Mornië Utúlië
Posted: Tue May 25, 2021 10:01 pm
Giorni di incertezza erano trascorsi dalla partenza dello Yaren Loki e dell'Esarca, al cui seguito si era unito gran parte dell'esercito.
Concise e frettolose disposizioni erano state lasciate a coloro che erano rimasti alla Fortezza, un'ansia inaspettata aveva alimentato il loro agire, e forse, l'inquisitore lo sospettava sempre più, il loro giudizio.
Alcuni vociferavano lo scopo fosse la ricerca del Sommo Cremisi, Fingon Narquelie, che pochi giorni addietro aveva lasciato Nolwe, con l'intenzione di trovare nuove risposte ed un'illuminazione, che lo conducesse più vicino all'Ottuplice Sentiero e la Visione Adamantina.
Ma quali che fossero le intenzioni del Sommo, e di coloro che si erano allontanati alla sua ricerca, rendendo ben chiaro che questa si sarebbe protratta per anni, il risultato più tangibile ed immediato era uno solo: Nolwe era rimasta pressoché sguarnita, e quel che era peggio, la giovane Sovrana non era più protetta, con la necessaria forza e sicurezza.
Sebbene l'Ordine fosse sorto dalla volontà di pochi Eldar, e cresciuto nel tempo, un repentino ritorno ad una forza tanto esigua, ora priva della protezione dell'isolamento e di un relativo anonimato, ma anzi esposta dopo aver maturato fama ed infamia, con alleati lontani, e nemici sempre più vicini; faceva percepire il Crollo aleggiare su Nolwe, come lo spettro di un futuro inevitabile.
Nonostante questi pensieri incupissero il suo umore, Atalante lavorava senza posa alla trascrizione degli ultimi tomi, chiuso nel salone delle riunioni, avvolto in un silenzio eloquente, interrotto solo dall'occasionale trapestrio del corvo cieco, appollaiato come sempre sulla libreria orientale.
Chiuse il volume al quale stava lavorando, quindicesimo ed ultimo dei suoi studi sulla biologia, il comportamento e la struttura sociale dello Sciame delle Tàrieli, volgarmente note come Terathan.
Si era resa necessaria una correzione al capitolo finale, dedicato alla nascita delle Regine, prima basata sulla mera speculazione, ma di recente frutto della sua diretta esperienza.
Chiuse i tomi in uno scrigno di semplice legno, anonimo e povero, nessuno a vederlo avrebbe potuto intuire il suo inestimabile contenuto, così come era per i numerosi altri scrigni, nei quali era stata riversata l'intera biblioteca di Nolwe, pronta per il trasporto.
Quelli ed i maggiori oggetti sacri del Culto, erano i tesori che si apprestava a portare con sé.
All'esterno si sentiva l'ordinato affaccendarsi dei tòronin e delle sèlerin, impegnati a caricare il tutto sui muli.
L'inquisitore si affacciò alla finestra che dava sulla piazza, lasciando vagare per lunghi istanti gli occhi neri e senza iridi, dono della Benedizione della Valie, così simili, come la sua pelle, alle fattezze delle Sacre Sèlerin.
Forse non avrebbe più posato lo sguardo su quella piazza, sull'esile colonnato, le ordinate viuzze lastricate di pietra levigata e gli spioventi tetti cremisi; ma sapeva che la memoria vi avrebbe a lungo indugiato, anche quando ogni colore sarebbe sbiadito, e null'altro che tenebre gli fossero rimaste.
La decisione era stata presa ormai da giorni, ma non era stato capace di prepararsi del tutto alla venuta di quell'ultimo vespro a Nolwe, l'unico luogo che, sebbene per poco, era riuscito a chiamare casa.
Aveva trascorso lunghe notti insonni al Tempio, assorto in preghiera, ed il laconico silenzio degli Antaàra, gli Altissimi, era almeno riuscito a dargli conferma della decisione presa.
Aveva la sensazione che lo osservassero, in attesa che compisse il proprio dovere, certi di non dover aggiungere altro, dinanzi alla sua palese natura.
Zoee Nalwe, Prima ed Ultima Vestale, lo aveva preceduto, ma lei avrebbe percorso un sentiero più lungo, che l'avrebbe condotta alla Corte della Tàri, ed in seguito al suo fianco.
Coloro che lo avrebbero accompagnato lo attendevano in piazza, i cavalli e le bestie da soma erano pronti, i loro volti, cupi e solenni.
