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Re: De Rerum Alexandro - Volume II

Posted: Thu Jun 01, 2023 10:32 pm
by Alexandros Joriin
Il Diario di Giulius Wavehearp, Legionario di Frontiera

Entrò nella sua stanza della locanda di Rotiniel. Slacciò il mantello e lo lasciò cadere sul letto. Sedette, presso lo scrittoio e ne aprì il cassetto. Un piccolo libretto era custodito all'interno. Lo prese tra le mani ed accarezzò lentamente la copertina in pelle rossa con borchiature metalliche di adamantio. Lo posò lentamente sul mobile e si voltò verso il balcone che dava direttamente sul porto di Rotiniel. Socchiuse gli occhi ed iniziò a ricordare accadimenti di molti anni prima, quando, per puro caso, rinvenne quel volume che cambiò definitivamente la sua vita. Lo ricordava benissimo, come se fosse accaduto ieri, era presso la vecchia casa del suo tutore, il giorno dopo in cui si senti costretto ad abbandonare la via del cavalierato, presso la fortezza del "Sacro Verbo". Era un giorno piovoso...

***///***

Una sottile pioggia cadeva silenziosa tutt'intorno, l'umidità sembrava potersi infiltrare, poter attanagliare le membra sin dentro le ossa, ma Alexandros non vi faceva caso. Era in piedi, mentre la cappa ormai pregna d'acqua gocciolava ai suoi piedi andando a formare delle piccole pozzanghere nel terreno. Il suo sguardo osservava una tomba, sulla cui lapide vi era inciso un nome, Maric Wavehearp.

Era fermo in quella posizione da molto tempo, sembrava di pietra, il respiro appena percettibile e gli occhi seri di chi ha ormai da tempo perso ogni innocenza, inviavano al suo cervello un immagine che in reatà egli non vedeva, talmente era assorto dentro di sè. Poi volse il capo improvviso come se avesse sentito qualcosa, focalizzando immediatamente l'immagine su un volatile che cercava riparo nel tetto malridotto della sua vecchia casa. Una lieve increspatura del labbro sul lato destro, forzò un lieve mezzo sorriso, i tratti si distesero inconsciamente mentre osservava l'animale che imbeccava i piccoli della sua nidiata. Poi allo stesso modo della nuvola che torna ad offuscare il Sole, la luce dal suo volto svanì spegnendo nuovamente le iridi, veterane osservatrici di tante battaglie, uccisioni, inganni...tradimenti.

Mosse un passo verso il capanno, seguito subito da un altro ed un altro ancora. La porta era socchiusa ed egli entrò senza indugio. Si fermò un istante ad osservare la quiete di un posto che non aveva più vita, osservò gli oggetti, un tempo utensili indispensabili ed adesso solo buoni per trattenere la polvere e lentamente si avvicinò al camino. Su un lato dello stesso c'era della legna rimasta accatastata lì da chissà quanto tempo, ne afferrò svariati pezzi gettandoli nel focolare adiacente e prese anche una lampada che conteneva ancora dell'olio combustibile versandolo sulla legna, senza tanti complimenti. Il fuoco iniziò a crepitare e riscaldando pian piano la vecchia pietra, sembrò donare luce e vita all'intero ambiente.

Alexandros si spogliò degli indumenti bagnati e nudo sedette incrociando le gambe su una vecchia pelle d'orso, davanti al fuoco. Fissò le fiamme danzare sulla legna, mentre il calore iniziava ad asciugare dal suo corpo, dai suoi capelli l'umidità di un giorno intero. Passò una mano sul torace seguendo lentamente, come a voler ricordare gli eventi ad esse correlate, le cicatrici che ne segnavano la carne; poi prese altra legna e la mise sul fuoco.

Mentre compiva questa operazione, si accorse che il basamento sui cui erano accatastati i ceppi aveva una strana fessura. Incuriosito spostò la legna e potè notare che l'intero mattone si muoveva nel suo alloggiamento. Prese la spada corta dal fodero adagiato li vicino e fece leva sulla chianca. Riuscì a spostarla facilmente mettendo subito in mostra quel che era celato al di sotto, un piccolo bauletto. La serratura era ormai consunta ed aprirlo non richiese nessuno sforzo. All'interno un piccolo libro dalle copertine in pelle rossa tenute ferme da alcune borchiature metalliche di colore bianco, probabilmente adamantio. Aveva l'aria molto antica e lo aprì con cura. Sulla prima pagina vi era il disegno di uno scudo che riconobbe subito come quello appartenente ai vecchi Legionari di Frontiera di Amon. Voltò ancora pagina scorgendo una scrittura molto lineare e compatta, ben ordinata e non molto difficile da leggere. La scrittura di un soldato, Giulius Wavehearp, il padre del suo tutore.


