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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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By Alexandros Joriin
#2357
Sud est di Tremec limitare del deserto con la giungla.

Corri, corri...corri, era il pensiero che aleggiava nel cervello mentre un gruppo di ophidiani gli stavano alle calcagna. Davanti, alcune rocce...salta, salta...ancora una lunga corsa con la fida lama chiamata "Yondo Lorion" al fianco che ondeggiava, la giungla era vicina, li dentro avrebbe potuto trovare un riparo o un nascondiglio. Una lancia sibilò sulla destra del viso, cosi vicino che l'orecchio percepì lo spostamento d'aria, si voltò un attimo e proseguì la sua corsa sintanto che davanti a se un crepaccio gli sbarrò la strada. Si trovava su una piccola altura rocciosa..."buttati", "buttati"....e mosse un passo scivolando abbasso, la caduta divenne rovinosa ma in qualche modo riuscì a raggiungere il fondo. Ancora una corsa e poi dentro la giungla che era ormai li davanti, minacciosa ed impenetrabile. Si fermò ansimante dietro un albero, un pensiero veloce al suo Dio Aengus e poi ascoltò nel silenzio innaturale della foresta se era stato seguito. Non percepì alcun rumore...riprese a camminare guardingo, pensando agli ultimi sette anni trascorsi nelle terre Selvagge, lontano da ogni centro abitato, lontano da ogni contatto umano...non ricordava nemmeno piu con precisione, ma erano ormai anni che non proferiva parola con qualcuno, non ricordava quasi nemmeno il suono della propria voce. Pensò che fosse meglio costeggiare la giungla e ritornare verso nord, molto piu avanti, dopo aver fatto un largo giro, poichè il crepuscolo incedeva velocemente. Si fermò a bere un pò d'acqua, e vide alla distanza un bagliore. Si avvicinò con cautela in quella direzione, accorgendosi che si trattava di un accampamento. Viaggiatori o forse mercanti che si riparavano per la notte al limitare della giungla. Si accucciò, sdraiandosi, non visto dietro una roccia, la leggera brezza del deserto portava le parole ed i discorsi di quelli, sino alle sue orecchie, sembrava gente per bene che portava avanti i propri affari, la propria vita. Erano anni che non udiva una conversazione e rimase li quasi a gustarsi il suono dei vocaboli e delle parole che apparivano quasi come una novità....una piacevole novità. C'era un bardo tra di loro che accompagnava le storielle con un piacevole motivetto, ne ascoltò diverse, sembrava che avesse un vasto repertorio. Proseguì gustandosi quei racconti, qualcuna gli fece abbozzare un lieve mezzo sorriso...poi il simpatico cantore ne iniziò una sulla Guerriera e lui divenne subito serio in viso ascoltando quei nomi, lo sguardo divenne freddo. Scivolò sulla terra allontandosi...non voleva più ascoltare. Passò la notte a riflettere, nomi, volti si susseguivano nella mente, vicende che credeva, dopo tanto tempo, di aver ormai rimosso, invece rieccole affiorare nuovamente. Toccò la barba che gli ricopriva il volto, pensò che una volta non l'avrebbe mai avuta, ma in quel posto, non era necessario essere presentabili ed anche la sua tunica marrone, era sporca e lacera. Alle prime luci dell'alba si rimise in marcia dirigendosi ancora verso nord, le storie che aveva ascoltato, la presenza di suoi simili incontrati per caso in quel posto selvaggio avevano risvegliato nel suo cuore la voglia di ritornare nei luoghi dove aveva vissuto, di ritrovare vecchi amici con i quali aveva condiviso molto della sua vecchia vita. Si convinse che il momento era giunto e marciando, mentre valutava tutto questo, si trovò al traghetto delle Terre Selvagge verso il porto di Amon. Il traghettatore si convinse ad accettare come pagamento una piccola gemma ed indicò il posto dove avrebbe potuto sistemarsi per il viaggio. La nave partì, le terre selvagge iniziarono ad allontanarsi lungo l'orizzonte e poi scomparvero del tutto. Si ritrovò a guardare invece nella direzione in cui navigava il veliero, sembrava quasi impaziente di scorgere il profilo del continente umano quasi come un giovane figlio che poteva tornare a casa dai propri genitori, dai propri affetti, dopo tanto tempo passato altrove. Infine la nave attraccò, il porto di Amon era come lo ricordava, sempre pieno di gente indaffarata nei propri lavori e molto rumoroso anche, in una maniera tale che anni di silenzi, rischiavano quasi di assordarlo. Si mise in cammino cercando di farsi largo tra la folla ed involontariamente diede una spallata ad uno che andava nella direzione opposta. Lo sentì imprecare e voltandosi si accorse che era un legionario. Lo guardò dritto nel volto, poi si soffermò a guardare il rosso del mantello di Amon e gli occhi gli divennero lucidi per l'emozione. Il legionario osservandolo smise d'imprecare e si fece serio, lo squadrò per bene e disse:-"uhm mi sembra di conoscerti straniero, dove ti ho visto? come ti chiami?". Il mio nome ormai non ha importanza, Legionario...sono un....cacciatore, sono qui di passaggio e vengo dall'altra parte della costa". Il legionario restando pensieroso annui e riprese la marcia, si voltò ancora ad osservare, per due volte, prima che Alexandros sparisse dalla sua vista.
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By Alexandros Joriin
#4168
Memorie dal passato

Sottofondo

Cosi era tornato nel continente umano, si era mischiato al popolo, tra gli umili, prima a Seliand poi ad Hammerheim. Aveva ascoltato silente le storie, gli ultimi accadimenti che avevano funestato quei luoghi, Ardania stessa. Aveva udito della storia di Amon dopo che il tradimento nei suoi confronti era stato messo in atto con il benestare dell'imperatore Darkbane. Un tradimento cosi vergognoso che l'aveva costretto all'esilio volontario insieme ai suoi uomini più fedeli e che intatto avevano così mantenuto nel cuore, l'onore di essere amoniani.

Al contrario dei traditori che in una notte di follia, avevano abiurato la spina dorsale d'essere un appartenente alle Legioni di Frontiera, rinunciando a cuor leggero a tutti i valori che da questo derivavano, sin dai tempi del grande Re Agravain. Ma anche per questo Alexandros aveva addossato parte della colpa a se stesso, avrebbe dovuto impedire all'allora proconsole Darkbane di prendere il potere ad Amon quando si presentò alle sue porte con legioni di mercenari, avrebbe dovuto intuire sin da subito la pochezza di quell'uomo che si serviva del sotterfugio ed avrebbe dovuto contrastarlo, aizzando contro di lui le legioni di cui era al comando, anche a rischio della guerra civile. Aveva deciso invece di salvaguardare l'impero ed i suoi cittadini mantenendo l'incarico di Prefetto del Pretorio e concedendo a lui di divenire imperatore.

Un'imperatore che fu costretto ad osteggiare in più occasioni come quando senza saperne nulla, suoi uomini fidati avevano preso in custodia, dalla fortezza del Sacro Verbo, un adolescente che li era custodito segretamente da chissà quanto tempo e che si rivelò essere un discendente della stirpe reale dei Da Silva. L'imperatore ordinò ad Alexandros di chiedere un riscatto agli Hammin per restituire il regale adolescente e questi indignato battè i pugni sulla scrivania, ribattendo che Amon non era costituita da banditi che rapivano i ragazzini. Lo sguardo gelido di Alexandros e la covinta fermezza delle sue parole, ridussero a miti consigli l'imperatore che accettò di consegnarlo al più presto agli Hammin, com'era giusto ed onorevole.

E come c'era da aspettarsi, apprendeva ancora che i suoi mezzi senza spina dorsale avevano messo in ginocchio Amon, chiedendo il perdono del sultano di Tremec per la rottura del trattato di alleanza che proprio questi non avevano mantenuto, nel difendere l'impero, durante la guerra con Hammerheim nell'A.I. 276 e che il Console Unico, Alexandros, aveva per quel motivo sciolto, con infamia e di cui ricordava ancora il testo.


Amon, 18 PostApritore dell'Anno Imperiale 277.

