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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.
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By Kuthzo
#64013
*Niro, sul punto di lasciare Amon dopo aver radunato le sue ultime proprietà, compì un gesto finale: affisse un messaggio alla bacheca cittadina. Quindi, senza indugio, consegnò una missiva a un messo appositamente designato, con l'istruzione perentoria di recapitarla all'Imperatore in persona.*

Con il cuore ricolmo di devozione e una lealtà incrollabile all'Impero, io, Niro, umile braccio offerto a Crom, mi rivolgo direttamente a Voi, Imperatore, nell'interesse della verità e della giustizia. Questa incrollabile lealtà ad Amon e a Voi è ciò che mi spinge a rischiare così tanto, persino a oppormi al Senato, ma mai contro l'Imperatore o l'Impero stesso. Su questo, depongo il mio solenne giuramento. È Crom che guida le mie azioni verso la rettitudine, e la sua severa giustizia è il principio a cui aspiro in ogni mia parola.

Il recente proclama del Senato, firmato dal Console Drake Xaladier, mi designa, insieme a Vyn von Hagens e Nysmorel Havi, come traditore. Si afferma che avremmo cospirato con intenti vili e corrotti, causando "lutti e sofferenze ai popoli dei regni umani". Questa è un'accusa di grave portata che sento il dovere di affrontare dinanzi a Voi e a tutti i cittadini.

Ma come può una simile affermazione essere vera, o Imperatore? Io, Vyn, Nysmorel, e innumerevoli altri abbiamo combattuto in quella guerra per Amon. Abbiamo versato il nostro sangue e sopportato privazioni, sempre con la ferma convinzione di servire l'Impero e la Vostra gloriosa volontà. La nostra dedizione non è mai venuta meno, e chiunque abbia lottato al nostro fianco può testimoniarlo. La mia vita è devota alla giustizia e all'onore, principi sacri che Crom mi ha insegnato e che mai potrei tradire.

Eppure, la logica di questa accusa solleva un interrogativo fondamentale. Se il Senato è l'unica autorità a poter dichiarare guerra, e se le grandi decisioni politiche e militari sono di sua esclusiva competenza, come possono sofferenze di intere popolazioni essere imputate a uomini senza tale autorità formale? Né io, né Nysmorel, siamo giunti ad Amon se non a guerra già iniziata, e persino Vyn von Hagens non deteneva in quel momento alcun potere sufficiente a influenzare le decisioni belliche. Come avremmo dunque potuto cospirare per far scoppiare il conflitto, o dirigerne il corso?
Se, nonostante tutto questo, si volesse a ogni costo ritenerci responsabili, allora solo due conclusioni sono possibili. La prima: il Senato era a conoscenza di queste presunte "cospirazioni" e non ha agito, rendendosi così direttamente responsabile per la sua inazione o inefficacia nel prevenire tali disastri. La seconda: il Senato è stato manipolato o accecato, permettendo che questi eventi si verificassero sotto il suo naso, il che metterebbe in discussione la sua stessa capacità di governare.
O, come io credo e la verità suggerisce, il proclama è semplicemente falso. I "lutti e le sofferenze" non sono il risultato delle nostre azioni, ma forse delle negligenze dello stesso Senato, che ora cerca dei capri espiatori. Le accuse mosse contro di noi sono una montatura, un tentativo di deviare l'attenzione dalla loro responsabilità o di eliminare chi, come Vyn, ha una visione diversa, magari scomoda, per le ambizioni del Senato. È possibile che le nostre azioni, pur criticate, fossero dettate da una profonda lealtà all'Impero, e che il Senato non abbia voluto o saputo comprenderla.

Il Senato, un tempo orgoglio di Amon, in questa sua ultima forma ha smarrito la propria via. Questa è un'offesa grave! Non solo ignora le sacre Otto Virtù, ma agisce calpestandole con superbia. Invoca questi principi fondamentali per giustificare le proprie azioni, ma esse sono l'esatto opposto di ogni valore che professa. Questa non è semplice negligenza; è un tradimento diretto dei nostri ideali più sacri, una corruzione che sta minando il cuore stesso della nostra città.

