[Quest] I Cristalli di Vanfirya
Posted: Wed Jun 10, 2020 9:33 pm
Il manto oscuro che copre Aguardar aveva da poco sancito la fine di un'altra giornata, Jolet si avvicinò a Bale tenendo tra le mani una missiva ed una chiave con un numero inciso sopra, il 5. Il giovane porgendole il forziere in cui ella conserva i ricordi di una vita, le sorrise chiedendole se era la lettera dell'innamorato ma lei con una strana espressione malinconica sul volto gli spiegò che era un invito, di un anziano cercatore di misteri, uno strano tizio che aveva conosciuto qualche giorno prima e che le ricordava il suo defunto nonno. Bale si sentì subito a disagio e si scusò senza motivo con la giovane ma lei sorridendogli replicò che suo nonno le aveva insegnato un modo per scacciare la tristezza, raccontare una storia; così Jolet si sedette di fianco a Bale, in una silenziosa notte estiva ed iniziò a raccontare una storia mentre i mercanti della piazza mettevano via le merci e si apprestavano a pulire i banchi.
Questa è la storia di dieci ragazzi che il destino decise di riunire per mano di un misterioso cacciatore di leggende... Saphiar Nevendin, un anziano ormai prossimo alla dipartita che come ultimo desiderio aveva quello di svelare finalmente i misteri riguardanti l'ultima delle ricerche a cui aveva lavorato per molti anni. Il suo corpo ormai stanco dalla vecchiaia era impossibilitato ad affrontare un viaggio pericoloso, così decise di inviare un suo seguace in giro per Ardania allo scopo di selezionare dieci giovani che potessero aiutarlo in questa sua ultima missione. Una sera come tante altre, i dieci giovani ancora ignari, ricevettero una missiva che conteneva un manoscritto a metà tra la richiesta d'aiuto e l'invito a far parte di qualcosa di unico, nella lettera era riportato un luogo e una data, il resto l'avrebbero scoperto una volta giunti li.
Ebbe inizio così la loro avventura, in una sera di primavera presso la locanda di Chescire seduti ad un tavolo intorno al quale Jolet aveva trovato parecchi visi conosciuti ed anche se ormai le loro strade si sono divise ciò che vissero insieme in quei giorni, li unirà per l'eternità. Il Messaggero di Nevendin giunse quando era ormai buio, dopo i convenevoli li invitò a seguirli dentro un varco dimensionale, giunsero in una grotta umida ove ad accoglierli vi era lo stesso Saphiar ed una macchina assai misteriosa in grado di rendere realtà l'immaginario. Nevendin invitò tutti ad abbandonare ogni cosa terrena e mettersi comodi, per ascoltare la storia più strana che avessero mai udito, era il risultato di anni di ricerche alle quali però non era mai riuscito a trovare una conclusione ed ancor prima che potessero rendersene conto i dieci ragazzi si trovarono a rivivere ogni attimo di quel racconto.
Tutto ebbe origine intorno alla figura di Erril Gyan, un giovane che sin dalla nascita mostrò un morboso interesse per le pietre, le gemme preziose ed i minerali in genere. L'anno della sua nascita è stimato intorno al 160 A.I. ed egli dedicò la sua intera vita nella ricerca ed alla lavorazione di pietre e cristalli e le sue produzioni erano richieste e vendute in ogni angolo d'Ardania; il suo più grande sogno era quello di svelare un luogo avvolto dal mistero, il luogo che si dice essere l'origine di cristalli dall'aspetto meraviglioso e dal potere straordinario, Erril usava tutte le ricchezze che guadagnava per cercare questo misterioso luogo il cui nome era Vanfirya. Negli anni in cui la peste colpì le terre umane Erril salpò con un gruppo di giovani per un viaggio dal quale non avrebbe più fatto ritorno, seguendone le gesta Nevendin scoprì che costui con la sua ciurma avevano toccato diversi porti e centri minori nei quali si raccontava avesse finalmente trovato quel luogo misterioso ma nessuno aveva idea di dove fosse tale luogo. Anni dopo un certo Meren Karth, un Capitano di ventura in cerca di fortuna, si convinse che scoprire il mistero dietro alla sorte di Erril Gyan avrebbe potuto farlo arricchire in maniera spropositata, così decise di arruolare dieci uomini e con essi prendere il mare alla ricerca di Erril e del villaggio di Vanfirya.
Mentre Nevendin narrava questa storia, la macchina alle sue spalle iniziò ad emanare una strana energia pulsante che connettendosi alla mente dei presenti li catapultò tutti insieme in una sorta di illusione collettiva dove le parole di Saphiar in qualità di narratore esterno, andavano via via svanendo, mentre un mondo illusorio e misterioso diveniva sempre più reale e tangibile. Quando i dieci avventurieri si trovarono d'un tratto su di un vascello in mezzo al mare, increduli di quanto stava loro accadendo, non ebbero nemmeno il tempo di interrogarsi su quanto di tutto ciò fosse reale che subito la voce del Capitan Meren li riportò alla fittizia realtà.
"AMMAINATE LE VELE! SIAMO ARRIVATI! AFFERRATE LE ANCORE! AGGRAPPATEVI COME FOSSERO LE COSCE DELLA VOSTRA AMATA E GIU'! GIU' NEGLI ABISSI! IL TESORO CI ATTENDE!"
Quasi trascinati dagli eventi e senza nemmeno rendersi conto di ciò che stessero facendo, Jolet e gli altri si aggrapparono alle dieci ancore che li trascinarono sul fondale dell'oceano, li tra i detriti di un vascello e le sabbie oscure, cullati dalle gelide acque giunsero ad una strana alcova sottomarina nella quale, una corrente innaturale, rapiva qualunque cosa gli si avvicinasse. In men che non si dica si ritrovarono tutti in un laghetto ai piedi di una cascata, intorno a loro vi erano ruderi di un villaggio ormai abbandonato, montagne alte che impedivano la vista dell'orizzonte e dalle fenditure della roccia sbucavano cristalli enormi e altri più piccoli, alcuni dei quali ormai in frantumi ridipingevano di colori sgargianti le solitarie vie di quel villaggio. Ancora un po’ spaesati i dieci cercarono nelle parole del Capitano un velo di logicità che ormai era venuta meno, e quando si resero conto di essere finiti all'interno della leggenda si palesò anche il timore di non poter più far ritorno alle loro vite. Il Capitano era l'unico che sembrava appartenere interamente a quel mondo immaginario, quasi fosse una sorta di fantasma del tempo passato, ma allo stesso tempo inchiodato a quella fittizia realtà e quindi incapace di rispondere a qualsivoglia domanda in merito. Ciò li scoraggiò dal far qualsiasi domanda su quanto stesse succedendo, e per qualche attimo si limitarono ad eseguire in modo confuso ed impacciato le direttive del Capitano.