Alle guide dell'oasi,

abbiamo condiviso molte cose negli ultimi mesi e grande è sempre stato il rispetto che ho avuto verso di voi, come piacevole è sempre stata la sensazione che mi dava recarmi presso l'oasi. Ma a quanto pare le cose cambiano ed il vostro comportamento, allo stesso modo, è mutato notevolmente da quando i comuni amici dell'Ordine delle Ombre non sono più tra noi. Amon è stata aggredita militarmente e con viltà dal regno di Hammerheim, finito nelle mani di un ragazzo e di amministratori folli. Tale aggressione è durata per 5 mesi e voi stesso, mi avevate offerto inizialmente il sostegno per la difesa. Cosa che io ho rifiutato poichè Amon non voleva coinvolgervi da subito e mettervi in imbarazzo senza una dichiarazione di guerra ufficiale da parte del nemico. Dichiarazione che non è mai venuta poichè ogni onore sembra ormai sparito dal Regno dell'Aquila. E quando Amon ha deciso di mettere fine alle aggressioni, respingendo gli ostili verso le loro terre, voi vi siete tirato indietro accampando scuse di circostanza...scuse inaccettabili, come inaccettabile è stato il vostro comportamento d'alleato.
******
Avete provato a trarre il massimo guadagno economico dalla situazione di difficoltà dell'Impero, accampando cavilli burocratici, in modo da fare apparire la nostra strategia di contro attacco verso Hammerheim, dopo averne subito le azioni militari per 4 mesi, come una nostra aggressione nei loro confronti, come se una nuova guerra stesse iniziando in quel momento, non prevista e supportabile, a vostro dire, dal comune trattato di alleanza. E' stato poi evidente, con mio grande sgomento, che l'unico e spiacevole scopo di tali "scusanti", era solo quello di fare alzare la posta del vostro esoso compenso, arrivando a definire una delle nostre isole Magister, Sacro Suolo dell'Impero, come "Base accettabile" per l'inizio d'improponibili ed ulteriori trattative;
******
Avete evidenziato con Hammerheim, dei grandi rapporti di amicizia e commercio ai quali era difficile per voi rinunciare benchè la richiesta d'intervento, provenisse dal popolo che vi era alleato;
******
Avete approfittato della guerra, per vendere a chiunque la vostra erba Raya invece di riservarla solo all'Impero; l'avete venduta anche agli Hammin, che l'hanno usata contro di noi in battaglia, organizzando delle "provvidenziali" aste per gonfiarvi le tasche di monete;
******
Avete avuto l'ardire d'invitare alla vostra Festa della Fertilità i nemici dell'Impero e mentre voi festeggiavate al caldo del deserto con cibi e vivande, mentre voi ridevate e scherzavate con i nostri nemici, Amon era in battaglia sul continente umano a difendere le proprie terre.
******
Tutto questo per il mio spirito di Amoniano è inaccettabile ed il vostro modo di "mercanteggiare", contrasta irrimediabilmente con l'Onore della Guerriera che solo alcuni anni or sono, senza nulla chiedere in cambio, poichè era la cosa giusta da fare, non esitò a schierare le Legioni e non esitò a formulare un Ultimatum di resa, alla Loknar dell'eretico Mirgal quando vi aveva sottratto tutte le vostre terre e cacciato dall'Oasi.
******
Per tale motivo dunque, con il benestare del Senato, dichiaro, con effetto immediato, lo scioglimento dell'alleanza che ci ha legati sinora ed il decadimento di ogni trattato o accordo, stipulato con il vostro popolo. Nel vedere le comuni strade dividersi, vi auguro, come avete continuamente desiderato, di poter avere sempre le tasche traboccanti di monete d'oro...e spero che non dobbiate mai scoprire un giorno...che queste, hanno la stessa consistenza della sabbia che viene stretta nel pugno.

*Firmato*

Alexandros Joriin

Tutta la grandezza dell'impero conquistata con battaglie, sangue e sudore restituito quasi con il timore di ancelle vergini che sperano di far dimenticare in questo modo quanto potesse essere dura Amon, la Guerriera, quando veniva minacciata. Avevano odiato Alexandros, per quello che era, per quello che faceva, ma lui era vissuto pienamente e solo per la grandezza di Amon...questa era la sua unica colpa.


Scacciò infastidito quelle memorie e gli apparve il volto di lei, si erano amati cosi tanto, rievocò nella mente i tratti bellissimi, i capelli fluenti e la voce soave come quella di una Ninfa. Era un amore difficile, ma della stessa intensità della luce di una stella, la stella del Mattino e le sue lettere, per paura che fossero intercettate, avevano come unica firma una "S". Quando ella morì, smise di vestire i panni del poeta maledetto che tutti conoscevano come Tulipano Nero, non aveva più senso continuare, le tenebre iniziavano ad avvicinarsi alla sua esistenza, quello era il principio del nefasto e lui ancora non lo sapeva.

*Aprì una bisaccia ed estratto un piccolo libretto al cui centro era disegnato un tulipano nero, rilesse quell'ultimo tragico e profetico sonetto.*


Piove...anche il cielo piange per quel che è accaduto ed ogni goccia sembra provocare un rumore assordante all'impatto. La mano trema nell'incedere su questa pergamena...tutto è stato vano...è persa per sempre. Come sei preziosa solitudine che consenti all'udito di percepire la voce dell'anima, di norma relegata al silenzio ed all'essere testimone innocente, di ogni nostra azione.

Ho provato ad essere Retto e mi hanno tradito...
Ho provato ad essere Forte e mi hanno accusato...
Ho provato ad essere Uomo e mi hanno abbandonato...


L'ultimo Atto

Il silenzio così protratto, era già triste profezia
come l'ultime sue parole vergate sì celermente
che davan la misura d'un male forte e pendente
simile alla stretta del cuor che precede l'agonia.

Et Ella è morta, lo sento forte, con malinconia
perseverando nell'estremo la sua vita coerente
ha preferito la fine, come un gesto onnipotente
vincendo ancora una volta, del mortale, la follia.

Eppur tremo al pensiero del corpo suo sperduto
che giace immobile ed alla mia vista occultato,
eppur vacillo al ricordo dei capelli suoi di velluto

e della mano mia che li carezzava, affascinato,
mentre l'animo ribelle urla straziato e forte l'acuto,
disperato il bisogno di tornare indietro al passato.

Con lei muore, caro autore, dal talento sregolato,
ogni romanticismo, ogni ardore e fuoco nel petto;
chiuso è oggi il cerchio del Nero poeta maledetto.
Last edited by Alexandros Joriin on Wed Nov 20, 2019 9:12 am, edited 3 times in total.
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By Alexandros Joriin
#8098
* Una figura ammantata di nero, sembra ricurva intenta a rovistare l'interno di una sacca in pelle molto consunta, mentre li vicino un piccolo fuoco scoppiettante illumina la zona circostante e l'ombra notturna derivata da flebili raggi lunari che filtrano nel sottobosco. All'improvviso un'espressione di sorpresa coglie in viso l'uomo, in una piega della pelle rovinata, rinviene la copia di una missiva risalente all'A.I.276. La guarda con curiosità, poi inizia a leggere il contenuto e gli occhi sembrano rapiti dagli eventi di quel passato *

Supra Vires Morgan Da Silva,
vi ricordo un ragazzino spaurito, cresciuto e poi prelevato dal Monastero in cui eravate segretamente custodito dai vecchi occupanti per chissà quale oscura ragione. Siete stato ospite ad Amon sintanto che non abbiamo compreso le vostre origini e poi riconsegnato alla vostra città. Abbiamo avuto modo di parlare, vi dissi sempre che non avevate nulla da temere e che sareste stato protetto, vi ho parlato di Amon e del nostro modo di fare...ed ero abbastanza fiducioso sul fatto che un Da Silva sarebbe tornato a guidare la città dell'Ovest. Ma siete solo un ragazzo e governare un regno non è impresa da poco. Vi feci dono di una delle mie spade prima che lasciaste Amon, affinchè la sua visione v'ispirasse l'orgoglio del vostro compito e dell'essere uomo, con correttezza ed onore.
Invece siete caduto vittima degli intrallazzi, delle cospirazioni e delle facili e disonorevoli occasioni, avete consentito che una banale scaramuccia di frontiera, dalla reciproca colpa, assurgesse a futile motivo per una guerra mai dichiarata, per delle aggressioni, da parte del vostro esercito verso la cittadina di Seliand, mai annunciate ed organizzate con la slealtà del serpente che si nasconde tra l'erba per cercare di colpire la vittima distratta ed inferiore nel numero.

*** Amon ha sempre respinto ogni vostro attacco, affogandolo nel sangue, nella speranza che tutte queste uccisioni potessero farvi ragionare e condurre a miti consigli.

*** Amon fedele al suo onore ed al suo codice guerriero, in tutto questo tempo, non ha violato le vostre terre, tranne per quei pochi e necessari metri verso il trivio, durante l'infuriare della battaglia.

*** Amon, benchè aggredita, non ha coinvolto alcuna alleanza, non ha coinvolto nessun esterno che non facesse parte della Legione di Frontiera poichè saldamente credente di valori quale la lealtà ed il rispetto del nemico, saldamente fiera di discendere da uomini che con le loro gesta, hanno fatto la storia del continente umano.

*** Amon non è città che rifugge la guerra, quando vi è costretta, ma l'affronta spavalda a viso aperto, con coraggio anche in condizioni di svantaggio...poichè ogni amoniano è pronto a mettere in gioco la sua vita per la difesa dei confini imperiali e di tutti i valori in cui crediamo fermamente. Amon merita rispetto cosi come lo assicura ai suoi nemici.

Per tali motivi, pretendo entro il termine di tre giorni, la cessazione definitiva di ogni vostra attività bellica e l'accettazione di un trattato di pace, alle condizioni che detterà Amon, nel rispetto incondizionato dei confini.
Se questa richiesta non verrà soddisfatta, se è davvero una guerra senza senso che volete,

°°° auspico che mostriate un pò d'onore qualora ve ne fosse rimasto, manifestando apertamente le vostre vere intenzioni,

°°° auspico che mostriate coraggio assumendovi la responsabilità in prima persona e combattendo Uno contro Uno verso la guerriera. Se ciò non dovesse avvenire, se verrà ancora riportata la presenza di rotinrim o altri esterni tra le vostre file, Amon metterà in atto tutta la sua capacità bellica, senza ulteriori sconti e senza ulteriori premure verso un nemico scorretto e privo di qualsiasi valore di uomo e di soldato.

Al termine del periodo imposto, la Legione muoverà massivamente verso le vostre terre in risposta alle vostre aggressioni e ripetute violazioni dei confini imperiali.


