- Thu Apr 07, 2022 6:40 am
#51220
“Fuga nella notte”
Il rumore delle pesanti armature riecheggiavano nei vicoli stretti e ansiogeni, dove perfino la luce intensa della luna faticava ad entrarci. Quei pochi raggi che vi riuscivano, si fondeva con le ombre dei vicoli. Plasmandone forme e suoni.
Le finestre degli edifici erano ancora debolmente illuminate; uniche testimoni di quanto stava succedendo quella notte, mentre ostacoli di ogni sorta: casse, bancarelle rovinate, botti e sporcizia rendevano la fuga rocambolesca e dalla sorte incerta.
Una leggera nebbia permeava la strada, alzandosi da uno stretto e basso canale. L’odore tipico di salsedine si faceva sempre più intenso.
Le grida delle guardie diventavano sempre più vicine. La luce delle loro torce avanzava rapidamente, come una creatura vorace e avida della sua preda.
I due ragazzi correvano a perdifiato, voltandosi raramente e aiutandosi l’un l’altro. Alla fine, esausto, uno dei due si accasciò a terra. Il suo volto era sporco, ma due occhi azzurri brillavano intensamente osservando il compagno.

“Un brusco risveglio”
Aprì gli occhi di colpo, sussultando appena per il sogno fatto. Ci vollero alcuni secondi prima che la sua mente focalizzasse dove si trovava. La sua pelle, era punta e irritata dal fieno sparpagliato a terra, sistemato in modo da formare vagamente un giaciglio comodo.
Cercò di mettersi seduto ma una fitta al petto lo fermò di colpo, ricordandogli le ferite in via di guarigione.
Si passò la mano ruvida e callosa sul viso, stanco e provato dal lungo viaggio.
I suoi occhi grigi si spostavano lentamente seguendo i contorni scuri e indefiniti del posto, fatto ti travi di legno e strani attrezzi appesi, di quella che doveva essere una stalla.
Nella sua mente cominciarono a prendere forma sprazzi di immagini e sensazioni, ripercorrendo tutti i recenti avvenimenti.
Poteva sentire il verso dei gabbiani mescolarsi al rumore delle onde infrante dallo scafo. L’odore del mare che gli riempiva i polmoni, con le gocce del mare che gli bagnavano il viso abbronzato, solcato da piccole cicatrici.
In lontananza i contorni della capitale delle Westland: Hammerheim “la Splendida”.
Fu un viaggio lungo ma relativamente tranquillo. La pelle si era bruciata e scurita durante il suo soggiorno forzato a Tremec. Amava quella città, dove il denaro compra qualsiasi cosa. Anche il silenzio.
Ricordava le domande insistenti delle guardie del sultano. Dai modi bruschi e decisi. Rammentava anche le loro armi; così particolari e tipiche, somiglianti vagamente a una mezza luna.
Dovette attingere a tutti i soldi di cui disponeva, vendendo anche la sua nave e parte del suo equipaggiamento. Non gli era rimasto molto, se non per tornare nel continente; dove oltre alla sua vecchia casa lo aspettavano delle risposte.
Ma prima doveva rimettersi in sesto. L’agguato nella notte, lo scontro con i predoni del deserto, la fuga per salvarsi la vita… avevano preteso un serio prezzo da pagare. E quella strana cassetta di legno, così semplice e misteriosa… causa di tutti i suoi guai. Cosa c’era dentro? Perché l’agguato? Chi aveva parlato e rivelato i piani della consegna? Ma cosa più importante… che fine aveva fatto Gustav? Era ancora vivo?
Troppe domande per quella testa. Troppi dubbi per quella mente stanca e provata.
Si rimise disteso, osservando il soffitto della stalla che lo ospitava. Le ombre cominciarono a danzare lentamente, in un turbinio che sembrava quasi risucchiarlo. Poi esausto, rimpiombò in un sonno agitato.
Di intense passioni può essere il mondo!
In ogni sua forma. Dal cielo infinito all’abisso più profondo!
Dal suo entusiasmo lasciati travolgere, avanti non indugiare!
Ma attento! Perché in “un coltello nel buio”, potresti sempre inciampare…
“Fuga nella notte”
Il rumore delle pesanti armature riecheggiavano nei vicoli stretti e ansiogeni, dove perfino la luce intensa della luna faticava ad entrarci. Quei pochi raggi che vi riuscivano, si fondeva con le ombre dei vicoli. Plasmandone forme e suoni.
Le finestre degli edifici erano ancora debolmente illuminate; uniche testimoni di quanto stava succedendo quella notte, mentre ostacoli di ogni sorta: casse, bancarelle rovinate, botti e sporcizia rendevano la fuga rocambolesca e dalla sorte incerta.
Una leggera nebbia permeava la strada, alzandosi da uno stretto e basso canale. L’odore tipico di salsedine si faceva sempre più intenso.
Le grida delle guardie diventavano sempre più vicine. La luce delle loro torce avanzava rapidamente, come una creatura vorace e avida della sua preda.
I due ragazzi correvano a perdifiato, voltandosi raramente e aiutandosi l’un l’altro. Alla fine, esausto, uno dei due si accasciò a terra. Il suo volto era sporco, ma due occhi azzurri brillavano intensamente osservando il compagno.
“Non ce la faccio più… scappa, mettiti in salvo!”Il più robusto, lo prese di peso da un braccio spronandolo a proseguire.
“Coraggio, non ti lascio qui! Ormai siamo quasi arrivati alla zona del porto. Lì possiamo seminarli facilmente… Certo che li abbiamo proprio fatti incazzare!”Il vociare delle guardie si fece più intenso e da dietro un angolo, ecco l’alone della torcia che si ingigantiva sempre di più.
“Ormai sono troppo vicini… scappa! Io me la caverò…”Il ragazzo ancora in piedi, ma anche lui con il fiatone, si osservò attentamente attorno. I suoi occhi grigi brillavano debolmente alla pallida luce della luna, in un misto di paura e adrenalina.
“Io provo a depistarli… tu torna al porto e nasconditi. Ricordati che mi devi un favore!”Disse sprezzante. Nel suo volto un mezzo sorriso nascondeva il misto di emozioni che lo assalivano. Poi, senza aspettare la risposta del suo compagno, si gettò verso le guardie urlandogli contro frasi di sfida e imprecazioni. Con forza e coraggio cercò di guadagnare più tempo possibile, ma alla fine le guardie gli furono addosso immobilizzandolo.

