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La Boria dell'Aquilotto

Posted: Wed Oct 25, 2023 1:46 pm
by Valkross
In una mattina come le altre, Egon uscì dalla Fortezza del Sacro Verbo per andare a caccia di banditi nel bosco compreso tra il fiume Aben e la vecchia Edorel.
Molti pensieri si rincorrevano nella sua mente: "Sembra proprio che i Martelli Dorati non riescano a contenere il brulicare di questi pezzenti, evidentemente sono troppo occupati a piazzare trappole in cui cadono solo civili e Cavalieri dell'Alba".
Tutto ad un tratto, mentre guardava il cadavere di quattro banditi intorno a lui, ecco apparire quattro figure a cavallo con indosso il mantello smeraldino degli Hammin. Si fermarono i quattro cavalieri, chiesero dapprima se ci fossero problemi oltre i banditi, alla risposta negativa di Egon uno di essi smontò dalla cavalcatura e si avvicinò: "Cosa dicevate riguardo agli Hammin ieri sera? Avete la possibilità di dirlo al Primo Consigliere in persona!"
Stupito da tanta premura di un'alta carica del regno per le parole dette in terra Amoniana, Egon si accorse che i modi dell'interlocutore erano assai sgarbati tanto che egli, mentre il Solcalande rifletteva sulla risposta, lo esortava a suon di: "Parlo con voi! Sveglia!".
Così Egon esordì facendo notare al Consigliere Dramus che le parole dette da qualcuno in terra Amoniana non sono affare di Hammerheim ma, visto che nulla c'era da nascondere, decise comunque di concedere risposta a questo buffo interrogatorio: "Facevo notare che piazzare trappole in cui finiscono civili e Cavalieri dell'Alba non è una bella cosa". Egon continuò dicendo educatamente: "Avete tutto il diritto di farvi la guerra nella vostra terra ma, almeno, interdite il passaggio in questi boschi se avete a cuore la sicurezza dei civili".
Al dire di Egon il Consigliere apparve stizzito, così come i suoi cavalieri nervosi.
Il Consigliere dapprima sembrò voler affibbiare la colpa delle trappole a coloro cui le stesse erano indirizzate, per poi scusarsi dell'accaduto, senza però nascondere quanto parlar con le persone errate in terre non loro fosse pericoloso. A questa non così tanto velata minaccia Egon dunque chiese: "Chissà cosa penserebbe il Console Sulimar del fatto che fate azioni di spionaggio nelle terre dell'Impero Amoniano..." e il borioso Consigliere rispose: "Lo incontro stasera, glielo chiederò!" e continuò "Noi inseguiremo i nostri nemici ovunque, riferitelo al Maknar!".
Egon, mantenendo la calma, fece notare di non essere il messaggero di nessuno così, dall'alto del suo piedistallo, il Consigliere Dramus lo schernì: "Eppure non vedete l'ora di parlare con il Console!" al che Egon rispose: "Vi credete troppo importante..." e una fiammata colpì Egon, seguita da una sfera di energia elettrica. Evidentemente il mago che fino a quel momento non aveva fatto che cercare la presenza di eventuali tracce, forse per cautela o magari per paura chissà, aveva deciso di attaccare un civile senza che nessun comando fosse stato proferito dal Primo Consigliere.
Tralasciando l'evidente insubordinazione dei membri della scorta del Consigliere, che prima lanciano ben due incantesimi per tramortire qualcuno con una banale armatura di ferro e poi lo rialzano facendo sfoggio di poteri clericali, direi che è chiaro a tutti che la constatazione di Egon non sia piaciuta al caro Consigliere, tanto da offrire al Solcalande un ripasso di tutti i suoi titoli. Rialzandosi e asciugandosi il sudore sulla fronte, Egon riprese il discorso interrotto pocanzi: "come dicevo prima che perdeste le staffe, vi credete troppo importante. Ho un incontro fissato con il Console da prima di tutto ciò".
La risposta Hammin furono una serie di insulti e scherni al Solcalande, per poi passare al Primo Consigliere che, con fare degno del più spaccone dei banditi, impugnò l'arco fingendo di scoccare una freccia in direzione di Egon. Dopo questo glorioso gesto, i prodi cavalieri si son diretti a nord, lasciando il bosco alle loro spalle.