*Firmato*

Alexandros Joriin, Console

*Segue il Sigillo Imperiale*
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By Alexandros Joriin
#8574
Un fellone di convenienza

Dunque, erano passati ormai, quasi, sette anni dalla tragica sera in cui Amon cambiò per sempre la sua identità. Era avvenuto un tradimento, fratelli contro fratelli, l'impensabile di compagni d'arme contro compagni d'arme. Uomini con cui aveva combattuto fianco a fianco, divenuti nemici. Alexandros li aveva accolti uno per uno ed uno per uno li aveva istruiti, addestrati affinchè divenissero dei veri legionari della Guerriera, li aveva trattati tutti come fratelli...ed anche come figli. Purtroppo Alexandros aveva sottovalutato che anche tra loro potesse insinuarsi la gelosia, l'invidia, il rancore forse per cose che nemmeno loro capivano o che realmente volevano. Fu cosi che il suo pretore William Leintart si mise a capo dei rivoltosi compiendo uno degli atti piu sacrileghi che amoniano possa fare. In tutta la storia di Amon, rare volte erano accaduti eventi di tale gravità, sempre per altro condannati con asprezza. Persino il tradimento verso l'imperatore Sharendar, in quanto eretico, compiuto dall'allora Prefetto Zenithar Almasy, fu sempre un argomento che si tentava di nascondere ad Amon, in quanto benchè le ragioni di eliminare la minaccia oscura dal governo della città fosse legittima, il mezzo con il quale era stato perpetrato, il tradimento, non rientrava nella consuetidine amoniana, fatta di onore, orgoglio e soprattutto lealtà. Per tale motivo la sera del tradimento, quell'equilibrio fu spezzato per sempre ed Alexandros aveva predetto a coloro che usurpavano il potere, con la viltà che le loro azioni si sarebbero ritorte contro loro stessi e quello sarebbe stato l'inizio del declino, il bivio che avrebbe portato la Guerriera verso un cambio di costumi, una debolezza somatica dalla quale difficilmente si sarebbe ripresa. Qualcuno disse, negli anni a seguire, che quella era stata la maledizione del Console Alexandros...forse era davvero cosi. Quel gesto empio e cosi anomalo per un amoniano aveva fatto scattare in Alexandros e negli uomini piu fidati della legione, un sentimento di distacco, un sentimento d'amarezza e sconfitta morale nel vedere cosi distrutta, l'integrità amoniana....qualcosa che li costrinse, loro malgrado, a cercare l'esilio. Per tale motivo, seppur fosse stato un gesto doloroso, i traditori assurti al governo della città, ebbero anche l'ardire di marchiarli come felloni, una scusa come un'altra per meglio giustificare i loro atti d'empi traditori. Da quel giorno era trascorso molto tempo, Alexandros aveva cercato di smaltire quella vergogna provata per i suoi uomini, nella solitudine delle terre selvagge e solo dopo sette anni aveva avuto il coraggio di tornare nel continente umano, in qualsiasi posto che però non fosse territorio della Guerriera. Si trovava dunque ad Helcaraxe ospite del Barone, Claus Von Kessel, suo vecchio amico dei tempi andati, quando gli capitò di vedere un distaccamento di amoniani. Alexandros, osservò la riga che andavano componendo e capì subito che la Guerriera era in declino. Una riga malformata, con aspiranti mischiati ai legionari effettivi e per di più ognuno abbigliato come gli pareva, alla stregua di damerini. Un esempio di scarsa attitudine militare. Distolse lo sguardo tornando a conversare con l'uomo di cui era ospite. Le celebrazioni dello Jol andarono avanti e giunsero al termine quando, mentre stava per ritirarsi, un amoniano lo interruppe chiedendo se si chiamasse Alexandros Joriin. Alexandros lo guardò, scrutandolo, poi annui lentamente. Si aspettava che ci fosse rispetto, persino uno degli uomini della delegazione hammin, dopo che furono sconfitti presso la battaglia del trivio nell'A.I. 276, durante un colloquio preliminare per la stesura del trattato di pace aveva riconosciuto nel Console unico Alexandros, la compostezza e la fierezza tipica degli insegnamenti dettati dalle gesta del Re Agravain, ma quella sera non andò cosi. Alexandros vide legionari che non sapevano nulla della storia, ignoranti e superficiali che invece di mostrare quanto meno neutralità di giudizio per chi aveva fatto di Amon la città piu forte e temuta di Ardania, che aveva fatto raggiungere alla stessa, la massima estensione territoriale, vide solo legionari che parlavano di fellonia, non capendo il perchè di quel gesto estremo che era stato costretto a compiere. Sentì addirittura un templare che incitava gli altri a percuoterlo, sentì la stessa console, una ragazzina forse appena donna che con voce stridula quasi isterica, richiamava i suoi milites affinchè non avessero contatti con il "fellone", come lo chiamavano loro. Ed allora Alexandros rise, il grottesco che vedeva non era nemmeno degno di essere preso sul serio ed intimò loro di lasciarlo solo, di andarsene dalla sua vista. Capì che tutto il lavoro che aveva fatto durante il suo comando era stato vano e la sua profezia si era davvero avverata.

*Tornato presso l'abitazione, Alexandros prese un libricino, le cui pagine, nell'estremità superiore destra avevano disegnato un tulipano nero ed iniziò a scrivere di getto*

Ho amato la forza ed il Rosso della mia Guerriera
a lei ho dedicato la vita, sacrificando ogni cosa
da Leone mi sono sporcato di sangue la criniera
affinchè le nostre gesta la rendessero orgogliosa.

Ho amato la forza ed il Rosso della mia Guerriera
sempre al suo fianco nelle guerre ho tenuto posa,
contro forze soverchianti il mio scudo fece barriera
cercando sempre la gloria d'una battaglia vittoriosa.

Ho amato la forza ed il Rosso..................................


*La figura ammantata di nero interruppe la stesura, strappò via la pagina e dopo averla osservata per qualche istante, la avvicinò alle arancioni fiamme del camino scoppiettante. Osservò il nero del bruciato propagarsi sulla candida carta, sintanto che ogni parola, ogni strofa svanì...per sempre*
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By Alexandros Joriin
#9713
*Una figura con cappa nera è accampato in una radura. Solitario, con l'esclusiva presenza d'un fuocherello scoppiettante, sposta le braci usando un sottile ramoscello. Solleva il viso ed osserva l'immensità del creato. Un lieve sorriso si dipinge sul suo volto e dopo aver preso un libricino nel cui angolo superiore destro è disegnato un piccolo tulipano nero, inizia a scrivere.*

Il Veleno d'Amore

Da qualche parte nel mondo, osservo il cielo tenebroso
mantello dai tanti buchi mostra spettacolo meraviglioso
ed immaginarie rette, stella per stella il viso tuo disegno
in un battito di cuore ecco l'apparizione del mio ingegno.

Di migliaia di diamanti ora sei pitturata segno per segno
donzella, amore smisurato, dal non poter pagare pegno,
ricordi sospiranti nell'immaginare quell'istante favoloso
scontro di labbra, nello sprigionare amor, così velenoso.

Trepidante s'aspetta il tempo della prossima occasione
d'ammirar di colei figura come d'un miraggio la visione
mentre il veleno infetta il sangue e circolando incede

e piano avanza lentamente verso il cuore e lo possiede.
Apparenze, sequenze di memorie, difficili da fermare
romantiche bottiglie, dal segreto messaggio nel mare.

Il Tulipano Nero
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By Alexandros Joriin
#51423
*Sud di Tremec, limitare della giungla, una figura incappucciata di nero con le gambe incrociate e chino alla tenue luce di un piccolo fuoco, lentamente ed in maniera minuziosa riproduce, nell'angolo superiore destro di un foglietto di carta, un piccolo tulipano dal colore nero. Poi sposta la mano in alto nel foglio e lentamente, con caratteri curati, inizia a scrivere*

L'Uccellino

Un giorno lontano vidi un bellissimo uccellino
occhi profondi, silenzioso, quasi rassegnato,
era in difficoltà, immobile e tanto piccolino
lo presi nel palmo, sembrava da poco nato.

Il mio pollice sul capo ed ei lo mosse declino
sembrava felice anche se parea abbandonato,
l'ala avea rotta e cinguettava come bambino
il cuore mi prese, in un modo inimmaginato.

Crebbe debole, non riusciva a spiccare il volo
come gli altri uccellini, eppure era sorridente,
zompettava a piccoli passi incedendo al suolo

ed ogni ostacolo era per lui gioco divertente.
Un piovoso, triste giorno però, ei mi lascio solo
immobile giaceva nel nido, d'aspetto struggente

ora potea volare alto nel blu del cielo splendente.
Lacrima che solca il viso e cuore a pugno stretto
rimpianto di quel che è stato, divenuto verdetto.

Il Tulipano Nero


*Più tardi, tornando presso l'oasi, riporta il medesimo sonetto nella locale bacheca a firma Tulipano Nero*
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By Alexandros Joriin
#51955
RITORNO ALLE ORIGINI