Iniziarono perlustrando il villaggio, si resero immediatamente conto che non vi erano tracce ne di umani ne di altri esseri viventi, tra i ruderi diroccati alcuni forzieri contenevano però ancora materiali in ottime condizioni, in un forziere presso quella che sembrava essere una locanda vi erano addirittura pietanze ancora in ottimo stato di conservazione, su indicazione del Capitano iniziarono a frugare tra i resti delle abitazioni e qui vi trovarono cinque strani oggetti metallici dalle forme bizzarre e diversi diari che riportavano i pensieri di quelli che molto probabilmente erano gli abitanti di quel villaggio. Il Capitano disse allora di radunarsi tutti e di perlustrare da cima a fondo ogni angolo di quel luogo, ottenere quante più informazioni possibili e scoprire quante più cose utili per capire cosa stesse accadendo, mentre ne discutevano però una strana sensazione di benessere li sommerse e quasi come per magia quello stato confusionario di paura e disorientamento lasciò spazio, in modo del tutto irrazionale, ad una sensazione di tranquillità e pacatezza che, trasformò il piccolo gruppo di elementi che fino a poco prima si ritenevano quasi del tutto degli sconosciuti, in un qualcosa di simile ad una grande famiglia. Senza rendersene conto iniziarono tutti a cooperare aiutandosi l'un l'altro, insieme scoprirono che i cinque artefatti metallici servivano ad azionare un meccanismo che permetteva l'apertura di un portale dimensionale che collegava due diverse zone del villaggio, in questa nuova area quasi del tutto priva di edifici, erano presenti dei giacigli, alcuni tavoli, una bacheca ed una sorta di altare con delle sedute. Decisero insieme al Capitano di utilizzare questa zona come base operativa ed ormai stanchi si accinsero ad andare a riposare, il Capitano però sembrava avere in mente altri progetti per loro e li istruì su quanto avrebbero fatto il giorno seguente, appresero così di essere giunti in quel luogo per scoprire qualcosa riguardo ai cristalli di Vanfirya e che, una volta svegliatisi, avrebbero dovuto organizzarsi come meglio potevano per proseguire il viaggio. I dieci, che si ritrovarono privi di ogni loro bene, iniziarono dunque a far mente locale su cosa potesse servir loro per un viaggio ignoto e del tutto inaspettato, dando fondo alle loro differenti capacità iniziarono a dividersi i compiti per riuscire a reperire ogni cosa potesse servir loro. Al mattino seguente tutti si misero ad armeggiare con ciò che sapevano utilizzare e nel giro di mezza giornata ognuno di loro aveva già pronto l'armamentario e l'occorrente per l'esplorazione. Nei vari edifici del villaggio avevano anche scoperto alcuni diari in cui si potevano leggere poche frasi confuse, ma mettendo insieme tutti i punti e facendo mente locale su quanto avevano appreso da Nevendin, furono in grado di capire che quel villaggio era proprio il villaggio dei Cristalli che stavano cercando e che come loro, anche gli abitanti di quel villaggio avevano subito una strana influenza benefica che quasi come una droga invisibile scacciava via ogni forma di odio e di incertezza, ma ciò non giustificava in alcun modo la devastazione presente nel villaggio che invece sembrava essere stato vittima di una guerra o una tempesta, tra i vari manoscritti uno sembrava essere quello più interessante, era stato redatto da un parroco il quale aveva fatto degli studi sul bene ed il male e che attraverso quelle poche righe cercava di mettere in guardia i lettori sulle conseguenze dettate da un naturale riequilibrarsi dei due poteri. Da ciò ne scaturiva che quella forzosa energia benefica che investiva il villaggio, generava quasi meccanicamente una qualche forza opposta di eguale entità e ciò, probabilmente, era stato la causa della devastazione.
Arrancando tra le supposizioni, alcuni dei presenti scoprirono anche che il segreto del villaggio era stato impresso su degli arazzi che però non sembravano essere da nessuna parte, quando Capitan Meren decise di riprendere il viaggio, insieme scoprirono un secondo portale dimensionale che collegava il villaggio ad una struttura sotterranea costruita in pietra e dentro la quale vi erano diverse stanze, in una di queste una strana macchina sembrava essere una sorta di indovinello per proseguire il loro viaggio ma al loro errato tentativo di azionarla questa diede vita ad un enorme costrutto di pietra e cristalli che si scagliò violentemente sul più vicino tra loro, la battaglia non durò moltissimo ma palesò a tutti, la loro incapacità di coordinarsi nel combattimento, non avendo mai fatto nulla insieme erano incapaci di agire all'unisono e il Capitano stufo della confusione che si stava generando lasciò ad uno di loro il compito di guidare gli altri e se ne tornò al villaggio.
Radunatisi i dieci discussero sul da farsi e decisero di perlustrare meglio le sale di quello strano sotterraneo trovando in una sala secondaria un altro portale che conduceva ad una sorta di canyon scavato tra le montagne, dinnanzi a loro si spalancò uno scenario di morte e devastazione, corpi crocifissi a palificazioni di legno si alternavano a teste mozzate e brandelli di corpi che definire umani sarebbe impossibile, come se non bastasse creature spettrali ed entità malevoli emettevano richiami e versi terrificanti che si accompagnavano ad apparizioni improvvise e attacchi furtivi, contemporaneamente a tutta questa situazione apocalittica si palesò nell'animo di tutti un senso di disgusto ed egoistico fastidio che rese i membri del gruppo irascibili ed aggressivi, se non fosse stato per le anime dannate che infestavano quel luogo e che iniziarono ad attaccarli costringendoli alla battaglia probabilmente avrebbero passato tutta notte a darsi contro e litigare tra loro senza un vero motivo, ma mentre buona parte di loro era intenta a contrastare l'avanzata di quelle anime, alcuni più temerari iniziarono a perlustrare in solitaria quegli anfratti scorgendo infine gli arazzi, descritti nei diari trovati il giorno prima e trascritto il contenuto fecero ritorno.
