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[Diario] Racconti del ghiaccio stridente

Posted: Sat Oct 26, 2019 8:16 pm
by Magnus90
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Qui al nord è sempre tutto uguale.

Venti gelidi sferzano i tetti delle case e ululano fra le gole montuose rubando il calore dalle carni e dai fuochi accesi mentre branchi di lupi e altri pericolosi animali corrono famelici nella notte, pronti a far scontare il più piccolo errore agli innocui viandanti.

Il nord è una terra difficile, una terra che doma e non può essere domata, dove chi non si adatta e non rispetta la parola data trova facilmente il proprio posto in una fossa profonda e coperta da un candido manto.

Eppure noi qui viviamo e prosperiamo, in perfetta comunione con i ghiacci e le belve, grazie alla guida del Dio della fiamma e alla conoscenza del nostro posto del mondo.

Cammino per le strade di questa città costruita nella montagna, la fiera Helcaraxe, ascoltando le ciance dei perdigiorno in strada:


Vilnar! Hai poi ritrovato la tua barca dopo l'attacco di quelle aragoste dell'altro giorno ?
Che io sia maledetto! Oramai sarà sul fondo del mare assieme a tutta la mia roba!
Beh almeno non c'era tua moglie sopra!
E questa tu me la chiami fortuna?

Vivo qui da quando ho memoria e non ho mai visto un nordico perdere il buon umore, neanche di fronte alla più nera delle tragedie; sorrido sotto il cappuccio mentre scivolo fra la neve e la gente in strada verso la locanda del Troll Ubriaco, cercando riparo dal freddo e ristoro per il mio stomaco vuoto.

Ultimamente davanti a una birra riesco a connettere meglio i miei pensieri, neanche il rumore degli ubriachi e gli schiamazzi dei clienti mi infastidiscono e anzi li trovo molto rilassanti; magari con il motivetto di uno skald in sottofondo.

Da quando ho iniziato il cammino per avere finalmente l'onore di possedere il manto rosso ho appreso molte cose su me stesso e su quanto mi circonda.


Onore. Rispetto. Lealtà. Flux.

Tutte parti di un quadro più grande e maestoso, candido come la neve, con al centro l'Yggdrasil e Aengus.

La prima lezione che un nordico deve apprendere è che esiste un ordine delle cose e che chiunque tenti di mutarlo commette un peccato sacrilego, nessuno può cambiare la perfezione che il padre ha creato; così mi ha istruito lo Jarl nella prima lezione che mi ha impartito.
Questo a meno che tu non sia uno sporco mago, fragile al punto di dover ricorrere a simili mezzucci pur di evitare un'ascia nel cranio; cosa che prima o poi succederà.

Poi è arrivata la lezione sull'onore a cura di Joakim (questi Van Duvel cominciano a essere un po' troppi) appresa nel modo più duro: una parola non rispettata è un segno indelebile che macchia il nome e lo spirito.
Conto di redimermi.

Infine la lealtà: il guardiano dei ghiacci Skylin mi ha chiesto di aiutare Helcaraxe fornendo informazioni circa alcune bestie selvatiche e io, pieno di ardore, ho accettato e sono riuscito nel compito (assai modesto in verità).
Tutti fanno parte della città e della comunità e tutti devono prodigarsi nel farla crescere e prosperare fratelli nel nome e nel sangue.

Tutto questo mi fortifica, mi rende più consapevole del mio ruolo e mi avvicina al mio traguardo ovvero il manto di Kurdan, ma ulteriori prove mi attendono e se tanto mi dà tanto queste erano solo l'antipasto di una portata ben più indigesta da digerire.
Ma Aengus è al mio fianco, la sua fiamma arde in me, e spero con il suo aiuto di riuscire nell'impresa.

Mentre scrivo due uomini ubriachi hanno iniziato a litigare ad alta voce ed è partita una rissa in taverna; al tonfo dei colpi dei contendenti si sommano le grida di incitamento del pubblico ed inizia a volare qualche scommessa.

Qui al nord è sempre tutto uguale.

Re: [Diario] Racconti del ghiaccio stridente

Posted: Sun Nov 24, 2019 5:15 pm
by Magnus90
Sono passati molti giorni dal mio arrivo a Helcaraxe e molte cose sono cambiate in me; la vicinanza con i miei compagni e gli jarl mi ha fatto scoprire nuove cose riguardo il mio ruolo e il mio posto nella comunità.

Skylin, Thorgad, Herger, Claus, Joakim.
Tutti loro mi hanno insegnato come un nordico deve comportarsi e quale è il suo posto nel mondo e nella nostra società.

Mai venire meno alla propria parola, mai alterare l'ordine naturale delle cose, onorare le tradizioni e i costumi di Helcaraxe, essere forti nello spirito e nella guerra per onorare il padre celeste.

In questi giorni mi sono dedicato con costanza ai miei esercizi spirituali, alla mia professione di falegname e ai miei doveri verso la città (partecipando alle cacce, pagando le tasse e aiutando i miei fratelli) venendo al tempo stesso esaminato sulla mia conoscenza della società e della religione nordica.

Prima Herger mi ha interrogato sulle nostre leggi e le cariche civili e non della città e poi lo Jarl Claus mi ha interrogato sulla religione e sul ruolo del nordico nell'armonia naturale.
Ero molto teso nel rispondere alle domande di questi due grandi uomini, ma la mia bocca era quella di Aengus e le mie risposte sono state sicure e precise.
Ho parlato degli Jarl, degli Yggdrasil e del fondatore.
Ho parlato di Aengus, sua sorella Danu, del dio Oscuro.
E ogni volta che rispondevo vedevo quei fieri uomini aggrottare le sopracciglia e lisciarsi la barba in segno di rispetto perché conoscevo e avevo fatto miei i concetti che mi erano stati insegnati.

