Blót, sacrificio ad Aengus
Posted: Tue Dec 15, 2020 11:52 am
Da quando aveva lasciato l’isola Helcaraxe Bruko non trovava pace.
Aveva abbandonato l’isola e preso il sentiero verso sud.
Da quel giorno Bruko passava le sue giornate vagando senza meta, dedicando il suo tempo perlopiù a lavorare e preferendo le carezze delle cortigiane dei bordelli ad amici e conoscenti.
D’altronde il bisogno di un uomo si può facilmente soddisfare e con pochi spiccioli si possono comprare attenzioni e compagnia quando il freddo dell’inverno si dimostra troppo duro e il vento gelido penetra la carne e raggiunge le ossa.
Di amici in fondo non ne aveva mai avuti molti.
Il suo carattere era tornato rigido e freddo.
Ma ultimamente una torcia era stata accesa dai maestri djaredin e conficcata nel freddo ghiaccio della Baronia: i Nordici fuggiti e dispersi nel continente avrebbero potuto riunirsi all’interno delle mura di Nuran-Kar senza essere considerati fuggitivi o traditori.
Così una notte di luna piena Bruko incontrò Aela, Cormak, Aksel e Liah del clan Icemberg alla locanda di Nuran, quasi per caso.
Danu aveva di nuovo incrociato le loro strade, facendo incontrare proprio lo stesso giorno alcuni uomini e donne che avevano abbandonato il mantello di Kurdan e preso sentieri diversi. Qualcosa li accomunava: il desiderio di rivivere il Nord , un desiderio che rumorosamente faceva eco nel vuoto che la lontananza dell’isola di Helcaraxe aveva scavato nei loro animi.
Accanto a loro, un gremito gruppo di Djaredin porgeva loro calici colmi di ottima birra e liquori offerti dal Mastro locandiere Thoradin, mostrando una calorosa vicinanza ai nordici spaesati.
Diverse voci erano giunte all’orecchio di Bruko riguardo ai continui insuccessi dell’armata di Helcaraxe, guidata dalle follie del presuntuoso Thorgun, messo sul trono da Kaek in persona, il quale aveva sottovalutato gli ammonimenti di molti che lo reputavano un megalomane inadatto a governare un popolo difficile da domare, di natura così selvaggia. Non ci voleva un indovino o un cartomante per prevedere che in poco tempo si sarebbe messo contro tutta Ardania.
Il sovente esodo degli abitanti verso le terre del sud, l’assedio al forte Bjornstall caduto nelle mani degli elfi, e non ultima, la recente resa alle armi e la perdita dei territori della Baronia, avevano confermato ciò che molti già sapevano. Il declino di quel regno un tempo fiorente aveva iniziato molti mesi fa e sembrava non conoscere un fondo.
Bruck provava un profondo senso di imbarazzo e disagio nel condividere lo stesso sangue di un uomo di cotanta superbia.
Non si capacitava come gli dei avessero favorito il fautore del fallimento militare, diplomatico ed economico di Helcaraxe, uno dei pochi responsabili della situazione buia in cui ora il Regno dei Ghiacci Stridenti versava.
Non si capacitava come gli dei l’avessero messo su quel trono fatto della stessa gelida pietra che aveva accomodato le natiche di condottieri ben più valorosi e lungimiranti che erano stati in grado di unire un popolo ora decimato, disperso in tutta Ardania.
I Nordici a Nuran decisero di riunirsi per riconciliarsi con gli Dei e chiedere perdono degli errori commessi dagli uomini, cercando di nuovo il favore che avevano perduto e porgendo dei sacrifici al dio della forgia.
Evidentemente Aengus si era dimostrato furioso con il popolo del Nord, forse un sacrificio avrebbe placato la sua sete di sangue; dopotutto, nessun fabbro al Nord era in grado di onorarlo meglio di Bruck o dei maestri nani, che avevano dedicato l’intera vita al suo servizio.