Stanchi della battaglia ed esausti moralmente dal continuo litigare animoso i dieci tornarono sui loro passi tornando nelle sale da cui erano giunti e come nulla fosse quel senso di odio era svanito del tutto riportando la calma, discussero su cosa era successo e su cosa fare, riposarono per alcuni minuti e poi decisero di azionare la macchina per proseguire il viaggio ma appena azionata la giusta combinazione un lampo di luce accompagnato da un fragore come il rombo di un tuono misto allo stridio di una scarica elettrica li ricatapultò alla realtà.
Erano tutti e dieci seduti sugli sgabelli di quella grotta buia, Nevendin li interrogava incredulo su cosa stesse accadendo mentre loro sbigottiti cercavano una logica laddove di logico sembrava non esserci nulla, Nevendin sosteneva che avevano fatto un viaggio nella leggenda, che la macchina non faceva altro che connettere il pensiero della gente ma ciò non spiegava come erano riusciti a portarsi dietro armi, armature, arnesi e tutto l'occorrente che avevano procurato in quel luogo "immaginario". Nevendin spiegò loro che la macchina si era sovraccaricata causando un interruzione repentina dell'esperimento ma che nemmeno lui riusciva a spiegare cosa fosse accaduto, ci sarebbero voluti giorni per riparare la macchina ed era pericoloso mettere in circolazione del materiale dalla dubbia provenienza, chiese dunque a tutti di lasciare ogni oggetto in loro possesso in alcuni bauli e tornare alle loro vite di ogni giorno, in attesa di essere richiamati per completare la missione; con l'unica richiesta ovvero quella di mantenere il silenzio su quanto avevano vissuto in quei due giorni.
Così fecero, ed ognuno di loro tornò alla propria vita, ed ogni giorno il non poterne parlare era una guerra interiore, persino quando si incontrarono lungo le strade del mondo incrociarono i reciproci sguardi rimanendo in silenzio, e nel silenzio presero vita emozioni contrastanti, come quando sei in punta di piedi sul ciglio di un burrone e non riesci a capire se ciò che stai provando è paura di cadere nel vuoto o un’ irrefrenabile voglia di spiccare il volo, ma ogni emozione veniva soppressa in quel silenzio che si portava dietro ogni incertezza, ogni dubbio. In quei giorni alcuni di loro andarono a ripercorrere nella loro mente ogni vicenda, sperando di trovare un indizio, un'intuizione... Jolet ripensava insistentemente a quei cristalli, che potere potranno mai avere? erano loro a renderci così docili? e a causa loro che siamo diventati così rabbiosi? e la macchina chi l'ha costruita? di cosa è fatta? come ci siamo finiti in quel mondo immaginario? era la nostra immaginazione a guidarci o quella di Nevendin? quanto c'era di reale in tutto questo? e se fossimo morti in quel mondo? cosa ci sarebbe successo nella realtà? troppe domande, troppe incertezze, smise di farsi domande e prese il mare, vi era una grotta in una remota isola delle terre tropicali, un’ isola con un lago magico ed una cascata, e tuffandosi tra le acque della cascata si giungeva ad una grotta piena di cristalli, non vi era un villaggio come nella leggenda ma qualcuno ci viveva, erano troll, pipistrelli e draghi si, cuccioli di drago per l'esattezza, con le scaglie blu come il cielo sereno che si specchiavano tra i mille cristalli incastrati tra le pareti della grotta che nel tintinnare di una rugiada fresca rendeva l'atmosfera quasi magica, e poi il fragore di un ruggito, un ruggito talmente forte da far staccare le carni dalle ossa e sconquassare le interiora, Jolet si faceva strada tra le creature che una ad una si presentavano dinnanzi a lei, ma alla fine giunse fino in fondo, un enorme drago cristallino sonnecchiava tranquillo in un bagno di ori e preziosi, i suoi artigli posati su antichi bauli e le sue fauci alitavano sui cristalli che si appannavano per poi tornare a splendere alcuni istanti dopo. Tornò sui suoi passi, era un nemico che lei non avrebbe mai potuto affrontare, però ripercorrendo quelle gallerie pensava a quante cose l'accumulavano a quella leggenda, molte in vero, ma altrettante erano le differenze e principalmente non sembrava esserci un nesso tra i due eventi.
Nelle sere seguenti tornò più volte presso la locanda di Cheshire, quasi spinta dal desiderio di trovare risposte, e una sera di queste trovò gli altri a banchettare; senza premeditarlo si erano ritrovati tutti li per la stessa ragione, porre fine a ciò che avevano iniziato. Il seguace di Nevendin li raggiunse da li a poco riportandoli alla grotta dove Saphiar li aspettava, le porte erano state divelte da una misteriosa esplosione che aveva distrutto quasi tutto, soprattutto i bauli in cui avevano lasciato gli averi provenienti da quel fittizio mondo; Saphiar disse loro che nei giorni seguenti il loro ritorno la macchina aveva continuato a causare anomalie fino al generare delle scariche elettriche talmente potenti che, come guidate da un potere invisibile, andarono a distruggere ogni cosa sul loro cammino fino al ricercare ed incenerire ogni oggetto da essa materializzato, nei giorni successivi una volta scaricatasi del tutto furono in grado di ripararla e potenziarla così da permettere a tutti e dieci di poter continuare la missione se fosse stata ancora loro intenzione continuare. La ciurma accettò, e così ripresero a sedere intorno a Saphiar che riprese a narrare la leggenda del Capitan Meren e parola dopo parola la loro immaginazione li riportò ancora una volta in quella sala dove stavolta, oltre al macchinario che avevano sbloccato l'ultima volta, vi era un altro colosso di cristallo e vicino a lui il corpo esanime del Capitano Meren, i dieci si scagliarono contro al colosso senza nemmeno pensarci e colpo dopo colpo lo annientarono, poi cercarono di prestare soccorso al capitano ma ormai non c'era più niente da fare per lui, decisero allora di tornare al villaggio per controllare se vi era tutto per come l'avevano lasciato, così era. Presero armi e quanto gli occorreva per completare il viaggio e ripresero il loro camino tra le stanze intricate di quella struttura sotterranea.
