Natura Calequendi
Posted: Fri Dec 29, 2023 3:30 pm
Da diversi cicli di Nut la Calequendi vagava tra e baite druidiche e sempre meno vacui erano i suoi pensieri nei confronti delle genti di Arda, così come erano ogni giorno più ovattate le profonde ed intime energie di Arda che poteva saggiare grazie a quel Dono.
Era momento, come ogni Drudjah sa, di alleggerirsi del fardello, così come è insegnato quando questo grava troppo: il peso della sofferenza dell’Essenza lacerata di Arda non è qualcosa da prendere alla leggera.
Di consueto, è assolutamente normale che in rare occasioni un Drudjah si privi di tali sensazioni, per sostenerle meglio in un secondo momento. Quasi come quando la luce di Aguardar accieca al risveglio mattutino e ci si copre gli occhi rimanendo ciechi, ad un Drudjah può servire un riposo.
Ma qualcosa non andò come previsto quando Haramiel sfilò l’anello dal dito indice della mano destra: mentre lo portava al palmo della mano sinistra stringendolo, qualcosa ha iniziato a ribollire in tutto il suo corpo partendo dal cuore ed estendendosi fino alla parte più superficiale della sua pelle.
Nadz-ash, forse?
Solo il pensiero sussurrò quelle parole, perché nulla uscì dalle labbra dell’Elfa il cui volto mal celava un’espressione ormai vacua mentre le pupille si muovevano osservando attorno quel luogo dal clima temperato che riunisce tutte i drudjah.
Era il tempo di Yule, il buio che può inghiottire Aguardar o lasciarlo splendere nuovamente, una celebrazione che la Calequendi percepiva distante, forse per il Dono che ormai non era più in mano sua.
Durante i giorni precedenti e antecedenti a Yule, Haramiel passava più tempo ad Ilkarin ormai, come in origine quando seguiva i principi del Tutto all’ombra della Quercia.
Finché un giorno, a Meadhan Arda, tutto sembrava confondersi, muoversi lentamente davanti ai suoi occhi mentre i suoni delle altre voci. Sensazioni paragonabili ad una sbornia mista all’uso di sostanze che annebbiano ulteriormente la mente e i sensi.
Stranita guarda gli altri Drudjah, ma ciò che ricorderà è solo di essersi svegliata, forse da un sogno, aprendo gli occhi alla baita dell’Hilldoriath, luogo dove crederà di essere sempre rimasta.
Aperti gli occhi, come al risveglio da un breve riposo, osserva la baita espirando leggera finché una morsa le prende il petto e il ribollire dei suoi vasi sanguinei diventa in breve tempo un furente fluire di sangue.
Ma le nebbie attanagliavano la sua mente, ed i suoi ricordi. E la attanaglieranno sempre, perché guardarsi indietro non è come comprendere e conoscere il passato quando invece si deve perseverare di fronte a se, andando avanti, ove vi è la luce.
I suoi passi vengono spinti laddove ha sempre peregrinato ciclicamente: alle sacre fronde di Tulip, ove la Luce nutre gli Eldar, il Tutto che non ha mai smesso di venerare.
Ogni passo che la avvicinava alla Silala era diverso da tutti quelli dei secoli precedenti, diverso da quando l’Essenza di Arda venne lacerata da Yesh, diverso da quando accolse quel fardello e riprese non solo a sentire l’Essenza di Arda, ma a sentire anche ogni fibra di sofferenza.
La realtà è che l’elfa non si era mai separata totalmente dall’Hildoriath.
La realtà che ora è la sua vera natura che prevale, pulsa, e non può essere accolta o rifiutata, nemmeno domata o controllata di nuovo.
Era momento, come ogni Drudjah sa, di alleggerirsi del fardello, così come è insegnato quando questo grava troppo: il peso della sofferenza dell’Essenza lacerata di Arda non è qualcosa da prendere alla leggera.
Di consueto, è assolutamente normale che in rare occasioni un Drudjah si privi di tali sensazioni, per sostenerle meglio in un secondo momento. Quasi come quando la luce di Aguardar accieca al risveglio mattutino e ci si copre gli occhi rimanendo ciechi, ad un Drudjah può servire un riposo.
Ma qualcosa non andò come previsto quando Haramiel sfilò l’anello dal dito indice della mano destra: mentre lo portava al palmo della mano sinistra stringendolo, qualcosa ha iniziato a ribollire in tutto il suo corpo partendo dal cuore ed estendendosi fino alla parte più superficiale della sua pelle.
Nadz-ash, forse?
Solo il pensiero sussurrò quelle parole, perché nulla uscì dalle labbra dell’Elfa il cui volto mal celava un’espressione ormai vacua mentre le pupille si muovevano osservando attorno quel luogo dal clima temperato che riunisce tutte i drudjah.
Era il tempo di Yule, il buio che può inghiottire Aguardar o lasciarlo splendere nuovamente, una celebrazione che la Calequendi percepiva distante, forse per il Dono che ormai non era più in mano sua.
Durante i giorni precedenti e antecedenti a Yule, Haramiel passava più tempo ad Ilkarin ormai, come in origine quando seguiva i principi del Tutto all’ombra della Quercia.
Finché un giorno, a Meadhan Arda, tutto sembrava confondersi, muoversi lentamente davanti ai suoi occhi mentre i suoni delle altre voci. Sensazioni paragonabili ad una sbornia mista all’uso di sostanze che annebbiano ulteriormente la mente e i sensi.
Stranita guarda gli altri Drudjah, ma ciò che ricorderà è solo di essersi svegliata, forse da un sogno, aprendo gli occhi alla baita dell’Hilldoriath, luogo dove crederà di essere sempre rimasta.
Aperti gli occhi, come al risveglio da un breve riposo, osserva la baita espirando leggera finché una morsa le prende il petto e il ribollire dei suoi vasi sanguinei diventa in breve tempo un furente fluire di sangue.
Ma le nebbie attanagliavano la sua mente, ed i suoi ricordi. E la attanaglieranno sempre, perché guardarsi indietro non è come comprendere e conoscere il passato quando invece si deve perseverare di fronte a se, andando avanti, ove vi è la luce.
I suoi passi vengono spinti laddove ha sempre peregrinato ciclicamente: alle sacre fronde di Tulip, ove la Luce nutre gli Eldar, il Tutto che non ha mai smesso di venerare.
Ogni passo che la avvicinava alla Silala era diverso da tutti quelli dei secoli precedenti, diverso da quando l’Essenza di Arda venne lacerata da Yesh, diverso da quando accolse quel fardello e riprese non solo a sentire l’Essenza di Arda, ma a sentire anche ogni fibra di sofferenza.
La realtà è che l’elfa non si era mai separata totalmente dall’Hildoriath.
La realtà che ora è la sua vera natura che prevale, pulsa, e non può essere accolta o rifiutata, nemmeno domata o controllata di nuovo.