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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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By Iruion
#56811
Un gruppo di fiere ti sta inseguendo all’interno di un fitto bosco circondato da una densa nebbia.
Le belve sembrano averti circondato quando, indietreggiando, le tue spalle incontrano il tronco di una maestosa quercia millenaria.
Ti senti pervadere dallo sconforto, da una sensazione di morte imminente e di ineluttabilità dello scontro.
Mentre le fiere avanzano verso di te, ponendo le mano sul tronco nodoso della quercia, qualcosa sembra reagire e il terrore si trasforma prima in rabbia e poi in qualcosa di completamente diverso che prende le sembianze di un grosso felino.
La creatura sembra familiare e porta con sé l’eco di un passato sepolto ma non dimenticato. Sembra pronta a difenderti ma, per farlo, sembra necessitare della tua approvazione.
Quando le fiere attaccano la visione diventa confusa.
Garion apprezzava il deserto.

Quell'interminabile distesa di dune aride gli dava una sorta di conforto. In quel luogo tutto diventava necessariamente più lineare e semplice: quando la sopravvivenza è a rischio, tutto il resto passa in secondo piano.
Ogni mattina si allontanava in quel deserto, cercando un posto isolato e silenzioso dove raccogliersi in meditazione e preghiera.

La Mente e il Cuore: dicono che Oghmar e Awen siano fraterni, tanto da condividere la stessa dimora. Eppure a volte la mente non riesce a comprendere le ragioni del cuore. Aveva vissuto libero, aveva vissuto secondo le sue pulsioni ed esse l'avevano condotto in luoghi oscuri. Quando era perso nel buio, la luce che gli aveva indicato la via per la salvezza era quella della fede, della ragione e della disciplina.

Fin troppo amoniano.

Conosceva i propri limiti e si imponeva regole per non valicarli. Era attento alla lughezza del guinzaglio che si metteva ogni giorno e preferiva qualche centimetro in meno a qualche centimetro in più. Si concedeva tutto ciò che riteneva necessario, ma in dosi ragionevoli e per motivazioni appropriate. Distrazioni necessarie per rimanere concentrato, sfoghi necessari per rimanere calmo.

Sfamava la bestia il necessario per non sentire i morsi della fame, in un giornaliero esercizio di equilibrio. Una bestia che aveva imparato a rispettare, una bestia che temeva tanto da tenerla costantemente confinata in una gabbia.

Perché la sua fame non aveva mai fine. Come una fiamma, più viene nutrita e più divampa.

Si distolse dai suoi pensieri per osservare Fiammartiglio, che si crogiolava sotto al sole, stesa sulla sabbia rovente. Il grosso felino sbadigliò e un lieve bagliore di fiamme balenò tra le sue fauci. Tornò poi placidamente a scrutare l'orizzonte.

Inevitabilmente si chiese se anche l'altra bestia potesse essere addomesticata.
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By Iruion
#58314
Il silenzio è un atto di fiducia: significa essere disposti a comprendere. Se si parla, non si ascolta; se non si ascolta, non si comprende.
Lasciare andare è un atto di rispetto: significa non vincolare la libertà di seguire la propria strada, per quanto essa possa creare una distanza.

Aveva intrapreso un viaggio per una volontà del suo mentore, ma gli eventi l'avevano convinto che non era la volontà degli Dèi. Di certo, tutto nasceva da una buona intenzione, ma probabilmente era una di quelle di cui è lastricata la strada verso l'Abisso.

Se si chiude una rondine in gabbia e la si priva della libertà di volare, cosa ne rimane? La rondine è la sua stessa libertà di volare, a noi rimarrebbe lo spettro di una rondine e la colpa di averla resa tale.

Ma se lasciamo che la rondine voli via, a noi cosa rimane?

Aveva incontrato una giovane, il fuoco della curiosità balenava nei suoi occhi. Innocente ed entusiasta, uno spirito vivace che crepitava e scintillava come una fiamma. Fece del suo meglio per alimentare quel fuoco, che brillava e guizzava, incurante del buio che lo circondava.

Se si tiene una fiamma lontana dalla notte e dal freddo per paura che il vento e l'umidità la possano spegnere, a chi darebbe conforto? Come può realmente brillare se non è avvolta dalle tenebre?

Ma se le intemperie soffocano la fiamma, a noi cosa rimane?