La prima zona che trovarono appariva come una miniera, alcuni arnesi rendevano palese che la gente del posto li usava per estrarre i cristalli dalle pareti della montagna, Jolet raccolse un piccone e iniziò a colpire i cristalli e ne ricavò alcuni frammenti, erano molto simili ai cristalli che si usano per incanalare il flusso energetico e decise di conservarli, continuarono ad avanzare giungendo in un luogo simile ad un cratere tra le montagne, vi era un cristallo al centro su una sorta di altarino che emanava come scariche elettriche, alcuni bauli contenevano arnesi per l'estrazione e un diario in cui sembravano essere stati appuntate informazioni relative alla vendita di questi cristalli, poco distante una stele presentava un indovinello, la ciurma rimase per qualche minuto ad analizzarlo finché Jeremy non riuscì a svelarne la soluzione, appena pronunciata la parola giusta un enorme cancello di metallo si spalancò dando a tutti accesso ad un varco tra le montagne che conduceva ad un sentiero che saliva verso l'alto. Dopo alcuni minuti di scalata il gruppo giunse in una sorta di secondo cratere al cui centro svettava una montagna di cristalli ammassati, girandoci intorno si poteva scorgere una fenditura tra le gemme e flebile come il soffio del vento una voce riecheggiava tra le cristalline pareti tremolanti, mossi dalla curiosità i dieci vi entrarono scoprendo l'esistenza di una strana figura imprigionata all'interno del cristallo, che instancabile chiedeva loro di riportare ordine ed equilibrio. Tornarono dunque ad esplorare l'intera area con maggiore attenzione ma nulla sembrava attrarre la loro curiosità quanto quella montagna di cristallo al centro del cratere, vi rientrarono più volte nella speranza di attingere a maggiori informazioni, quando ad un tratto i cristalli vicini a quello più grosso ove la strana figura era imprigionata si frantumarono schizzando in ogni direzione e creando un varco che conduceva in un altro sentiero scavato tra le montagne, qui due enormi entità simili a nubi di flusso condensato fluttuavano a mezz'aria caricandosi per poi espellere parte del loro potere verso il bersaglio più vicino, bastò analizzarne per qualche momento le fattezze per capire che quelle due cose erano immuni a qualsiasi attacco fisico o energetico che non fosse della natura opposta alla loro stessa essenza, ed intuibile era pure il fatto che le due erano la materializzazione dell'energia benigna e maligna che dimoravano in quelle terre. Esse infatti si danneggiavano reciprocamente quelle poche volte che entravano in contrasto, il problema era riuscire ad indirizzare i loro attacchi l'uno contro l'altro, ci volle un po’ di tempo per riuscire a sincronizzare gli attacchi di entrambe le nubi, anche perché esse ciclicamente generavano entità minori talvolta benigne talvolta maligne che attaccavano ogni cosa si muovesse intorno, quando finalmente le tue nubi furono neutralizzate la ciurma tentò di perlustrare la zona circostante ma non trovandovi nulla di interessante tornarono alla montagna di cristallo. Qui trovarono il cristallo lesionato e quella figura che vi era imprigionata dentro si rivelò essere un'anima imprigionata, secondo alcuni dei presenti era quel che rimaneva di Erril Gyan ma non ebbero tempo di appurarlo, poiché uno dei presenti, il più impulsivo, preso dal furore del momento e ormai esausto dal continuo combattere contro spettri ed entità, appena vista l'ennesima anima svolazzargli intorno la disperse con un energico fendente d'ascia impedendo a chiunque il tempo di far qualsiasi altra cosa.
Tra lo sgomento dei presenti e l'incertezza su cosa sarebbe successo da li a breve, una specie di scarica elettrica li investì scaraventandoli dapprima in una specie di spiaggia tropicale dove si ritrovarono in presenza di alcune anime di marinai che vagavano serenamente, poi quasi fossero in balia di una tempesta si ritrovarono ancora una volta al cospetto di Saphiar Nevendin, in quella buia grotta devastata, dove la macchina smise definitivamente di funzionare. La loro missione era stata evasa, erano riusciti a tornare tutti sani e salvi, avevano riportato l'equilibrio in quel mondo fittizio ed in più erano anche riusciti a portarsi dietro alcuni frammenti del cristallo, Nevendin aveva preparato un baule enorme fatto di Magnetite in cui riporre tali frammenti, era necessario proteggerli da eventuali futuri sovraccarichi della macchina, per poterlo studiare, per poterne sviscerare il vero potere... Da li a breve ognuno dei presenti tornò alla sua vita di sempre...
Ancora oggi mi domando cosa ci avrebbe raccontato Erril Gyan se ne avesse avuto il tempo ed il modo, forse ci avrebbe spiegato l'origine del potere di quei cristalli o forse ci avrebbe narrato solo le conseguenze generate dalla sua avida pretesa di possederli, forse saremmo finalmente riusciti a scoprire l'origine dei cristalli del potere o qualche connessione con le Gemme di Kard Dorgast o con il nido del Drago Cristallino, forse avremmo scoperto qualche altro mistero ancora del tutto sconosciuto... ma nulla di ciò avvenne, e tutte le incertezze rimasero tali, trovando compimento in quella che passerà alla storia come la Leggenda di Erril Gyan ed il misterioso villaggio di Vanfirya.
