La melodia dei sogni
Posted: Tue Jan 11, 2022 12:23 am
“Vieni da me, figlia mia, ti sto aspettando…”
La voce faceva smuovere le chiome degli alberi, i fili d’erba vibravano e la luna sembrava riflettere un colore diverso.
Feah si trovava in una vasta radura contornata da alberi secolari, tanto alti da nascondere il cielo.
Al centro di essa, un albero più basso, proiettava la sua ombra su una scena assai particolare.
Un branco di lupi, dal manto cremisi ed a tratti più scuro, era disposto in cerchio.
Nel cerchio invece, proprio in mezzo a loro, vi era una fanciulla, vestita con abiti color oro ed una tiara con una piccola gemma incastonata. Ella teneva in mano un fiore, rimirato più volte. Davanti a sé, vi erano i petali che andava a tirar via, sussurrando qualcosa.
La forza emanata dalla scena, era tale da respingere qualunque cosa ci fosse intorno.
Eppure Feah ne era attratta. Più tendeva le orecchie, come i lupi, più sentiva che non erano solo parole ad uscire dalla bocca della donna, ma bensì una canzone senza parole. Formata da pensieri ed emozioni.
I piedi iniziarono a muoversi, e pian piano avanzava verso la donna.
Giunta al cerchio dei lupi, essi iniziarono a fare passi indietro ed ad un tratto, correre via verso la foresta.
Erano rimaste solo loro due. Lei non accennava ad alzare lo sguardo, ma i petali iniziavano ad alzarsi in volo e a prendere le sembianze di cigni dalle piume dorate.
La foresta ora cantava insieme a lei, oramai la melodia era chiara.
Feah si inginocchiò, chinando il capo e piangendo. Sapeva che le sue melodie non avrebbero più suscitato in lei nessuna emozione, perché la loro bellezza era ormai oscurata da quella che sentiva in quel momento.
‘Figlia…’
Una frase iniziava a formarsi nella sua testa, chiara e forte.
‘Figlia mia…’
La fanciulla ora stava in piedi, con le stelle che le creavano una corona in cielo.
‘Figlia mia, non dolerti più. La tua melodia mi è giunta forte e vivida, seguimi e canta le mie parole come canti della vita della foresta tutta…’
Feah si svegliò. Il viso era rigato di lacrime, ed in mano stringeva una moneta che aveva trovato qualche giorno prima nella città di Ilkarin mentre faceva il suo solito giro di supervisione dei banchi.
Erano passati due giorni da quando Feah aveva avuto l’ultimo sogno.
In quei giorni bensì aveva passato a fare spola tra la Valle ed Ilkarin. Sperava di trovare un segno, una spiegazione, ma parea che i sacerdoti del tempio fossero più indaffarati del solito e non riuscivano a prestare aiuto ad una Sèler in apparente crisi di fede.
La notte, quando dormiva, continuava a sentire la stessa melodia, ma al risveglio, la melodia veniva coperta da un’altra.
Fu così che al terzo giorno decise di seguire la melodia che la mattina si svegliava insieme a lei.
Seguendo i toni di quella melodia di battaglia, raggiunse il tempio del Minya Luva.
Il tempio si ergeva nella sua maestosità nelle prime luci dell’alba, quando il sole si nascondeva dietro la struttura ed i suoi raggi creavano un contorno luminoso. I sacerdoti erano alle prese con le prime preghiere del giorno, mentre alcuni accoglievano gli animali che giungevano a mangiare e ad abbeverarsi.
Fu uno di quelli che vide Feah con lo sguardo smarrito, avanzare in modo inconscio.
‘Sèler? Va tutto bene?’
Il sacerdote avanzava a gran passo, la tunica seguiva l’andamento delle gambe, piegandosi in base ai movimenti.
‘Sèler!’
Egli prese per le spalle Feah, riscuotendola da quello stato di incoscienza.
‘Tòr… Perdonatemi, non so neppure come sono arrivata qui. Sento qualcosa, una melodia che suona incessantemente nella mia testa, una melodia che mi chiama.’
Il sacerdote, dopo quella risposta, la liberò dalla presa e lei riprese a camminare mentre gli parlava dietro.
‘Sèler, chi non odo nulla se non i rumori della foresta. Siete sicura che non sia qualcosa che solo voi udite?’.
‘Tòr, non so, non è una melodia che i miei strumenti riescono a riprodurre, e ciò mi incupisce.’
L’arco della navata era stato appena decorato con fiori rossi che lo percorrevano per intero.