Ripercorrere questi eventi nella sua mente portava al giovane Egon un misto di rabbia e ironia. Era sì arrabbiato per l'ingiustizia subita, ma il tutto era ironico: coloro che additavano gli Uruznidir di essere banditi sanguinari si rivelavano come gli unici ad aver arrecato danno ai Solcalande.
Ciò che lo spaventava era la reazione di sua sorella Lea quando avrebbe riferito il tutto agli altri.
"Ci vorrà tutta la forza di Aengus per trattenere quel piccolo vulcano impazzito".
La nota positiva di questa storia è che i fatti accaduti ispirarono Egon il bardo sui versi di una nuova canzone, di cui cantava già poche righe nella mente:
"La lingua colpisce orgoglio e gloria,
la parola brucia più del fuoco
L'Aquilotto mostra la sua Boria
e per offenderlo basta poco.

Re: La Boria dell'Aquilotto

Posted: Wed Oct 25, 2023 5:09 pm
by Valkross
La paura di Egon nel raccontare tutto a sua sorella Lea si avverò il pomeriggio dello stesso giorno quando, di ritorno da una caccia in compagnia del Postulante dei Cavalieri dell'Alba Jordan Milligan, un gruppo di Hammin incrociò i tre sulla via del ritorno.
I manti smeraldini risaltavano sul bianco della neve candida della Baronia, il gruppo composto da una decina di Hammin si fermò tutto intorno ai due Solcalande e al Postulante, fin quando uno dei cavalieri del regno si rivolse ad Egon dopo i convenevoli di rito: "Voi siete l'uomo di stamattina, vedo che siete in salute". Egon mantenne la calma e rispose con un sorriso vistoso sulle labbra: " Il vostro mago non ha spezzato il mio fisico, nè tantomeno il mio spirito".
I cavalieri dal Manto di Smeraldo borbottavano dietro le sue spalle, schernendo il Solcalande dall'alto delle loro belle cavalcature. Egon continuava a sorridere in faccia al primo Hammin, presumibilmente il capo della spedizione, il quale disse: "Ciò che è accaduto questa mattina è stata una reazione esagerata, causata dal degenerare delle parole" al che il bardo rispose col suo solito sorriso sulle labbra: "Ciò che è successo oggi è stato causato dagli incantesimi, non dalle parole. Il vostro mago ha la fiammata facile", a queste parole un altro cavaliere si intromise dicendo: "Quello che tu chiami mago è il comandante dei Martelli Dorati!". Dunque il suo aggressore aveva un nome, Jeremy Notch, Comandante dei Martelli Dorati.
"Peccato che ser Notch non si sia presentato prima di aggredirmi" pensò Egon nella sua testa, poi tornò con la sua attenzione agli Hammin intorno a lui.
Così l'Hammin cominciò a difendere l'operato del Comandante e del Primo Consigliere, esortando anch'egli il Solcalande a scegliere con cura le amicizie.
"Noi Solcalande siamo neutrali, se le vostre spie avessero avuto la cura di riferirvi l'interezza delle mie parole di ieri sera lo sapreste" e l'Hammin rispose: "A volte la neutralità non basta".
Questo parve ad Egon un tentativo del cavaliere a tirare i Solcalande nel conflitto tanto che l'Emissario rispose: "Se Re Da Silva vuole che noi Solcalande combattiamo al suo servizio che mi faccia una proposta valida, le vostre spie sanno dove trovarmi" e qui la boria tipica degli Hammin si fece nuovamente largo nelle viscere del cavaliere arrivando ad uscire dalla sua bocca seguita da vanterie: "Non abbiamo bisogno delle vostre lame, ne abbiamo già molte" e così dicendo indicò il suo drappello.
Egon allora, ormai stanco dal loro interessamento per la neutralità dei Solcalande, rivolse al cavaliere un invito: "Se non vi occorriamo, allora smettete di interessarvi alla nostra neutralità. Quando il vostro Comandante porgerà delle scuse per l'aggressione di stamattina, allora e solo allora avrò di nuovo piacere a parlare con chi porta i vostri colori", e così dicendo guardò poi Jordan accanto a lui: "Inoltre, quello di voi che ha piazzato le trappole ieri sera dovrebbe chiedere scusa a Jordan Milligan, Postulante dei Cavalieri dell'Alba, in quanto egli si è imbattuto in una delle vostre trappole a rete". A nulla valsero le accuse campate in aria dell'Hammin che dava la colpa di quelle trappole alla controparte del conflitto, Egon voltò il cavallo e tornò sui suoi passi verso la Fortezza del Sacro Verbo, non prima però di consigliare agli Hammin di stare attenti a non prendere freddo mentre vagano in Baronia.