Vel, il ritorno e la vendetta
Posted: Mon Jan 30, 2023 12:23 pm
Certo ammirava la stirpe Quenya, ma la pietra bianca di quella che una volta era nota come Ondolinde gli intorpidiva i sensi. Aveva sempre calpestato la morbida terra del bosco di Earlann, le foglie secche della foresta della Radice nera o, al più, i sassi e i ciottoli del villaggio di Ilkorin; tutto quello splendore, quel bianco candido, lo stordiva. Ci sarebbe voluto del tempo per abituarvisi e di sicuro ogni occasione sarebbe stata una buona occasione per tornare tra le fronde che erano stati per lui rifugio nei secoli passati.
Solo Suldanas poteva conoscere il suo desiderio di ritornare alla vita nei boschi, ai falò notturni con i suoi toronin di stirpe Sindar, ai canti e ai richiami notturni tra le ombre dell’antica foresta, alla notti in branda ad osservare le stelle. Abituarsi non era semplice. Un gufo non si mimetizza facilmente nella pietra, un gufo caccia tra le fronde. Ma la sua regina così aveva deciso, e forse gli stessi Belain avevano desiderato quanto avvenuto. Forse l’unione delle due stirpi avrebbe accelerato la riconquista dell’antica potenza, forse..
A lui però restava l’amarezza di un compito non degnamente compiuto, la difesa degli alti e antichi alberi e del sacro suolo. Sarebbe ripartito da lì, dalla sua volontà di proteggere l’armonia del creato e i suoi fratelli da insidie e pericoli. Gli stranieri sarebbero dovuti tornare sui loro passi, lontani dalla pace degli eldar, lontani dai boschi e dai ruscelli a loro sacri. Portatori di corruzione, portatori di disordine, portatori di insidie; la sua vendetta si sarebbe abbattuta su di loro, senza esitazione, senza pentimento. Per essi avrebbe recitato i canti sacrificali che un tempo dispensava solo dopo aver colpito cervi o cinghiali. Non vi era malvagità nei suoi propositi, ma gli avventori, i disturbatori della quiete, avrebbero iniziato a temere le sue frecce e le sue lame.
Solo Suldanas poteva conoscere il suo desiderio di ritornare alla vita nei boschi, ai falò notturni con i suoi toronin di stirpe Sindar, ai canti e ai richiami notturni tra le ombre dell’antica foresta, alla notti in branda ad osservare le stelle. Abituarsi non era semplice. Un gufo non si mimetizza facilmente nella pietra, un gufo caccia tra le fronde. Ma la sua regina così aveva deciso, e forse gli stessi Belain avevano desiderato quanto avvenuto. Forse l’unione delle due stirpi avrebbe accelerato la riconquista dell’antica potenza, forse..
A lui però restava l’amarezza di un compito non degnamente compiuto, la difesa degli alti e antichi alberi e del sacro suolo. Sarebbe ripartito da lì, dalla sua volontà di proteggere l’armonia del creato e i suoi fratelli da insidie e pericoli. Gli stranieri sarebbero dovuti tornare sui loro passi, lontani dalla pace degli eldar, lontani dai boschi e dai ruscelli a loro sacri. Portatori di corruzione, portatori di disordine, portatori di insidie; la sua vendetta si sarebbe abbattuta su di loro, senza esitazione, senza pentimento. Per essi avrebbe recitato i canti sacrificali che un tempo dispensava solo dopo aver colpito cervi o cinghiali. Non vi era malvagità nei suoi propositi, ma gli avventori, i disturbatori della quiete, avrebbero iniziato a temere le sue frecce e le sue lame.