La statua era sempre lì, nell’angolo del tempio. Cantava, o così Feah vedeva. Perché sì, la sua mente elaborava la melodia che sentiva sotto forma di scia luminosa, più si avvicinava, più il rosso diveniva cremisi, lo stesso colore del manto dei lupi nel sogno.
Quando arrivò davanti alla statua, ormai la melodia era così intensa da coprire ogni altro rumore attorno a lei, e, ad un tratto, cadde in un sonno profondo.
Si trovava sopra un monte, sotto di lei, le nubi celavano il paesaggio.
Era molto in alto, ma ne il freddo ne la neve la toccava. Era vestita in una semplice armatura di pelle che aderiva completamente alla sua pelle. Era pronta, si sentiva pronta per cacciare, ma le sue mani non stringevano né strumenti, né armi. Si lanciò d’istinto fra le nubi, il volo fu breve, un’aquila di grandi dimensioni la afferrò per le spalle ed iniziò a planare. Feah stava piangendo, per la gioia del volo. Fra le lacrime, la sua voce iniziava a cantare, ma non la solita canzone. Cantava la canzone del Minya Luva. I suoi muscoli cambiavano, diventano reattivi, più veloci, così come la sua vista. Ma la preghiera non finiva.
Da dove si trovava vide ombre prendere la forma di Tòr e Sèler armati di archi, che attendevano i suoi comandi, pronti per balzare sulla preda.
Appena mise piede in terra, venne trasportata in una capanna. Era semplice, ma si trovava in mezzo ad un bosco. Di fronte a lei si trovava una figura. Egli teneva un arco sulle gambe piegate e fissava dritta negli occhi Feah.
‘La caccia è iniziata Figlia. La caccia alla ricerca di chi sei. Abbandona ciò che credevi di essere. Una nuova via ti aspetta. Devi solo decidere cosa seguire.’
Feah non arrivò ad emettere parola che si risvegliò sempre ai piedi della statua.
Il sacerdote era seduto accanto a lei. Feah aveva appena finito di raccontare il sogno.
‘Sèler, avete appena avuto un contatto con il Minya Luva, dovete essere stata scelta. Tenete questa boccetta, e recitate con me.’
L’acqua iniziò a cambiare di poco colore, diventando più luminosa.
‘Ay, è sicuro, vi sono stati concessi i doni dai Valar.’
La voce faceva smuovere le chiome degli alberi, i fili d’erba vibravano e la luna sembrava riflettere un colore diverso.
Feah si trovava in una vasta radura contornata da alberi secolari, tanto alti da nascondere il cielo.
Al centro di essa, un albero più basso, proiettava la sua ombra su una scena assai particolare.
Un branco di lupi, dal manto cremisi ed a tratti più scuro, era disposto in cerchio.
Nel cerchio invece, proprio in mezzo a loro, vi era una fanciulla, vestita con abiti color oro ed una tiara con una piccola gemma incastonata. Ella teneva in mano un fiore, rimirato più volte. Davanti a sé, vi erano i petali che andava a tirar via, sussurrando qualcosa.
La forza emanata dalla scena, era tale da respingere qualunque cosa ci fosse intorno.
Eppure Feah ne era attratta. Più tendeva le orecchie, come i lupi, più sentiva che non erano solo parole ad uscire dalla bocca della donna, ma bensì una canzone senza parole. Formata da pensieri ed emozioni.
I piedi iniziarono a muoversi, e pian piano avanzava verso la donna.
Giunta al cerchio dei lupi, essi iniziarono a fare passi indietro ed ad un tratto, correre via verso la foresta.
Erano rimaste solo loro due. Lei non accennava ad alzare lo sguardo, ma i petali iniziavano ad alzarsi in volo e a prendere le sembianze di cigni dalle piume dorate.
La foresta ora cantava insieme a lei, oramai la melodia era chiara.
Feah si inginocchiò, chinando il capo e piangendo. Sapeva che le sue melodie non avrebbero più suscitato in lei nessuna emozione, perché la loro bellezza era ormai oscurata da quella che sentiva in quel momento.
‘Figlia…’
Una frase iniziava a formarsi nella sua testa, chiara e forte.
‘Figlia mia…’
La fanciulla ora stava in piedi, con le stelle che le creavano una corona in cielo.
‘Figlia mia, non dolerti più. La tua melodia mi è giunta forte e vivida, seguimi e canta le mie parole come canti della vita della foresta tutta…’
Feah si svegliò. Il viso era rigato di lacrime, ed in mano stringeva una moneta che aveva trovato qualche giorno prima nella città di Ilkarin mentre faceva il suo solito giro di supervisione dei banchi.
