiungerete al Bianco Esercito al calare del sole. Entreremo nell’antro dei Terathan e punteremo alla loro Regina.

Freddo e inespressivo come solito fare, Mythras diede l’ordine ai Lupi di Fuoco, che annuirono e si fecero trovare al limitare del Tempio di Kelthra.

L’ingresso era silenzioso, buio e freddo. Un posto cui una volta entrati vi sarebbe stato solo sangue e veleno ad impregnare l’aria. Ogni antro portava ad uno sempre più ampio fino a una grande sala con ponti sospesi con Terathan sanguinari che si calavano dal soffitto con le loro tele e Ragni giganti che tentavano sempre di trascinare soldati nelle sue tele per poi nutrirsene. Le frecce degli arceri volavano veloci e precise al punto che molti nemici nemmeno si avvicinavano alla prima linea. La discesa verso le sale inferiori procedeva bene e veloce nonostante le trappole e pozze velenose.

Qualcosa però non era uguale rispetto a quanto ricordavano. Quegli antri erano stati in qualche modo dissacrati. Il percorso che una volta portavano alle sale di riproduzione della Regina Terathan era stranamente sgombro e puzzava di morte. Inizialmente si pensava a dei corpi in decomposizione di qualcuno che aveva combattuto prima di loro. Ma non era così. In qualche modo la piaga della non morte aveva colpito parte del nido. Moltissimi Terathan non morti si scagliarono contro gli Eldar. Le parole sacre dei Sacerdoti e le frecce infuse del potere di Suldanas ebbero la meglio in poco tempo e in meno che non si dica giunsero nella Camera di Riproduzione. Anche la Regina sembrava essere completamente presa dalla Non morte. Ma questo non aveva fermato il suo istinto di difesa del nido, anzi lo aveva accentuato.

Cominciò subito a recitare incantesimi verso il Bianco Esercito e quest’ultimo reagì colpendola con tutto quello che aveva. Ma era come colpire il vuoto. I colpi non avevano l’effetto desiderato, come stessero colpendo un manichino mentre Ella invece colpiva con sempre più fervore. Con l’intervento degli Istar e la loro profonda conoscenza delle Arti Arcane riuscirono a trovare un filo nella Trama che collegava l’anima al corpo della Regina non morta. Aprirono un portale dove parte dei soldati entrarono e colpirono un emanazione spirituale della Regina, abbattendolo e a sua volta abbattendo il corpo che poco prima sembrava non reagire a nessuno colpo.

L’esultanza seguì soltanto dopo una preghiera generale degli Eldar in favore di Suldanas per il successo della Sacra Caccia, come consueto fare. Ma l’entusiasmo non sfogò subito. Vi era la parte che teneva tutti in appresione. Il ritorno alla Foresta di Earlaan per il dono. Risalire verso la superficie balenò nella mente dell’Argur come un aneddoto sugli ultimi anni di vita Sindarin. Dall’Oscurità della Cacciata di Tiond e la quasi dimenticanza delle proprie origini fino alla luce. L’epifania che ti guida verso il tuo destino lasciando che l’incertezza e la paura ti restino alle spalle come un brutto ricordo. Più si avvicinavano al limitare della foresta più vi era curiosità, speranza e ansia. Effettuarono un rito nel Tempio di Suldanas proprio lì, a limitare della foresta e del fiume Salkien Duin oltre le sponde vi erano le rovina della vecchia Tiond. Casa….
Tutta la foresta reagì a quel rituale una volta donata la Testa della Regina Terathan Non morta e Doron comparì. Lui aveva l’onore ed onere di parlare per bocca di tutti gli spiriti. Ed era proprio in quel momento che, finalmente, ufficializzò il permesso ai Sindar Valinrim, che tanto si erano impegnati nell’avere un collegamento empatico con gli spiriti, come prima era normale fare.

Finalmente era fatta. Casa non sarà mai come una volta. Ma infondo non erano mai stati gli edifici di per se. Ma il Bosco tutto. E poterci tornare era qualcosa di molto emozionante per qualunque Sindar. Mythras ricevette degli anelli sacri da distribuire che erano permeati da una benedizione silvana, che avrebbe permesso loro di poter entrare senza essere visti come una minaccia da alcuna creatura del Bosco. Un buon auspicio per tutti gli Eldar. Ora anche il fronte a Sud era davvero sicuro.

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