“Un brusco risveglio”
Aprì gli occhi di colpo, sussultando appena per il sogno fatto. Ci vollero alcuni secondi prima che la sua mente focalizzasse dove si trovava. La sua pelle, era punta e irritata dal fieno sparpagliato a terra, sistemato in modo da formare vagamente un giaciglio comodo.
Cercò di mettersi seduto ma una fitta al petto lo fermò di colpo, ricordandogli le ferite in via di guarigione.
Si passò la mano ruvida e callosa sul viso, stanco e provato dal lungo viaggio.
I suoi occhi grigi si spostavano lentamente seguendo i contorni scuri e indefiniti del posto, fatto ti travi di legno e strani attrezzi appesi, di quella che doveva essere una stalla.
Nella sua mente cominciarono a prendere forma sprazzi di immagini e sensazioni, ripercorrendo tutti i recenti avvenimenti.
Poteva sentire il verso dei gabbiani mescolarsi al rumore delle onde infrante dallo scafo. L’odore del mare che gli riempiva i polmoni, con le gocce del mare che gli bagnavano il viso abbronzato, solcato da piccole cicatrici.
In lontananza i contorni della capitale delle Westland: Hammerheim “la Splendida”.
Fu un viaggio lungo ma relativamente tranquillo. La pelle si era bruciata e scurita durante il suo soggiorno forzato a Tremec. Amava quella città, dove il denaro compra qualsiasi cosa. Anche il silenzio.
Ricordava le domande insistenti delle guardie del sultano. Dai modi bruschi e decisi. Rammentava anche le loro armi; così particolari e tipiche, somiglianti vagamente a una mezza luna.
Dovette attingere a tutti i soldi di cui disponeva, vendendo anche la sua nave e parte del suo equipaggiamento. Non gli era rimasto molto, se non per tornare nel continente; dove oltre alla sua vecchia casa lo aspettavano delle risposte.
Ma prima doveva rimettersi in sesto. L’agguato nella notte, lo scontro con i predoni del deserto, la fuga per salvarsi la vita… avevano preteso un serio prezzo da pagare. E quella strana cassetta di legno, così semplice e misteriosa… causa di tutti i suoi guai. Cosa c’era dentro? Perché l’agguato? Chi aveva parlato e rivelato i piani della consegna? Ma cosa più importante… che fine aveva fatto Gustav? Era ancora vivo?
Troppe domande per quella testa. Troppi dubbi per quella mente stanca e provata.
Si rimise disteso, osservando il soffitto della stalla che lo ospitava. Le ombre cominciarono a danzare lentamente, in un turbinio che sembrava quasi risucchiarlo. Poi esausto, rimpiombò in un sonno agitato.

"Halfdan, del Picco"
"Vegurinn til Valhallar"
Michael604/Halfdan#3185
Egli fu: Einar Isvargr, "Neve e Sangue"
Valgard, "Il Figlio dell'Onda" (incompleto)
Daryos, "Un coltello nel buio"
"Vegurinn til Valhallar"
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Egli fu: Einar Isvargr, "Neve e Sangue"
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Daryos, "Un coltello nel buio"