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Il piccolo studiolo sull'isola

Posted: Thu Nov 07, 2024 8:41 pm
by luckykiss
Come può un fringuello?

Il legno scricchiolava sempre quando si poggiava al vecchio tavolo dello studio. Non era un legno pregiato, forse addirittura di recupero, però l'odore che lo permeava era caro al giovane tanto che, nonostante ogni sua singola venatura mostrasse l'insieme di innumerevoli imperfezioni, quel tavolo non aveva mai abbandonato la sua dimora.
Da anni ormai vi erano distese sopra delle mappe che il più delle volte venivano usate in modo improprio, alcune di esse in una pila erano tenute insieme e schiacciate da un pesante cannocchiale quasi dovessero sorreggerlo, altre erano affiancate e appuntate sulla superficie del tavolo da un coltello, infine altre malconce sporche e maledoranti erano state usate con il solo scopo di raccogliere del grog versato maldestramente.
Il protagonista di quello scempio questa volta era il cappello a falda larga del biondo biondissimo Orgegro, che copriva la metà del Continente così come parte di una macchia appiccicosa e maleodorante che definiva la forma circolare del fondo di una bottiglia di liquore. La piuma, così grande che scendeva quasi a terra, ornava uno dei due lati del copricapo e nonostante l'indumento avesse già una discreta esperienza alle spalle manteneva il colorito e l'appariscenza di un tempo.
L'aria secca dello studio e l'odore di legno marcio misto ad alcol non invogliavano a soffermarsi oltre, eppure il testimone innocente di quel disordine non era il marinaio quel giorno bensì un piccolo fringuello che era entrato da una delle finestre. Era atterrato dopo un lungo volo proprio sopra il cannocchiale, per poi muoversi fin sulla falda del cappello pigolando pieno di interesse. Dall'aspetto robusto, sorretto solo da esili zampe, e con la classica livrea di caldi colori autunnali quasi non si notava quanto la strana forma del capo, squadrata, completasse la figura ridicola di uno degli uccelli più comuni.
Solo quando il suo becco rotondo e goffo trovò la piuma del cappello si udì il cigolio di cardini di metallo che lavoravano ed il rumore della pesante porta di legno che si apriva. Il biondo, biondissimo Orgegro, entrò di corsa per posare presto la sua attenzione proprio sul copricapo che era stato dimenticato eppure per un momento più lungo del necessario il suo sguardo fu attirato dall'animale che svolazzava via inforcando l'uscio alle sue spalle, schivandolo in maniera goffa e tutt'altro che delicata. Il suo pensiero volò a dei ricordi lontani prima che l'uomo se ne rendesse conto.


"C'era una volta - gli ripetè sua madre - un piccolo e dolce fringuello che volava solo nella foresta, soffermandosi di tanto in tanto per esplorare ogni ramo, approfittando dell'ombra o di un frutto da bucare per poi riprendere il volo. Non aveva mai visto una volpe così, quando raggiunse uno stagno, vedendone una l'emozione fu tanta che dovette avvicinarsi e parlarle."

A nulla servirono le obiezioni del biondo, biondissimo bambino, in quel racconto gli animali parlavano.

"Parlarono per ore, discutendo su chi fosse più veloce a correre, saltare, volare.
Parlarono per ore, chiedendosi se fosse più colorata la scarlatta criniera dell'una o le grigie ali dell'altro.
Parlarono per ore e parlarono ancora finchè nel tempo d'un battito d'ali l'uccello scomparve nella bocca della volpe."


Orgegro prestava sempre attenzione a quella parte, la più divertente dal suo punto di vista, e come sempre il racconto di sua madre terminava nella stessa identica maniera:

"Come può un fringuello non rendersi conto d'esser cibo?"

Re: Il piccolo studiolo sull'isola

Posted: Thu Dec 05, 2024 1:45 pm
by luckykiss
Le sfumature d'un pappagallo?