Caricò l'ultimo sacco sul mulo, serrò per bene i legacci e poi carezzò la fronte dell'animale che approvava muovendo lievemente il capo sopra e sotto. Emise un piccolo fischio ed anche Cuore di Drago, nitrendo, si avvicinò al trotto verso di lui. Sistemò altre sacche attorno alla sua sella e poi con un balzo gli fù rapidamente in groppa. Iniziò a muovere lentamente, trascinandosi le briglie del mulo. Mentre il caldo e gli odori dell'oasi colpivano i suoi sensi, pensò sereno, che nonostante i trascorsi, amava l'atmosfera ed i colori di Tremec. L'accoglienza dell'oasi e poi il deserto, un contrasto affascinante e temibile forse, ma per chi riusciva a cogliere la vera essenza, era un luogo di grande tranquillità e serenità. Superò dunque le cancellate principali d'ingresso alla città e si avventurò a passo molto lento nell'immensità del deserto. Sperava di raggiungere, quanto prima, il guado per Loknar e poi da lì, si sarebbe diretto a nord ovest verso la catena montuosa degli Orquirian che avrebbe infine valicato per raggiungere il continente umano. Quasi dieci anni nelle Terre Selvagge, avevano aumentato la sua esperienza nel sopravvivere e nel destreggiarsi, percorrendo sentieri poco conosciuti e frequentati. Dopo alcuni giorni, con qualche intermezzo necessario per bivaccare e riposarsi, raggiunse il guado. Il fiume Dulnar era placido e spinse senza indugio gli animali ad attraversarlo. In poco tempo, fu dall'altra parte ed inizialmente seguendone il corso verso nord-ovest, aveva come obbiettivo il raggiungimento delle alture. Fece molta attenzione ad evitare eventuali pattuglie orchesche, la zona di frontiera era sempre alquanto pericolosa. Dopo qualche tempo, sempre avanzando lentamente, al passo, per non affaticare gli animali, tra gli stretti sentieri di montagna, si ritrovò, mentre l'aria andava facendosi sempre piu fresca e penetrante, in una zona dalla quale riusciva a vedere, sia l'orizzonte sulle Terre Selvagge sia la distesa verdeggiante dei regni umani ed in lontananza gli sembrò di avvistare le strutture piu alte della città di Amon. Volse il cavallo verso nord, lasciandosela alle spalle e decise che sarebbe passato a visitare la tomba del suo tutore, Maric Wavehearp, figlio di Giulius, legionario di frontiera durante il periodo delle 21 lune e di cui aveva rinvenuto il diario personale alcuni anni prima. Era passato tanto tempo da quando ancora bambino, ormai allo stremo delle forze, aveva incontrato Maric. Tornò indietro con i pensieri e si vide da fanciullo in una capanna fatta di tronchi e tavole, la sua prima casa dell'infanzia. Ebbe per un attimo la sensazione come se in quel preciso istante, fosse ancora lì e vide nel focolare, una pentola sollevata sul fuoco che bolliva e cucinava del cibo, gli sembrava quasi di poter percepire quell'odore che si diffondeva per tutta la capanna. Nella sua innocenza di fanciullo, era convinto che quello fosse il posto più sicuro del mondo e tutto lì era bellissimo, i suoi genitori, il suo fedele cucciolo di lupo, l'accogliente lettino ricavato in uno spazio della piccola e stretta mansarda. Il piccolo Alexandros, in quell'istante di vita, in quel frangente di apparente calma, non poteva mai immaginare che quel piccolo privato idillio, nella sua sino ad allora breve e povera infanzia, stava per finire quello stesso giorno.

(Continua)...
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By Alexandros Joriin
#51988
RITORNO ALLE ORIGINI - II PARTE

Sentì all'improvviso dei forti rumori all'esterno, allarmato, salì di corsa la scala che conduceva in mansarda e guardò dalla finestra. Degli esseri mostruosi, dalla pelle verde ed alcuni alti quasi come due persone, stavano distruggendo tutto quello che avevano a portata di mano. Erano almeno una ventina e brandivano delle armi enormi che stavano usando per uccidere gli animali che erano nel cortile. L'angoscia lo colse a stringergli il cuore nel petto, la paura si dipanava dal cervello per raggiungere fulminea ogni fibbra del suo giovane essere, ma nonostante tutto, pensò immediatamente ancorchè alla sua sicurezza a quella dei suoi genitori, dove potevano essere? Guardò con frenesia di sotto, spostando la sua visuale cercando di non farsi scorgere, poi li vide mentre uno di quei bruti li scagliava per terra dopo averli trascinati davanti agli altri suoi compagni. Grugnivano cose che non riusciva a capire, urlavano come se avessero vinto una grande battaglia o forse, questo lo capì solo piu avanti, erano solo eccitati per quella facile vittoria con un buon bottino. Avvenne tutto nella frazione di un secondo, una di quelle belve alzò la sua armà e trapasso da parte a parte entrambi i genitori trucidandoli senza alcun rimorso. Il piccolo Alexandros gridò senza rendersene conto:-"NOOO!" come se quell'istintivo dissenso avesse potuto creare una protezione per le persone che amava, invece fu una cosa sciocca ed un'inutile esternazione che lo mise in pericolo, più di quanto già non lo fosse. Niente avrebbe potuto salvare tutti coloro che abitavano in quella capanna di tronchi e tavole, un giorno iniziato con uno splendido sole ed il profumo della vegetazione nell'aria dopo la pioggia, si era adesso tramutato in una barbara tragedia dal colore rosso scarlatto. Gli orchi lo videro, indirizzarono le armi nella sua direzione ed un paio di loro partirono per raggiungerlo immediatamente. Scappò via dalla finestra e si infilò sotto il letto rannichiandosi nella parte piu in fondo, vicino alla parete. Piangeva, ansimava e tremava per la paura mentre già sentiva il legno della scala là vicino che scricchiolava sotto il peso di quelle belve che sopraggiungevano. Sentì i tonfi pesanti del loro incedere sul pavimento, ormai erano vicino...era in trappola. Il letto venne divelto con la stessa facilità con cui lui avrebbe sollevato un cucchiaio, adesso era totalmente indifeso alla loro mercè, sarebbe morto nel giro di pochi secondi. Fu preso in maniera rude dal bavero e sollevato come un fuscello ad almeno un metro di altezza, mentre le sue piccole gambe scalciavano per un'ultima e disperata difesa. Fissò per un attimo il suo assalitore negli occhi da belva, i denti come zanne che fuoriuscivano dalla bocca, il tanfo insopportabile che proveniva dal suo corpo e dal suo rudimentale vestiario. Le mani di Alexandros si muovevano attorno nell'aria, cercando un appiglio ed alla fine, inaspettamente, trovarono qualcosa, che sporgeva dal muro di legno. In quell'istante, gli parve di sentire la voce della madre, che diceva con innaturale calma, quasi con una beatitudine di chi è estremamente serena ed in pace con se stessa:- "scappa Alexandros, scappa...". L'orco sollevò la grande mano, stringeva un grosso pugnale arruginito con il quale si preparava a colpire ed il piccolo Alexandros strappò via dal muro un grosso chiodo che era li, a stento debolmente affisso, ormai da chissà quanto tempo e lo infilò, come se la sua mano fosse guidata da una volontà indipendente dalla sua, nell'occhio del suo aggressore. Questi urlò immediatamente, in maniera rabbiosa, e mollò la presa. Alexandros cadde per terra, si rialzò fulmineo e si diresse verso le scale con un'agilità che non aveva mai avuto sino a quel momento, scese rapidamente di sotto, corse verso l'uscio ma un altro Orco cercò di afferarlo, mentre stava entrando anch'esso dentro l'abitazione sbarrandogli quindi la strada. Alexandros continuando nel suo slancio, si rannicchiò, abbassandosi e passò sotto le gambe, deviò a sinistra ricordandosi del minuscolo passaggio nel muro dal quale entrava ed usciva il suo piccolo cane. Sgaiattolò fuori a quattro zampe un'istante prima che riuscissero ad afferarlo. Sentendo il cuore in gola, corse all'esterno, si diresse verso il vicino bosco mentre altri di quelli in preda all'ira nel vederlo fuggire, si misero al suo inseguimento. Correva come non aveva mai fatto, piccoli rametti, ferivano il suo giovane viso, laceravano le braccia e le gambe, ma sembrava non sentire il dolore, correva con tutta la forza che poteva sintanto che...mettendo un piede in fallo, scivolò rovinosamente. Rotolò di sotto, in una piccola scarpata, per alcuni metri, sintanto che lo slancio acquisito lo fece finire in un piccolo e burrascoso ruscello che iniziò subito a trascinarlo via. Cercò di tenersi a galla, ma iniziò a bere acqua, c'erano istanti in cui veniva trascinato sul fondo per poi riemergere poco più avanti. In preda al terrore, si rese anche conto che il ruscello, poco più avanti, proseguiva all'interno di un'angusta caverna e lottò con tutte le sue forze nel tentativo di raggiungere la riva e mettersi dunque in salvo. Invece il torrente, quella mattina, era troppo burrascoso a causa delle piogge dei giorni precedenti e l'anfratto che gli appariva adesso come la bocca di un drago, si preparava ad ingoiarlo. Sbatte violentemente la testa su una roccia sporgente e tutto divenne buio. Più tardi senti una voce profonda e qualcuno che lo toccava, probabilmente lo stava scuotendo. "ragazzo svegliati!" ed un ceffone lo colse in pieno viso. Aprì gli occhi sputando dell'acqua e notò immediatamente un uomo dall'aspetto burbero, con una folta barba che l'osservava. "non so come hai fatto ad uscire da quel buco nella terra ragazzo...ma sei vivo ed al sicuro adesso". Alexandros lo guardò senza proferire parola, si ritrasse vicino ad un grosso masso e quello continuò..."mi chiamo Maric...Maric Wavehearp".
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#52037
RITORNO ALLE ORIGINI - III PARTE


