Ricongiungersi al passato, sorprendersi del presente, immaginare il futuro
Posted: Tue Feb 27, 2024 12:21 am
Erano passati anni da quando era stato nella Valle la prima volta.
Aveva un manto e una funzione diversa, con il suo martello e il suo fervore aveva conquistato la fiducia degli Alti. La sua missione era stata completata. L'Aran era diventato suo amico, avevano avuto il piacere di passare insieme molte serate a discutere, a capire ciò che poteva unirli invece che dividerli. Poi i rapporti erano sbiaditi, come ricordi lontani.
Era passato il tempo. Poco più di un respiro per gli elfi, quindici anni per un umano come lui.
Erano tanti. Il mantello arancio era diventato smeraldo, poi nero, infine celeste.
Stava diventando vecchio. La casa che aveva costruito era distrutta.
Nessuno si sarebbe ricordato della sua missione, sempre meno del suo desiderio di pace diventato rivoluzione, ancora meno della rinuncia a tutto per abnegazione, per desiderio di libertà. Gli restavano poche cose: i ricordi, l'autostima, la reputazione, la dignità personale. Cose che nessuno gli avrebbe portato via.
Sapeva ancora riprendere in mano la piuma e intingerla nell'inchiostro.
E scrivere, come faceva molto, un tempo, per i Re dell'Ovest.
"Sfiorirono i suoi anni come gigli
invecchiarono poco, ogni giorno,
gli ricordavan le voci di quei figli
che partono e non fanno ritorno.
Bisognerebbe amarsi,
non dare mai per scontato
che le certezze restino immobili,
che giustizia non sia catarsi.
Il tempo fugge anche ai nobili,
anche a chi dal potere è scortato,
senza un'idea del giusto da farsi,
senza potere, né voglia di costruire.
A voi, a cui piace soffrire
se il sudore rinnova la terra,
studiate un metodo che serva all'azione.
Sognate la liberazione."
Aveva scelto di scrivere come aveva sempre fatto: una poesia per chi voleva ascoltarla, incatenare parole e pensieri, scavarle nella pietra, affinché rimanessero. Non aveva altri obiettivi se non quello di poter confrontarsi un domani con quello che avrebbe pensato di quelle parole, paragonare i suoi pensieri a quelli di altri, chissà quanti, che avessero compreso o ignorato quel messaggio, che fossero mutati o impassibili a quel messaggio. Null'altro.
La sua risolutezza divenne sorpresa.
Una ninfa di Earlann scostò i rivoli della cascata nei campi della Celata. Divise le acque, come solo creature divine sanno fare. Era divertita, soddisfatta forse, dalle sue parole al punto da ritenerle superiori alle altre. Una sorpresa per lui: un riconoscimento, là dove non era atteso era una piacevole novità nella sua vita, un grande onore, un dono inaspettato. Poggiò la coppa sull'erba, perché tutti potessero ammirarla e applaudì i suoi compagni di liriche.
Chissà: se ricominciare significa cambiare, se ripartire significa scommettere su se stessi.
Chissà se questa è la natura di ogni essere. Chiudere i cerchi, sorprendersi, immaginare e poi ricominciare, sempre.
Aveva un manto e una funzione diversa, con il suo martello e il suo fervore aveva conquistato la fiducia degli Alti. La sua missione era stata completata. L'Aran era diventato suo amico, avevano avuto il piacere di passare insieme molte serate a discutere, a capire ciò che poteva unirli invece che dividerli. Poi i rapporti erano sbiaditi, come ricordi lontani.
Era passato il tempo. Poco più di un respiro per gli elfi, quindici anni per un umano come lui.
Erano tanti. Il mantello arancio era diventato smeraldo, poi nero, infine celeste.
Stava diventando vecchio. La casa che aveva costruito era distrutta.
Nessuno si sarebbe ricordato della sua missione, sempre meno del suo desiderio di pace diventato rivoluzione, ancora meno della rinuncia a tutto per abnegazione, per desiderio di libertà. Gli restavano poche cose: i ricordi, l'autostima, la reputazione, la dignità personale. Cose che nessuno gli avrebbe portato via.
Sapeva ancora riprendere in mano la piuma e intingerla nell'inchiostro.
E scrivere, come faceva molto, un tempo, per i Re dell'Ovest.
"Sfiorirono i suoi anni come gigli
invecchiarono poco, ogni giorno,
gli ricordavan le voci di quei figli
che partono e non fanno ritorno.
Bisognerebbe amarsi,
non dare mai per scontato
che le certezze restino immobili,
che giustizia non sia catarsi.
Il tempo fugge anche ai nobili,
anche a chi dal potere è scortato,
senza un'idea del giusto da farsi,
senza potere, né voglia di costruire.
A voi, a cui piace soffrire
se il sudore rinnova la terra,
studiate un metodo che serva all'azione.
Sognate la liberazione."
Aveva scelto di scrivere come aveva sempre fatto: una poesia per chi voleva ascoltarla, incatenare parole e pensieri, scavarle nella pietra, affinché rimanessero. Non aveva altri obiettivi se non quello di poter confrontarsi un domani con quello che avrebbe pensato di quelle parole, paragonare i suoi pensieri a quelli di altri, chissà quanti, che avessero compreso o ignorato quel messaggio, che fossero mutati o impassibili a quel messaggio. Null'altro.
La sua risolutezza divenne sorpresa.
Una ninfa di Earlann scostò i rivoli della cascata nei campi della Celata. Divise le acque, come solo creature divine sanno fare. Era divertita, soddisfatta forse, dalle sue parole al punto da ritenerle superiori alle altre. Una sorpresa per lui: un riconoscimento, là dove non era atteso era una piacevole novità nella sua vita, un grande onore, un dono inaspettato. Poggiò la coppa sull'erba, perché tutti potessero ammirarla e applaudì i suoi compagni di liriche.
Chissà: se ricominciare significa cambiare, se ripartire significa scommettere su se stessi.
Chissà se questa è la natura di ogni essere. Chiudere i cerchi, sorprendersi, immaginare e poi ricominciare, sempre.