I colori smunti della tavolozza, rinfrescati a sputo, si stavano seccando. La vecchia amica del pittore, che spesso raccoglieva polvere in un angolo dello studio insieme a pennelli e tempere, dopo il suo ultimo utilizzo aveva incontrato un destino ancora peggiore: era stata usata come supporto per chiudere una finestra. Non uno scure a caso, ma uno che mal rientrava nel telaio dell'infisso, complici anche i cardini che avevano più anni di lavoro alle loro spalle di quanto davano a vedere.
Da quando un simpatico fringuello aveva curiosato tra le sue mappe, creando il caos là dove il caos era già presente, il marinaio aveva deciso di chiudere alla meglio l'anta difettosa usando ciò che gli era capitato tra le mani.
Il biondo, biondissimo, Orgegro non era solito trattenersi con il lapis, non che non ne fosse capace o che fosse poco dotato, anzi, semplicemente aveva messo da parte un'arte acquisita con dolore e fatica nel corso degl'anni in vece d'un ben più facile e raffinato intrattenimento, il grog. Quel saporito veleno saggiava la sua tempra ogni minuto della giornata e se da un lato lo riempiva d'ispirazione verso la tela, dall'altro lo privava della giusta forza per tradurla in un dipinto che valesse la sua intenzione. Come in un classico cerchio vizioso, l'ispirazione moriva col finire della sbornia e, privo del suo alcol, la mano iniziava a tremare.
I callosi polpastrelli, resi ancor più ruvidi da anni e anni di corde ricoperte di salsedine e tirate in mezzo al mare, descrivevano la sua esperienza più di quanto non facessero tutte le parole con cui veniva interpellato. Le dita nodose, alcune messe meglio altre peggio, sembravano trovare la giusta pace solo nella comoda imbottitura dei guanti d'arme, per tal motivo negl'anni raramente si era trovato a riprendere pennelli e tempere. Ma non quel giorno.
La tela, che fino alla sera prima giaceva tra le ragnatele di un angolo al buio, ora occupava il centro della stanza sorretta da un telaio poco resistente che era stato appoggiato al vecchio tavolo dello studio per cercare più stabilità. V'era rappresentata sopra una donna da profondi riccioli castani e dolci lineamenti, le guance delicate della giovinezza e le labbra rosse e carnose di chi l'aveva vissuta a pieno. L'epressione solare del volto però non tradiva il più becero dei conflitti, gli occhi di lei non erano i suoi. La promessa sposa aveva le iridi del verde più raggiante di qualsiasi campo che fosse in procinto di fiorire, i riflessi chiari della luce che colpiva il letto d'un fiume in primavera. Gli occhi che il marinaio aveva dipinto, senza nemmeno rendersene conto, non erano quelli di Keyra bensì appartenevano alla donna che aveva allontanato, la stessa che credeva di avere in pugno e che in realtà aveva catturato il suo cuore, l'unica che significasse davvero qualcosa per lui.
Fu così che, indietreggiando il capo per cercare l'angolo giusto, realizzò il triste errore nel momento stesso che la sua bocca si apriva e le sue palpebre si spalancavano in un'espressione sbigottita. Il dolore che gli provocò la vista di quegl'occhi, così fedeli a quelli di Selene, lo colpì ben più duramente del rimorso dell'ormai prossimo matrimonio che aveva organizzato col solo scopo di mettere la parola fine su qualcosa che, evidentemente, ancora viveva in lui.


"Questi - enunciò a voce alta e piena di rabbia, nonostante fosse solo nello studio - non ti appartengono!"

Stringendo saldamente in mano il pennello, con forza dettata più dall'ira che dall'ispirazione, si ritrovò a fissare i colori del quadro intero, notando tonalità affini al piumaggio d'un particolare uccello.

"Per ridicola che possa essere la tela, non sarà mai testimonianza del mio dolore."


Ammettendo tra sè e sè di soffrire il marinaio tentò di ricacciare invano le lacrime che lastricavano le sue guance, e con poche pennellate il dipinto d'una donna scomparve, tutto ciò che restava era uno splendido ritratto di Poriko, l'emblema di Tortuga. L'ultimo pensiero, mentre continuava a dipingere, fù proprio per il pappagallo:

"Smetterà mai di cacarmi addosso quel fetente maledetto?"

Re: Il piccolo studiolo sull'isola

Posted: Fri Dec 06, 2024 1:12 pm
by luckykiss
L'esuberanza del pettirosso!