La volontà degli uomini e la volontà degli Dèi. È difficile vedere il mondo con gli occhi del Cieco.

L'unico modo per arrivare con consapevolezza dove dovremmo essere è cercare la propria strada. Sbagliare direzione può essere l'unico modo per capire quale sia quella giusta. Smarrirsi può essere parte del viaggio, perdersi può portare esattamente dove ci si dovrebbe trovare.

Bisogna affidarsi agli Dèi e accettare che talvolta potremmo doverci perdere.

L'istinto, l'affetto e la ragione. Tirare il guinzaglio, indurire il cuore: non dobbiamo lasciare che l'egoismo o la paura ci facciano vacillare. Dobbiamo comprendere le prove a cui siamo sottoposti e i sacrifici che ci sono richiesti, affinché sia la volontà degli Dèi e non quella degli uomini.

Dobbiamo rimanere saldi come la pietra, o di noi non rimarrà che polvere.
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By Iruion
#59173
Nel dormiveglia, riaffioravano alcune immagini della battaglia appena combattuta.

...il tumulto di un'orda di orchi che affiora dalle profondità delle grotte e si avventa su un gruppo di uomini ed elfi: le luci dei santuari risplendono nella notte come fari, illuminando la schiera di combattenti...

Una mente disciplinata era ciò su cui aveva concentrato gli sforzi nell'ultimo anno e mezzo. Ciò che aveva rifiutato con eccessi di veemenza in gioventù era ciò che adesso desiderava per sé: composto, saldo, fermo.

...clangore di acciaio e fragore di esplosioni, la battaglia infuria assordante e caotica come un vortice, con un punto di quiete al centro...

Quando arriva il momento, ciò di cui necessitiamo è una mente lucida, indistruttibile. Un diamante privo di impurità, niente lo può scalfire.

...con efficienza e concentrazione, il mago infligge maledizioni e scaglia incantesimi di fuoco, scegliendo con cura i propri bersagli, distaccato dall'entropia di cui egli stesso è portatore...

Dobbiamo scegliere con cura ciò per cui combattiamo. Tuttavia, anche i più nobili degli intenti sarebbero irraggiungibili se nel cuore della battaglia vacillassimo.

...un orco ferito e barcollante colpisce debolmente il mago impegnato nella pronuncia un mantra, ma una barriera invisibile devia il colpo permettendo al rituale di concludersi e un violento getto di fiamme incenerisce di netto la testa dell'orco...

Osservare con chiarezza, senza sentire ciò che vediamo. Analisi e strategia: semplici, lineari scelte volte a distruggere efficacemente l'avversario.

...urla di un orco pronto a scagliare una pozione esplosiva, una colonna di fuoco lo avvolge e lo brucia all'istante, la pozione che ha in mano esplode, facendo volare i frammenti carbonizzati del cadavere...

In quel momento intravide la seconda bestia. Silenziosa, avvolta nelle ombre, quasi impercettibile. Ferma, in paziente attesa, i contorni della sua figura appena delineati nelle tenebre.

Non è possibile imprigionarla, perché essa stessa è il carceriere. Tiene in catene quella bestia feroce che tanto temeva, ma che infine sembrava la meno insidiosa delle due: se una è eccesso, l'altra è mancanza.

Come si contiene l'assenza? Come si argina il vuoto? Come si resta umani se ciò che è necessario fare è sospendere la propria umanità?

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By Iruion
#60213
Mago dell'Alba. Garion se lo ripeteva mentalmente, come fosse un esercizio.

Quel titolo a volte gli suonava ancora un po' eccessivo. Scuoteva il capo tra sé, chiedendosi se fosse solo sindrome dell'impostore; si rispondeva che non funzionava in quel modo e che se lo fosse stata non l'avrebbe comunque capito.

Ma in ogni caso, sì, ora era un Mago dell'Alba. Era un onore a cui non credeva di poter ambire, ma che era determinato a meritare.

L'Accademia delle Arti Arcane era lontana dai fasti del passato, ma Garion era un uomo di fede. Credeva che quello fosse il posto in cui il Grigio voleva che fosse. Inoltre, credeva nella tenacia delle Tetrarche, che si erano fatte carico di un'eredità pesante e avevano riportato in vita quell'istituzione antica. Infine, credeva nell'impegno profuso quotidianamente dagli altri membri dell'Accademia.

E c'era anche quell'occhiolino divino.