Grande era la mia emozione quindi quando lo Jarl Kessel mi ha portato al circolo, solo noi due in quel luogo, con i rami dell'albero sacro ben visibili in lontananza.

Magnus Grendelson! È giunto il tempo per te di giurare fedeltà alla Rocca dei Ghiacci; il tuo cammino è concluso è sei pronto per indossare il manto scarlatto di Kurdan!

Quelle parole mi riempirono di una felicità immensa e di un onore ancora più grande, i miei sforzi non erano stati vani e le genti dei ghiacci mi avevano riconosciuto degno di essere uno di loro; con la bocca piena gioia ed emozione inizia a recitare il mio giuramento.

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Lo Jarl annuiva mentre io, con voce forte e chiara, scandivo le parole del mio giuramento e, una volta che ebbi finito, mi disse di mettere il mio mantello a terra mentre lui sfilava il suo e me lo passava.
Non appena me lo misi sulle spalle grande fu la mia gioia, ma anche la paura.
Quel mantello non significava solo onore e gloria, ma anche grande responsabilità e doveri che da ora in poi avrebbero scandito la mia vita; il mio futuro adesso era tutto improntato nell'essere degno di tutto questo


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Conclusa la cerimonia io, con il mio mantello scarlatto, e lo Jarl tornammo alla Rocca dei Ghiacci dove mi aspettava l'ultimo onore: avere il mio nome inciso sulla pietra della fortezza a imperitura memoria della mia appartenenza alla città e ai miei fratelli.

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Concluso questo ultimo passaggio una nuova consapevolezza mi colpì, mentre mi dirigevo alla locanda per festeggiare bevendo qualcosa: questo non era che un inizio.

Ora ero un Turas di Helcaraxe e da questo momento iniziava per me una nuova vita, al fianco dei fratelli, per rendere glorioso il regno dei ghiacci.


Per Aengus!

Re: [Diario] Racconti del ghiaccio stridente

Posted: Tue Dec 03, 2019 1:35 pm
by Magnus90
Dopo il torneo dei ghiacci il mio umore era altalenante.
Avevo ben combattuto i miei due incontri (pur perdendo) ma sentivo di non aver dato il meglio di me; sopratutto la sconfitta contro Joakim mi aveva molto deluso: credevo di essere enormemente migliorato in combattimento, ma il prode Van Duvel mi aveva ridicolizzato e schiacciato come un cavallo schiaccia un tafano con la coda.
Se voglio diventare un abile combattente come lui devo continuare ad allenarmi e cercare di rubare quanti più segreti possibili da tutti i miei syskar.
Tuttavia ben altro è occorso nella mia vita recentemente.
Ero intento a tagliare legna per ordine del carpentiere della città quando lo Jarl Kessel ha convocato me e un altro turas, Woljek, a Hulborg: la nostra richiesta di entrare nel clan Kessel era stata accettata e ora dovevamo vedere se anche gli altri membri erano d'accordo circa il nostro ingresso.

Mentre ci dirigevamo verso Hulborg e il runario il mio cuore era in subbuglio: sarei stato considerato degno ? Gli altri appartenenti al clan come mi avrebbero giudicato ?
Con questi pensieri nel cuore giungemmo al luogo convenuto ed ebbe inizio la cerimonia: lo Jarl mi fece mettere davanti a lui e agli altri uomini del clan, chiedendomi conto e ragione del perché volessi diventare un Kessel.

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La mia voce risuonava chiara e limpida mentre esponevo le mie ragioni e in quel momento il mio cuore e la mia anima erano chiare e cristalline come acqua di fonte, non ero io a parlare ma Aengus stesso tramite la mia bocca; solo la verità usciva dalle mie labbra.
Dopo che tutti gli invitati ebbero sentito le mie parole venne chiesto dallo Jarl a ognuno di loro di esprimere un giudizio positivo o negativo sulla mia entrata nel Clan: Vegard, Eoghan, Sigbert e lo stesso Joakim diedero il loro assenso riempiendo il mio cuore di orgoglio e soddisfazione.

Lo Jarl mi ordinò di lavarmi il viso e il capo nella gelida acqua di un pozzo lì vicino e poi mi fece avvicinare al runario dove si sarebbe compiuta la definitiva consacrazione del mio ingresso nel clan: la runa mi avrebbe scelto e mi avrebbe indicato la via da seguire.

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Mentre con le mani tastavo le levigate rune del runario d'un tratto, mentre le mescolavo, sentii una sensazione strana: un'illuminazione e un senso di predestinazione, come se tutto il mio cammino fino a quel punto fosse stato preparato per quel momento.
Chiusi la mano intorno alla runa e la alzai di scatto, certo che la mia decisione fosse giusta; perché non proveniva da me ma da Aengus stesso.
Accettai con gioia quindi la runa che mi identificava e con altrettanta gioia ascoltai quanto lo Jarl aveva da dire su di essa, spiegandone il profondo significato che solo ad alcuni è consentito sapere e custodire.

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Alla fine di tutto questo l'ultima formalità: la consegna del kilt del clan.
Nero e bianco a simbolizzare gli opposti uniti da una trama che li rende inseparabili; soggetti, come tutti, alla legge del flux che è imprescindibile e inevitabile.
Come la neve che lenta cade e inesorabilmente tutto ricopre.

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