Senza accorgersene, aveva chiuso gli occhi, li riaprì lentamente e respirò a fondo la fresca aria di montagna che penetrò in profondità nel petto. Aveva iniziato, da poco, la discesa verso le città umane dell'ovest e gli parve d'iniziare a riconoscere i luoghi dove aveva vissuto da giovane. Il cielo iniziava ormai a volgere verso il tramonto e sulla montagna, tra le valli, lo sapeva bene, questo processo a volte poteva essere molto repentino a causa delle ombre delle cime. Affrettò dunque il passo e verso il crepuscolo, riuscì ad intravedere la vecchia casa del suo tutore. Si fermò alcune decine di metri prima, saltò giù da cavallo e s'avvicinò lentamente alla tomba ove giaceva Maric. Restò in piedi lì vicino, gli occhi fissarono quel nome sulla lapide. Non era stato un uomo facile in vita e spesso era stato trattato da lui con durezza e per questo lo aveva odiato sbattendo la porta di casa, il giorno in cui decise di andare via, ormai uomo. E mentre si allontanava, nelle sue orecchie echeggiava ancora quello che lui gli aveva gridato dietro:-"mi senti ragazzo?! non sarai mai un guerriero! non sarai mai un legionario! ti farai ammazzare! hai il cuore troppo tenero! ti manca l'istinto omicida ragazzo! mi senti?! mi senti?!" Purtroppo, forse in parte aveva avuto ragione, quando era Console ad Amon, aveva accolto molti uomini che erano in fuga dal proprio passato, forse avrebbe dovuto essere piu cinico e respingerli, avrebbe dovuto usare maggiore severità e spietatezza, forse perseguitarli ai confini dell'impero. Invece lui li accolse, era sicuro che ogni essere umano è in possesso di qualità di pregio nascoste dentro, un valore che necessita solo di essere ricercato, stimolato a venire fuori, volle dunque dargli una seconda possibilità, una nuova vita, riscrivere la loro storia nello splendore dell'Impero. Per alcuni fù un successo, erano il suo orgoglio e l'orgoglio di Amon, uomini fidati Legionari tutti d'un pezzo degni discendenti delle legioni di Re Agravain...insieme fecero grandi cose. Per altri invece, fù un fallimento...lo tradirono in una notte di follia e tradirono in quel modo per primi se stessi e poi tutti i valori dell'appartenenza alla Guerriera. Ne aveva avuto il sentore, ma non aveva voluto crederci e questo...questa mancanza d'istinto omicida, come lo chiamava Maric, gli costo ogni cosa. In realtà nella sua solitudine degli ultimi anni, aveva capito Maric, il suo comportamento, era solo una pura e rozza forma d'amore, di protezione nei suoi confronti e quel suo modo di fare, era anche quello un addestramento importante per sopravvivere, cosi come lo era stato saper maneggiare la spada o lo scudo. Da quel giorno in cui abbandonò la sua casa, non l'aveva più visto in vita e tante cose che reciprocamente serbarono all'interno dei loro animi, per rispettivo orgoglio, non furono mai dette...ed ora erano perse per sempre. "Se puoi sentirmi Maric Wavehearp...." Alexandros posò la mano sulla tomba inginocchiandosi "...se puoi sentirmi...io...ti ringrazio...padre mio." Poco dopo entrò in casa, era naturalmente in un pessimo stato per come ci si aspetta da una casa abbondanata ormai da quasi vent'anni, ma nonostante tutto, la struttura, sembrava essere ancora solida. Vicino al camino dove aveva rinvenuto undici anni prima il diario di Giulius, padre di Maric, vi era ancora la pelle d'orso dove aveva dormito in quel periodo. Provò a dargli una ripulita ed accese il fuoco con della legna ancora accatastata li nei pressi. S'addormentò quasi subito, in un sonno profondo senza sogni. Il mattino successivo, mentre i rimasugli del fuoco, rilasciavano ancora una sottile colonnna di fumo, dei colpi alla porta lo fecero sussultare improvvisamente e d'istinto brandi la spada. Qualcuno bussava alla porta "c'è qualcuno in casa?! C'è qualcuno in casa?!" Alexandros guardò dalla finestra ed un'espressione di stupore si dipinse sul suo volto. Posò la spada vicino al tavolo ed aprì la porta con un lieve sorriso esclamando..."Santi Dei! Voi qui?" e la donna in risposta "Alexandros???....sei vivo?? ragazzo mio!!! Sei vivo!! E' il cielo che ti manda!". Era la donna, che un tempo s'occupava delle mansioni domestiche di Maric, notevolmente aumentata di dimensioni, di peso ed ormai anziana, l'abbracciò come se fosse il figlio perduto ed adesso ritrovato.

"E cosi sei stato, da solo, nelle Terre Selvagge per quasi dieci anni?? Ma perchè?? tutti ti credevano morto". Lui rispose:-"in effetti forse avrei preferito essere morto piuttosto che vedere il tradimento dei miei uomini, con i quali avevo combattuto fianco a fianco e scudo con scudo". "Sei sempre il solito idealista che non accetta la parte malvagia dell'essere umano"...spostò lo sguardo squadrando la donna:-"sò quali nefandezze può fare l'animo umano, non l'accetto da coloro che per me erano fratelli, tutto qui". "Ormai sono passati dieci anni, devi proseguire, andare avanti e non continuare a punirti con l'esilio o con una vita di privazioni e poi...il tuo ritorno è davvero un segno degli Dei, proprio qui! in questa casa...". Assunse un'aria indagatrice e proseguì..."cosa vuoi dire donna?!", "c'è una persona che devi conoscere", "non voglio conoscere nessuno e presto andrò di nuovo via da qui...". La donna insistette scegliendo parole migliori, più convincenti..."si tratta...della figlia di Maric...". Alexandros sembrò sbiancare in volto e lo sguardo divenne stupito, quasi restando a bocca aperta..."la figlia di Maric???". La donna annuì, sapendo di averlo colpito in profondità e poi aggiunse "si la figlia di Maric, si chiama Giulia ed ormai ha sedici anni..", "Santi Dei! sedici anni!?...ma chi è la madre? quando...", la donna s'affrettò ad interromperlo e spiegare meglio:-"la madre era una povera donna che viveva nelle zone limitrofe di Amon, Maric aveva una relazione con lei, s'incontravano, passavano del tempo assieme, neanche io ne ero a conoscenza, lo sai com'era Maric, non parlava mai di nulla, era difficile carpirne i segreti o quello che realmente gli frullava per la testa. Si è portato il segreto nella tomba. Un giorno però, fui mandata a chiamare da questa donna e mi disse, d'essere a conoscenza che ero la domestica e comunque anche una persona molto vicina a Maric. Stava molto male, parlava a stento sdraiata in un letto, mi raccontò tutto quanto ed alla fine mi presentò la loro figlia, Giulia. Rimasi stupefatta dalla ragazzina, nonostante il luogo povero dal quale proveniva e dove viveva, era vestita decentemente ed emanava una grande dignità, nel suo bellissimo viso incorniciato da capelli biondissimi, sembrava il ritratto di una nobil donna. La madre me l'ha affidata affinchè me ne prendessi cura, in quanto a lei rimanevano pochi giorni di vita." Aggiunse subito, quasi senza prendere fiato "Devi ascoltarmi Alexandros, è una ragazzina in gamba, che ha già sofferto molto con la perdita del padre e della madre che accudiva lei stessa, con grande serenità, nonostante sapesse bene il futuro terribile che gli si stava prospettando davanti. Non ha mai avuto perdite della fede in cui è molto credente e non ha mai pianto. Quando la madre è stata sepolta è rimasta seria e retta ed ha voluto addirttura lei pronunciare un piccolo discorso in sua memoria e tutti l'ascoltavano ammirati dalla sua forza." Alexandros ascoltava in silenzio e la donna fece il suo ultimo affondo "...ora te ne sto parlando, perchè vorrei che te ne occupassi tu...io ormai sono anziana e non ho i mezzi per darle quello che merita". Fece una piccola pausa per saggiare la reazione alle sue parole, reazione che non tardò ad arrivare. "IO?!...tu stai scherzando donna, non posso badare ad una ragazzina di sedici anni....è impossibile! sono la persona meno indicata". La donna incalzò:-"invece puoi e lo devi sia a Maric che a Giulius Wavehearp è la sua unica discendente". Alexandros fu colpito in pieno da queste ultime parole e rimase in silenzio per alcuni minuti. "Non posso portarla ad Amon, cosa dovrei farne? farla divenire una girovaga?", "ci sono altri posti non esiste solo Amon...", "...e quali sarebbero questi altri posti? Rotiniel? un umana in mezzo agli elfi?, Hammerheim cui ho combattuto contro?...portala al tempio di Crom presso Amon, li imparerà tutto quello di cui ha bisogno e si prenderanno cura di lei". La donna si fece accigliata "e tu!? vorresti farmi consegnare la ragazzina in mano a gente che ti ha tradito??...prendila con te, portala ad Hammerheim ed insegna lei tutto quello che un uomo come te, è stato in grado di fare e sarà ancora in grado di fare nel futuro. Sarà più amoniana in questo modo che se dovessi lasciarla presso la guerriera". Alexandros replicò subito molto seccato...."stai farneticando donna, Giulius verrebbe ad ammazzarmi dai Campi Elisi se dovessi condurre sua nipote ad Hammerheim ed inoltre io sono amoniano, non tradisco la mia città". La donna sbuffò ed aggiunse subito:-"Tu! hai fatto tante cose grandi nella tua vita, hai mostrato il tuo valore, eppure!...non comprendi ancora, a distanza di dieci anni, che tu hai dato tutto per la tua amata Amon, anche dieci anni della tua vita, sprecati nel nulla delle terre selvagge e qualsiasi cosa tu possa fare adesso, non sei tu che tradisci Amon...poichè ti ha gia tradito lei, nel peggiore modo in cui potesse essere fatto. Portala dunque ad Hammerheim, dalle tutto quello che deve avere per diventare la donna che merita, nel rispetto degli Dei in cui ella crede fermamente. Sei tornato qui, proprio in questo momento, perchè sia Maric che Giulius vogliono che sia tu a fare questo per la loro famiglia. Non sottovalutare queste cose Alexandros, i legami superano la morte, sempre!" Alexandros ascoltò in silenzio, poi alla sua maniera, concluse la discussione con poche parole, "non so ancora cosa sarà del mio futuro, per intanto mandala, scortata da qualcuno, ad Hammerheim. Io parto domani, per adesso la ragazza si occuperà di un venditore che intendo richiedere in quel posto. Poi vedremo il da farsi."
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#52061
LA RICERCA DELLA PERFEZIONE

Il commercio fu dunque avviato ad Hammerheim, la ragazzina Giulia Wavehearp, entusiasta del nuovo incarico, faceva mille domande ad Alexandros, il quale pazientemente rispondeva per darle maggiore chiarezza sul suo compito e sull'autonomia di cui disponeva. Infine decise di fugare ulteriori dilemmmi compilando di suo pugno un certificato di vendita che contenesse le norme cui attenersi nel richiedere lavori di fattura singolare, totalmente eccezionali, riservati solo ad una clientela ristretta e selezionata.