Indissero una cerimonia al dio della guerra. Quella sera stabilita un gruppo di Nordici, affiancati dagli abitanti della Montagna, a piedi scalzi e ciascuno con una torcia in mano si incamminarono verso il picco dove era stato previsto lo svolgimento del Blót: il rituale che prevedeva anche un sacrificio.
Aela: “Il pensiero e il cuore di ognuno di noi non smettono di posarsi su quello che noi abbiamo sempre chiamato casa e quello per per noi era tutto”
Durante la serata i martelli sapienti di Bruck e Sigbert forgiarono un’ascia Gigante, uno spadone e un’accetta in Orialkon.
I guerrieri Cormak e Aela impugnarono queste armi e con un colpo decapitarono uno stallone Purosangue.
Il sangue versò sulla neve.
Poi, a ritmo dei colpi scoordinati sul tamburo, Liah disegnò la runa Kaunan sui volti dei nordici.
Con lo stesso sangue del cavallo che venne poi utilizzato per concimare la terra ne pressi della statua di Aengus.
Un coro si levò assordante tra le fila compatte dei nordici.
Sotto gli occhi straniti dei nani che avevano accompagnato i nordici e assistito al rituale il sacrificio era stato compiuto.
Ne seguì una breve competizione di fabbri che portò un ulteriore conferma che l’occhio di Aengus non aveva abbandonato quegli uomini, anche se lontani dalla propria terra natia.
La vicinanza dei compagni nordici e il sincero supporto fornito dal popolo djaredin diede un briciolo di speranza a Bruko.
La sua mente si lasciò trasportare dal vento gelido portando a mente il ricordo dei piacevoli momenti ormai lontani che aveva condiviso con i suoi syskar, ora dispersi o addirittura morti in battaglia.
A tutti i caduti egli dedicò un’ultima preghiera prima di tornare a Nuran.
Forse un giorno avrebbe potuto ancora chiamare “Casa” quelle lande inospitali ricoperte di neve e ghiaccio, da cui per troppo a lungo si era allontanato.
Aveva abbandonato l’isola e preso il sentiero verso sud.
Da quel giorno Bruko passava le sue giornate vagando senza meta, dedicando il suo tempo perlopiù a lavorare e preferendo le carezze delle cortigiane dei bordelli ad amici e conoscenti.
D’altronde il bisogno di un uomo si può facilmente soddisfare e con pochi spiccioli si possono comprare attenzioni e compagnia quando il freddo dell’inverno si dimostra troppo duro e il vento gelido penetra la carne e raggiunge le ossa.
Di amici in fondo non ne aveva mai avuti molti.
Il suo carattere era tornato rigido e freddo.
Ma ultimamente una torcia era stata accesa dai maestri djaredin e conficcata nel freddo ghiaccio della Baronia: i Nordici fuggiti e dispersi nel continente avrebbero potuto riunirsi all’interno delle mura di Nuran-Kar senza essere considerati fuggitivi o traditori.
Così una notte di luna piena Bruko incontrò Aela, Cormak, Aksel e Liah del clan Icemberg alla locanda di Nuran, quasi per caso.
Danu aveva di nuovo incrociato le loro strade, facendo incontrare proprio lo stesso giorno alcuni uomini e donne che avevano abbandonato il mantello di Kurdan e preso sentieri diversi. Qualcosa li accomunava: il desiderio di rivivere il Nord , un desiderio che rumorosamente faceva eco nel vuoto che la lontananza dell’isola di Helcaraxe aveva scavato nei loro animi.
Accanto a loro, un gremito gruppo di Djaredin porgeva loro calici colmi di ottima birra e liquori offerti dal Mastro locandiere Thoradin, mostrando una calorosa vicinanza ai nordici spaesati.