I dieci membri di quella ciurma tornarono a fare la loro vita, e anche io continuo a vivere le mie giornate incapace di affermare se sia stato tutto un sogno oppure realtà, incapace di testimoniare se quel che ho vissuto ha radici nella storia o solo nella fantasia, ma di certo testimone di una Leggenda, e forse un giorno Nevendin farà ancora la sua comparsa raccontandoci cosa ha scoperto su quei frammenti di cristallo, o forse altri giovani come noi, incuriositi da questa leggenda si metteranno in viaggio, alla ricerca del vecchio Nevendin Saphiar per chiedergli cosa n’è stato della sua misteriosa macchina dei sogni, o vagheranno in cerca dell’anima del costruttore di gemme Erril Gyan per indagare sulle taciute verità del magico villaggio dell’amore, Vanfirya, o ancora, salperanno per ripercorrere le rotte solcate dal coraggioso Capitan Meren Karth per rivivere le fantastiche avventure dell’ indomita ciurma dei Dieci Cristalli.
Questa è la storia di dieci ragazzi che il destino decise di riunire per mano di un misterioso cacciatore di leggende... Saphiar Nevendin, un anziano ormai prossimo alla dipartita che come ultimo desiderio aveva quello di svelare finalmente i misteri riguardanti l'ultima delle ricerche a cui aveva lavorato per molti anni. Il suo corpo ormai stanco dalla vecchiaia era impossibilitato ad affrontare un viaggio pericoloso, così decise di inviare un suo seguace in giro per Ardania allo scopo di selezionare dieci giovani che potessero aiutarlo in questa sua ultima missione. Una sera come tante altre, i dieci giovani ancora ignari, ricevettero una missiva che conteneva un manoscritto a metà tra la richiesta d'aiuto e l'invito a far parte di qualcosa di unico, nella lettera era riportato un luogo e una data, il resto l'avrebbero scoperto una volta giunti li.
Ebbe inizio così la loro avventura, in una sera di primavera presso la locanda di Chescire seduti ad un tavolo intorno al quale Jolet aveva trovato parecchi visi conosciuti ed anche se ormai le loro strade si sono divise ciò che vissero insieme in quei giorni, li unirà per l'eternità. Il Messaggero di Nevendin giunse quando era ormai buio, dopo i convenevoli li invitò a seguirli dentro un varco dimensionale, giunsero in una grotta umida ove ad accoglierli vi era lo stesso Saphiar ed una macchina assai misteriosa in grado di rendere realtà l'immaginario. Nevendin invitò tutti ad abbandonare ogni cosa terrena e mettersi comodi, per ascoltare la storia più strana che avessero mai udito, era il risultato di anni di ricerche alle quali però non era mai riuscito a trovare una conclusione ed ancor prima che potessero rendersene conto i dieci ragazzi si trovarono a rivivere ogni attimo di quel racconto.
Tutto ebbe origine intorno alla figura di Erril Gyan, un giovane che sin dalla nascita mostrò un morboso interesse per le pietre, le gemme preziose ed i minerali in genere. L'anno della sua nascita è stimato intorno al 160 A.I. ed egli dedicò la sua intera vita nella ricerca ed alla lavorazione di pietre e cristalli e le sue produzioni erano richieste e vendute in ogni angolo d'Ardania; il suo più grande sogno era quello di svelare un luogo avvolto dal mistero, il luogo che si dice essere l'origine di cristalli dall'aspetto meraviglioso e dal potere straordinario, Erril usava tutte le ricchezze che guadagnava per cercare questo misterioso luogo il cui nome era Vanfirya. Negli anni in cui la peste colpì le terre umane Erril salpò con un gruppo di giovani per un viaggio dal quale non avrebbe più fatto ritorno, seguendone le gesta Nevendin scoprì che costui con la sua ciurma avevano toccato diversi porti e centri minori nei quali si raccontava avesse finalmente trovato quel luogo misterioso ma nessuno aveva idea di dove fosse tale luogo. Anni dopo un certo Meren Karth, un Capitano di ventura in cerca di fortuna, si convinse che scoprire il mistero dietro alla sorte di Erril Gyan avrebbe potuto farlo arricchire in maniera spropositata, così decise di arruolare dieci uomini e con essi prendere il mare alla ricerca di Erril e del villaggio di Vanfirya.
Mentre Nevendin narrava questa storia, la macchina alle sue spalle iniziò ad emanare una strana energia pulsante che connettendosi alla mente dei presenti li catapultò tutti insieme in una sorta di illusione collettiva dove le parole di Saphiar in qualità di narratore esterno, andavano via via svanendo, mentre un mondo illusorio e misterioso diveniva sempre più reale e tangibile. Quando i dieci avventurieri si trovarono d'un tratto su di un vascello in mezzo al mare, increduli di quanto stava loro accadendo, non ebbero nemmeno il tempo di interrogarsi su quanto di tutto ciò fosse reale che subito la voce del Capitan Meren li riportò alla fittizia realtà.
"AMMAINATE LE VELE! SIAMO ARRIVATI! AFFERRATE LE ANCORE! AGGRAPPATEVI COME FOSSERO LE COSCE DELLA VOSTRA AMATA E GIU'! GIU' NEGLI ABISSI! IL TESORO CI ATTENDE!"
Quasi trascinati dagli eventi e senza nemmeno rendersi conto di ciò che stessero facendo, Jolet e gli altri si aggrapparono alle dieci ancore che li trascinarono sul fondale dell'oceano, li tra i detriti di un vascello e le sabbie oscure, cullati dalle gelide acque giunsero ad una strana alcova sottomarina nella quale, una corrente innaturale, rapiva qualunque cosa gli si avvicinasse. In men che non si dica si ritrovarono tutti in un laghetto ai piedi di una cascata, intorno a loro vi erano ruderi di un villaggio ormai abbandonato, montagne alte che impedivano la vista dell'orizzonte e dalle fenditure della roccia sbucavano cristalli enormi e altri più piccoli, alcuni dei quali ormai in frantumi ridipingevano di colori sgargianti le solitarie vie di quel villaggio. Ancora un po’ spaesati i dieci cercarono nelle parole del Capitano un velo di logicità che ormai era venuta meno, e quando si resero conto di essere finiti all'interno della leggenda si palesò anche il timore di non poter più far ritorno alle loro vite. Il Capitano era l'unico che sembrava appartenere interamente a quel mondo immaginario, quasi fosse una sorta di fantasma del tempo passato, ma allo stesso tempo inchiodato a quella fittizia realtà e quindi incapace di rispondere a qualsivoglia domanda in merito. Ciò li scoraggiò dal far qualsiasi domanda su quanto stesse succedendo, e per qualche attimo si limitarono ad eseguire in modo confuso ed impacciato le direttive del Capitano.