Certificato di Vendita - Norme

*Raffigurazione di un Gladio con la punta rivolta verso il basso avvolto dalle spire di un serpente, la cui testa si solleva leggermente dalla punta della lama*

L'armatura cui questo certificato è allegato, è fatta in adamantio infuso. L'artefatto reca la firma del Gran Maestro Fabbro che l'ha costruita ed il numero di serie corrispondente al momento in cui la stessa è stata realizzata, In questo caso il numero 1. Da questo momento in poi tale numerazione sarà sempre crescente, di conseguenza il numero di matricola già usato, non potrà mai più essere riutilizzato per armature costruite con questo tipo di metallo. Un solo proprietario, avrà per sempre tale numero di riconoscimento. Questo certificato assicura inoltre al legittimo proprietario di avere gratuitamente, a vita dell'armatura, la riparazione della stessa ad esclusione dei materiali necessari per tale scopo che saranno dunque totalmente a carico del committente. Armatura composta da 5 pezzi, tutti di fattura eccezionale:-

Elmo
Gorgera
Busto
Gambali
Braccia
Guanti

Questa armatura, con numero di punzone nr.1, costruita il giorno 20 Madrigale dell'A.I.286 è stata venduta a ______________________ unico e legittimo proprietario che inoltre ha nella sua disponibilità le seguenti opzioni, nel caso in cui voglia avvalersene:-

a) Al momento dell'acquisto o della commissione dell'armatura, se già costruita, può chiedere la realizzazione di un secondo Elmo a proprie spese, qualora quello in dotazione non sia di suo gradimento. Non verranno aggiunti ulteriori costi di manifattura;

b) In caso d'ordine su armatura da realizzare interamente, potrà preventivamente, scegliere il modello, le decorazioni di ciascun pezzo, e le dotazioni accessorie di cui al seguente punto "c". Inoltre potrà eseguire delle prove di vestizione con dei modelli di prova già preventivamente costruiti in bronzo;

c) Dotazioni accessorie sono da intendersi solo ulteriori componenti in aggiunta all'acquisto dell'armatura e consistenti in:-
* 1 Scudo di varia forma ed utilizzo;
* 1 Arma a scelta;
Su tali accessori non verranno applicati ulteriori costi di manifattura ed i materiali necessari alla costruzione sono a carico del committente;

d) Nel caso fosse deciso, dal legittimo acquirente, di voler vendere l'armatura punzonata in suo possesso a terzi, sarà sufficente che entrambe le parti, venditore ed acquirente, si rechino presso il Gran Maestro Fabbro che ha realizzato l'artefatto, il quale provvederà a modificare il certificato di proprietà, previo pagamento del 20% come commssione sul prezzo totale di ri-vendita che non potrà essere pari o inferiore a quello del primo acquisto e dovrà invece essere superiore di almeno il 30%;

e) La costruzione di un'armatura nuova commissionata richiede una settimana di tempo;

f) E' possibile chiedere la costruzione di un'armatura in commissione, fornendo i metalli e gli altri materiali necessari. In quel caso sarà applicato solo il costo della manifattura;

*firmato*
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#53700
Il Saggio del Nord

Camminò per un bel pò lungo le rive dell'Eldrin, guardava le acque incedere placidamente verso ovest dove avrebbero incontrato infine il mare, proprio di fronte alla città elfica di Rotiniel. Camminare lo aiutava a riflettere, stare solo, gli ricordava i lunghi anni trascorsi nelle "Terre Selvagge", ormai ne faceva in qualche modo parte ed a volte quasi gli mancava quella natura primordiale e pericolosa che era stata sua compagna per tanto tempo. Slacciò il mantello e subito dopo fece cadere a terra la draconica, entrò nell'acqua, assorto da pensieri che gli frullavano per la testa. Passò lentamente una mano sulle cicatrici del torace, quasi come se gli fossero care o gli ricordassero qualcosa, mentre vedeva volti di uomini valorosi che adesso erano sicuramente nei "Campi Elisi", rivedeva persone un tempo più giovani ed adesso invecchiate, gli sembrava in qualche modo di non riconoscere più questa Ardania, il continente umano era davvero solo l'ombra di quel che ricordava. Camminò nell'acqua, quasi meccanicamente mentre la profondità aumentava ed infine, dopo aver preso fiato lasciò che questa lo sommergesse. Il tempo adesso non era importante, chiuse gli occhi...immagini, volti, parole iniziarono a scorrere in maniera confusa...prive di qualsiasi ordine.



Hullborg, 10 Forense dell'A.I. 276

Alcuni giorni prima della conquista del Monastero, aveva estratto queste rune alla presenza del Barone Claus Von Kessel.

DAGAZ, che indicava la fine di qualcosa
IKKE, il contrario della runa seguente
HAGALAZ, ghiaccio purezza


Alexandros Joriin:- Sono tornato Barone...
Claus Von Kessel:- le rune che hai estratto non mentivano Alexandros, hai vinto la tua Guerra...hai preso la Fortezza del Sacro Verbo, la fine di qualcosa che non era puro.



Seliand, 4 Dodecabrullo dell'A.I. 276, 3 ora del Mattino. Giorno della Battaglia del Trivio.

Quella mattina si svegliò in anticipo Alexandros, mille pensieri gli affollavano la testa. Si avvicinò alla scrivania nella sua tenda dell'accampamento di Legione nei pressi di Seliand. Osservò ancora una volta le mappe della zona e la strategia elaborata nei giorni precedenti. La distanza di due colline sul campo di battaglia lo preoccupava un poco ma confidò che avrebbe trovato il giusto rimedio ed aggiustamento durante il combattimento. Si alzò ed osservò il cielo ancora scuro del nuovo giorno che stava nascendo, provò a liberare la mente e l'occhio cadde su un calamaio, tornò a sedersi prese la piuma e l'intinse nell'inchiostro. Iniziò a scrivere...

Prima della Battaglia

Lunga è la notte prima della Battaglia
folate di vento sibilano nella quiete
sferze sul viso e piegando la sterpaglia
della Signora Morte intessono la rete.

Dormi guerriero e la paura imbavaglia
possa il destino tracciare novelle liete,
nel giorno che la gloria la vista abbaglia
uccidi ed ancora uccidi come fosse sete.

Serra lo scudo a coorte ed avanza Milite
solo per questo un giorno tu sei nato,
questo è il lavoro, muovi lo coltellaccio

al colore vermiglio non ritrar il braccio.
Orgoglio ed onore per il comune passato
Vittoria gridate ed il nemico ammutolite.

si soffermò a rileggerla, poi lasciò cadere la penna e ricordò l'incontro con il suo amico Barone Claus Von Kessel avvenuto qualche giorno prima.




Hullborg, 10 Nembonume dell'A.I. 276

Alexandros Joriin - Barone, sapete quanto vi stimi e sapete che apprezzo molto la premura che sempre avete mostrato nei miei confronti sin da quando ero un giovane e sconosciuto ragazzo con tante domande, cui voi avete dato sempre risposta, con grande pazienza. Tanto tempo è trascorso da allora e...tante cose sono cambiate, ma la vostra amicizia mi onora e confido di trovare risposta alle mie domande attingendo alla vostra saggezza, parlando con un buon e vecchio amico...

Claus Von Kessel - Questa volta avrai altro, una cosa di cui solo i nordici possono avere...l'Onore...

Alexandros Joriin - * Lo osserva con intensità *

Claus Von Kessel - ...ma per me, anche gli uomini che vivono nel Livmor...e tu, a modo tuo, chiudi il cerchio

Alexandros Joriin - Già...chiudo il cerchio...

Claus Von Kessel - Avrai la tua runa, ma questa...ti condizionerà nella vita, nelle scelte e nelle decisioni, sappilo...

Alexandros Joriin - * Annuisce lievemente, senza dire nulla *

Claus Von Kessel - Non serve un altro sentiero, quando hai la tua Runa essa è il tuo riferimento all'orizzonte, come una stella che brilla per i naviganti. Spogliati dei tuoi abiti superflui e vieni davanti a me Alexandros....e non parlarne a nessuno, sto donandoti la tradizione del Nord. Levati il mantello e...

Alexandros Joriin - * Slaccia il mantello piegandolo con cura *

Claus Von Kessel - lavati la bocca e le mani al pozzo...perchè le tue parole e le tue azioni siano sempre trasparenti e pulite...

Alexandros Joriin - * Osserva il pozzo e si avvicina, tira giù il secchio e lo riempe con l'acqua gelida. Imprime poi forza sulla fune issandolo nuovamente e vi immerge le mani all'interno gettando l'acqua sul viso e facendola sgocciolare. Ripete ancora una volta l'azione e poi si volta verso il Barone *

Claus Von Kessel - Vieni qui davanti, guardati nella pozza d'acqua e dimmi se riconosci te stesso.

Alexandros Joriin - * Osserva il riflesso dell'acqua *

Claus Von Kessel - Riconosci te stesso?

Alexandros Joriin - Sono sempre io ma cambiato un poco, il volto ha ormai perso ogni innocenza ed segnato dalla vita che ho vissuto...

Claus Von Kessel - E' cosi Alexandros, ora vieni davanti al runario e ripeti...

Alexandros Joriin - * Osserva le Rune *

Claus Von Kessel - ...questa è la mia Runa e non altre...

Alexandros Joriin - questa è la mia Runa e non altre...