"Dal diario di Giulius Wavehearp, Legionario di Frontiera"
1 Orifoglia dell'Anno Imperiale 189

Finalmente sono riuscito nel mio intento. Il duro addestramento cui mi sono sottoposto ha dunque avuto il suo risultato. Amon sta potenziando la Legione arruolando un numero maggiore di legionari e colui che mi ha valutato ha riconosciuto la sveltezza della mia lama. A quanto dicono presto ci sarà una nuova guerra sul fronte orchesco e di certo non voglio perdermi lo spettacolo. Caro padre se mai un giorno ti troverai a leggere queste righe, sappi che ho sempre nel mio cuore il tuo ricordo e quello della famiglia. Comprendo anche che il disappunto per la mia scelta, era una forma di protezione nei miei confronti poichè avresti voluto sempre avermi al tuo fianco, ma io non sono fatto per coltivare la terra, non sono uomo per avere una famiglia, dei figli, il mio posto è qui, a difesa della città a difesa del valore e della forza di Amon e faccio l'unica cosa che mi riesce bene, combattere.

26 Orifoglia dell'A.I. 189

La vita del legionario è dura, ma non me ne lamento è quello che ho sempre voluto. Sono stato inviato per una settimana a pattugliare le gole e le valli degli Orquirian. Nessun orco in vista per ora, chissà dove si sono rintanati quei dannati. Stiamo realizzando un piccolo accampamento, ben fortificato in una rientranza della roccia, cui faremo capo per tutto il periodo in cui saremo in missione fuori da Amon. Domani finiremo di alzare la palizzata di circa cinque metri sull’unico fronte scoperto, quello anteriore, ed in seguito aggiungeremo un fossato profondo tre metri e largo dieci. Sul fondo dello stesso saranno applicate serie di pali acuminati, precedentemente temprati nel fuoco ed infine ancor prima di giungere a questo, ogni tre metri con geometria a nido d’ape, prepareremo dei triboli, grossi chiodi a tre punte occultati in delle piccole buche nel terreno, in grado di incapacitare gravemente l’avanzata del nemico.

30 Orifoglia dell’A.I. 189

Da tre giorni abbiamo terminato l’allestimento del campo. Abbiamo avuto anche il tempo di costruire dei rifugi di tronchi all’interno del fortino. Siamo una ventina in tutto, due sentinelle sono di guardia sugli spalti, due ai portoni, nove impiegati in pattuglia per tutto il giorno i restanti sette impiegati in altri servizi o a riposo. Il Centurione che ci comanda, un uomo di grande esperienza, dice che questa calma estrema non è normale e a suo parere c’è qualcosa che bolle in pentola. La pattuglia di domani, di cui farò parte anche io, si spingerà molto più a nord.

31 Orifoglia dell’A.I. 189

Scrivo rapidamente. Siamo fermi su un’altura a controllare da cinque ore un gruppo numeroso di orchi, almeno venti. Non riusciamo a capire cosa stiano facendo, sembrano molto eccitati, come se attendessero qualcuno d’importante con trepidazione. Sono sicuro che…


*Il testo appare interrotto come se la scrittura fosse stata terminata improvvisamente*

1 Nembonume dell’A.I. 189

Riporto solo ora quello che è accaduto ieri, è stato tutto cosi rapido. Mentre osservavamo il drappello orchesco vedemmo giungere uno della loro specie, strano, molto diverso rispetto agli altri, la pelle leggermente più chiara, sul grigio. Aveva un’andatura meno dinoccolata, meno animalesca o primordiale, dava l’impressione di essere maggiormente senziente, più attento. Iniziò a parlare con i suoi in un linguaggio gutturale e sinistro accompagnando il discorso con gesti misurati e ad effetto. Colui che gli stava di fronte, sembrava dissentire ed il misterioso orco sguainando rapidamente l’enorme ascia che aveva legata sulle possenti spalle, lo colpì con fredda determinazione squarciandolo quasi di netto in due. Gli altri orchi sembrarono per un attimo disorientati, poi eruppero in grida selvagge come a riconoscere l’autorità del nuovo giunto. E quello alzò la testa, come se una forza invisibile gli suggerisse dove cercarci e ci vide. Abbaiò qualcosa nella loro lingua maledetta e tutti gli orchi, come un essere solo, si lanciarono verso la nostra posizione. Il Centurione gridò possente “SCUDI!” ed immediatamente andammo a formare una linea di protezione. Attendemmo l’orda venirci incontro mentre il comandante con voce fredda e calcolata c’incitava ad attendere. “FERMI BASTARDI, ASPETTATE! FATELI AVVICINARE”. Poi alla distanza giusta venne l’ordine “TIRATE!” ed una salva di lance fendette l’aria descrivendo una parabola che attinse mortalmente gli orchi più avanzati. “SERRATE GLI SCUDI ORA” e tutti si misero in posizione come testimoniato dal clangore metallico e tutti guardavano dalle feritoie dell’elmo, con occhi famelici l’arrivo di un orco che correva per l’ultima volta. Poi avvenne l’impatto, duro, selvaggio e mentre i legionari spingevano con lo scudo, colpi di ascia da parte del nemico cercavano invano di penetrare la chiusura ermetica della formazione. “ORA LEGIONE! AMMAZZATELI TUTTI!”. Con quelle parole nelle orecchie iniziammo a sterminarli, le spade saettavano in avanti aprendo pance, tagliando gole, recidendo nervi dietro le cosce o i polpacci e quando cadevano a terra impossibilitati a combattere, legionari arretrati l’infilzavano finendoli. In breve, tutto ebbe termine. Guardammo verso il basso se ne arrivavano altri ma nulla, non c’era più nessuno ed il misterioso orco era svanito nel nulla.