Indossava un'impeccabile armatura purpurea, ed avanzava, per la prima volta dopo mesi, con ritrovato vigore, impugnando un bastone nodoso in legno oscuro.
Non servirono che poche parole, e dopo aver dato rapide istruzioni a Reese, certo che si sarebbe saputo occupare delle incombenti praticità, l'inquisitore richiamò a sé i Lianter Guardiani.
I tre mastodontici aracnidi risposero senza indugio al Sacerdote, e si accodarono al gruppo, mentre si immergeva nelle viscere delle Cave Nere.
Atalante trovò Elistraee intenta a nutrirsi delle interiora di un uomo, un lantar del Tasso, giudicò, notando i pochi brandelli di un mantello verde pino.
La giovane Sovrana accolse con entusiasmo l'inquisitore, ormai abituata alla sua presenza, che spesso s'accompagnava a nuove prede vive con le quali dilettarsi.
Forse per questo guardò dapprima con sospetto le due sèlerin che lo accompagnavano, ma questi la rassicurò, spiegandole che un giorno loro l'avrebbero accolta e servita, quando lui non ne fosse più stato capace.
Tanto bastò, e poco dopo anche la futura Sovrana si unì alla carovana.
Fu lasciata all'ultima Vendicatrice la scelta sul da farsi di quel che restava del Nido: Completare la propria metamorfosi, e guidarlo come Matriarca, oppure raggiungere i sotterranei, sino alla sicurezza della Corte Terathan.
Giunti alla Sacra Valle, il gruppo degli Ultimi Eletti raggiunse Alda Morn, il Tulip Nero, raccogliendosi in preghiera, in silente attesa del loro anfitrione.
Come avevano già visto accadere in passato, il tessuto stesso della Trama si piegò, mostrando un varco oscuro come le più fitte tenebre.
Da questo emerse il Moriquendi.
I convenevoli furono rapidi e concisi, il Drow era al corrente della situazione nella quale versava Nolwe, nonché delle intenzioni di quell'ultima compagine di Machtar e dell'inquisitore in particolare.
Rivelò il proprio disappunto per il mancato realizzarsi dei molti progetti che, evidentemente, aveva in serbo per l'Ordine, ma questo fu presto mitigato, quando notò come Elistraee stesse crescendo in forze, ora conscio, oltre la misura del loro ultimo incontro, che non sarebbe divenuta una semplice Regina.
Atalante confermò i suoi sospetti, rivelando ciò che in passato aveva taciuto, sulle circostanze del salvataggio dell'uovo, di come l'aveva a lungo alimentato tanto con il proprio sangue, quanto con la propria anima, e di come, in fine, il medesimo sacrificio era stato richiesto a tutti i Machtar riuniti, permettendone la schiusa.
In Elistraee albergava un frammento di ognuno di coloro che avevano indossato il Manto di Sangue, della loro Volontà e della loro Purezza.
Lei era il testamento della Missione dei Machtar Yaren, ed il loro più prezioso retaggio.
Così la richiesta di Atalante, di un luogo adatto e sicuro per permetterle di crescere e rafforzarsi, sotto la sua diretta guida e protezione, non era giunta a Luughnasad inaspettata.
Il Moriquendi rivelò però la sua reticenza, e la bassa considerazione per i Calaquendi, anche se Eletti, che non aveva espresso con chiarezza sino ad allora, pur senza mai riuscire a mascherarla davvero.
Dimorare a Luughnasad, egli disse, era un onore che non veniva più concesso da tempo a quella stirpe, e solo in virtù dell'evidente ed incrollabile Fede dell'inquisitore, sarebbe stato concesso.
Atalante si trattenne dal rispondere ciò che realmente pensava, di come la sua pelle, chitinosa e verde, fosse da tempo ormai la sua vera pelle, né bianca, né grigia.
Sapeva che non era necessario esprimerlo a parole, e non aveva necessità di rispetto o riconoscimento, ma solo di un luogo buio ed isolato, dove la futura Imperatrice sarebbe potuta crescere, e dove conservare il Sapere accumulato da Nolwe.
Fu concesso il tempo di un ultimo commiato e sèler Astreni intonò un cantico d'addio:
Cenvá cala
i na ríë
morna anarnen
Nayar i
lacenítë
arani sáme
kare
á vanta
ter lícumar
vanyaimli
huinénen imi
á vanta
terë lassi
alcalé ninen
morna anarnen
Morna ríë
lalvéssë
i si Lestanore
ena tirístalvë
Non guardar
la luce che
corona è
dell'eclisse
Curati
di quelli che
la cecità
ha reso Re.