Claus Von Kessel - ...essa sarà la mia Arjentil più luminosa...

Alexandros Joriin - * Sembra assorto nel guardare le Rune mentre parla *

Claus Von Kessel - ...essa guiderà le mie scelte e mi svelerà chi sono...

Alexandros Joriin - essa sarà la mia Arjentil più luminosa, essa guiderà le mie scelte e mi svelerà chi sono...

Claus Von Kessel - essa è la mia Runa e non altre.

Alexandros Joriin - ...essa è la mia Runa e non altre.

Claus Von Kessel - Ora metti la mano sopra il runario e fai in modo che sia lei a scegliere te.

Alexandros Joriin - * Alza la mano destra fermandola sul runario *

Claus Von Kessel - Prendila...

Alexandros Joriin - * Abbassa la mano e la chiude su una Runa. Stringe forte il pugno e la tira su. Apre il palmo della mano mostrandola *

Claus Von Kessel - * Sospira sorpreso * Incredibile!

Alexandros Joriin - * Solleva lo sguardo verso il Barone tenendo ancora il palmo aperto *

Claus Von Kessel - ...la Runa di Uruz * socchiude gli occhi ed inizia a parlare *

Alexandros Joriin - * Si volta seguendone il movimento *

Claus Von Kessel - Essa si lega ad una pianta, un animale ed un metallo. Sappi che Uruz è la Runa del Toro, associato al suo vigore rende cosciente della forza da usare con fierezza e devozione...al servizio del proprio popolo. Essa si lega all'agrifoglio, simbolo della potenza vitale che non si estingue...

Alexandros Joriin - * Ascolta con grande attenzione *

Claus Von Kessel - ...è simbolo di paternità ed amore fraterno, il suo legno viene usato per costruire ottime lance...flessibili e ben bilanciate. Il tuo Animale...è il Toro, simbolo della vita e della virilità. Il tuo Minerale è la Pietra del Fuoco, un elemento che protegge gli audaci e li guida alla Vittoria.

Alexandros Joriin - * Annuisce lievemente alle sue parole *

Claus Von Kessel - * Lo guarda * E' la Runa del Condottiero Alexandros...e del capo. Le Rune hanno decretato le tue scelte, vieni...vieni Alexandros...
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#53930
La Chiamata e la Battaglia per il Dio Aengus

*Un uomo incappucciato, seduto ad una scrivania ed indossando una cappa dal colore nero, inizia a scrivere con sollecitudine.*


Era il 21 Granaio dell'A.I.286, ci radunammo verso la 22 ora nei pressi della torre di magia dell'Oghmalia nei territori di Amon. Quella sera vi erano uomini e donne appartenenti ai vari regni del continente umano e benchè qualcuno cercasse di imporre la cosa come se fosse solo lui il prescelto tra i prescelti....non era cosi. Si trattava invece di vanagloria mista ad arroganza stupida che mal si addiceva ad una missione di tale entità. I veri fedeli del Dio Aengus stavano invece in silenzio, pregavano interiormente, consci del fatto che quella missione era di una gravità senza precedenti. Finalmente fu deciso di muoversi, il cammino si presentava molto difficoltoso, bisognava scalare una parete rocciosa ed innevata con il rischio di perdere facilmente l'appiglio e precipitare di sotto. Partendo da Hammerheim, era con me Nivae, una donna molto disponibile ad aiutare e timorata degli Dei giusti. In quel lungo viaggio cosi periglioso ci siamo supportati a vicenda e le sue preghiere sincere e devote mi hanno sostenuto nei momenti difficili della battaglia. Tale incarico collettivo ci era stato affidato, qualche giorno prima, da un messo del Dio, tale Folken Fyranas il quale faceva parte dell'Ordine del Martello che agiva e lavorava un tempo, presso la forgia del Dio Aengus sita in un vulcano dei mari del sud. Tale evento è già stato da me descritto in altri volumi consegnati ed attualmente custoditi presso la biblioteca di Hammerheim. Risparmio i dettagli sulla scalata, dovemmo farne piu di una e preferisco concentrare i miei scritti, narrando dal momento in cui ci trovammo innanzi alla Porta di Fuoco, cosi come ci aveva indicato Fyranas. L'ultimo tratto consisteva in una breve arrampicata che terminava su una piattaforma dalla quale si vedeva, incastonata nella roccia, l'ingresso per la cittadella. Nivae ebbe qualche difficoltà nel superare l'ultimo tratto e raggiungendola con una mano, l'afferrai dalle braccia issandola al sicuro. Dopo alcuni preparativi, furono pronunciate le parole che avrebbero attivato il portale "ANDON NAR EDRO SIN ATARME" ed il portale sembrò attivarsi. Raccolsi tutto il mio coraggio, calcai l'elmo dirigendomi all'interno per primo mentre tra me e me mormoravo le parole "per Aengus". Giunsi quasi istantaneamente su una zona sopraelevata dove potei subito osservare delle statue dalle manifattura sicuramente elfica, molto danneggiate che avevano l'aria di essere lì da qualche millennio. Li vicino c'erano accessi ad altri portali mentre l'ambiente risultava essere scuro quasi come durante la notte. Si percepiva inoltre, pungente, l'odore di fuliggine mentre alla distanza si potevano osservare fiumi e laghi di magma. Ovunque tracce del passaggio di essere molti grandi e pesanti a giudicare dalla profodità impressa nelle impronte sul terreno, probabilmente i golem di cui eravamo alla ricerca. Ci avventurammo in una stradina che ben presto scoprimmo essere ostruita da macerie e durante il percorso potemmo ammirare enormi statue del Dio Aengus che incutevano un certo timore riverenziale. A differenza delle precedenti di fattura elfica che onestamente non siamo riusciti a capire come potessero trovarsi in un luogo appartenente ad un dio umano, quest'altre erano, decisamente, in condizioni, nettamente, migliori come se fossero state realizzate in un epoca molto successiva. Il cielo era totalmente coperto da nubi nere formatisi a causa delle emissioni dei vulcani che impedivano qualsiasi visuale ulteriore. Improvvisamente, su un'altura, apparve una figura che inizialmente sembrò restare silenziosa ad osservarci. Poi sovrastando le parole di qualcuno che gli si rivolgeva contro, ci intimò di lasciare quel luogo immortale o saremmo stati bruciati sino a divenire cenere dispersa nel vento. Di fronte alla nostra ferma opposizione egli disse incurandosi di quel che riceva in risposta, le seguenti parole:-"AENGUS HA RIFIUTATO LA NOSTRA ASSISTENZA NELLE SUE OPERE E CI HA INCENERITI SENZA RIGUARDO DELLA NOSTRA MAESTRIA...I SUOI DESIDERI NON SONO PIU' UNA NOSTRA PREOCCUPAZIONE. ORA PERSEGUIAMO SOLTANTO IL NOSTRO COMPIACIMENTO E QUELLO DI CHIUNQUE CI GARANTISCA LA PROPRIA BENEVOLENZA. NON HA PIU' IMPORTANZA CHI SIA E QUALI SIANO I SUOI SCOPI. ARMEREMO CHIUNQUE SIA ABBASTANZA DETERMINATO DA SFIDARE IL FUOCO PER RAGGIUNGERCI...SE PROCEDERETE OLTRE, BRUCERETE!" Dopo una breve pausa, proseguì:-"AENGUS HA DISTRUTTO TUTTO QUELLO CHE CUSTODIVAMO E HA TRASFORMATO IL GIOIELLO CHE ERA QUEST'ISOLA IN UN INFERNO, AFFINCHE' NESSUNO VENISSE PIU' A CERCARCI, NESSUNO CI PROCURASSE PIU' LA SODDISFAZIONE DI ARMARLO, NESSUNO CI RICONOSCESSE ONORI O CI GARANTISSE LA PROPRIA ALLEANZA. NOI NON RICONOSCIAMO PIU' LA SUA AUTORITA', QUESTO LUOGO CHE HA ABBANDONATO ORA CI APPARTIENE!" In quelle parole echeggianti qualcuno gridò che sapevamo che fossero in combutta con dei lich e l'imperituro rimase un po sconcertato da questo dettaglio, si voltò quasi a cercare un consulto con altri suoi simili, ivi presenti, e poi proseguì dicendo che chi era andato lì a trovarli si ricordava di loro e gli aveva affidato un incarico per gratificarli e vantarli. La discussione ebbe termine e decidemmo di tornare indietro sui nostri passi dove potemmo appurare che la presenza dei predetti portali vicino la zona d'ingresso avevano effettivamente detinazioni precise. Una verso l'uscita, una verso le forge ed altre sembravano non funzionare. Continuammo in ogni caso la missione ed iniziarono i primi scontri, ognuno di quegli esseri sapeva usare la magia oltre che combattere in modo molto efficente, ucciderne uno solo non era compito facile, creando spesso situazioni di grande pericolo. Procedemmo attraverso la cittadella totalmente in rovina, edifici, muri, ponti, ogni cosa sembrava essere stata devastata da un evento terribile, non era sicuramente stato solo opera dello scorrere del tempo. Superato un grande ponte che dava verso nord, chiaramente anche questo di fattura elfica quenya e che appariva davvero la struttura piu antica di tutte quelli circostanti, accedemmo alla zona nord della cittadella. Dopo alcuni metri un enorme golem dalla apparenze antiche ed ancora funzionante ci venne addosso ed iniziammo a combatterlo cercando un modo per renderlo inoffensivo o danneggiarlo. Quello fu solo il primo di tanti che dovemmo affrontare quella sera. La cosa singolare erano anche le fiamme, bruciavano costantemente, anche sui cadaveri o meglio le ossa degli imperituri che erano disperse un pò ovuque e non le consumavano, sembrava una sorta di maleficio perenne. Il nostro combattere continuò per lungo tempo, questo sembrava non avere molta importanza in quel luogo ed ad un certo punto ginungemmo in una zona ove sorgeva una struttura di forma quadrata all'interno di un lago di lava e su due enormi piattaforme laterali erano immagazzinati schiere su schiere di enormi golem, verosimilmente l'esercito richiesto dal loro committente. Combattemmo a lungo con il guardiano "Abate" di quel posto, un imperituro potentissimo e molti caddero durante lo scontro. Continuava a gridare che nemmeno Aengus poteva ormai fermarlo ed ogni volta che sollevava il grosso martello di cui era armato, sembrava poter evocare un nugolo di suoi alleati che gli davano man forte. Alla fine fu sconfitto, in una enorme esplosione di fiamme e lapilli, cosi intensa, da far crollare parte della struttura, ma pagammo a caro prezzo quella vittoria. Riuscii a sopravvivere, sebbene malconcio e stanco, ebbi la forza di dire sommessamente..."per te Aengus". Frugammo la struttura in ogni angolo ed alla fine rinvenimmo due chiavi che sbloccavano un marchingegno a leve che era collegato alle piattaforme. Una volta azionato, i golem e le piattaforme iniziarano a sprofondare nella lava incandescente, in breve tempo, il pauroso esercito di costrutti venne liquefatto. Esultammo come ragazzini ad una festa scolastica, sinceramente felici di aver servito alla chiamata del Dio, quando...improvvisamente, una nebbiolina sovrannaturale, si palesò man mano facendosi sempre più consistente. Serpeggiava nei corridoi come se fosse viva, come se potesse decidere dove propagarsi. In brevissimo tempo la struttura ove eravamo ne fu totalmente invasa e nulla potemmo fare per evitarne il contatto o gli effetti. I primissimi istanti intorpidirono immediatamente i muscoli, rendendo da subito già impossibile muoversi. Pochi istanti dopo ci sentivamo storditi, in preda ad una debolezza tale che rendeva difficile continuare a restare in piedi e quasi anche parlare, forte era la voglia di lasciarsi andare del tutto e cadere per terra. Come se ne fossero immuni, dall'unica via di accesso alla struttura, giunsero tre figure imponenti e prive di qualsiasi influenza da parte della nebbiolina che invece bloccava noi. Quando furono più vicini, capimmo che erano tre Lich, con delle corone sul capo e bastoni dalla manifattura antica nel pugno. Il primo indossava vesti corvine e come appurammo poco dopo, aveva come nome Darvakys, il secondo vesti sanguigne e scoprimmo che aveva come nome Haritran, l'ultima Karnidia che indossava vesti eburnee, identificata successivamente, in base alle mie descrizioni, dal Vice Rettore dell'Accademia di magia, Delia Didol, di Hammerheim. Questi osservarono la scena e poi iniziarono a dire:-