Il Senato ha mostrato un'allarmante deviazione dalla Giustizia e dalla Disciplina, riducendo la Lex a uno strumento arbitrario. Ha calpestato la Fedeltà verso il popolo, in particolare verso gli Amoniani di Seliand, trattandoli come mera merce di scambio. Ha abbandonato l'Onore e l'Onestà, nascondendosi dietro menzogne e rifiutandosi di assumersi la responsabilità delle proprie decisioni. Infine, ha disprezzato il Valore del sacrificio dei nostri caduti e ha dimostrato una palese mancanza di Coraggio morale nell'affrontare la verità.

La mia lealtà, o Imperatore, è rivolta unicamente ad Amon e a Voi, la suprema autorità dell'Impero, la cui volontà è la vera guida. Non posso, né potrò mai, estendere questa fedeltà all'attuale Senato che, in questa vicenda, ha dimostrato una così palese e grave carenza nella gestione della verità e della giustizia. Il mio giuramento è verso la corona e il popolo, non verso chi ne abusa la fiducia.

Chiedo umilmente, ma con fermezza, che Voi, unica e indiscussa guida, facciate piena luce su questa complessa situazione. Che la verità emerga per il bene dell'Impero e per la tutela dei suoi leali servitori, secondo la vera giustizia che Crom insegna.

Sia Gloria all'Impero! Sia Gloria all'Imperatore!
Vale Gloria Imperis!

Con la più profonda devozione,

Niro, un leale suddito di Amon.
By Azazell
#64023
Una notte senza pace.

Nut illuminava l’accampamento improvvisato che Valia e i suoi compagni, fratelli e sorelle nel cuore, avevano eretto in fretta.
Erano stati giorni convulsi, travolti da eventi più grandi di loro: una guerra lampo, una disfatta rovinosa, la sua caduta in battaglia... e poi la seconda possibilità concessale dal Padre. Il processo alla Montagna, l’allontanamento dalla sua casa.
Troppo, tutto troppo in fretta.

Il petto le si stringeva sotto il peso di quei pensieri, rendendo impossibile dormire.
Ultimamente, il sonno era diventato una condanna. Non era abituata a temere le proprie emozioni: aveva vissuto per combattere, per obbedire, come un mastino fedele che non si chiede dove stia correndo, finché il padrone comanda. Insieme ad altri, sì, ma in realtà sola.
Ed era giusto obbedire, sì. Ma solo quando il comando nasceva da una causa giusta, non da interessi sbagliati o da ordini senza onore.
Ma l'ingiustizia che dilaga dentro Amon è diventata troppa, troppa per continuare ad andare dritta davanti a se con una benda a coprirle gli occhi.

E si chiedeva ora dove avesse portato quella corsa.
Era davvero stato il volere di Crom?
Oppure si era solo lasciata trasportare dall’inerzia?

Giustizia.
Era per quello che aveva preso il manto. Un concetto sacro, universale. Ma a furia di brandirlo, gli avevano tolto significato.
Nessuna giustizia era stata fatta per la Montagna. Nessuna per Niro, per Nysmorel.
Non tra quelle mura. Non finché QUELLI sarebbero rimasti al potere.
E nessuna per me, ma della giustizia di quelli mi importa poco, c'è solo un giudice e ancora non mi ha punita.


Andarsene era stata l’unica scelta possibile, dolorosa, ma necessaria.

Quelle parole, mai pronunciate ma scolpite nel cuore, le rimbombavano in testa.

Non aveva avuto intenzione di tornare da loro. Non li cercava.
Ma il fato, o forse qualcosa di più grande, aveva deciso diversamente.
L’incontro con il Senato non fu pianificato. Fu una collisione inevitabile.
E quando il momento giunse, Valia non si tirò indietro.

Non si nascose.
Non fuggì.
Non chinò il capo.

Scelse. Per la prima volta da molto tempo, scelse davvero.

Guardò in faccia i senatori e li sfidò apertamente.
Rifiutò di consegnare il suo manto.
Non per arroganza, ma perché ne incarnava ancora lo spirito più puro.

Quel simbolo era ancora suo.
Non per nomina, ma per azione.
Non per investitura, ma per coerenza.

Non avrebbe più risposto a comandi che non sentiva suoi.
Non avrebbe più camminato per abitudine.
Avrebbe usato le sue gambe.
Avrebbe scelto. Anche se ciò significava sbagliare.

Ora riconosceva altri come superiori: la Montagna, Soline, persone di cui si fidava, con cui condivideva ideali autentici.
E non doveva nulla al Senato attuale.

