Diario di Bordo
Posted: Tue May 06, 2025 5:23 pm
Un raggio di sole verde e rosso trapela dai vetri colorati della cabina del Capitano illuminando l'immenso tomo che sovrasta cumuli di mappe e scartoffie sulla scrivania. La scritta "Diario di Bordo" campeggia sulla copertina in pelle di alligatore.
Le migliaia di pagine, alcune mangiucchiate dai ratti, altre rese inesorabilmente illeggibili dalla salsedine, raccontano alcune tra le più avvincenti avventure della ciurma Scarlatta.
29 Adulain - Anno 289 del calendario degli Uomini
Se sono qui a raccontarvi di questa spedizione è grazie alla divina provvidenza di Danu, Signora incontrastata degli astri e dei flutti. Se sono qui a scrivere queste righe, è soprattutto grazie alla più nobile e alla più nota tra le arti di combattimento corsaro. La Fuga.
Tutto comincia dove cominciano sempre le nostre avventure. Tortuga. Piazza della Misericordia.
Il patibolo troneggia affianco al nostro tavolo. La brezza fa danzare il suo cappio come sentisse la mancanza del peso di un cadavere lì appeso.
Il Primo Ufficiale Vento battibecca con Malasorte. Entrambi si accusano di aver barato ai dadi. In tutta franchezza, sono certo che entrambi lo abbiano fatto. Io, da buon sottoposto, convengo con Vento. Sia mai questo agevolerà la mia promozione!
Doblone, il Quartiermastro, sbarcando dalla Perla, si avvicina verso di noi. E' un po' che lo vedo nascondersi dietro gli angoli o acquattarsi tra i cespugli. Credo che il grog ultimamente lo renda paranoico. Invece c'è chi dice che abbia contratto grandi debiti di gioco, altri dicono voglia cambiare stile di combattimento sfruttando tattiche meno ortodosse... Vai a sapere chi ha ragione.
Con tono deciso ci dice:
-Ciurma, mi occorre una scorta per andare sul continente. Devo fare due chiacchiere con Scarrone. Pronti a salpare!-
Dopo aver preparato armi e bagagli ci dirigiamo tutti e quattro ai moli della flotta corsara.
Grazie a una rotta sicura e alla sovrannaturale abilità al timone di Doblone, il viaggio scorre liscio e senza intoppi fino all'Isola Pescatori.
-Ciurma, una volta sbarcati, occhi aperti! Come sapete qualcuno vuole farci la pelle! Ho ancora qualche bottiglia di Grog d'annata in cabina e sarebbe un peccato schiattare proprio oggi! Harr!-
Così troviamo un approdo discreto e sbarchiamo in terre Hammin senza dare troppo nell'occhio.
(Per i baffi di Akkron! Che colmo sarebbe esser multati da quei quattro cicisbei per approdo illegale!)
Prendiamo il traghetto e ci ritroviamo nei bassifondi. Cauti, vigili, sbirciamo i muli incustoditi, cerchiamo qualche passerella aperta… insomma i soliti controlli di circostanza.
Non sembra esserci gran movimento in giro, così guadagnati i cancelli della città e recuperate delle cavalcature proseguiamo sulla via che conduce verso il Trivio facendoci precedere da Malasorte di qualche miglio. Arriviamo così nei pressi del ponte sull'Eldrin.
E' lì che lo incontriamo.
Uno sconosciuto, incappucciato, intento a scambiare parole con Malasorte, la nostra avanguardia, ma non appena ci scorge arrivare sulla via… si volta di scatto e sparisce, senza neanche un saluto.
È curioso, non trovate?
Il sospetto si insidia nelle nostre menti: e se fosse uno dei sicari assoldati da Polvere?
Ci dirigiamo verso la Fortezza del Sacro Verbo, ci serve capire la situazione e far riposare i cavalli. Per la Barba di Danu! Mai mossa fu più sbagliata!
Il sospetto ci attanaglia! Sentiamo il peso di sguardi indiscreti sulle nostre spalle. La paranoia ci assale:
Quello è un vero mercante o un assasino? Quel biondo lì non ti sembra di averlo già visto? Quel pargoletto ha uno sguardo che non mi piace....
Altri loschi figuri sembrano fissarci dalle panchine, dai banchi del mercato, da dietro le finestre... Perché ci guardano tutti? Quanti sono? Sono loro? Sono qui per noi?
E poi eccolo di nuovo lì. Ci ha seguiti.
Cerchiamo in fretta di mettere insieme un piano per tornare alla nave, ancorata ad Hammerheim… ma nel frattempo lo abbiamo perso di vista. Sappiamo che è lì fuori. Lui e i suoi scagnozzi. Decine! Centinaia! Migliaia! Un esercito d’ombre pronto a saltarci alla gola.
Studiamo le uscite. Esco dai cancelli e aguzzo la mia prodigiosa vista. Non mi piace quello che vedo. So che è là, dietro qualche siepe, pronto ad azzannare.