Karnidia: "I responsabili della scia di morte che giunge fin qui infine hanno un volto..."

Darvakys: "Uno sparuto esercito di temerari... Molto stanchi, si direbbe..."

Haritran: "Questi vermi hanno compromesso il mio contributo al nostro disegno! Facciamone subito un esempio per tutti gli altri!"

Karnidia: "Lord Haritran, il vostro ardore amoniano vi tradisce, in questa occasione..."

Darvakys: "Un contrattempo non vale il rischio di uno scontro su quest'isola."

Haritran: "UN CONTRATTEMPO, DARVAKYS?! ATTENDEVO LA CONSEGNA DI UN ESERCITO!"

Karnidia: "Non dimenticate che questa era soltanto una contromisura tra le tante..."

Darvakys: "Non amareggiatevi più del dovuto. Presto, tutti gli eserciti combatteranno a nostro favore."

Haritran: "Pregate che i vostri intrighi e le vostre stregonerie siano sufficienti..."

Karnidia: "La Grande Ombra non resterà delusa."

Darvakys: "È tempo di congedarsi, prima che questi infanti si ridestino."

Haritran: "Non vorrei niente di meno..."

Karnidia: "Faremo come desidera la Grande Ombra." e rivolgendosi al Lich dalle vesti corvine "Sta a voi adesso. Assicurateci che non possano seguirci."

Darvakys sollevò una mano mummificata innestata al suo avambraccio scheletrico e tracciando con le dita un glifo invisibile nell'aria evocò una sorte di nebbia nella quale scomparirono tutti e tre. Tornammo indietro sui nostri passi sino alla zona sovra elevata ove erano i portali, nei pressi dell'uscita.

Prima di abbandonare quel posto imboccai il portale che conduceva presso le forge del Dio Aengus, sentivo il dovere di rendergli omaggio, celebrando la sua arte. E cosi giunsi su una piccola struttura pavimentata che sorgeva direttamente su un lago di magma dal quale si dipartivano fiumi in diverse direzioni. Al centro vi erano dei simboli runici e poi le forge del Dio fatte di un materiale che non seppi riconoscere. Misi in fusione tutte le armi di cui disponevo e quando ottenni la giusta temperatura, con il materiale ricavato, iniziai a riforgiarne due. Una falce lunga, ricurva, simile a quelle confezionate dagli elfi ed una spada corta simile a quelle che usualmente utilizzavo ad Amon. Era una sensazione incredibile, ogni mia azione sembrava calibrata da una precisione estrema, ogni colpo andava effetivamente nel punto in cui avrebbe dovuto colpire ed il mio braccio sembrava non provare alcun tentennamento, come in un'euforia mistica dettata dal compiere il lavoro in maniera perfetta. Quando ebbi finito, controllai le armi, erano di una bellezza incredibile ed il filo della lama di una perfezione mai veduta prima. Mi inginocchiai pregando sulle stesse per alcuni minuti. Nonostante il calore intenso che avrebbe dovuto propagarsi dal magma cosi vicino, non provavo alcun calore e nessuna stanchezza, il mio cuore era sereno e totalmente in simbiosi con quel luogo.

Questa storia viene trascritta su due tomi che sono consegnati, in un'unica copia, al Vice Rettore Delia Didol dell'Accademia delle Arti di Hammerheim, in data 28 Solfeggiante dell'A.I.286.
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By Alexandros Joriin
#54073
Il Fiore della Notte


Dieci anni erano passati, si recò silente nel bosco a nord di Amon, subito antecedente le possenti cancellate. Un tempo, prima che la città fosse

ristrutturata, sorgea la sua vecchia casa. Riconobbe l'albero, era ancora lì dopo tutto quel tempo. Prese una vanga ed inizò a scavare sintanto

che ad una certa profondità, colpì qualcosa di metallico. Si affrettò a pulire meglio e tirò su un ormai arruginito forziere.

Ruppe la serratura e l'aprì di scatto. Era ancora lì, come se il tempo non l'avvesse scalfita. Carezzò la nera stoffa ed i piccoli tulipani neri

ricamati sul colletto, poi la prese subito ed indossò la vecchia cappa. Sotto, era custodita ancora, la penna spezzata per quell'ultimo sonetto,

nell'impeto di una tragedia che non potè controllare. La prese e si allontanò silente, nel buio della notte, forse....da qualche parte, nuovi sonetti

avrebbero dato giustizia, alla luce del nuovo giorno su Ardania.
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By Alexandros Joriin
#54147
*Durante la notte, una figura incappucciata con cappa dal colore nero, si aggira nelle strade periferiche della cittadina di Seliand. Giunta placidamente presso la locale bacheca, inizia a scorgere i messaggi ivi affissi. Poi, estraendo da una sacca una penna ed il suo occorrente, inizia a scrivere, rapidamente e di getto un piccolo sonetto. Al termine, viene disegnato un piccolo fiore vicino alla firma*

Il Gatto e la Volpe

Il General Consigliere chiamò lo suo Comandante
lagnando una qualche guerra, una scaramuccia,
seppure cosa piccola, d'usar almeno un arciere
dove aver sicurezza di portare indietro la buccia.

Ed ella rispose, con l'ingegno del suo mestiere
facendo tosto d'ei bocca, linguetta a cannuccia,
"Consigliere! Per lo vostro gaudio ho idea in cantiere
di molestare la città guerriera sopita ed a cuccia."

Con sorriso da corsaro in volto e capriccio soddisfatto
rispose più volte ripetendo "lo voglio, assai lo voglio."
E fù così che l'armata dello martello e dello dorato

a pieni ranghi mosse, con grazia e passo intonato,
sino allo confine ad attaccar briga con orgoglio,
sussurrando, "un aiutino non sarebbe male affatto."

Il Tulipano Nero
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By Alexandros Joriin
#54327
*Una figura indistinta, durante la notte, avanzando di ombra in ombra e percorrendo la via del Re, giunge nella piazza di Hammerheim. Con fare silenzioso, estrae l'occorrente da una sacca e rapidamente verga degli scritti.*

L'allegro Brigante

Dormi, dormi, città dell'aquila che il re non vede
prendi il coltello dal sacco ed ammazza, ammazza,
oh sicario sei il benvenuto, il regno te lo concede
briganteggia allegramente e noi usiam la ramazza.

Dormi, dormi, città dell'aquila che il re non vede
strisciamo nell'ombra, rubiamo sinanco nella piazza
oh ladrone sei il benvenuto, il crimine ci possiede
braccio a braccio siam fratelli, venite qui si sguazza.

Sussurra nel buio, la legge non s'applica stavolta,
non abbiate timore, venite criminali d'ogni dove
qui c'è spazio per contenervi tutti privi di vergogna

e sinanco autorizzati a perseguir giusta menzogna.
Il regno copre ed asseconda, non raccoglie prove,
mio allegro brigante, sù! piroetta ancora una volta.

Il Tulipano Nero
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