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Rabbia

Posted: Tue Jun 23, 2020 11:18 pm
by Malynna Lethduwe
Che avesse sempre avuto un pessimo carattere era noto a tutti.
Era stata una giornata di pensieri pesanti, al tramonto aveva deciso di smettere di annoiarsi con foglie e boccette e seccata aveva riposto tutto in malo modo. Si era seduta a tavola con una bottiglia di birra e un bicchiere tentando di rilassarsi, senza grande successo. Quando lui era rientrato la aveva trovata così, seduta a fissare il vuoto con un calice in mano, la birra lasciata a scaldarsi. Si era voltata appena: "Siedi con me, Snaer, ti prego", gli aveva chiesto versandogli da bere.
"Tu sai da dove vengo?"
"Invero no"
"Allora esiste qualcosa di me che non sai ancora -gli aveva sorriso divertita- beh io sono cresciuta a Tortuga"
"Questo non è un punto a tuo favore, detesto quella gente"
"Da genitori umani -aveva sottolineato accarezzandosi la lunga punta di un orecchio- mi sono sempre chiesta come mai due rispettabili Hammin avessero deciso di trasferirsi in fretta e furia in un posto come quello con una neonata mezzelfa. Poi quando la mia genitrice umana è morta tra le sue cose ho trovato un plico di lettere. C'erano istruzioni per la mia formazione, dettate con precisione dalla mia vera madre -lo aveva guardato rabbuiandosi- Snaer sono stata concepita con l'intento di essere uno strumento. Lei voleva che mi intrufolassi tra gli umani per lei, per servire i suoi scopi e quelli di un Dio di cui non ho contezza alcuna e che non mi interessa".
Sentiva la rabbia montare, sapore di ferro sul palato.
"Io non sono l'oggettino di NESSUNO, Snaer. Io non sono la pedina degli Dei" aveva esclamato stringendo senza accorgersene il bicchiere con tanta forza da farselo esplodere in mano.
Lui la aveva guardata, poi si era alzato mettendosi alle sue spalle mentre respirava faticosamente nel tentativo di normalizzare il suo battito cardiaco.
"Non trattenerti, Malynna -le aveva sussurrato all'orecchio- lasciala andare. Sentila scorrere nelle tue vene e poi domala"
Non ricordava molto del resto della serata. Quando aveva ripreso il controllo, sdraiata nel letto al suo fianco si era guardata la mano insanguinata, non aveva sentito alcun dolore.

I giorni successivi erano trascorsi in modo strano, quella sensazione non se ne voleva andare. Qualsiasi cosa bastava a farla scattare, faticava a controllarsi e si era scoperta a infierire col pugnale sul cadavere di un brigante che la aveva aggredita, sicura di aver risposto agli attacchi con l'arco.
Aveva incontrato Zenon in piazza, quel pomeriggio. Era stato il suo precettore quando era bambina e finito con la storia erano diventati amici: la aveva sempre consigliata bene e aveva bisogno di parlarne con qualcuno. Seduti davanti alla fontana gli aveva raccontato ogni cosa mentre lui ironizzava sul suo caratterino allontanadosi progressivamente.
"Zenon, qualcosa si è rotto dentro di me", lo aveva guardato seria.
"Splendore, io non vedo alcun problema -le aveva fatto uno di quei suoi sorrisoni che avevano il potere di rassenerarla- diciamocela tutta, quel lavoro non faceva per te. Tu sei peggio di un barile di polvere nera, da che ti conosco, prima o poi sapevamo che sarebbe successo. Beh, saranno giorni a venire assai divertenti"
Si era chiusa nei suoi pensieri osservando l'acqua accarezzare le ninfee, senza neanche accorgersi quando il bardo si era silenziosamente allontanato.