Mi sposto al cancello ovest. Stesso presentimento: tutto troppo silenzioso, troppo fermo. Forse, correndo nei boschi, possiamo seminare quella canaglia e raggiungere Eracles prima che ci addentino i talloni.
Così facciamo. Le cavalcature schiumano dalla bocca. Galoppiamo veloci come un brigantino col vento in poppa, tagliando la boscaglia, saltando radici e paure.
Raggiungiamo Eracles.
Il piano ora è semplice: deviare verso il guado di Deanad, aggirare il promontorio e passare sotto le grotte vicine al tempio di Danu.
Ci muoviamo rapidi, silenziosi, come quando si lascia il letto di una donzella alla mattina dopo una serata di bagordi. Tutto fila liscio.
Hammerheim è lì, oltre il promontorio, oltre questa grotta. Siamo salvi.
- Fermi! Fermi! Fermi o qualcuno si farà del male! -
Quella voce. Quell’ombra.
Il bastardo, in sella al suo lupo, ci ha intercettato! Come accidenti ha fatto?
- Lascia il passo, maledetto! - gli sibilo, mentre le dita scorrono sull’arco prima ancora della ragione. La freccia parte prima che io decida di scoccarla. L’ombra si ritrae e fugge tra i rovi.
Vorremmo inseguirlo. Vorremmo finirla qui. Ma Doblone ci blocca con uno sguardo severo: "Prudenza". Non deve finire come l’ultima volta. Questa volta non cadremo nella sua trappola. Questa volta resteremo vivi.
Fuggiamo. Corriamo nella direzione opposta, verso Eracles.
Il mio cavallo, però, ha dato tutto. Crolla, sfiancato, proprio prima del guado. Sono solo.
Mi acquatto tra le baracche di Deanad, respiro piano, cuore che martella. Lo sento. È lì. Mi cerca. Mi segue come un lupo segue l’odore della paura.
Mi muovo silenzioso come un furetto braccato, fino a che, grazie alla divina provvidenza di Danu, riesco a ricongiungermi ai miei.
Insieme, lo riattacchiamo e riusciamo a mandarlo in fuga una seconda volta.
Di nuovo dietro le mura di Eracles. Di nuovo salvi. Ma la strada per Hammerheim è ormai preclusa. Allora si decide: si corre ad Amon.
Lì, tra i moli cremisi della Guerriera, quella notte varammo la nostra salvezza.
Una nave piccola, veloce, codarda.
La Fuga Vigliacca.
Così l’abbiamo battezzata.
E fu lei a riportarci a Tortuga.
Stanchi, braccati, sfiniti...
Ma vivi.
*Segue una firma dalla calligrafia bambinesca*
Bellosguardo - Marinaio dei Corsari Scarlatti
Le migliaia di pagine, alcune mangiucchiate dai ratti, altre rese inesorabilmente illeggibili dalla salsedine, raccontano alcune tra le più avvincenti avventure della ciurma Scarlatta.
29 Adulain - Anno 289 del calendario degli Uomini
Se sono qui a raccontarvi di questa spedizione è grazie alla divina provvidenza di Danu, Signora incontrastata degli astri e dei flutti. Se sono qui a scrivere queste righe, è soprattutto grazie alla più nobile e alla più nota tra le arti di combattimento corsaro. La Fuga.
Tutto comincia dove cominciano sempre le nostre avventure. Tortuga. Piazza della Misericordia.
Il patibolo troneggia affianco al nostro tavolo. La brezza fa danzare il suo cappio come sentisse la mancanza del peso di un cadavere lì appeso.
Il Primo Ufficiale Vento battibecca con Malasorte. Entrambi si accusano di aver barato ai dadi. In tutta franchezza, sono certo che entrambi lo abbiano fatto. Io, da buon sottoposto, convengo con Vento. Sia mai questo agevolerà la mia promozione!
Doblone, il Quartiermastro, sbarcando dalla Perla, si avvicina verso di noi. E' un po' che lo vedo nascondersi dietro gli angoli o acquattarsi tra i cespugli. Credo che il grog ultimamente lo renda paranoico. Invece c'è chi dice che abbia contratto grandi debiti di gioco, altri dicono voglia cambiare stile di combattimento sfruttando tattiche meno ortodosse... Vai a sapere chi ha ragione.
Con tono deciso ci dice:
-Ciurma, mi occorre una scorta per andare sul continente. Devo fare due chiacchiere con Scarrone. Pronti a salpare!-
Dopo aver preparato armi e bagagli ci dirigiamo tutti e quattro ai moli della flotta corsara.
Grazie a una rotta sicura e alla sovrannaturale abilità al timone di Doblone, il viaggio scorre liscio e senza intoppi fino all'Isola Pescatori.
-Ciurma, una volta sbarcati, occhi aperti! Come sapete qualcuno vuole farci la pelle! Ho ancora qualche bottiglia di Grog d'annata in cabina e sarebbe un peccato schiattare proprio oggi! Harr!-
Così troviamo un approdo discreto e sbarchiamo in terre Hammin senza dare troppo nell'occhio.