Iniziarono perlustrando il villaggio, si resero immediatamente conto che non vi erano tracce ne di umani ne di altri esseri viventi, tra i ruderi diroccati alcuni forzieri contenevano però ancora materiali in ottime condizioni, in un forziere presso quella che sembrava essere una locanda vi erano addirittura pietanze ancora in ottimo stato di conservazione, su indicazione del Capitano iniziarono a frugare tra i resti delle abitazioni e qui vi trovarono cinque strani oggetti metallici dalle forme bizzarre e diversi diari che riportavano i pensieri di quelli che molto probabilmente erano gli abitanti di quel villaggio. Il Capitano disse allora di radunarsi tutti e di perlustrare da cima a fondo ogni angolo di quel luogo, ottenere quante più informazioni possibili e scoprire quante più cose utili per capire cosa stesse accadendo, mentre ne discutevano però una strana sensazione di benessere li sommerse e quasi come per magia quello stato confusionario di paura e disorientamento lasciò spazio, in modo del tutto irrazionale, ad una sensazione di tranquillità e pacatezza che, trasformò il piccolo gruppo di elementi che fino a poco prima si ritenevano quasi del tutto degli sconosciuti, in un qualcosa di simile ad una grande famiglia. Senza rendersene conto iniziarono tutti a cooperare aiutandosi l'un l'altro, insieme scoprirono che i cinque artefatti metallici servivano ad azionare un meccanismo che permetteva l'apertura di un portale dimensionale che collegava due diverse zone del villaggio, in questa nuova area quasi del tutto priva di edifici, erano presenti dei giacigli, alcuni tavoli, una bacheca ed una sorta di altare con delle sedute. Decisero insieme al Capitano di utilizzare questa zona come base operativa ed ormai stanchi si accinsero ad andare a riposare, il Capitano però sembrava avere in mente altri progetti per loro e li istruì su quanto avrebbero fatto il giorno seguente, appresero così di essere giunti in quel luogo per scoprire qualcosa riguardo ai cristalli di Vanfirya e che, una volta svegliatisi, avrebbero dovuto organizzarsi come meglio potevano per proseguire il viaggio. I dieci, che si ritrovarono privi di ogni loro bene, iniziarono dunque a far mente locale su cosa potesse servir loro per un viaggio ignoto e del tutto inaspettato, dando fondo alle loro differenti capacità iniziarono a dividersi i compiti per riuscire a reperire ogni cosa potesse servir loro. Al mattino seguente tutti si misero ad armeggiare con ciò che sapevano utilizzare e nel giro di mezza giornata ognuno di loro aveva già pronto l'armamentario e l'occorrente per l'esplorazione. Nei vari edifici del villaggio avevano anche scoperto alcuni diari in cui si potevano leggere poche frasi confuse, ma mettendo insieme tutti i punti e facendo mente locale su quanto avevano appreso da Nevendin, furono in grado di capire che quel villaggio era proprio il villaggio dei Cristalli che stavano cercando e che come loro, anche gli abitanti di quel villaggio avevano subito una strana influenza benefica che quasi come una droga invisibile scacciava via ogni forma di odio e di incertezza, ma ciò non giustificava in alcun modo la devastazione presente nel villaggio che invece sembrava essere stato vittima di una guerra o una tempesta, tra i vari manoscritti uno sembrava essere quello più interessante, era stato redatto da un parroco il quale aveva fatto degli studi sul bene ed il male e che attraverso quelle poche righe cercava di mettere in guardia i lettori sulle conseguenze dettate da un naturale riequilibrarsi dei due poteri. Da ciò ne scaturiva che quella forzosa energia benefica che investiva il villaggio, generava quasi meccanicamente una qualche forza opposta di eguale entità e ciò, probabilmente, era stato la causa della devastazione.
Arrancando tra le supposizioni, alcuni dei presenti scoprirono anche che il segreto del villaggio era stato impresso su degli arazzi che però non sembravano essere da nessuna parte, quando Capitan Meren decise di riprendere il viaggio, insieme scoprirono un secondo portale dimensionale che collegava il villaggio ad una struttura sotterranea costruita in pietra e dentro la quale vi erano diverse stanze, in una di queste una strana macchina sembrava essere una sorta di indovinello per proseguire il loro viaggio ma al loro errato tentativo di azionarla questa diede vita ad un enorme costrutto di pietra e cristalli che si scagliò violentemente sul più vicino tra loro, la battaglia non durò moltissimo ma palesò a tutti, la loro incapacità di coordinarsi nel combattimento, non avendo mai fatto nulla insieme erano incapaci di agire all'unisono e il Capitano stufo della confusione che si stava generando lasciò ad uno di loro il compito di guidare gli altri e se ne tornò al villaggio.
Radunatisi i dieci discussero sul da farsi e decisero di perlustrare meglio le sale di quello strano sotterraneo trovando in una sala secondaria un altro portale che conduceva ad una sorta di canyon scavato tra le montagne, dinnanzi a loro si spalancò uno scenario di morte e devastazione, corpi crocifissi a palificazioni di legno si alternavano a teste mozzate e brandelli di corpi che definire umani sarebbe impossibile, come se non bastasse creature spettrali ed entità malevoli emettevano richiami e versi terrificanti che si accompagnavano ad apparizioni improvvise e attacchi furtivi, contemporaneamente a tutta questa situazione apocalittica si palesò nell'animo di tutti un senso di disgusto ed egoistico fastidio che rese i membri del gruppo irascibili ed aggressivi, se non fosse stato per le anime dannate che infestavano quel luogo e che iniziarono ad attaccarli costringendoli alla battaglia probabilmente avrebbero passato tutta notte a darsi contro e litigare tra loro senza un vero motivo, ma mentre buona parte di loro era intenta a contrastare l'avanzata di quelle anime, alcuni più temerari iniziarono a perlustrare in solitaria quegli anfratti scorgendo infine gli arazzi, descritti nei diari trovati il giorno prima e trascritto il contenuto fecero ritorno.