3 Nembonume dell'A.I. 189

Siamo rientrati ad Amon, non abbiamo incontrato altri orchi nei restanti giorni. Il Centurione, dopo aver fatto rapporto al Tribuno, è stato subito condotto innanzi al Prefetto per evidenziare nei minimi dettagli le risultanze della missione e del singolare incontro con l'orco dalla pelle grigia. Forse è un segno che implica una certa gravità ma al momento non saprei dirlo, fatto stà che parlando con altri legionari ho appreso che mai nessuno ne ha scorti di simili sinora.

10 Nembonume dell'A.I. 189

Hanno deciso di aumentare il numero di sentinelle nei turni di guardia e gli addestramenti sono divenuti molto piu numerosi, duri e difficili. Spesso simuliamo il combattimento con forte svantaggio numerico e gli istruttori ci mettono tutto il realismo che possono; ci sono stati alcuni feriti.

22 Nembonume dell'A.I. 189

Oggi è una giornata speciale per me, mentre eravamo nella piazza d'armi, come di consuetudine per gli addestramenti, giungevano di corsa due tribuni che chiamavano a gran voce lo schieramento. Incitati dai Centurioni, ogni legionario prendeva il proprio posto nella rispettiva coorte, sino a formare lo schieramento dell'intera Legione. Poco dopo, nell'aria di grande marzialità che spirava in quel luogo austero, giungeva Re Agravain in persona. Dietro di lui, un pò decentrato e come se fosse un'ombra, camminava il Prefetto. Il Re passò in rassegna gli uomini, soffermandosi di tanto in tanto per scambiare con questi qualche breve battuta. Giunto alla mia altezza mi scrutò negli occhi è soffermandosi mi chiese il nome. Con voce decisa e forte declinai quel che domandava ed egli continuò a fissarmi. Poi con un mezzo sorriso e posando la mano destra sulla mia spalla, disse: "Giulius, continua a servire la città come hai fatto sinora, Amon ha bisogno di te" e guardando poi gli altri come ad abbracciarli tutti gridò: " Amon ha bisogno di voi tutti!". Sentii come un grande calore infervorarmi il petto e credo fosse la medesima sensazione che provarono tutti poichè subito dopo l'intera legione iniziò a battere ritmicamente la lancia sullo scudo gridando ripetutamente a viva voce il nome del Re. Nessuno che non abbia vissuto di persona una cosa del genere può capire quanto fosse intenso quel momento, Re Agravain è di certo un grande condottiero ed in quell'istante, chiunque in quella piazza lo avrebbe seguito senza pensarci due volte sino ai Campi Elisi.

16 Dodecabrullo dell'A.I. 189

Ieri è morto il mio amico Parmenione, era un legionario di grande valore. Da tre giorni in pattuglia sulle montagne degli Orquirian con altri sei milites, cadevano in un'imboscata, completamente accerchiati da almeno quaranta orchi. La battaglia fù molto feroce ma questi, chiudendosi in formazione serrata, riuscirono ad aprirsi un varco nelle forze nemiche. Parmenione rimase leggermente arretrato, ordinando al resto della pattuglia di mettersi in salvo e riferire quanto era accaduto ad Amon. Gli ultimi a vederlo in vita hanno testimoniato che combatteva come un leone in mezzo ad un nugolo di orchi, abbattendone in gran numero. Uno dei capi orcheschi che incitava i suoi simili al macello, sembrava avere la pelle grigia. La Centuria, di cui facevo parte anche io, incaricata di tornare sul posto a recuperare i resti del valoroso legionario si trovò di fronte ad uno spettacolo orribile. Il corpo di Parmenione era squarciato nel petto e privo del cuore, era stato infilzato insieme alla sua testa su un palo di legno. Intorno ai suoi resti, contammo quindici orchi ammazzati, segno che aveva venduto molto cara la vita.

18 Dodecabrullo dell'A.I. 189

Dopo un giorno di pubblica esposizione dei resti ricomposti di Parmenione, quale testimonianza del valore dimostrato in fronte al nemico, sono state celebrate le esequie funebri. Lo stesso Re Agravain si è recato presso il caduto apponendo sulla sua testa la "Corona Civica", fatta con ramoscelli intrecciati di quercia, onoreficenza insignita nei confronti di chi salva, con le sue gesta, altri cittadini amoniani.

31 Dodecabrullo dell'A.I. 189

Dopo lo scontro e conseguente morte di Parmenione, gli orchi sembrano scomparsi. Le pattuglie di Amon espletate nei giorni successivi non hanno individuato nulla di anormale, nessuna traccia rinvenuta, nessuna attività anche in aeree in cui sino a qualche giorno prima si era ravvisata un'elevata concentrazione di truppe. Sembra quasi che abbiano voluto mettere tutto a tacere. Una certa inquietudine si diffonde nella legione, molti pensano che stia accadendo qualcosa di sinistro. Fervono nel contempo i preparativi per la grande festa che si terrà, fra pochi giorni, in onore di Crom il Giusto.

