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"Il Grido di Macinale"

Posted: Mon Jul 07, 2025 10:43 pm
by Rowena Warseer
Nel macinale dell’anno 289, sotto il cielo plumbeo di una cupa giornata, tre figure camminavano per l'unica via di Eracles, il piccolo borgo abbracciato dalle alte mura, irrorato dalle acque dell'Aduvian e noto nei tempi quale custode di accampamenti itineranti del popolo dei Vaghi.

Erano Mircea Faivre, maga errante dai modi eccentrici, Vaniek Zarpiani, giovane baffuto dotato di rara sensibilità, e Bozhan Sollomos, robusto e silenzioso, con baffi folti e ben curati, che incorniciano il suo sorriso. Tempo addietro, un bizzarro personaggio, incontrato di sfuggita al Monastero li aveva apostrofati, con insolito eloquio, come "Grumo", qualcun altro li aveva definiti "Zotici". E' certo che i tre erano legati da una fratellanza che va oltre la logica, come figli della stessa terra spezzata, custodi di segreti che solo un Vago conosce.

Il sole nel frattempo si era fatto largo fra le nubi e ora alto bruciava i tetti di pietra. In questo frangente accadde quel qualcosa che avrebbe cambiato per sempre le sorti dei tre zotici del Grumo.

Fu Vaniek il primo e l'unico ad avvertirlo.

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Un urlo. Stridulo. Non umano. Come vetro che si infrange, come la voce della roccia quando viene frantumata.

Istintivamente si fermò. Il mondo attorno a lui, animato dalle grida dei venditori e dai canti dei danzatori di macinale, si fermò anch’esso. Lassù, tra i tetti, una creatura lo fissava.

Evanescente. Simile a nebbia stretta in una forma vagamente umanoide, ma con occhi incandescenti come braci sotto la cenere. Era immobile, eppure si muoveva. Sollevata sul nulla, eppure ancorata al borgo stesso. Nessuno la vedeva, tranne lui.

Vaniek cadde in ginocchio. “È lassù! Guardate!”

Bozhan e Mircea si scambiarono uno sguardo.

Nulla vedo” disse Bozhan con voce profonda e impostata, come faceva spesso prima di iniziare uno dei suoi racconti, quando sedevano attorno al fuoco. “Percepisco però un brivido nell’aria. Vaniek, che cos’hai visto?

Vaniek tremava. La creatura non parlava, ma le sue urla gli strappavano pensieri e ricordi, come un’arpia con i suoi artigli.

Mircea sollevò le braccia. Si interrogarono su cosa potesse essere, un’essenza residua, forse un arcaico spirito imprigionato, che di certo non si poteva affrontare con la forza.

Fu allora che danzò.

Una danza antica, o forse appena inventata. I suoi passi sembravano strappati dal selciato di Eracles, mentre i lembi del suo mantello roteavano con eleganza incantatoria. “Via via... maledizione... vai via”, intonava, ripetendo come un canto sacro, o una nenia secolare, picchiettando i due piccoli e rinsecchiti rametti di salice che portava sempre con sé.

Bozhan, si unì alla danza, più concreto e con passi più decisi. I suoi piedi picchiavano il suolo con forza, battendo il ritmo ancestrale dei tamburi eracliani. Le sue mani si muovevano come se guidassero fili invisibili.

E Vaniek… vide.

Vide la creatura contrarsi, come se ogni parola di Mircea la colpisse. Vide il suo corpo farsi più evanescente, il suo volto contorcersi in un grido che nessun altro poteva sentire.

Via… via… maledizione… VAI VIA!

E nel momento in cui il canto giunse al culmine, la creatura emise un ultimo grido, straziante, lunghissimo, che trapassò Vaniek fino al cuore.

Poi, più nulla.

Silenzio.

Il sole era ancora alto, le voci dei venditori ripresero, la vita tornò come se nulla fosse accaduto. Ma i tre sapevano.

Erano stati presi di mira?

Qualcosa aveva notato Vaniek, e aveva scelto lui. Perché?

Forse Mircea lo sapeva, ma non parlò. Forse Bozhan lo intuiva, ma non lo disse.

Vaniek, invece, sentiva ancora quel grido risuonare dentro. Eppure la creatura era sparita. La danza aveva funzionato. Mircea era titubante e incredula, il pericolo era, nei suoi pensieri, solo rimandato.


Così terminò il giorno del Grido, come venne chiamato nei successivi racconti dei tre. Una giornata di macinale che segnò l’inizio di qualcosa di oscuro, e forse vetusto quanto Ardania stessa.

Quella… era solo la prima ombra?


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