Stanchi della battaglia ed esausti moralmente dal continuo litigare animoso i dieci tornarono sui loro passi tornando nelle sale da cui erano giunti e come nulla fosse quel senso di odio era svanito del tutto riportando la calma, discussero su cosa era successo e su cosa fare, riposarono per alcuni minuti e poi decisero di azionare la macchina per proseguire il viaggio ma appena azionata la giusta combinazione un lampo di luce accompagnato da un fragore come il rombo di un tuono misto allo stridio di una scarica elettrica li ricatapultò alla realtà.
Erano tutti e dieci seduti sugli sgabelli di quella grotta buia, Nevendin li interrogava incredulo su cosa stesse accadendo mentre loro sbigottiti cercavano una logica laddove di logico sembrava non esserci nulla, Nevendin sosteneva che avevano fatto un viaggio nella leggenda, che la macchina non faceva altro che connettere il pensiero della gente ma ciò non spiegava come erano riusciti a portarsi dietro armi, armature, arnesi e tutto l'occorrente che avevano procurato in quel luogo "immaginario". Nevendin spiegò loro che la macchina si era sovraccaricata causando un interruzione repentina dell'esperimento ma che nemmeno lui riusciva a spiegare cosa fosse accaduto, ci sarebbero voluti giorni per riparare la macchina ed era pericoloso mettere in circolazione del materiale dalla dubbia provenienza, chiese dunque a tutti di lasciare ogni oggetto in loro possesso in alcuni bauli e tornare alle loro vite di ogni giorno, in attesa di essere richiamati per completare la missione; con l'unica richiesta ovvero quella di mantenere il silenzio su quanto avevano vissuto in quei due giorni.
Così fecero, ed ognuno di loro tornò alla propria vita, ed ogni giorno il non poterne parlare era una guerra interiore, persino quando si incontrarono lungo le strade del mondo incrociarono i reciproci sguardi rimanendo in silenzio, e nel silenzio presero vita emozioni contrastanti, come quando sei in punta di piedi sul ciglio di un burrone e non riesci a capire se ciò che stai provando è paura di cadere nel vuoto o un’ irrefrenabile voglia di spiccare il volo, ma ogni emozione veniva soppressa in quel silenzio che si portava dietro ogni incertezza, ogni dubbio. In quei giorni alcuni di loro andarono a ripercorrere nella loro mente ogni vicenda, sperando di trovare un indizio, un'intuizione... Jolet ripensava insistentemente a quei cristalli, che potere potranno mai avere? erano loro a renderci così docili? e a causa loro che siamo diventati così rabbiosi? e la macchina chi l'ha costruita? di cosa è fatta? come ci siamo finiti in quel mondo immaginario? era la nostra immaginazione a guidarci o quella di Nevendin? quanto c'era di reale in tutto questo? e se fossimo morti in quel mondo? cosa ci sarebbe successo nella realtà? troppe domande, troppe incertezze, smise di farsi domande e prese il mare, vi era una grotta in una remota isola delle terre tropicali, un’ isola con un lago magico ed una cascata, e tuffandosi tra le acque della cascata si giungeva ad una grotta piena di cristalli, non vi era un villaggio come nella leggenda ma qualcuno ci viveva, erano troll, pipistrelli e draghi si, cuccioli di drago per l'esattezza, con le scaglie blu come il cielo sereno che si specchiavano tra i mille cristalli incastrati tra le pareti della grotta che nel tintinnare di una rugiada fresca rendeva l'atmosfera quasi magica, e poi il fragore di un ruggito, un ruggito talmente forte da far staccare le carni dalle ossa e sconquassare le interiora, Jolet si faceva strada tra le creature che una ad una si presentavano dinnanzi a lei, ma alla fine giunse fino in fondo, un enorme drago cristallino sonnecchiava tranquillo in un bagno di ori e preziosi, i suoi artigli posati su antichi bauli e le sue fauci alitavano sui cristalli che si appannavano per poi tornare a splendere alcuni istanti dopo. Tornò sui suoi passi, era un nemico che lei non avrebbe mai potuto affrontare, però ripercorrendo quelle gallerie pensava a quante cose l'accumulavano a quella leggenda, molte in vero, ma altrettante erano le differenze e principalmente non sembrava esserci un nesso tra i due eventi.
Nelle sere seguenti tornò più volte presso la locanda di Cheshire, quasi spinta dal desiderio di trovare risposte, e una sera di queste trovò gli altri a banchettare; senza premeditarlo si erano ritrovati tutti li per la stessa ragione, porre fine a ciò che avevano iniziato. Il seguace di Nevendin li raggiunse da li a poco riportandoli alla grotta dove Saphiar li aspettava, le porte erano state divelte da una misteriosa esplosione che aveva distrutto quasi tutto, soprattutto i bauli in cui avevano lasciato gli averi provenienti da quel fittizio mondo; Saphiar disse loro che nei giorni seguenti il loro ritorno la macchina aveva continuato a causare anomalie fino al generare delle scariche elettriche talmente potenti che, come guidate da un potere invisibile, andarono a distruggere ogni cosa sul loro cammino fino al ricercare ed incenerire ogni oggetto da essa materializzato, nei giorni successivi una volta scaricatasi del tutto furono in grado di ripararla e potenziarla così da permettere a tutti e dieci di poter continuare la missione se fosse stata ancora loro intenzione continuare. La ciurma accettò, e così ripresero a sedere intorno a Saphiar che riprese a narrare la leggenda del Capitan Meren e parola dopo parola la loro immaginazione li riportò ancora una volta in quella sala dove stavolta, oltre al macchinario che avevano sbloccato l'ultima volta, vi era un altro colosso di cristallo e vicino a lui il corpo esanime del Capitano Meren, i dieci si scagliarono contro al colosso senza nemmeno pensarci e colpo dopo colpo lo annientarono, poi cercarono di prestare soccorso al capitano ma ormai non c'era più niente da fare per lui, decisero allora di tornare al villaggio per controllare se vi era tutto per come l'avevano lasciato, così era. Presero armi e quanto gli occorreva per completare il viaggio e ripresero il loro camino tra le stanze intricate di quella struttura sotterranea.