6 PostApritore dell'A.I. 190

Oggi avranno luogo, come sancito e tramandato da Re Ametraal Da Silva di Hammerheim nel quarto anno dopo la "fondazione", grandi festeggiamenti in onore del padre degli Dei, Crom. Re Agravain ha voluto fortemente che la festività si tenesse ugualmente, nonostante i fermenti rilevati sul fronte orchesco, nelle settimane precedenti. La tradizione vorrebbe che in tale giornata, tutte le famiglie siano congiunte in modo da ristabilire l'armonia ed appianare qualsiasi contrasto. Il Re, dopo aver partecipato alla solenne funzione religiosa tenuta dai Templari, ha voluto riunire tutti i legionari, senza famiglia o impediti a tornare presso i propri cari, nella locanda piu capace di Amon ed insieme a loro ha brindato in onore del Dio.

24 PostApritore dell'A.I. 190

Stamattina ho incontrato il Centurione Longino con cui già in precedenza ho espletato servizio di pattuglia presso l'avamposto costruito a ridosso dei monti Orquirian. Mi ha avvertito che tra pochi giorni sarò reimpiegato per una missione piu lunga, circa un mese, in territorio orchesco. A quanto pare si tratta di un incarico particolarmente rischioso. Non ha voluto fornirmi ulteriori particolari. Sono molto contento di essere stato considerato da parte di un uomo come lui, un vero legionario dalla grande esperienza. Passerò dal fabbro ad affilare la spada.

31 PostApritore dell'A.I. 190

Non riesco a dormire. Troppi pensieri attraversano la mente per la missione che mi spetta domattina all'alba. E' un pò diversa da quel che credevo. Gli ordini sono di non ingaggiare le forze nemiche ma semplicemente esplorare alla ricerca di indizi ed alla ricerca degli spostamenti e della consistenza delle truppe orchesche. Possiamo portare solo un'armatura leggera in cuoio ed altro armamento leggero, si predilige in questo modo la silenziosità e la possibilità di riuscire a passare inosservati. Lasceremo qui, al sicuro, anche il mantello cremisi di Amon, indossando al posto una cappa di colore verde come la vegetazione delle terre selvagge.

7 Forense dell'A.I. 190


*La scrittura non appare riconoscibile come appartenente a Giulius Wavehearp, la grafia appare discontinua a tratti poco comprensibile come se l'autore avesse difficoltà a stringere la penna tra le dita. In alcuni punti vi sono dei piccoli grumi d'inchiostro e la pagina sembra avere delle macchie dal colore leggermente piu scuro rispetto alla tipica tonalità della carta, probabilmente a causa dell'esposizione a qualche tipo di liquido successivamente asciugatosi, forse semplice acqua*

Sono passati sette giorni dalla partenza, abbiamo trovato rifugio per la notte in una depressione molto stretta del terreno, circa un metro di larghezza ed alta due, notevolmente coperta dalla vegetazione, probabilmente quel che rimane di un antico fiume. Al suo interno, si è provveduto a termo isolare la parte posteriore del nostro ricovero posizionando dei rami secchi sul fondo, come a formare una palizzata a maglie larghe tra le quali abbiamo provveduto ad intrecciare sterpaglie e foglie. Lo stesso procedimento è stato attuato per il tetto, in tal modo abbiamo cinque lati riparati dalle intemperie, due dei quali formati naturalmente dalle pareti del solco, mentre per il restante lato si è utilizzato una coperta mimetizzata con erbe e foglie la quale consente un facile e rapido accesso all'interno. Ad una distanza di cinquanta metri circa, abbiamo sparpagliato tutt'intorno alcuni rametti secchi, sperando che possano fungere d'allarme nel qual caso forze ostili tentassero d'avvicinarsi furtivi verso la nostra posizione anche se, l'umidità degli ultimi giorni non è di certo un toccasana per tale stratagemma. Vi è una buona visibilità favorita dalla luna piena ed in compenso fa molto freddo, non possiamo accendere alcun fuoco, qualcuno potrebbe scorgerlo dalla distanza e come se non bastasse, da circa un'ora ha iniziato a nevicare. Riesco a malapena a stringere la penna tra le dita e l'inchiostro è semi congelato, probabilmente non avrei potuto utilizzarlo se non l'avessi conservato in una tasca interna sufficentemente riscaldata dal calore corporeo. Non abbiamo ancora incontrato orchi, sembra quasi che si siano rintanati nelle loro fetide tane; tuttavia benchè non possa immaginare le motivazioni di tutto ciò, abbiamo d'altro canto rilevato un aumento esponenziale di segni ed impronte del passaggio di consistenti truppe. Tutte sembrano convergere verso settentrione, come se avessero un qualche motivo comune, un appuntamento nel medesimo posto. Ho un brutto presentim...

