Il Cervo Fulvo
Posted: Wed Mar 17, 2021 2:20 pm
La luce del giorno aveva appena baciato le bianche torri di Ondolinde, i boschi della celata si risvegliavano dal torpore notturno, rilasciando freschi profumi per tutta la valle, il cielo era così terso che la luce delle Eleni si riusciva ancora ad intravedere mene Isil cedeva il suo posto.
Gli zoccoli di Herutiel, il grande alce, calpestavano il lastricato della città in maniera cadenzata e quasi armonica, perdendosi in lontananza tra il canto delle pietre e dei ruscelli, mentre Indil procedeva a piedi davanti a lui, pronta all'ennesima uscita tra i boschi alle pendici degli Elvenquisst.
Solo la sera prima aveva partecipato ad un'udienza con l'Aran Makindur e la Tari Beriannen, scoprendo ancor di più quanto fosse profondo e diverso il modo in cui i Sindar si rapportavano ad Ea, un'armonia che per alcuni versi non avrebbe mai capito fino in fondo nonostante la sua natura elfica, poichè andava "sentita" più che compresa.
La Tari con i suoi modi semplici e diretti aveva dato indicazioni e lanciato al tempo stesso una sfida ai migliori cacciatori ed alle guide Sindarin, ritrovare sè stessi attraverso le più antiche tradizioni di caccia, la sacra fara.
Il ricordo della serata ancora animava i pensieri di Indil quando poco fuori dai grandi cancelli si trovò di fronto ad uno spettacolo davvero inatteso.
La maestosa creatura di cui aveva parlato la Tari era lì, di fronte a lei, al limitare del bosco e la fissava.
I palchi dell'animale erano così imponenti ed intricati da sembrare una corona elfica intagliata da Suldanas stesso ed ugualmente rappresentavano il lungo scorrere del tempo necessario a costituire una struttura tanto complessa.
Il suo manto era talmente fulvo da sembrare dipinto con i colori delle più rosse tra le foglie di Lasbelin, il fisico massiccio, con la muscolatura delle cosce evidente ed in tensione e quello sguardo così profondo che pareva voler scrutare dentro l'animo stesso dell'elfa.
I lunghi anni di studi sulle creature della foresta e la compagnia dei grandi cervi della Calen non l'avevano affatto preparata ad un incontro simile. Indil provò ad avvicinarsi più volte ma il Cervo si mostrava diffidente seppur nient'affatto irrequieto. Si teneva a distanza, osservando l'elfa che a sua volta studiava il comportamento dell'animale per comprendere come avvicinarlo, ma nè i modi pacifici nè l'offerta di cibo riuscirono a sortire effetti.
Dopo l'ennesimo paziente tentativo di avvicinamento la curiosità del Cervo cedette il passo alla diffidenza ed in pochi istanti sparì nel fitto bosco, senza lasciare tracce che l'elfa potesse seguire.
Ci volle poco per la maga a comprendere che non v'era possibilità per lei di rintracciare l'animale, solo i cacciatori Sindarin potevano sperare di catturare una preda simile, la sacra Fara stava per cominciare.
Gli zoccoli di Herutiel, il grande alce, calpestavano il lastricato della città in maniera cadenzata e quasi armonica, perdendosi in lontananza tra il canto delle pietre e dei ruscelli, mentre Indil procedeva a piedi davanti a lui, pronta all'ennesima uscita tra i boschi alle pendici degli Elvenquisst.
Solo la sera prima aveva partecipato ad un'udienza con l'Aran Makindur e la Tari Beriannen, scoprendo ancor di più quanto fosse profondo e diverso il modo in cui i Sindar si rapportavano ad Ea, un'armonia che per alcuni versi non avrebbe mai capito fino in fondo nonostante la sua natura elfica, poichè andava "sentita" più che compresa.
La Tari con i suoi modi semplici e diretti aveva dato indicazioni e lanciato al tempo stesso una sfida ai migliori cacciatori ed alle guide Sindarin, ritrovare sè stessi attraverso le più antiche tradizioni di caccia, la sacra fara.
Il ricordo della serata ancora animava i pensieri di Indil quando poco fuori dai grandi cancelli si trovò di fronto ad uno spettacolo davvero inatteso.
La maestosa creatura di cui aveva parlato la Tari era lì, di fronte a lei, al limitare del bosco e la fissava.
I palchi dell'animale erano così imponenti ed intricati da sembrare una corona elfica intagliata da Suldanas stesso ed ugualmente rappresentavano il lungo scorrere del tempo necessario a costituire una struttura tanto complessa.
Il suo manto era talmente fulvo da sembrare dipinto con i colori delle più rosse tra le foglie di Lasbelin, il fisico massiccio, con la muscolatura delle cosce evidente ed in tensione e quello sguardo così profondo che pareva voler scrutare dentro l'animo stesso dell'elfa.
I lunghi anni di studi sulle creature della foresta e la compagnia dei grandi cervi della Calen non l'avevano affatto preparata ad un incontro simile. Indil provò ad avvicinarsi più volte ma il Cervo si mostrava diffidente seppur nient'affatto irrequieto. Si teneva a distanza, osservando l'elfa che a sua volta studiava il comportamento dell'animale per comprendere come avvicinarlo, ma nè i modi pacifici nè l'offerta di cibo riuscirono a sortire effetti.
Dopo l'ennesimo paziente tentativo di avvicinamento la curiosità del Cervo cedette il passo alla diffidenza ed in pochi istanti sparì nel fitto bosco, senza lasciare tracce che l'elfa potesse seguire.
Ci volle poco per la maga a comprendere che non v'era possibilità per lei di rintracciare l'animale, solo i cacciatori Sindarin potevano sperare di catturare una preda simile, la sacra Fara stava per cominciare.