Non era stato semplice accettare che a guidarla fosse ora un seguace di Vashnaar.
Ma quell’uomo incarnava le virtù in cui credeva, molto più di qualunque senatore.
Era lui il Console che voleva seguire. E sapeva che sarebbe stato giusto mostrarlo anche all’Imperatore.

Aveva anche compreso il valore degli amici.
Coloro di cui puoi fidarti davvero.
Zyon, Niro, Nysmorel e tutti gli altri… nonché i tre nuovi, uniti dalla stessa sete di giustizia.

Non erano tutti puri come Averard, ma tutti sapevano distinguere il bene dal male.
Non erano solari come Erlyn, ma sapevano sostenere chi avevano accanto.
Non erano sinceri come Victra, ma avevano compreso che il sentiero era lungo, e che solo uniti si poteva affrontarlo.

Sperava che fossero solo i primi di tanti.
Immaginare Amon popolata da cuori simili la faceva sorridere, anche nel dolore.

Rimaneva sveglia, rigirandosi sotto il cielo notturno, ancora turbata.
Ma non più sola.
Il pensiero dei suoi compagni le dava forza.

Ripensava a una frase di Averard, pronunciata poco tempo prima:

Forse cercare di comprendere il volere degli dei è futile. Noi dobbiamo vivere, e loro tracciano la nostra vita per noi.


Forse aveva ragione. Forse non valeva la pena tormentarsi.
Forse vivere facendo ciò che sentiva giusto bastava.
E se quella era davvero la volontà di Crom, l’avrebbe scoperto solo vivendo.

Il cuore le si fece più leggero.
Infine, chiuse gli occhi e sussurrò, con voce appena udibile:

Giustizia. Quello che aiuterò a ristabilire, o che perseguirò fino al mio ultimo respiro.


Image

Vivere senza interrogarsi sui voleri divini era una strada possibile.
Ma lei avrebbe seguito i dettami del Padre, uniti ai suoi personali, fino agli Elisi, senza dubbi, senza paranoie.
Per sé.
Per i suoi fratelli.
E per liberare la Guerriera dalla corruzione che l’aveva fatta marcire, come una Mela lasciata a sé stessa.
Crollò, il peso delle scelte lontano da lei, e dopo tanto riuscì a riposare.
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By Kuthzo
#64127
Lealtà oltre l’esilio

*Dal sommesso brusio dell’accampamento della Centuria, Niro intinse la penna. La punta graffiò la pergamena mentre tracciava con fermezza le parole delle sue missive. Una volta terminato, salì a cavallo e raggiunse il vicino monastero. Lì fece le ultime correzioni, sigillò con cura ogni missiva e le consegnò al postino, affidandogli il compito di recapitarle ad Amon.*

Il bando che lo aveva condannato all’esilio non aveva scalfito la sua lealtà. Il suo cuore restava un manifesto vivente di quel valore incrollabile che lo spingeva a onorare i legami più profondi: quelli che aveva stretto e che nessun decreto poteva spezzare.

Sin dai giorni immediatamente successivi al proclama, la Centuria aveva cercato il confronto con individui di varie Razze e Regni, raccontando la propria condizione. Ma più di ogni altra cosa, Niro sentiva il bisogno urgente di parlare agli Amoniani, coloro che avevano segnato il suo tempo nell’Impero. Le sue missive, cariche di dedizione, erano testimonianza viva della sua fedeltà. Per lui, era essenziale che i ricordi di gesti onesti e affetti sinceri non venissero oscurati dall’onta del bando. In esse c’era un appello silenzioso a non cancellare il valore di ciò che era stato, a custodire la memoria condivisa.

La sua lealtà si faceva azione: nella speranza di nuove imprese con i compagni di un tempo, nel rinnovare quei vincoli che resistono all’ingiuria del destino. A chi gli aveva offerto conforto, inviava parole di profonda gratitudine — segni tangibili di un rispetto che superava le barriere imposte.

Attraverso quelle lettere, inviate da lontano, Niro non solo rivendicava la propria identità: affermava che la sua lealtà, limpida e perseverante, era più forte del bando stesso.
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By Kuthzo
#64205
L'Avanzata delle Virtù

Nei giorni precedenti, passando per piazze e crocevia, Niro si era più volte fermato a leggere le bacheche pubbliche. I fogli, sventolanti al vento, portavano parole appuntite come lame. Alcuni erano firmati da chi cercava visibilità, altri si nascondevano nell’anonimato, protetti dal buio che spesso accompagna la menzogna. Ogni volta, dopo aver letto, Niro restava in silenzio a lungo: il volto immobile, lo sguardo severo. Solo gli occhi tradivano un risentimento profondo, trattenuto con Disciplina.