*Dalla lettera m, incompleta nell'ultima gamba, parte una linea scomposta verso il basso*

10 Forense dell'A.I. 190

Per tre giorni abbiamo camminato senza tregua, se non effettuando brevi pause della durata massima di mezz'ora, sia con il favore della luce che durante l'oscurità notturna. Sono riuscito ad addormentarmi in piedi, solo appoggiando la schiena ad un albero, non avrei mai detto che potesse essere possibile, ma comprendo che le capacità di recupero umane siano davvero strabilianti a volte. Quei dannati orchi che l'altro giorno sono passati cosi vicino al nostro rifugio, ci hanno costretti ad essere maggiormente prudenti ed abbiamo deciso di dirigerci verso le montagne, salendo sino ad una certa quota. Forse in tal modo avremo la possibilità di meglio tenere sotto controllo eventuali spostamenti piu a valle e probabilmente, se avremo la fortuna di trovare un anfratto lungo le pareti rocciose potremo forse riposare per qualche giorno in un luogo riparato.

11 Forense dell'A.I. 190

Abbiamo trovato una caverna, non molto profonda, la cui unica via d'accesso di ridotte dimensioni, ne rende quasi impossibile il rinvenimento. Superata la stretta apertura, l'interno risulta però abbastanza confortevole da consentire un agevole permanenza anche per una ventina di uomini. Nella parte superiore vi è una frattura nella roccia che agisce come un camino naturale, cosa che ci ha consentito di accendere un piccolo fuoco, senza timore di essere scorti per la luce o il fumo derivati dalla combustione. Dopo aver finalmente riposato, seduto davanti ad un invitante focolare, lascerò ora brevemente, traccia scritta di quel che è accaduto quattro giorni or sono mentre indugiavamo nel rifugio ricavato all'interno di una vecchia depressione fluviale. Espletavo il primo turno di guardia che avrebbe avuto termine verso la prima ora del mattino in cui il Centurione Longino mi avrebbe sotituito. Riportavo nel contempo, un breve resoconto scritto degli ultimi eventi, quando il silenzio profondo della notte, in un paesaggio che diveniva sempre più bianco e luminoso a causa della luce lunare che si rifletteva sulla neve che assiduamente andava depositandosi sul terreno, fece pervenire alle mie orecchie un debole rumore in lontananza. Qualcuno aveva calpestato uno dei rametti d'allarme. Mi avvicinai con cautela al bordo dell'avvallamento e sollevai la testa ammantata quel tanto che mi consentisse di osservare le vicinanze. Guardai in profondità restando immobile e mi accorsi verso ovest che delle ombre si muovevano furtive verso la nostra direzione. Mi lasciai cadere verso il basso ed entrai nel rifugio, Longino era sveglio e capì al volo. Mi fece un cenno con la testa ed uscimmo fuori. Ci appiattimmo con la schiena alla parete e Longino si sollevò verso l'alto per dare un'occhiata. Tornò subito di sotto e guardandomi mise un dito verticalmente sulle sue labbra ad indicare di non fare rumore, poi con lo stesso indicò verso l'alto per farmi capire che erano vicini. Annuii lievemente e seguii con lo sguardo il movimento della sua mano verso il gladio, pronta per un eventuale estrazione qualora fosse stato necessario. Nel contempo riuscivamo a sentire il soffice crepitio della neve che veniva calpestata, farsi sempre piu vicino finchè un'ombra si fermò sul bordo della depressione, proprio sopra di noi. Terra frammista a nevischio cadde di sotto finendo sulle nostre teste. Nessuno dei due si mosse, nessuno dei due emetteva un fiato. Ricordo quel momento con grande chiarezza, sentivo l'adrenalina scorrere dentro di me, il cuore aumentare i battiti pompando il sangue rapido nelle vene preparando il fisico, caricandolo come a fare riserve di energie pronte ad esplodere da un momento all'altro. Poco piu sopra l'orco, dopo una breve pausa, saltò dall'altra parte del fossato e proseguì la marcia seguito a breve distanza dagli altri mentre a loro insaputa, occhi attenti e nascosti seguivano, con grande interesse, ogni loro movimento.

15 Forense dell'A.I. 190

Da quattro giorni proseguiamo la marcia verso nord alla ricerca di un qualsiasi indizio che meglio possa dirigerci nel nostro compito. Ieri abbiamo scorto un manipolo di orchi che perlustrava la zona sottostante alla nostra. Siamo rapidamente scesi di altitudine per meglio verificare la situazione ed eventualmente seguirli alla distanza. Trovate le tracce, le abbiamo percorse per quasi un giorno, poi l'inizio di una nuova nevicata ci ha fatto perdere la pista. A quanto pare la fortuna gira dalla loro parte.