La prima zona che trovarono appariva come una miniera, alcuni arnesi rendevano palese che la gente del posto li usava per estrarre i cristalli dalle pareti della montagna, Jolet raccolse un piccone e iniziò a colpire i cristalli e ne ricavò alcuni frammenti, erano molto simili ai cristalli che si usano per incanalare il flusso energetico e decise di conservarli, continuarono ad avanzare giungendo in un luogo simile ad un cratere tra le montagne, vi era un cristallo al centro su una sorta di altarino che emanava come scariche elettriche, alcuni bauli contenevano arnesi per l'estrazione e un diario in cui sembravano essere stati appuntate informazioni relative alla vendita di questi cristalli, poco distante una stele presentava un indovinello, la ciurma rimase per qualche minuto ad analizzarlo finché Jeremy non riuscì a svelarne la soluzione, appena pronunciata la parola giusta un enorme cancello di metallo si spalancò dando a tutti accesso ad un varco tra le montagne che conduceva ad un sentiero che saliva verso l'alto. Dopo alcuni minuti di scalata il gruppo giunse in una sorta di secondo cratere al cui centro svettava una montagna di cristalli ammassati, girandoci intorno si poteva scorgere una fenditura tra le gemme e flebile come il soffio del vento una voce riecheggiava tra le cristalline pareti tremolanti, mossi dalla curiosità i dieci vi entrarono scoprendo l'esistenza di una strana figura imprigionata all'interno del cristallo, che instancabile chiedeva loro di riportare ordine ed equilibrio. Tornarono dunque ad esplorare l'intera area con maggiore attenzione ma nulla sembrava attrarre la loro curiosità quanto quella montagna di cristallo al centro del cratere, vi rientrarono più volte nella speranza di attingere a maggiori informazioni, quando ad un tratto i cristalli vicini a quello più grosso ove la strana figura era imprigionata si frantumarono schizzando in ogni direzione e creando un varco che conduceva in un altro sentiero scavato tra le montagne, qui due enormi entità simili a nubi di flusso condensato fluttuavano a mezz'aria caricandosi per poi espellere parte del loro potere verso il bersaglio più vicino, bastò analizzarne per qualche momento le fattezze per capire che quelle due cose erano immuni a qualsiasi attacco fisico o energetico che non fosse della natura opposta alla loro stessa essenza, ed intuibile era pure il fatto che le due erano la materializzazione dell'energia benigna e maligna che dimoravano in quelle terre. Esse infatti si danneggiavano reciprocamente quelle poche volte che entravano in contrasto, il problema era riuscire ad indirizzare i loro attacchi l'uno contro l'altro, ci volle un po’ di tempo per riuscire a sincronizzare gli attacchi di entrambe le nubi, anche perché esse ciclicamente generavano entità minori talvolta benigne talvolta maligne che attaccavano ogni cosa si muovesse intorno, quando finalmente le tue nubi furono neutralizzate la ciurma tentò di perlustrare la zona circostante ma non trovandovi nulla di interessante tornarono alla montagna di cristallo. Qui trovarono il cristallo lesionato e quella figura che vi era imprigionata dentro si rivelò essere un'anima imprigionata, secondo alcuni dei presenti era quel che rimaneva di Erril Gyan ma non ebbero tempo di appurarlo, poiché uno dei presenti, il più impulsivo, preso dal furore del momento e ormai esausto dal continuo combattere contro spettri ed entità, appena vista l'ennesima anima svolazzargli intorno la disperse con un energico fendente d'ascia impedendo a chiunque il tempo di far qualsiasi altra cosa.
Tra lo sgomento dei presenti e l'incertezza su cosa sarebbe successo da li a breve, una specie di scarica elettrica li investì scaraventandoli dapprima in una specie di spiaggia tropicale dove si ritrovarono in presenza di alcune anime di marinai che vagavano serenamente, poi quasi fossero in balia di una tempesta si ritrovarono ancora una volta al cospetto di Saphiar Nevendin, in quella buia grotta devastata, dove la macchina smise definitivamente di funzionare. La loro missione era stata evasa, erano riusciti a tornare tutti sani e salvi, avevano riportato l'equilibrio in quel mondo fittizio ed in più erano anche riusciti a portarsi dietro alcuni frammenti del cristallo, Nevendin aveva preparato un baule enorme fatto di Magnetite in cui riporre tali frammenti, era necessario proteggerli da eventuali futuri sovraccarichi della macchina, per poterlo studiare, per poterne sviscerare il vero potere... Da li a breve ognuno dei presenti tornò alla sua vita di sempre...
Ancora oggi mi domando cosa ci avrebbe raccontato Erril Gyan se ne avesse avuto il tempo ed il modo, forse ci avrebbe spiegato l'origine del potere di quei cristalli o forse ci avrebbe narrato solo le conseguenze generate dalla sua avida pretesa di possederli, forse saremmo finalmente riusciti a scoprire l'origine dei cristalli del potere o qualche connessione con le Gemme di Kard Dorgast o con il nido del Drago Cristallino, forse avremmo scoperto qualche altro mistero ancora del tutto sconosciuto... ma nulla di ciò avvenne, e tutte le incertezze rimasero tali, trovando compimento in quella che passerà alla storia come la Leggenda di Erril Gyan ed il misterioso villaggio di Vanfirya.
I dieci membri di quella ciurma tornarono a fare la loro vita, e anche io continuo a vivere le mie giornate incapace di affermare se sia stato tutto un sogno oppure realtà, incapace di testimoniare se quel che ho vissuto ha radici nella storia o solo nella fantasia, ma di certo testimone di una Leggenda, e forse un giorno Nevendin farà ancora la sua comparsa raccontandoci cosa ha scoperto su quei frammenti di cristallo, o forse altri giovani come noi, incuriositi da questa leggenda si metteranno in viaggio, alla ricerca del vecchio Nevendin Saphiar per chiedergli cosa n’è stato della sua misteriosa macchina dei sogni, o vagheranno in cerca dell’anima del costruttore di gemme Erril Gyan per indagare sulle taciute verità del magico villaggio dell’amore, Vanfirya, o ancora, salperanno per ripercorrere le rotte solcate dal coraggioso Capitan Meren Karth per rivivere le fantastiche avventure dell’ indomita ciurma dei Dieci Cristalli.