Cammina
tra candele
disperditi
tra le ombre
Cammina
tra le foglie
eclisse
brilla con me
Cupo nimbo
su di noi
che questa terra
ancora custodiamo
Atalante osservò con gratitudine i volti di coloro che lo avevano accompagnato, conscio che non li avrebbe più rivisti per dei secoli, o forse mai più.
Sapeva che ognuno di loro avrebbe continuato a combattere per il futuro del loro popolo, e sapeva che gli Altissimi conoscevano i loro cuori, e li avrebbero guidati.
Chi di loro aveva vinto la Malinconia, non ne sarebbe più stata preda, e avrebbe condiviso la Verità.
Chi custodiva l'erudizione della Storia, non avrebbe scordato quel capitolo Cremisi, e l'avrebbe tramandato.
Chi era abituata alle tenebre e alla menzogna, quanto alla luce e alla saggezza, avrebbe saputo dispensarle con la maturata efficacia.
Ed in fine, chi rappresentava nella forma e nella sostanza l'Ideale Eldarim, avrebbe cercato Vendetta, ma il suo cuore non avrebbe mai scordato il Rancore, ed in esso sarebbe rimasta custodita la Verità.
Quando Atalante attraversò il portale, con al seguito Elistraee, i Lianter Guardiani, e le bestie da soma con i tesori di Nolwe, si trovò per la prima volta dinanzi all'impero del quale aveva solo letto ed udito timorosi sussurri:
L'ampio corridoio d'ingresso a Luughnasad era presidiato da due lunghe file di soldati Drow in posa marziale.
Un Elda meno avveduto avrebbe pensato ad una parata d'onore, ma l'inquisitore sapeva che erano più simili ad i suoi carcerieri.
Nondimeno fu scortato dal Moriquendi alla stregua di un dignitario straniero, sebbene il suo valore, era chiaro, veniva misurato in funzione della sua connessione alla giovane Sovrana.
Voltati due angoli delle monumentali vie in pietra nera dai riflessi purpurei, si ritrovarono in una piazza che avrebbe da sola potuto contenere l'intera Fortezza di Nolwe.
Al suo centro una fontana gorgogliava sommessa, e dietro di essa, una sagoma nera torreggiava oltre la linea dei soffitti.
Il Liante più mastodontico che l'inquisitore avesse mai visto, tanto che avrebbe fatto sembrare piccoli ed innocui i più grandi protettori della Sacra Valle, montava la guardia sulla vasta piazza.
Lasciò insieme a lui quelli che furono i Guardiani di Nolwe, mentre il Moriquendi apriva la via segreta verso il sottosuolo, ad un più profondo livello.
Atalante percepì la discesa, come l'aria si faceva più umida e gelida.
Giunsero in fine a delle catacombe, immerse nelle tenebre.
Là depositarono gli scrigni ricolmi di libri ed oggetti sacri, ed il Moriquendi dichiarò che quel luogo tetro ed isolato, come l'inquisitore aveva richiesto, sarebbe stato da quel momento in avanti la dimora sua e di Elistraee, almeno sino a quando ella non fosse stata pronta.
Atalante misurò con soddisfazione l'ambiente, non sarebbe stato sufficiente ad ospitare l'immenso Nido che egli si figurava, ma s'avvide dal dirlo... Del resto le ampie volte della caverna sovrastante non erano poi molto distanti, e chissà quante altre uova, e quale smisurato esercito, sarebbero potuti crescere, nei domini dell'impero Drow.
Congedato il Moriquendi, l'inquisitore si mise a sedere dinanzi un sarcofago e chiuse gli occhi.
Elistraee lo raggiunse e si adagiò accanto a lui, posando docilmente il capo sul suo grembo.
Con una carezza ed un sorriso amorevole, l'accompagnò nel sonno, mormorando alla sua mente del destino e della grandezza che la attendevano.
"Dormi Figlia Mia, e sogna del tempo in cui i mari saranno neri e la vita soffocherà. Sogna cieli cremisi, ove l'aquila non può più librarsi.
Sogna il tempo del Dolore, quando la speranza sarà consumata, e le bugie dei ciechi taciute.