27 Forense dell'A.I. 190

Mancano ormai pochi giorni al termine del mese stabilito per la durata della missione. Purtroppo non abbiamo fatto alcun progresso utile che ci faccia comprendere cosa stia succedendo ed anche se vorrei piu di ogni altra cosa tornare di corsa ad Amon, tra le sue rassicuranti mura, sono altresì d'accordo con il Centurione Longino che considera, allo stato attuale ed in ragione della nostra posizione molto avanzata in territorio nemico, molto più sensato ed importante proseguire nella missione ad oltranza. Che Crom Giusta Bilancia apprezzi la nostra temerarietà, non considerandola mero coraggio senza senso, ma volontà consapevole di essere pedine sacrificabili per la salvaguardia di Amon.

3 Macinale dell'A.I. 190


*La scrittura appare incerta quasi tremolante*

Abbiamo abbandonato le montagne spingendoci verso l'interno delle terre selvagge. Un alzamento imprevisto della temperatura, forse un preannuncio della primavera incombente, ha trasformato le nevicate in acquazzoni persistenti che in breve hanno modificato il paesaggio in una fanghiglia senza fine. Facciamo molta fatica ad avanzare, i vestiti sono ormai zuppi d'acqua e la febbre mi attanaglia. Scriverò ancora, in un altro momento se le mie condizioni lo consentiranno.

15 Macinale dell'A.I. 190

Quando ormai eravamo allo stremo delle forze, il Centurione Longino ha avvistato dei ruderi nel fitto della pioggia. Si trattava di una costruzione in pietra, molto vecchia, le cui strutture portanti erano ormai collassate su se stesse. Con la fortuna che aiuta i disperati abbiamo però rinvenuto, nascoste sotto alcune macerie, delle scale che procedevano verso il basso. Ci siamo addentrati senza indugio, avendo cura di mimetizzare meglio l'ingresso alle nostre spalle e proseguendo lungo un breve corridoio, ci accostavamo in un ambiente molto piu largo i cui ulteriori accessi o la semplice rimanenza del suo volume erano occlusi, ormai da tempo immemore, dalle macerie di quel che un tempo erano probabilmente i piani superiori. Siamo ancora all'interno di questi ruderi da dieci giorni, cosa che ci ha permesso di riposare e vincere la febbre. Alcune puntate esterne nei dintorni hanno evidenziato una certa attività verso nord-est.

21 Macinale dell'A.I. 190

Finalmente ci siamo! Quei dannati orchi figli di cane! Quel che abbiamo visto è davvero inquietante. Non ho il tempo per rapportare tutto ora, lo farò durante una delle tappe di rientro verso Amon.

24 Macinale dell'A.I. 190

Solo ora ho la possibilità di scrivere quel che è accaduto quattro giorni or sono. Mancavano poche ore al crepuscolo ed avanzavamo attenti a non fare rumore, cercando nei dintorni un posto idoneo per poter sostare in maniera adeguata durante la notte. Poi percepimmo in lontanza un brusio, un rumore indistinto ed allo stesso tempo inquietante. Seguendo quella eco lontana e man mano che la distanza che ci separava veniva ridotta, forte cresceva dentro di noi la sensazione che un grosso pericolo fosse imminente. Dopo un'ora circa, giungemmo dunque a ridosso di un crinale e lo risalimmo strisciando lentamente. Quasi sulla sommità, il Centurione mi fece segno di attendere ed egli proseguì sino a sporgersi lentamente con il capo. Rimase immobile ad osservare per un tempo indefinito, poi si riscosse e volgendo il viso nella mia direzione fece cenno di avvicinarmi. Strisciai a mia volta con cautela ed arrivai al suo fianco. Sollevai la testa oltre il bordo del crinale e li vidi. Migliaia di orchi in un enorme accampamento, illuminato quasi come se fosse giorno da centinaia di grossi fuochi che si addestravano e lavoravano in settori ben distinti alla costruzione di grosse strutture, sotto la direzione di quegli strani orchi dalla pelle grigia. Non avevo mai visto in loro un'organizzazione tale, mi voltai a guardare interrogativo Longino che appariva però a sua volta, sorpreso quanto me. Poi fece cenno di andare via e mentre scivolavamo verso il basso, nella direzione da cui eravamo giunti, senza nulla proferire, compresi osservando i suoi occhi che la missione era finita e dovevamo tornare vivi ad Amon.

