Vegurinn til Valhallar
Posted: Mon Oct 31, 2022 10:11 pm
“Nel fuoco è forgiato…”
Il buio allungava la sua morsa sopra gli alti picchi innevati. Il vento gelido serpeggiava tra le rocce e le valli, piegando gli alberi meno robusti e facendo riecheggiare il suo ululato sinistro nella notte che avanzava.
Le piccole fiamme accese, resistevano stoicamente alla furia degli elementi. Contorcendosi violentemente alla morsa del freddo e del vento. Alcune cedevano, fino al punto di spegnersi… Eppure, sotto uno strato di cenere nera i tizzoni ardevano ancora, bramosi di tornare ad ardere con forza: alimentati, quasi paradossalmente, dallo stesso vento freddo che gli aveva sconfitti.
Le ombre danzavano nella neve, pallida e spettrale ma capace di far riflettere su di se la debole luce della luna e delle stelle; che come tanti piccoli diamanti adornavano quel mare bianco e dall’abbraccio mortale.
Le basse case fatte di legno erano silenti. Deboli luci provenivano dal loro interno, quasi nel timore di attirare l’attenzione, o la furia degli elementi su di se. A parte il vento non vi era quasi rumore. Tutto sembrava immobile, sotto il giogo del freddo e della neve.
Un suono ritmico e metallico tuttavia si faceva strada nella notte incombente. Alte fiamme si sprigionavano da una piccola forgia fatta di pietra, ma dal cuore ardente come una stella. Lingue incandescenti si proiettavano verso l’alto lanciando la loro sfida all’oscurità e al freddo. Il battere ritmico del martello sul metallo si propagava nella notte silente, come il suono di un tamburo di guerra.
Un braccio muscoloso colpiva con forza e decisione, plasmando ad ogni impatto il metallo pulsante di vita e fiamme. Ad ogni colpo un bagliore illuminava un viso deciso e concentrato mentre un turbinio di scintille lo avvolgevano in una spirale vorticosa.
La figura ignorava il freddo e la notte, completamente assorto e in simbiosi con il fuoco. Una massiccia statua, dai lineamenti duri lo sovrastava in silenzio, valutandone severamente l’operato.
Dietro di lui, emergendo dalle ombre della notte si palesò un uomo. Alto e robusto, impellicciato pesantemente contro il freddo. La sua barba, così come i capelli neri, sfumavano dalle tonalità di grigio fino a diventare quasi bianche nelle punte. Due occhi grigi risplendevano alla luce della fiamma, posandosi preoccupati sull’individuo davanti a se.
La figura davanti a lui non rispose ne si scompose minimamente. Continuò, nel suo incessante e ritmico martellare il metallo.
Ancora non ricevette risposta, se non nella violenza con cui i colpi venivano ora calati contro il metallo.
La veemenza aumentò ancora. Le fiamme della forgia si agitarono alzando ancora più scintille che turbinavano come impazzite alla furia del vento e dei colpi.
Un ultimo colpo, impetuoso e simile ad un tuono venne calato con brutalità. In esso tutta la rabbia e il dolore che provava. Le fiamme si attenuarono, le scintille si spensero adagiandosi lentamente sulla neve.
Calò infine il silenzio, e con esso la notte con le sue ombre e pallide luci.
Il buio allungava la sua morsa sopra gli alti picchi innevati. Il vento gelido serpeggiava tra le rocce e le valli, piegando gli alberi meno robusti e facendo riecheggiare il suo ululato sinistro nella notte che avanzava.
Le piccole fiamme accese, resistevano stoicamente alla furia degli elementi. Contorcendosi violentemente alla morsa del freddo e del vento. Alcune cedevano, fino al punto di spegnersi… Eppure, sotto uno strato di cenere nera i tizzoni ardevano ancora, bramosi di tornare ad ardere con forza: alimentati, quasi paradossalmente, dallo stesso vento freddo che gli aveva sconfitti.
Le ombre danzavano nella neve, pallida e spettrale ma capace di far riflettere su di se la debole luce della luna e delle stelle; che come tanti piccoli diamanti adornavano quel mare bianco e dall’abbraccio mortale.
Le basse case fatte di legno erano silenti. Deboli luci provenivano dal loro interno, quasi nel timore di attirare l’attenzione, o la furia degli elementi su di se. A parte il vento non vi era quasi rumore. Tutto sembrava immobile, sotto il giogo del freddo e della neve.
Un suono ritmico e metallico tuttavia si faceva strada nella notte incombente. Alte fiamme si sprigionavano da una piccola forgia fatta di pietra, ma dal cuore ardente come una stella. Lingue incandescenti si proiettavano verso l’alto lanciando la loro sfida all’oscurità e al freddo. Il battere ritmico del martello sul metallo si propagava nella notte silente, come il suono di un tamburo di guerra.
Un braccio muscoloso colpiva con forza e decisione, plasmando ad ogni impatto il metallo pulsante di vita e fiamme. Ad ogni colpo un bagliore illuminava un viso deciso e concentrato mentre un turbinio di scintille lo avvolgevano in una spirale vorticosa.
La figura ignorava il freddo e la notte, completamente assorto e in simbiosi con il fuoco. Una massiccia statua, dai lineamenti duri lo sovrastava in silenzio, valutandone severamente l’operato.
Dietro di lui, emergendo dalle ombre della notte si palesò un uomo. Alto e robusto, impellicciato pesantemente contro il freddo. La sua barba, così come i capelli neri, sfumavano dalle tonalità di grigio fino a diventare quasi bianche nelle punte. Due occhi grigi risplendevano alla luce della fiamma, posandosi preoccupati sull’individuo davanti a se.
“Halfdan… è tardi ormai. Vieni dentro casa o ti congelerai.”
La figura davanti a lui non rispose ne si scompose minimamente. Continuò, nel suo incessante e ritmico martellare il metallo.
“Halfdan… Posso capire il dolore che provi, ma non è questo il modo in cui devi affrontarlo.”
Ancora non ricevette risposta, se non nella violenza con cui i colpi venivano ora calati contro il metallo.
“Devi darle il tuo addio, figlio. Senza, il suo spirito potrebbe non trovare la pace che merita.”
La veemenza aumentò ancora. Le fiamme della forgia si agitarono alzando ancora più scintille che turbinavano come impazzite alla furia del vento e dei colpi.
“Lei più di tutti ti avrebbe esortato a non lasciarti andare. A lasciare che il dolore e la rabbia ti dominassero. Placa il tuo fuoco… fallo se non per te stesso, per il suo ricordo…”
Un ultimo colpo, impetuoso e simile ad un tuono venne calato con brutalità. In esso tutta la rabbia e il dolore che provava. Le fiamme si attenuarono, le scintille si spensero adagiandosi lentamente sulla neve.
Calò infine il silenzio, e con esso la notte con le sue ombre e pallide luci.