Sogna il tuo Nero Sciame, banchettare sui resti di ciò che Arda fu, poiché da quelle spoglie ogni cosa risorgerà nel Suo Volere, e sarà finalmente... Pace."
Concise e frettolose disposizioni erano state lasciate a coloro che erano rimasti alla Fortezza, un'ansia inaspettata aveva alimentato il loro agire, e forse, l'inquisitore lo sospettava sempre più, il loro giudizio.
Alcuni vociferavano lo scopo fosse la ricerca del Sommo Cremisi, Fingon Narquelie, che pochi giorni addietro aveva lasciato Nolwe, con l'intenzione di trovare nuove risposte ed un'illuminazione, che lo conducesse più vicino all'Ottuplice Sentiero e la Visione Adamantina.
Ma quali che fossero le intenzioni del Sommo, e di coloro che si erano allontanati alla sua ricerca, rendendo ben chiaro che questa si sarebbe protratta per anni, il risultato più tangibile ed immediato era uno solo: Nolwe era rimasta pressoché sguarnita, e quel che era peggio, la giovane Sovrana non era più protetta, con la necessaria forza e sicurezza.
Sebbene l'Ordine fosse sorto dalla volontà di pochi Eldar, e cresciuto nel tempo, un repentino ritorno ad una forza tanto esigua, ora priva della protezione dell'isolamento e di un relativo anonimato, ma anzi esposta dopo aver maturato fama ed infamia, con alleati lontani, e nemici sempre più vicini; faceva percepire il Crollo aleggiare su Nolwe, come lo spettro di un futuro inevitabile.
Nonostante questi pensieri incupissero il suo umore, Atalante lavorava senza posa alla trascrizione degli ultimi tomi, chiuso nel salone delle riunioni, avvolto in un silenzio eloquente, interrotto solo dall'occasionale trapestrio del corvo cieco, appollaiato come sempre sulla libreria orientale.
Chiuse il volume al quale stava lavorando, quindicesimo ed ultimo dei suoi studi sulla biologia, il comportamento e la struttura sociale dello Sciame delle Tàrieli, volgarmente note come Terathan.
Si era resa necessaria una correzione al capitolo finale, dedicato alla nascita delle Regine, prima basata sulla mera speculazione, ma di recente frutto della sua diretta esperienza.
Chiuse i tomi in uno scrigno di semplice legno, anonimo e povero, nessuno a vederlo avrebbe potuto intuire il suo inestimabile contenuto, così come era per i numerosi altri scrigni, nei quali era stata riversata l'intera biblioteca di Nolwe, pronta per il trasporto.
Quelli ed i maggiori oggetti sacri del Culto, erano i tesori che si apprestava a portare con sé.
All'esterno si sentiva l'ordinato affaccendarsi dei tòronin e delle sèlerin, impegnati a caricare il tutto sui muli.
L'inquisitore si affacciò alla finestra che dava sulla piazza, lasciando vagare per lunghi istanti gli occhi neri e senza iridi, dono della Benedizione della Valie, così simili, come la sua pelle, alle fattezze delle Sacre Sèlerin.
Forse non avrebbe più posato lo sguardo su quella piazza, sull'esile colonnato, le ordinate viuzze lastricate di pietra levigata e gli spioventi tetti cremisi; ma sapeva che la memoria vi avrebbe a lungo indugiato, anche quando ogni colore sarebbe sbiadito, e null'altro che tenebre gli fossero rimaste.
La decisione era stata presa ormai da giorni, ma non era stato capace di prepararsi del tutto alla venuta di quell'ultimo vespro a Nolwe, l'unico luogo che, sebbene per poco, era riuscito a chiamare casa.
Aveva trascorso lunghe notti insonni al Tempio, assorto in preghiera, ed il laconico silenzio degli Antaàra, gli Altissimi, era almeno riuscito a dargli conferma della decisione presa.
Aveva la sensazione che lo osservassero, in attesa che compisse il proprio dovere, certi di non dover aggiungere altro, dinanzi alla sua palese natura.
Zoee Nalwe, Prima ed Ultima Vestale, lo aveva preceduto, ma lei avrebbe percorso un sentiero più lungo, che l'avrebbe condotta alla Corte della Tàri, ed in seguito al suo fianco.
Coloro che lo avrebbero accompagnato lo attendevano in piazza, i cavalli e le bestie da soma erano pronti, i loro volti, cupi e solenni.
Indossava un'impeccabile armatura purpurea, ed avanzava, per la prima volta dopo mesi, con ritrovato vigore, impugnando un bastone nodoso in legno oscuro.