18 Adulain dell'A.I. 190

Scrivo con le ultime forze rimaste, ma è necessario che lo faccia ora che i ricordi sono piu freschi, non voglio rischiare di omettere nessun particolare. Poche ore fa siamo rientrati ad Amon, i legionari di guardia ai cancelli ci hanno sbarrato l'ingresso non riconoscendo in noi i loro compagni d'arme, considerati ormai morti da piu di un mese. Privi di qualsiasi segno di riconoscimento, nel caso fossimo stati catturati, visibilmente dimagriti, con la barba lunga ed il viso scavato dalle intemperie, ritenevano di dover convocare il Tribuno facente capo al nostro reparto per avere conferma circa la nostra identità. Visibilmente sorpreso, come chi si trova improvvisamente di fronte due fantasmi, questi ci salutava con enorme garbo ed informalità, congratulandosi con entrambi per il rientro a casa sani e salvi. Subito, ci condusse in una stanza attigua, più riservata, ove fece portare delle cibarie e nel mentre ascoltava il veloce riassunto di Longino, si corrucciò nel volto quando seppe delle macchinazioni orchesche cui avevamo assistito. Preoccupato per le notizie ricevute ci condusse, senza tanti complimenti al cospetto del Prefetto. Questi ci accolse con grande rispetto ed immediatamente volle ascoltare ancora dai nostri racconti tutto quel che era accaduto. Rimanemmo li a rispondere alla sue domande per quasi tre ore, poi quando ritenne di avere bene in chiaro la situazione ci congedò complimentandosi ancora per il nostro operato, istruendo nel contempo il Tribuno affinchè ci fosse concessa una licenza di sette giorni dalle normali attività di Legione. Appena fuori dagli uffici del Pretorio, vidi per la prima volta un accenno di sorriso sul viso di Longino, un fatto decisamente singolare poichè da tutti notoriamente riconosciuto essere sempre burbero è scontroso. Disse inoltre che mi ero comportato bene e poi mi ordinò di andare a riposare poichè il futuro avrebbe richiesto grandi sforzi e sacrifici da tutti noi.

21 Adulain dell'A.I. 190

Avevo preso una stanza in locanda per poter dormire tranquillo, dato che nelle camerate di legione mi sarebbe stato impossibile e stamattina sono stato svegliato dal fragore della marcia di una centuria nella strada antistante l'edificio e dagli ordini secchi impartiti dal suo comandante. Uscendo dalla stanza per cercare qualcosa da mangiare ho incontrato una delle serve che sistemano gli alloggi e sembrava strana nel guardarmi. Allora gli ho chiesto se ci fosse qualcosa che non andava e lei si premurava di chiedermi se stessi bene. Un pò perplesso, risposi in maniera positiva chiedendole al contempo il perchè di una domanda simile e quella preoccupata disse che ero rimasto nel silenzio più assoluto della stanza per tre giorni.

25 Adulain dell'A.I. 190

Davvero non me l'aspettavo. Oggi ho ripreso servizio nella Legione e durante l'adunata del pomeriggio mentre tutti erano schierati, il Prefetto ordinava che sia io che il Centurione Longino fossimo condotti al suo cospetto. Dopo aver salutato militarmente, in posizione formale davanti a lui, questi rivolgendosi verso tutti, a viva voce, disse che si doveva prendere esempio dal coraggio e dall'abnegazione dimostrata da entrambi durante l'ultima missione e che per tale motivo saremmo stati insigniti, mediante affissione sulle nostre corazze, di una "Phalera" in oro, su cui era scolpita la faccia di un leone, onoreficenza conferita verso coloro che maggiormente si erano distinti durante operazioni militari. Tutta la legione al termine della procedura ci acclamava con l'urlo "Usque ad finem Urbi fidelis". E' stato un momento che non dimenticherò mai nella mia vita. Padre, avrei voluto che fossi stato presente, perchè tutto quello che sono, lo devo a te.

18 Madrigale dell'A.I. 190

E' passato un mese da quando siamo rientrati dalla missione esplorativa, nulla da segnalare anche per quanto riguarda le pattuglie esterne, sembra che gli orchi se ne restino rintanati molto a nord, nei loro territori.

13 Granaio dell'A.I. 190

Ieri è stato il compleanno del Centurione Longino, quell'uomo non finisce mai di sorprendermi. Ha condotto tutta la centuria in una locanda cosi stracolma che non si poteva quasi camminarci ed ha offerto birra a fiumi per tutti. Non ho mai bevuto cosi tanto in vita mia, anche se nessuno è riuscito a battere lui che si scolava un intero barilotto, costringendolo in seguito, per tutta la serata, ad un continuo andirivieni verso le latrine. Alle prime ore del mattino mi sono risvegliato con un gran mal di testa e con il vomito di qualcuno sulla tunica, intorno a me tutti dormivano ubriachi e sdraiati nelle posizioni piu disparate, la locanda sembrava la visione successiva ad una battaglia furibonda con annesso saccheggio.

1 Lithe dell'A.I. 190

L'addestramento odierno ha avuto un epilogo inaspettato. Il Centurione Longino mi ha scagliato contro tre legionari assieme, dicendo semplicemente di fargli vedere come si combatte. Furbescamente i tre si disponevano tutt'intorno e mentre ci osservavamo frenetici pronti a cogliere il guizzo oculare che preannuncia l'attacco, cercavo di spostare la mia posizione di continuo per non dare mai a nessuno il vantaggio di essere alle mie spalle. Quello a sinistra improvvisamente ruppe gli indugi e decise di affondare il gladio in avanti. Spostai dunque repentinamente la gamba destra indietro mandando a vuoto il suo slancio per poi colpire con lo scudo l'istante successivo, prima l'avambraccio proteso disarmandolo e poi con un movimento ampio, il volto. Mentre quello finiva a terra dolorante, il milite frontale pensando di poter sfruttare l'attimo, si scagliava in avanti tentando un attacco alto. Riuscivo a bloccarlo prontamente con la spada, mentre spostando il peso in avanti imprimevo nella gamba destra la forza necessaria per colpirlo con un calcio frontale allo stomaco che lo costrinse a cadere giù in ginocchio. Lo toccai celermente con l'arma di piatto sull'elmo per fargli capire che era morto quando mi accorsi che il terzo caricava a testa bassa con un grosso tridente. Deviai con lo scudo la sua arma ed approfittando della sua corsa e del suo peso, raccogliendomi in posizione difensiva, facendo leva con lo scudo, lo sollevai facilmente da terra scaraventandolo qualche metro più in la sulla schiena e gli fui sopra con un piede sulla gola mentre mi guardava intontito. Ancora carico di adrenalina, sentii Longino che diceva:-"ben fatto Decurione". Lo guardai interrogativo e dalla sua espressione capii che era stata una prova per la mia promozione.