Diverse voci erano giunte all’orecchio di Bruko riguardo ai continui insuccessi dell’armata di Helcaraxe, guidata dalle follie del presuntuoso Thorgun, messo sul trono da Kaek in persona, il quale aveva sottovalutato gli ammonimenti di molti che lo reputavano un megalomane inadatto a governare un popolo difficile da domare, di natura così selvaggia. Non ci voleva un indovino o un cartomante per prevedere che in poco tempo si sarebbe messo contro tutta Ardania.
Il sovente esodo degli abitanti verso le terre del sud, l’assedio al forte Bjornstall caduto nelle mani degli elfi, e non ultima, la recente resa alle armi e la perdita dei territori della Baronia, avevano confermato ciò che molti già sapevano. Il declino di quel regno un tempo fiorente aveva iniziato molti mesi fa e sembrava non conoscere un fondo.
Bruck provava un profondo senso di imbarazzo e disagio nel condividere lo stesso sangue di un uomo di cotanta superbia.
Non si capacitava come gli dei avessero favorito il fautore del fallimento militare, diplomatico ed economico di Helcaraxe, uno dei pochi responsabili della situazione buia in cui ora il Regno dei Ghiacci Stridenti versava.
Non si capacitava come gli dei l’avessero messo su quel trono fatto della stessa gelida pietra che aveva accomodato le natiche di condottieri ben più valorosi e lungimiranti che erano stati in grado di unire un popolo ora decimato, disperso in tutta Ardania.
I Nordici a Nuran decisero di riunirsi per riconciliarsi con gli Dei e chiedere perdono degli errori commessi dagli uomini, cercando di nuovo il favore che avevano perduto e porgendo dei sacrifici al dio della forgia.
Evidentemente Aengus si era dimostrato furioso con il popolo del Nord, forse un sacrificio avrebbe placato la sua sete di sangue; dopotutto, nessun fabbro al Nord era in grado di onorarlo meglio di Bruck o dei maestri nani, che avevano dedicato l’intera vita al suo servizio.
Indissero una cerimonia al dio della guerra. Quella sera stabilita un gruppo di Nordici, affiancati dagli abitanti della Montagna, a piedi scalzi e ciascuno con una torcia in mano si incamminarono verso il picco dove era stato previsto lo svolgimento del Blót: il rituale che prevedeva anche un sacrificio.
Aela: “Il pensiero e il cuore di ognuno di noi non smettono di posarsi su quello che noi abbiamo sempre chiamato casa e quello per per noi era tutto”
Durante la serata i martelli sapienti di Bruck e Sigbert forgiarono un’ascia Gigante, uno spadone e un’accetta in Orialkon.
I guerrieri Cormak e Aela impugnarono queste armi e con un colpo decapitarono uno stallone Purosangue.
Il sangue versò sulla neve.
Poi, a ritmo dei colpi scoordinati sul tamburo, Liah disegnò la runa Kaunan sui volti dei nordici.
Con lo stesso sangue del cavallo che venne poi utilizzato per concimare la terra ne pressi della statua di Aengus.
Un coro si levò assordante tra le fila compatte dei nordici.
Sotto gli occhi straniti dei nani che avevano accompagnato i nordici e assistito al rituale il sacrificio era stato compiuto.
Ne seguì una breve competizione di fabbri che portò un ulteriore conferma che l’occhio di Aengus non aveva abbandonato quegli uomini, anche se lontani dalla propria terra natia.
La vicinanza dei compagni nordici e il sincero supporto fornito dal popolo djaredin diede un briciolo di speranza a Bruko.
La sua mente si lasciò trasportare dal vento gelido portando a mente il ricordo dei piacevoli momenti ormai lontani che aveva condiviso con i suoi syskar, ora dispersi o addirittura morti in battaglia.
A tutti i caduti egli dedicò un’ultima preghiera prima di tornare a Nuran.
Forse un giorno avrebbe potuto ancora chiamare “Casa” quelle lande inospitali ricoperte di neve e ghiaccio, da cui per troppo a lungo si era allontanato.