Non servirono che poche parole, e dopo aver dato rapide istruzioni a Reese, certo che si sarebbe saputo occupare delle incombenti praticità, l'inquisitore richiamò a sé i Lianter Guardiani.
I tre mastodontici aracnidi risposero senza indugio al Sacerdote, e si accodarono al gruppo, mentre si immergeva nelle viscere delle Cave Nere.
Atalante trovò Elistraee intenta a nutrirsi delle interiora di un uomo, un lantar del Tasso, giudicò, notando i pochi brandelli di un mantello verde pino.
La giovane Sovrana accolse con entusiasmo l'inquisitore, ormai abituata alla sua presenza, che spesso s'accompagnava a nuove prede vive con le quali dilettarsi.
Forse per questo guardò dapprima con sospetto le due sèlerin che lo accompagnavano, ma questi la rassicurò, spiegandole che un giorno loro l'avrebbero accolta e servita, quando lui non ne fosse più stato capace.
Tanto bastò, e poco dopo anche la futura Sovrana si unì alla carovana.
Fu lasciata all'ultima Vendicatrice la scelta sul da farsi di quel che restava del Nido: Completare la propria metamorfosi, e guidarlo come Matriarca, oppure raggiungere i sotterranei, sino alla sicurezza della Corte Terathan.
Giunti alla Sacra Valle, il gruppo degli Ultimi Eletti raggiunse Alda Morn, il Tulip Nero, raccogliendosi in preghiera, in silente attesa del loro anfitrione.
Come avevano già visto accadere in passato, il tessuto stesso della Trama si piegò, mostrando un varco oscuro come le più fitte tenebre.
Da questo emerse il Moriquendi.
I convenevoli furono rapidi e concisi, il Drow era al corrente della situazione nella quale versava Nolwe, nonché delle intenzioni di quell'ultima compagine di Machtar e dell'inquisitore in particolare.
Rivelò il proprio disappunto per il mancato realizzarsi dei molti progetti che, evidentemente, aveva in serbo per l'Ordine, ma questo fu presto mitigato, quando notò come Elistraee stesse crescendo in forze, ora conscio, oltre la misura del loro ultimo incontro, che non sarebbe divenuta una semplice Regina.
Atalante confermò i suoi sospetti, rivelando ciò che in passato aveva taciuto, sulle circostanze del salvataggio dell'uovo, di come l'aveva a lungo alimentato tanto con il proprio sangue, quanto con la propria anima, e di come, in fine, il medesimo sacrificio era stato richiesto a tutti i Machtar riuniti, permettendone la schiusa.
In Elistraee albergava un frammento di ognuno di coloro che avevano indossato il Manto di Sangue, della loro Volontà e della loro Purezza.
Lei era il testamento della Missione dei Machtar Yaren, ed il loro più prezioso retaggio.
Così la richiesta di Atalante, di un luogo adatto e sicuro per permetterle di crescere e rafforzarsi, sotto la sua diretta guida e protezione, non era giunta a Luughnasad inaspettata.
Il Moriquendi rivelò però la sua reticenza, e la bassa considerazione per i Calaquendi, anche se Eletti, che non aveva espresso con chiarezza sino ad allora, pur senza mai riuscire a mascherarla davvero.
Dimorare a Luughnasad, egli disse, era un onore che non veniva più concesso da tempo a quella stirpe, e solo in virtù dell'evidente ed incrollabile Fede dell'inquisitore, sarebbe stato concesso.
Atalante si trattenne dal rispondere ciò che realmente pensava, di come la sua pelle, chitinosa e verde, fosse da tempo ormai la sua vera pelle, né bianca, né grigia.
Sapeva che non era necessario esprimerlo a parole, e non aveva necessità di rispetto o riconoscimento, ma solo di un luogo buio ed isolato, dove la futura Imperatrice sarebbe potuta crescere, e dove conservare il Sapere accumulato da Nolwe.
Fu concesso il tempo di un ultimo commiato e sèler Astreni intonò un cantico d'addio:
Cenvá cala
i na ríë
morna anarnen
Nayar i
lacenítë
arani sáme
kare
á vanta
ter lícumar
vanyaimli
huinénen imi
á vanta
terë lassi
alcalé ninen
morna anarnen
Morna ríë
lalvéssë
i si Lestanore
ena tirístalvë
Non guardar
la luce che
corona è
dell'eclisse
Curati
di quelli che
la cecità
ha reso Re.