Il tetto dello studiolo, dopo anni di onorata carriera, cadeva a pezzi. Per fatiscente che fosse quel posto, non tutti gli articolati dettagli si potevano vedere dal di fuori eppure, se qualcuno dovesse descrivere tra tutte le capanne e le baracche dell'Isola la casa del marinaio, per certo avrebbe utilizzato l'indecenza e precarietà di quelle tegole. Non che fosse mancata la giusta manutenzione di tanto in tanto, semplicemente tutto ciò che era stato fatto per nascondere il passare del tempo s'era fermato là dove l'esigenza ed i dobloni comandavano, negando una vera e propria, per quanto necessaria, ristrutturazione.
Di tanto in tanto si vedeva dell'umido pagliericcio unito ad argilla che serviva a tappare qualche buco e ad impedire che la pioggia avesse la meglio sull'abitazione e, se da un lato l'instabile e temporanea soluzione aveva salvato dal maltempo l'interno dello studiolo, dall'altro lo aveva omologato a ben più povere soluzioni abitative che da tempo venivano utilizzate dai pescatori.
Per non parlare poi di quell'insalubre odore, avendo tempo possibilità e danaro da scommettere, si sarebbero potuti fare soldi facili puntando sulla dubbia provenienza della creta che era stata usata per le riparazioni, più fango e feci di animali recuperate dal bordo d'una strada durante un'acquazzone che vera e propria argilla d'un giacimento che portasse quel nome. L'unica fortuna erano i non radi giorni di sole dell'Isola, dove l'argilla si seccava e tratteneva quell'insana puzza che permeava le narici e la sensibilità dei passanti, alla pari dell'odore di pesce del vicino porto. Per contro, v'erano momenti dopo il maltempo in cui tornava la luce, le nubi si diradavano e sorgevano degli splendidi arcobaleni che, per ogni insano sforzo, non riuscivano tuttavia a dipingere sui volti dei pescatori dei genuinui sorrisi alla presenza del fetore sprigionato da quella creta.
Nonostante questa indiscreta e particolare caratteristica, la piccola abitazione non sembrava niente male al biondo biondissimo Orgegro.
Non troppo grande ma abbastanza per le esigenze del marinaio, spezzava la conformità delle baracche vicine e, tuttavia, guardandola s'integrava perfettamente con il paesaggio dell'Isola. Proprio per questo motivo il giovane spesso soleva buttarle un occhio di riguardo quando vi si avvicinava e quando la lasciava, chiedendosi se prima o poi l'avrebbe chiamata casa, così come in precedenza aveva fatto con Tortuga, prima ancora con Seliand e prima che potesse ricordarlo con Edorel, nei giorni che il dolore aveva cancellato dalla sua memoria.
Per quanto conosciuto e studiato, il paesaggio e la vista dell'abitazione avevano un dettaglio nuovo alle prime luci dell'alba di quella comune mattina di Dodecrabrullo prima dell'arrivo delle nevi e del freddo. Di una scena che poteva essere dipinta su una tela e che dalla tela stessa sarebbe uscita per gridare la realtà di ciò che vide Orgegro quel giorno avvicinandosi allo studiolo, non v'è traccia alcuna in nessun educato libro, voglioso tomo o sparuta pergamena.
Non tanto l'ilare fuga di una nana in calze e giarrettiere, più nuda che vestita, con le gambe anchilosate per natura e corte oltremodo che correvano svelte sul selciato che si allontanava dalla casa, quanto la cappa, avvolta sul torso, che usava per coprirsi le spalle d'un uomo ed i grossi seni d'una vacca. Ciò che attirava più l'attenzione tuttavia non era il pelo sul suo ventre o i copiosi baffetti imbronciati, bensì proprio quella pesante mantella d'insolita fattura, ricamata ad arte e grande abbastanza per avvolgere un orco di grossa stazza.
Orgegro conosceva quella stoffa.
Così, con l'animo amaro, l'espressione adirata del volto, e mille dubbi che si chiarivano un passo dopo l'altro, il marinaio inforcò la via che conduceva alla porta di casa. Due tizzoni ardenti che trovassero comodo rifugio negl'occhi del giovane non potrebbero mai cancellare la vista nè i ricordi di chi si parò sull'uscio dello studiolo.
Come un fiero e orgoglioso pettirosso che gonfiava il petto arrogante di piume cremisi, sporgendosi fuori da una gabbia dorata, il mercenario, nudo come un vitello venuto al mondo e parimenti sudicio, occupava l'ingresso. Una mano scorreva pigra sulla folta peluria del suo petto villoso, mentre l'altra trovando un fianco non nascondeva nulla della sua enorme impudicizia.


"Che Danu ti affoghi tre volte... - pronunciò Orgegro con voce salda che accettava l'accaduto - animale."

A tal esclamazione Brutus, la guardia dell'Oasi, realizzò d'esser stato colto in flagrante. Prima che potesse però giustificarsi il biondo aggiunse l'ovvio.

"Copriti bestia!"


L'espressione di stupore mista a divertimento lasciò ben presto la faccia vissuta e quei baffoni rossi più del sangue mentre il mercenario si guardava attorno nel disordine che aveva creato. Con rabbia nel volto si voltò verso Orgegro:

"Quella bagascia m'ha preso la cappa!"