- Sun Jul 02, 2023 11:27 pm
#57505
Accalappiata e Tenutaria... sicuramente non un'eroina
Non sono mai voluta stare all'Oasi.
Chissà quando l'ho dimenticato?!
Da ragazzi, nella Harais, ridevamo delle finezze della vita dentro le mura, trovavamo ridicole certe comodità e certi vizi, pensavamo fosse cosa per gente con poco Vigore, meno Parsimonia e nessun cactus di senso.
Quante risate al pensare un figlio della città santa a districarsi tra i problemi di una vita nomade, con un bello sputo di lama da lavare da una tunica di seta, aah!
Con mia sorella Labwa ibn Kmal, dopo la liberazione, avevamo pensato di stabilirci sul Raya per un periodo, ma poi no, porca siccità, troppi vincoli, troppe catene.
E ce le siamo fatte mettere d'oro, poi; lei più di me.
Così eccomi qui, a considerare se le tende sono abbastanza blu o aguardar le ha troppo stinte per tenerle ancora; se non è il caso di aumentare il prezzo dei narghilè al Bordello; se sto uscendo con la giusta quantità di gioielli per non fare sembrare la mia Tenda povera, ma nemmeno volgare.
Non sono mai voluta stare all'Oasi.
Poi mi sono dimenticata...
Sarà che all'inizio mia sorella ne aveva bisogno, per un periodo, per studiare il Maat; forse perché mio zio mi mostrava affetto e fiducia; che da tanto tempo non avevo nessuno a parte Labwa e dopo tutto all'Oasi lavoravo poco e guadagnavo bene.
Poi c'era stato quello là, che per un attimo mi fece credere di essere come loro. Tutti attori, per non pagare, eh?
Non sono mai voluta stare all'Oasi.
Ho iniziato a ricordarmelo, ad andare tra le dune, a tornare solo poco tempo, girare Ardahan senza una meta, per perdermi e ritrovarmi, perché Akkron ama i curiosi, no?!
Però avevo giurato, quindi tornavo sempre, come il buon lama torna alla Harais anche senza cavaliere. E poi oh, anche senza aver giurato al Risoluto, comunque ero figlia di Akkron, ben prima che di mio padre.
Tornavo alla città santa e finivo sempre per restare un po'di più, finché non mi trovai di nuovo sedentaria. Una sedentaria. Una Tremecciana.
Non sono mai voluta stare all'Oasi.
Eppure vuoi per distrazione, vuoi perché forse credevo che avrei avuto una famiglia, che mi sarei abituata, sono rimasta qui. E ho fatto le cose che fanno i tremecciani, ho preso una casa più grande, ho messo un paio di cugini a vendere per me, ho preso il bordello in gestione, ho provato a tenere lo stesso uomo per un po', c'ero quasi riuscita.
Ma non è servito a nulla, dentro di me c'è una nomade stanca di troppe cose; di star ferma ad aspettare, della falsa cortesia urbana, degli intrallazzi del bazaar dell'anima, di questi segreti sotto un velo di sabbia che troppe volte il Kamshin ha disperso con le sue illusioni, che poi sono le mie, oh!
Non sono mai voluta stare all'Oasi.
Ora che me ne sono ricordata, torno con la Harais della zia Rabbuqa, che in questa stagione è da qualche parte nella Sarissa e sicuro ha voglia di canzoni nuove per le donne, trucchi di Maat per i bambini, e capelli rossi con esperienza per giovanotti esuberanti. Questa sono: una danzatrice del Maat, una Sahima da Bordello, una cantrice del Kamshin; e per quelli come noi con le nostre facce da schiaffi, c'è sempre una tazza di stufato della zia Rabbuqa, uno dei peggiori del Sahra.
A un Assid questo serve, la pancia piena e le stelle disordinate solo a prima vista.
Punto a nord, nord-ovest il muso del mio lama, le sue orecchie dritte sono una fionda che mi lancia a casa, mi volto a vedere le dune che si mettono veloci tra me e le cupole e sorrido: se la caveranno una stagione senza una vecchia odalisca!
Dietro mi lascio tutto e solo una canzone sguaiata mi rincorre ancora un po', prima di perdersi nel Sahr'akbar, come me.