Erano passati due giorni da quando Feah aveva avuto l’ultimo sogno.
In quei giorni bensì aveva passato a fare spola tra la Valle ed Ilkarin. Sperava di trovare un segno, una spiegazione, ma parea che i sacerdoti del tempio fossero più indaffarati del solito e non riuscivano a prestare aiuto ad una Sèler in apparente crisi di fede.
La notte, quando dormiva, continuava a sentire la stessa melodia, ma al risveglio, la melodia veniva coperta da un’altra.
Fu così che al terzo giorno decise di seguire la melodia che la mattina si svegliava insieme a lei.
Seguendo i toni di quella melodia di battaglia, raggiunse il tempio del Minya Luva.
Il tempio si ergeva nella sua maestosità nelle prime luci dell’alba, quando il sole si nascondeva dietro la struttura ed i suoi raggi creavano un contorno luminoso. I sacerdoti erano alle prese con le prime preghiere del giorno, mentre alcuni accoglievano gli animali che giungevano a mangiare e ad abbeverarsi.
Fu uno di quelli che vide Feah con lo sguardo smarrito, avanzare in modo inconscio.
‘Sèler? Va tutto bene?’
Il sacerdote avanzava a gran passo, la tunica seguiva l’andamento delle gambe, piegandosi in base ai movimenti.
‘Sèler!’
Egli prese per le spalle Feah, riscuotendola da quello stato di incoscienza.
‘Tòr… Perdonatemi, non so neppure come sono arrivata qui. Sento qualcosa, una melodia che suona incessantemente nella mia testa, una melodia che mi chiama.’
Il sacerdote, dopo quella risposta, la liberò dalla presa e lei riprese a camminare mentre gli parlava dietro.
‘Sèler, chi non odo nulla se non i rumori della foresta. Siete sicura che non sia qualcosa che solo voi udite?’.
‘Tòr, non so, non è una melodia che i miei strumenti riescono a riprodurre, e ciò mi incupisce.’
L’arco della navata era stato appena decorato con fiori rossi che lo percorrevano per intero.
La statua era sempre lì, nell’angolo del tempio. Cantava, o così Feah vedeva. Perché sì, la sua mente elaborava la melodia che sentiva sotto forma di scia luminosa, più si avvicinava, più il rosso diveniva cremisi, lo stesso colore del manto dei lupi nel sogno.
Quando arrivò davanti alla statua, ormai la melodia era così intensa da coprire ogni altro rumore attorno a lei, e, ad un tratto, cadde in un sonno profondo.
Si trovava sopra un monte, sotto di lei, le nubi celavano il paesaggio.
Era molto in alto, ma ne il freddo ne la neve la toccava. Era vestita in una semplice armatura di pelle che aderiva completamente alla sua pelle. Era pronta, si sentiva pronta per cacciare, ma le sue mani non stringevano né strumenti, né armi. Si lanciò d’istinto fra le nubi, il volo fu breve, un’aquila di grandi dimensioni la afferrò per le spalle ed iniziò a planare. Feah stava piangendo, per la gioia del volo. Fra le lacrime, la sua voce iniziava a cantare, ma non la solita canzone. Cantava la canzone del Minya Luva. I suoi muscoli cambiavano, diventano reattivi, più veloci, così come la sua vista. Ma la preghiera non finiva.
Da dove si trovava vide ombre prendere la forma di Tòr e Sèler armati di archi, che attendevano i suoi comandi, pronti per balzare sulla preda.
Appena mise piede in terra, venne trasportata in una capanna. Era semplice, ma si trovava in mezzo ad un bosco. Di fronte a lei si trovava una figura. Egli teneva un arco sulle gambe piegate e fissava dritta negli occhi Feah.
‘La caccia è iniziata Figlia. La caccia alla ricerca di chi sei. Abbandona ciò che credevi di essere. Una nuova via ti aspetta. Devi solo decidere cosa seguire.’
Feah non arrivò ad emettere parola che si risvegliò sempre ai piedi della statua.
Il sacerdote era seduto accanto a lei. Feah aveva appena finito di raccontare il sogno.
‘Sèler, avete appena avuto un contatto con il Minya Luva, dovete essere stata scelta. Tenete questa boccetta, e recitate con me.’
L’acqua iniziò a cambiare di poco colore, diventando più luminosa.
‘Ay, è sicuro, vi sono stati concessi i doni dai Valar.’