Sì, perché la simmetria non è esattamente ciò a cui usualmente tendono le vicende umane; nell'ordine si scorge una traccia della volontà divina. In quel momento, il loro piccolo cosmo aveva deciso di allinearsi: due tetrarche, due maghi, due accoliti; tre dell'Ordine dell'Alba, tre dell'Ordine della Notte. In equilibrio, come dovrebbe essere.

Qualcuno strizzava l'occhio. Metaforicamente, perché forse era il Cieco? Suonava davvero irrispettoso. No, non l'avrebbe mai detto in quel modo ad alta voce, mai.

Garion era grato per essere in quel luogo, in quel momento e con quelle persone. Nonostante un più glorioso passato e un futuro incerto, sentiva di essere a casa.
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By Iruion
#61335
Funghi viola.

Gli allucinogeni non erano del tutto una novità per lui, ma non erano nemmeno qualcosa che era solito concedersi, neanche durante il periodo della sua vita in cui si era dedicato a varie attività ricreative piuttosto discutibili.

Da qualche tempo all'Accademia stavano studiando una tecnica per utilizzare le gemme della previsione nei dipinti in modo più controllato. Quelle gemme, infatti, avevano un notevole influsso sulla mente umana, al punto che quando si impiegavano pigmenti ricavati da esse, spesso si perdeva la capacità di decidere volontariamente cosa dipingere.

Tuttavia, Yashet era stata chiara: si era mangiata i funghi e non ci aveva capito niente, però oh, non capendoci niente, era riuscita a farci qualcosa. In qualche modo, l'effetto dei funghi allucinogeni offriva un maggior controllo, ma per ovvie ragioni non era esattamente una scienza esatta.

Mentre osservava un fungo, rigirandolo tra le mani, si chiedeva cosa avrebbe dovuto provare a dipingere. Tutto e niente. O meglio, tutto e basta. Che pensiero buffo: un quadro che contenesse tutto, un autoritratto che avrebbe potuto intitolare "E questo è quanto (per ora)".

Era piuttosto sicuro di aver cercato di pensare a qualcosa di più serio in seguito, ma non ne era del tutto certo, perché non riuscì mai a scacciare quel pensiero dalla mente. Fu così che, il giorno dopo, si svegliò con un feroce mal di testa e davanti a un dipinto che non ricordava come fosse arrivato nella sua tenda.

Il quadro rappresenta una spirale, che parte dal centro e si estende verso l'esterno, composta da un mosaico caotico di immagini confuse e innaturalmente vivide. È evidente l'uso di gemme della previsione nel dipinto: le immagini sembrano muoversi, avvicendarsi e vorticare.

L'orfanotrofio di Amon, la legione schierata.

Una tenda bruciata, un legionario seccato, un gatto bruciato, un legionario arrabbiato, un ragazzino coi capelli in fiamme, un legionario furibondo, le punizioni, gli occhi del timore e del sospetto, la solitudine.

Le porte della città di Amon, la strada, i boschi, la solitudine.

La locanda, una bottiglia, alcune persone ubriache, risate sguaiate. Un'altra bottiglia, un avventore in fiamme, un legionario furibondo.

La strada, le campagne, l'odore di morte che proviene da sud. Un'altra locanda, un'altra bottiglia. Un'altra bottiglia. Un avventore in fiamme. Un martello dorato furibondo. Un tribunale. Una prigione.

Il silenzio, la solitudine, l'amarezza dell'umiliazione, la paura. Il silenzio, la solitudine. Il silenzio, spezzato dalla voce di un uomo.

La città di Hammerheim, un maestro, le sue parole, il Grigio. Le regole, la disciplina, un aureo equilibrio. Il silenzio, la meditazione, il conforto.

L'accettazione.

Lo studio, la consapevolezza, il sacrificio. Il male, il gelido respiro della morte. La perdita. Una lunga convalescenza, un esilio volontario, un nuovo inizio.

Le Terre Selvagge, il deserto, Tremec. Lo studio, la fatica, la forza della necessità.

L'Accademia delle Arti Arcane nelle Terre Selvagge. Re Julian imperituro, la Tomba degli Antichi Dèi.

Loknar, l'imponente cattedrale. Il buio della notte e la luce dell'alba.


Le immagini si fanno indistinte, cercare di decifrarle provoca un profondo senso di vertigine.
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