- Thu Mar 13, 2025 5:37 pm
#62989

"Quanti anni sono passati?"
"Dodici."
"Sei sicura?"
"No."
Il sudore stava iniziando ad annebbiarle la vista, l'incudine ormai uno sfocato bersaglio da colpire ripetutamente, senza remore e senza pietà alcuna.
La giovane ragazza era giunta ad Hammerheim soltanto pochi giorni prima.
Sin da subito, la sua attenzione si rivolse alla miniera cittadina; un luogo confortevole e accogliente, sotto lo sguardo severo di Aengus.
Aengus, il Dio degli Artigiani. Il Dio dell'Onore.
Il Dio dell'Ira.
"Quante volte hai invocato il suo nome?"
"Non abbastanza."
"Sei sicura?"
"Sì"
Lunghi capelli biondo paglierino, pregni di fatica; una cornice dorata per un volto pallido ma arrossato dall'attizzatoio.
Visioni roventi. Nosper sotto attacco. Fuoco e sangue e morte ed escrementi.
Il martello risuona sull'incudine, un ritmo irregolare, frenetico, furioso. I muscoli delle sue esili braccia sempre più doloranti. Ma la ragazza non sente dolore. Non lo sente ancora abbastanza.
"Quante volte sei stata violata da quei banditi?"
"Lo sai benissimo. Non chiedermelo."
"Te ne sei dimenticata, vero?"
"Fai silenzio!"
Gocce di sudore sul ferro rovente. O forse lacrime? Non ha importanza.
La risposta va trovata nel crudele metallo. Nelle lame affilate, nelle violacee e mortali ferite da mazza pesante.
Althea non salvò la sua famiglia. Non salvò lei. Forse Aengus. Forse...
"In quanti erano?"
"Chi? I Martelli Dorati?"
"Sì."
"Non lo so. Ma fu uno di loro a salvarci, non ricordi?"
"Sei sicura di essere salva?"
"..."
Un suono metallico, il martello da fabbro cadde sul terreno. La ragazza, stremata, osservò il risultato del suo lavoro.
Una mazza chiodata di crudo ferro, storta e sbilanciata, intrisa di sudore e lacrime.
Piroettando giocosamente sui talloni, la ragazza estrasse da una tasca una tortina al limone, un sorriso luminoso e innocente sul suo volto.
"Un buon inizio! Haha!"
La tortina aveva un retrogusto di sangue.

"Quanti anni sono passati?"
"Dodici."
"Sei sicura?"
"No."
Il sudore stava iniziando ad annebbiarle la vista, l'incudine ormai uno sfocato bersaglio da colpire ripetutamente, senza remore e senza pietà alcuna.
La giovane ragazza era giunta ad Hammerheim soltanto pochi giorni prima.
Sin da subito, la sua attenzione si rivolse alla miniera cittadina; un luogo confortevole e accogliente, sotto lo sguardo severo di Aengus.
Aengus, il Dio degli Artigiani. Il Dio dell'Onore.
Il Dio dell'Ira.
"Quante volte hai invocato il suo nome?"
"Non abbastanza."
"Sei sicura?"
"Sì"
Lunghi capelli biondo paglierino, pregni di fatica; una cornice dorata per un volto pallido ma arrossato dall'attizzatoio.
Visioni roventi. Nosper sotto attacco. Fuoco e sangue e morte ed escrementi.
Il martello risuona sull'incudine, un ritmo irregolare, frenetico, furioso. I muscoli delle sue esili braccia sempre più doloranti. Ma la ragazza non sente dolore. Non lo sente ancora abbastanza.
"Quante volte sei stata violata da quei banditi?"
"Lo sai benissimo. Non chiedermelo."
"Te ne sei dimenticata, vero?"
"Fai silenzio!"
Gocce di sudore sul ferro rovente. O forse lacrime? Non ha importanza.
La risposta va trovata nel crudele metallo. Nelle lame affilate, nelle violacee e mortali ferite da mazza pesante.
Althea non salvò la sua famiglia. Non salvò lei. Forse Aengus. Forse...
"In quanti erano?"
"Chi? I Martelli Dorati?"
"Sì."
"Non lo so. Ma fu uno di loro a salvarci, non ricordi?"
"Sei sicura di essere salva?"
"..."
Un suono metallico, il martello da fabbro cadde sul terreno. La ragazza, stremata, osservò il risultato del suo lavoro.
Una mazza chiodata di crudo ferro, storta e sbilanciata, intrisa di sudore e lacrime.
Piroettando giocosamente sui talloni, la ragazza estrasse da una tasca una tortina al limone, un sorriso luminoso e innocente sul suo volto.
"Un buon inizio! Haha!"
La tortina aveva un retrogusto di sangue.
Celica Saillune
Apprendista Fabbro della Splendida
"La forgia è tutto. La più grande delle soddisfazioni, la più profonda delle sofferenze."
Apprendista Fabbro della Splendida
"La forgia è tutto. La più grande delle soddisfazioni, la più profonda delle sofferenze."