Chissà quando l'ho dimenticato?!
Da ragazzi, nella Harais, ridevamo delle finezze della vita dentro le mura, trovavamo ridicole certe comodità e certi vizi, pensavamo fosse cosa per gente con poco Vigore, meno Parsimonia e nessun cactus di senso.
Quante risate al pensare un figlio della città santa a districarsi tra i problemi di una vita nomade, con un bello sputo di lama da lavare da una tunica di seta, aah!
Con mia sorella Labwa ibn Kmal, dopo la liberazione, avevamo pensato di stabilirci sul Raya per un periodo, ma poi no, porca siccità, troppi vincoli, troppe catene.
E ce le siamo fatte mettere d'oro, poi; lei più di me.
Così eccomi qui, a considerare se le tende sono abbastanza blu o aguardar le ha troppo stinte per tenerle ancora; se non è il caso di aumentare il prezzo dei narghilè al Bordello; se sto uscendo con la giusta quantità di gioielli per non fare sembrare la mia Tenda povera, ma nemmeno volgare.
Non sono mai voluta stare all'Oasi.
Poi mi sono dimenticata...
Sarà che all'inizio mia sorella ne aveva bisogno, per un periodo, per studiare il Maat; forse perché mio zio mi mostrava affetto e fiducia; che da tanto tempo non avevo nessuno a parte Labwa e dopo tutto all'Oasi lavoravo poco e guadagnavo bene.
Poi c'era stato quello là, che per un attimo mi fece credere di essere come loro. Tutti attori, per non pagare, eh?
Non sono mai voluta stare all'Oasi.
Ho iniziato a ricordarmelo, ad andare tra le dune, a tornare solo poco tempo, girare Ardahan senza una meta, per perdermi e ritrovarmi, perché Akkron ama i curiosi, no?!
Però avevo giurato, quindi tornavo sempre, come il buon lama torna alla Harais anche senza cavaliere. E poi oh, anche senza aver giurato al Risoluto, comunque ero figlia di Akkron, ben prima che di mio padre.
Tornavo alla città santa e finivo sempre per restare un po'di più, finché non mi trovai di nuovo sedentaria. Una sedentaria. Una Tremecciana.
Non sono mai voluta stare all'Oasi.
Eppure vuoi per distrazione, vuoi perché forse credevo che avrei avuto una famiglia, che mi sarei abituata, sono rimasta qui. E ho fatto le cose che fanno i tremecciani, ho preso una casa più grande, ho messo un paio di cugini a vendere per me, ho preso il bordello in gestione, ho provato a tenere lo stesso uomo per un po', c'ero quasi riuscita.
Ma non è servito a nulla, dentro di me c'è una nomade stanca di troppe cose; di star ferma ad aspettare, della falsa cortesia urbana, degli intrallazzi del bazaar dell'anima, di questi segreti sotto un velo di sabbia che troppe volte il Kamshin ha disperso con le sue illusioni, che poi sono le mie, oh!
Non sono mai voluta stare all'Oasi.
Ora che me ne sono ricordata, torno con la Harais della zia Rabbuqa, che in questa stagione è da qualche parte nella Sarissa e sicuro ha voglia di canzoni nuove per le donne, trucchi di Maat per i bambini, e capelli rossi con esperienza per giovanotti esuberanti. Questa sono: una danzatrice del Maat, una Sahima da Bordello, una cantrice del Kamshin; e per quelli come noi con le nostre facce da schiaffi, c'è sempre una tazza di stufato della zia Rabbuqa, uno dei peggiori del Sahra.
A un Assid questo serve, la pancia piena e le stelle disordinate solo a prima vista.
Punto a nord, nord-ovest il muso del mio lama, le sue orecchie dritte sono una fionda che mi lancia a casa, mi volto a vedere le dune che si mettono veloci tra me e le cupole e sorrido: se la caveranno una stagione senza una vecchia odalisca!
Dietro mi lascio tutto e solo una canzone sguaiata mi rincorre ancora un po', prima di perdersi nel Sahr'akbar, come me.
Accalappiata e Tenutaria... sicuramente non un'eroina