Mai una volta distolse lo sguardo per disgusto. Ogni parola calunniosa veniva impressa nella sua memoria come una ferita d’onore da sanare. E ogni volta si allontanava con passo sicuro, deciso a difendere il proprio nome con l’Onestà inequivocabile delle azioni, non con l’inchiostro.

Infatti, mentre altri scrivevano di inseguimenti inventati e di presunte trappole, la Centuria operava con Onore, fianco a fianco con uomini e donne di ogni Regno. Nessun proclama. Nessun vanto. Solo l’impegno costante di chi sceglie di dimostrare con i fatti, non con le parole.

Niro era lì, giunto con una quindicina di compagni della Centuria a bordo della fregata "La Virtuosa", per affrontare il Leviatano e liberare la sacerdotessa Suelain. La Centuria non avrebbe mai voltato le spalle ai suoi valori, né smesso di credere nell’unione tra i popoli quando il bene collettivo lo richiedeva.

Erano giunti anche quattro Amoniani su una piccola barca, ma solo uno, ai suoi occhi, meritava rispetto. E fu solo grazie alla presenza della Centuria — che considerava composta da veri leoni, investiti dalle Virtù e fieri portatori dei colori dell’Impero — che fu possibile riconoscere, nel loro Valore, una forza degna di Amon, la Guerriera.

In quel frangente, nessun bando pendente su di lui e i suoi compagni aveva importanza. Ciò che contava era la moltitudine di mantelli rossi e tuniche bianche che combattevano insieme, testimoniando la grandezza dell’Impero di fronte ai pericoli che minacciavano l’umanità. Questa era la loro Fedeltà: operare, nonostante tutto, perché "Sia gloria all’Impero".

Niro aveva osservato a lungo gli Amoniani che accompagnavano il vecchio Drake. I loro gesti, le parole, il modo in cui impugnavano le armi o restavano in silenzio, parlavano più di mille proclami. Non erano nuovi ai suoi occhi: già conosceva Roberion, Gahal e il Console. In loro non scorgeva alcuna delle Virtù che rendono degno un vero Amoniano.

Eppure, mentre osservava ciò che dell’Impero veniva mostrato ai popoli attraverso quei tre uomini, sentiva salire un’amarezza profonda. Non era invidia, né rancore. Era il dolore di chi sa che un nome glorioso può essere portato senza comprenderne il peso.

Cercava in loro un riflesso della fiamma che ardeva nel cuore della Centuria, ma non lo trovava. Solo quando il suo sguardo si posava sull’unica amica presente tra gli Amoniani, Mircea, la speranza tornava a brillare nella sua espressione celata dall’elmo. Nei rari momenti di quiete, prima o dopo la battaglia, avrebbe voluto rivolgerle anche solo poche parole. Ma sapeva che quel gesto avrebbe potuto metterla in difficoltà ad Amon. E fu la Lealtà verso di lei a imporgli il silenzio.

Non desistette però dal cercare un contatto con Roberion, ma questi ignorò il suo saluto. Un segno di pochezza che, unito al gesto di rivolgere il saluto di congedo solo alle delegazioni dei due regni fino a poco prima nemici dell’Impero, lasciò Niro ancor più basito.

Il consueto Vale Gloria Imperis, saluto di commiato degli Amoniani che significa “Sia gloria all’Impero”, veniva infatti pronunciato a chi della gloria dell’Impero non si curava affatto — come Hammin e i Loknariani, reduci da una guerra contro Amon — mentre mancava a chi, come lui e i suoi compagni, per essa operava con Coraggio, persino sfidando quel misero Senato pur di riportare in luce l’Amon virtuosa.

Quell’ignorarli malcelava il timore: non il timore del pericolo, ma quello più profondo di chi riconosce, nell’esistenza stessa della Centuria, uno specchio che mostra ciò che si è smesso di essere. Era il timore di chi sente il peso di una coerenza che non può più imitare, di chi avverte che la Giustizia di Crom — incorruttibile, inesorabile — non dimentica, non perdona e non si lascia distrarre da maschere o giustificazioni. E quando giungerà, non si curerà né di titoli né di compromessi: si abbatterà come ferro divino, come la lancia spezzacatene che squarciò il cuore del Leviatano — inarrestabile, giusta, inevitabile.
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