- Sun Oct 23, 2022 8:08 pm
#54209
*Seduto al fuoco flebile dell’accampamento, Thorgun guarda riflessivo la testa mozzata del ragazzo. I pensieri diventano limpide immagini che, nelle fiamme, riflettono il racconto della storia che portò a quella evitabile sentenza.*
*Stringe forte tra le mani la testa del ragazzo. I suoi occhi diventano accesi di rabbia e guardando le fiamme continua a ricordare*
Strano è il valore che un suver dà alla propria vita: impassibile di fronte ad una minaccia e menefreghista verso il tempo che gli viene concesso per rimediare all’errore commesso. Sono così sicuri della benevolenza divina che in alcun modo temono la morte. Eppure il mondo che ci circonda ci dà chiari esempi ed avvisaglie che tutto potrebbe terminare nel buio eterno.
Sono passati giorni, settimane e poi sei giunto a me. A cavallo del tuo destriero mentre i sicari di un verme mi danno la caccia.
Tu, piccolo stolto, che tra le scelte poste hai deciso l’alternativa peggiore. Avresti potuto chiedere perdono o combattere per difendere la tua posizione…Hai scelto nuovamente di infangarmi pensando di uscirne impunito… e ora sei qui tra le mie mani, mentre con occhi freddi guardi il mondo che prosegue la sua strada.
Possa il tuo dio darti una nuova occasione, così che tu possa rimediare ai tuoi sbagli. A me…resterà questa parte di te che userò come monito per gli altri.
Eravamo nella sala di coloro che i suver chiamano “Imperituri di Aengus”.
Il nostro compito era quello di frapporre asce e scudi in difesa di un gruppo di studiosi: essi erano alla ricerca di risposte o indizi che permettessero di risollevare la situazione in cui il continente umano riversava, ormai stretto in una morsa di caos e terrore.
A sovrastare tutti, dall’altura di un rudere, vi era l’Abate che ci osservava severo, pronto a dare il suo giudizio. Gli altri esseri che ci si palesavano davanti erano mastodontici, indossavano possenti armature di eccezionale fattura, ed erano pervasi dal potere del fuoco che dominavano senza alcuna difficoltà.
Pensai che fossero i diretti discendenti del gigante di fuoco che domina le lande di Aengin, e che l’Abate fosse così vicino nelle fattezze ad Aengus stesso.
Mentre gli studiosi ponevano le loro domande, un turbinio di pensieri pervadeva la mia mente e quindi non potei esimermi dal professare i miei dubbi su quanto venisse detto e asserito in quelle sale. Ciò che gli imperituri ritenevano essere una maledizione, ai miei occhi sembrava un dono divino che gli consentiva di battersi in eterno per la dimora che a loro era stata assegnata; guardiani delle sacre forge a cui era stato dato il compito di plasmare il sacro elemento per l’eternità.
Chiesi: “Perchè parla di crudeltà?”
Il ragazzo che il gruppo di studiosi si era portato a seguito rispose: "Perché in fondo lo è stata. Erano solo degli artigiani devoti che hanno pagato per un solo momento di debolezza, nel modo più crudele.”
Elwing, aggiunse: “Dovete capire che i Monaci sono stati puniti per aver desiderato proteggere tutto questo.”
Ribattei: “e perchè non lo stanno facendo? Hanno il dono delle fiamme e non so quanti cicli di vita possano vivere. Combattere nella terra del grande padre di fuoco permeati dalla sua essenza non è una maledizione, ma il Valhalla!”
La tetrarca ammonì: “Thorgun. Di grazia.”
Ma il ragazzo volle aggiungere: “ Thorgun, ti pago anche per tenere chiusa quella bocca.”
*Stringe forte tra le mani la testa del ragazzo. I suoi occhi diventano accesi di rabbia e guardando le fiamme continua a ricordare*
Ripercorremmo la strada da dove eravamo venuti e ci facemmo spazio nuovamente tra fiamme e lava, combattendo nella magnificenza di quel luogo pervaso da sacralità e tormento.
Thorkin, mastro fabbro benedetto dal Dio della Guerra, Signore delle fiamme e del fuoco eterno, volle consacrare quel momento, entrando nella sala delle grandi forge per onorare il Grande Padre: forgiò lì un pugnale affinchè venisse utilizzato per officiare i rituali del clan.
Usciti da quel posto, tornammo tra le nevi, e lì la discussione si riaccese. Puntualizzai il mio disappunto con Albert e rimarcai che quell’atteggiamento non era stato gradito: la promessa di un pagamento non era un mezzo di scambio per calpestare l’onore di un capoclan.
Il ragazzo reagì con strana superficialità, mentre il resto degli studiosi, vedendo la situazione infiammarsi nuovamente, stemperarono i toni invitando tutti al rientro.
Giunti a Tremec venne elargito il pagamento pattuito, ma persino qualcuno di estraneo al clan si accorse che qualcosa si era incrinato, e condividendo il mio pensiero disse:
Raul Uth Virserk: “hey! Alcuni uomini credono che il denaro possa comprare tutto…ma non è così”
Aggiunsi io : “per noi il rispetto va oltre il denaro se manca quello ogni cosa passa in secondo piano”
Mentre mi trattenevo a concludere la conversazione con lo studioso, vidi Dulbur separare una parte del denaro ricavato e riporla in un sacco, poi porgerla indietro al giovane ragazzo.
Albert domandò al nordico perchè gli stava dando indietro quei soldi.
Dulbur spiegò: "Queste monete dalle alla tua balia o alla tua famiglia…Presto dovranno comprare una drakkar e addobbarla con monili e offerte per affidarla all maree."
Albert forse non capì, e sollevando le spalle concluse con “ Come volete”.
Strano è il valore che un suver dà alla propria vita: impassibile di fronte ad una minaccia e menefreghista verso il tempo che gli viene concesso per rimediare all’errore commesso. Sono così sicuri della benevolenza divina che in alcun modo temono la morte. Eppure il mondo che ci circonda ci dà chiari esempi ed avvisaglie che tutto potrebbe terminare nel buio eterno.
Sono passati giorni, settimane e poi sei giunto a me. A cavallo del tuo destriero mentre i sicari di un verme mi danno la caccia.
Tu, piccolo stolto, che tra le scelte poste hai deciso l’alternativa peggiore. Avresti potuto chiedere perdono o combattere per difendere la tua posizione…Hai scelto nuovamente di infangarmi pensando di uscirne impunito… e ora sei qui tra le mie mani, mentre con occhi freddi guardi il mondo che prosegue la sua strada.
Possa il tuo dio darti una nuova occasione, così che tu possa rimediare ai tuoi sbagli. A me…resterà questa parte di te che userò come monito per gli altri.
THORGUN URUZSON
''due dita e si vola''cit.
''due dita e si vola''cit.