Cammina
tra candele
disperditi
tra le ombre
Cammina
tra le foglie
eclisse
brilla con me
Cupo nimbo
su di noi
che questa terra
ancora custodiamo
Atalante osservò con gratitudine i volti di coloro che lo avevano accompagnato, conscio che non li avrebbe più rivisti per dei secoli, o forse mai più.
Sapeva che ognuno di loro avrebbe continuato a combattere per il futuro del loro popolo, e sapeva che gli Altissimi conoscevano i loro cuori, e li avrebbero guidati.
Chi di loro aveva vinto la Malinconia, non ne sarebbe più stata preda, e avrebbe condiviso la Verità.
Chi custodiva l'erudizione della Storia, non avrebbe scordato quel capitolo Cremisi, e l'avrebbe tramandato.
Chi era abituata alle tenebre e alla menzogna, quanto alla luce e alla saggezza, avrebbe saputo dispensarle con la maturata efficacia.
Ed in fine, chi rappresentava nella forma e nella sostanza l'Ideale Eldarim, avrebbe cercato Vendetta, ma il suo cuore non avrebbe mai scordato il Rancore, ed in esso sarebbe rimasta custodita la Verità.
Quando Atalante attraversò il portale, con al seguito Elistraee, i Lianter Guardiani, e le bestie da soma con i tesori di Nolwe, si trovò per la prima volta dinanzi all'impero del quale aveva solo letto ed udito timorosi sussurri:
L'ampio corridoio d'ingresso a Luughnasad era presidiato da due lunghe file di soldati Drow in posa marziale.
Un Elda meno avveduto avrebbe pensato ad una parata d'onore, ma l'inquisitore sapeva che erano più simili ad i suoi carcerieri.
Nondimeno fu scortato dal Moriquendi alla stregua di un dignitario straniero, sebbene il suo valore, era chiaro, veniva misurato in funzione della sua connessione alla giovane Sovrana.
Voltati due angoli delle monumentali vie in pietra nera dai riflessi purpurei, si ritrovarono in una piazza che avrebbe da sola potuto contenere l'intera Fortezza di Nolwe.
Al suo centro una fontana gorgogliava sommessa, e dietro di essa, una sagoma nera torreggiava oltre la linea dei soffitti.
Il Liante più mastodontico che l'inquisitore avesse mai visto, tanto che avrebbe fatto sembrare piccoli ed innocui i più grandi protettori della Sacra Valle, montava la guardia sulla vasta piazza.
Lasciò insieme a lui quelli che furono i Guardiani di Nolwe, mentre il Moriquendi apriva la via segreta verso il sottosuolo, ad un più profondo livello.
Atalante percepì la discesa, come l'aria si faceva più umida e gelida.
Giunsero in fine a delle catacombe, immerse nelle tenebre.
Là depositarono gli scrigni ricolmi di libri ed oggetti sacri, ed il Moriquendi dichiarò che quel luogo tetro ed isolato, come l'inquisitore aveva richiesto, sarebbe stato da quel momento in avanti la dimora sua e di Elistraee, almeno sino a quando ella non fosse stata pronta.
Atalante misurò con soddisfazione l'ambiente, non sarebbe stato sufficiente ad ospitare l'immenso Nido che egli si figurava, ma s'avvide dal dirlo... Del resto le ampie volte della caverna sovrastante non erano poi molto distanti, e chissà quante altre uova, e quale smisurato esercito, sarebbero potuti crescere, nei domini dell'impero Drow.
Congedato il Moriquendi, l'inquisitore si mise a sedere dinanzi un sarcofago e chiuse gli occhi.
Elistraee lo raggiunse e si adagiò accanto a lui, posando docilmente il capo sul suo grembo.
Con una carezza ed un sorriso amorevole, l'accompagnò nel sonno, mormorando alla sua mente del destino e della grandezza che la attendevano.
"Dormi Figlia Mia, e sogna del tempo in cui i mari saranno neri e la vita soffocherà. Sogna cieli cremisi, ove l'aquila non può più librarsi.
Sogna il tempo del Dolore, quando la speranza sarà consumata, e le bugie dei ciechi taciute.
Sogna il tuo Nero Sciame, banchettare sui resti di ciò che Arda fu, poiché da quelle spoglie ogni cosa risorgerà nel Suo Volere, e sarà finalmente... Pace."