(Per i baffi di Akkron! Che colmo sarebbe esser multati da quei quattro cicisbei per approdo illegale!)
Prendiamo il traghetto e ci ritroviamo nei bassifondi. Cauti, vigili, sbirciamo i muli incustoditi, cerchiamo qualche passerella aperta… insomma i soliti controlli di circostanza.
Non sembra esserci gran movimento in giro, così guadagnati i cancelli della città e recuperate delle cavalcature proseguiamo sulla via che conduce verso il Trivio facendoci precedere da Malasorte di qualche miglio. Arriviamo così nei pressi del ponte sull'Eldrin.
E' lì che lo incontriamo.
Uno sconosciuto, incappucciato, intento a scambiare parole con Malasorte, la nostra avanguardia, ma non appena ci scorge arrivare sulla via… si volta di scatto e sparisce, senza neanche un saluto.
È curioso, non trovate?
Il sospetto si insidia nelle nostre menti: e se fosse uno dei sicari assoldati da Polvere?
Ci dirigiamo verso la Fortezza del Sacro Verbo, ci serve capire la situazione e far riposare i cavalli. Per la Barba di Danu! Mai mossa fu più sbagliata!
Il sospetto ci attanaglia! Sentiamo il peso di sguardi indiscreti sulle nostre spalle. La paranoia ci assale:
Quello è un vero mercante o un assasino? Quel biondo lì non ti sembra di averlo già visto? Quel pargoletto ha uno sguardo che non mi piace....
Altri loschi figuri sembrano fissarci dalle panchine, dai banchi del mercato, da dietro le finestre... Perché ci guardano tutti? Quanti sono? Sono loro? Sono qui per noi?
E poi eccolo di nuovo lì. Ci ha seguiti.
Cerchiamo in fretta di mettere insieme un piano per tornare alla nave, ancorata ad Hammerheim… ma nel frattempo lo abbiamo perso di vista. Sappiamo che è lì fuori. Lui e i suoi scagnozzi. Decine! Centinaia! Migliaia! Un esercito d’ombre pronto a saltarci alla gola.
Studiamo le uscite. Esco dai cancelli e aguzzo la mia prodigiosa vista. Non mi piace quello che vedo. So che è là, dietro qualche siepe, pronto ad azzannare.
Mi sposto al cancello ovest. Stesso presentimento: tutto troppo silenzioso, troppo fermo. Forse, correndo nei boschi, possiamo seminare quella canaglia e raggiungere Eracles prima che ci addentino i talloni.
Così facciamo. Le cavalcature schiumano dalla bocca. Galoppiamo veloci come un brigantino col vento in poppa, tagliando la boscaglia, saltando radici e paure.
Raggiungiamo Eracles.
Il piano ora è semplice: deviare verso il guado di Deanad, aggirare il promontorio e passare sotto le grotte vicine al tempio di Danu.
Ci muoviamo rapidi, silenziosi, come quando si lascia il letto di una donzella alla mattina dopo una serata di bagordi. Tutto fila liscio.
Hammerheim è lì, oltre il promontorio, oltre questa grotta. Siamo salvi.
- Fermi! Fermi! Fermi o qualcuno si farà del male! -
Quella voce. Quell’ombra.
Il bastardo, in sella al suo lupo, ci ha intercettato! Come accidenti ha fatto?
- Lascia il passo, maledetto! - gli sibilo, mentre le dita scorrono sull’arco prima ancora della ragione. La freccia parte prima che io decida di scoccarla. L’ombra si ritrae e fugge tra i rovi.
Vorremmo inseguirlo. Vorremmo finirla qui. Ma Doblone ci blocca con uno sguardo severo: "Prudenza". Non deve finire come l’ultima volta. Questa volta non cadremo nella sua trappola. Questa volta resteremo vivi.
Fuggiamo. Corriamo nella direzione opposta, verso Eracles.
Il mio cavallo, però, ha dato tutto. Crolla, sfiancato, proprio prima del guado. Sono solo.
Mi acquatto tra le baracche di Deanad, respiro piano, cuore che martella. Lo sento. È lì. Mi cerca. Mi segue come un lupo segue l’odore della paura.
Mi muovo silenzioso come un furetto braccato, fino a che, grazie alla divina provvidenza di Danu, riesco a ricongiungermi ai miei.
Insieme, lo riattacchiamo e riusciamo a mandarlo in fuga una seconda volta.
Di nuovo dietro le mura di Eracles. Di nuovo salvi. Ma la strada per Hammerheim è ormai preclusa. Allora si decide: si corre ad Amon.
Lì, tra i moli cremisi della Guerriera, quella notte varammo la nostra salvezza.
Una nave piccola, veloce, codarda.
La Fuga Vigliacca.
Così l’abbiamo battezzata.
E fu lei a riportarci a Tortuga.
Stanchi, braccati, sfiniti...
Ma vivi.
*Segue una firma dalla calligrafia bambinesca*
Bellosguardo - Marinaio dei Corsari Scarlatti