- Thu Mar 27, 2025 9:33 pm
#63102
Il lume della candela tremolava, proiettando ombre spezzate sulle pareti della sua stanza. L’aria era greve, satura dell’odore acre della cera fusa e della pergamena invecchiata. Il Templare sedeva alla sua scrivania, la schiena curva come se il peso della sua stessa esistenza fosse diventato insostenibile.
Aveva servito con onore. O almeno, così aveva creduto.
Aveva impugnato la spada in nome della giustizia, ma la giustizia non era mai scesa sulla Guerriera. Aveva levato la voce in nome di Crom, ma le parole si erano dissolte nel vento, soffocate dal chiasso della politica, dai giochi di potere, dalle urgenze mutevoli di chi non aveva mai veramente guardato oltre la propria ambizione.
Amon non era la città che aveva giurato di difendere. O forse, Amon era sempre stata questa, e lui aveva vissuto nell’illusione di poterla redimere.
La febbre bruciava nelle ossa, ma era un calore distante, insignificante rispetto al gelo che gli serrava il petto. L’aveva sentito crescere giorno dopo giorno, con ogni compromesso imposto, con ogni torto subito in silenzio, con ogni sentenza ingiusta che aveva dovuto accettare. Aveva lottato, aveva ammonito, aveva pregato. Ma Crom non parlava. O forse sì, e la sua voce era un monito silenzioso, un rimprovero senza parole.
Non eri abbastanza.
La consapevolezza lo attraversò come un colpo di lama. Non aveva difeso la giustizia. Non aveva protetto la fede. Aveva permesso all'ingiustizia di radicarsi, alla corruzione di farsi sistema, all’ipocrisia di mascherarsi da virtù. Aveva atteso, obbedito, sperato. Ma Crom non chiede attesa, né speranza: chiede azione, chiede forza, chiede che la giustizia sia imposta senza esitazione.
Aveva fallito.
Gli occhi si posarono sulla spada appoggiata accanto al letto, la lama muta testimone delle sue battaglie. Eppure, non c’era più nulla da combattere. La febbre continuava a crescere, o forse era solo il peso della resa.
Kaelan Dareth chiuse gli occhi.
Attese.
Ma questa volta, non attendeva ordini. Non attendeva il permesso di agire. Attendeva solo il verdetto.
Che fosse Crom a giudicare ciò che gli uomini avevano ignorato.
Aveva servito con onore. O almeno, così aveva creduto.
Aveva impugnato la spada in nome della giustizia, ma la giustizia non era mai scesa sulla Guerriera. Aveva levato la voce in nome di Crom, ma le parole si erano dissolte nel vento, soffocate dal chiasso della politica, dai giochi di potere, dalle urgenze mutevoli di chi non aveva mai veramente guardato oltre la propria ambizione.
Amon non era la città che aveva giurato di difendere. O forse, Amon era sempre stata questa, e lui aveva vissuto nell’illusione di poterla redimere.
La febbre bruciava nelle ossa, ma era un calore distante, insignificante rispetto al gelo che gli serrava il petto. L’aveva sentito crescere giorno dopo giorno, con ogni compromesso imposto, con ogni torto subito in silenzio, con ogni sentenza ingiusta che aveva dovuto accettare. Aveva lottato, aveva ammonito, aveva pregato. Ma Crom non parlava. O forse sì, e la sua voce era un monito silenzioso, un rimprovero senza parole.
Non eri abbastanza.
La consapevolezza lo attraversò come un colpo di lama. Non aveva difeso la giustizia. Non aveva protetto la fede. Aveva permesso all'ingiustizia di radicarsi, alla corruzione di farsi sistema, all’ipocrisia di mascherarsi da virtù. Aveva atteso, obbedito, sperato. Ma Crom non chiede attesa, né speranza: chiede azione, chiede forza, chiede che la giustizia sia imposta senza esitazione.
Aveva fallito.
Gli occhi si posarono sulla spada appoggiata accanto al letto, la lama muta testimone delle sue battaglie. Eppure, non c’era più nulla da combattere. La febbre continuava a crescere, o forse era solo il peso della resa.
Kaelan Dareth chiuse gli occhi.
Attese.
Ma questa volta, non attendeva ordini. Non attendeva il permesso di agire. Attendeva solo il verdetto.
Che fosse Crom a giudicare ciò che gli uomini avevano ignorato.
Kaelan Dareth