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La nostra Centuria, circa 80 legionari, ha ricevuto ordine di effettuare un'attenta perlustrazione sul fronte estremo orientale delle "terre selvagge". Siamo partiti ieri e ci spetta una bella scarpinata.

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Il caldo all'interno delle corazze è insopportabile e nemmeno il pensiero del gelo accumulato durante l'esplorazione invernale fatta con Longino, mi da il minimo sollievo. Ci siamo appena fermati per allestire l'accampamento notturno ed io e la mia squadra di legionari abbiamo appena terminato di scavare le trincee ed allestire le consuete fortificazioni. Ora finalmente, per chi non dovrà sobbarcarsi il primo turno di guardia, ci sarà forse un po’ di riposo.

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Ieri, ci stavamo apprestando a preparare l'accampamento per la notte quando improvvisamente vedemmo tornare di corsa i tre legionari inviati in avancosperta. Riferirono di aver notato un piccolo gruppo di orchi, probabilmente una ventina, che starnazzava, come son soliti fare, in una radura poco distante. Longino chiamò subito vicino a sè i decurioni e spiegò che la centuria si sarebbe mossa per accerchiare e sterminare ogni tipo di resistenza. Dopo aver fasciato i piedi con degli stracci e dopo aver diviso la centuria in gruppi, ogni Decurione guidò gli uomini assegnati nel massimo silenzio, presso la posizione concordata. Al centro della radura, vicino ad un vistoso fuoco, due orchi montavano di guardia. Grosso errore pensai, restar così allo scoperto e ben illuminati. Al segnale convenuto, il verso di un animale notturno, l'attacco ebbe inizio. Diverse frecce scoccate da vari punti trafissero le sentinelle, una delle quali però, guaendo, finì tra le fiamme. Il rumore provocato diede l'allarme e sebbene addormentati e colti alla sprovvista, reagirono con buona prontezza impugnando le armi anche se ormai, ad un occhio esperto, l'andamento della battaglia pareva già segnato. Disorientati, non riuscendo a capire da che direzione provenisse la minaccia poterono solo osservare le figure dei legionari, simili a fantasmi, con scudo ben alto a protezione e lance acuminate in posizione di caccia, emergere dalla vegetazione circostante. In breve furono circondati e si strinsero l'uno con l'altro cercando protezione reciproca spalla contro spalla. In tale occasione ebbi modo di notare in mezzo a loro la presenza di uno di quelli strani orchi dalla pelle grigia che si agitava e sbraitava piu di tutti. Sicuramente il loro capo pensai e quando s'accorse che la situzione era ormai senza uscita gridò rabbioso incitando alla lotta. Ciecamente ubbedienti si scagliarono tutti in avanti, senza speranza, guaendo ed alzando quelle loro rozze ed informi armi cercando invano di trovare un varco attraverso la fitta foresta di lance che li circondava. Alcuni s'infilzarono da soli spinti dalla foga di coloro che seguivano, altri sbatterono prima sugli scudi e poi s'accasciarono rapidamente a causa degli squarci che tagliavano loro la gola o aprivano l'addome. In brevissimo tempo rimase in piedi solo l'orco dalla pelle grigia, completamente circondato da lance che puntavano verso la sua posizione. Per nulla intimorito, lo strano orco iniziò a battere selvaggiamente lo scudo e la sua arma al petto come a voler dare energia alla sua imminente azione. Urlò gutturalmente al cielo qualcosa e poi ci guardò con aria di sfida ed occhi igniettati di sangue, addirittura proferendo a sorpresa nella nostra lingua parole di minaccia:- "Ulah Kreen! Strappare cuore, mangia di voi carne!!". Terminate le parole tornò ad esultare cozzando ancora le sue armi al petto e poi con atteggiamento di sfida ripetè urlando piu volte la parola "Ulah Kreen! Ulah Kreen!". Longino ordinò con decisione di catturarlo ma quello intuite le nostre intenzioni corse verso il piu vicino legionario facendosi infilzare. Ancora in piedi afferrò l'asta ed aiutandosi con le mani avanzò col corpo in avanti facendosi trapassare da parte a parte dall'arma e quando fu vicino al legionario iniziò a colpirlo sullo scudo con forza e violenza. Altri legionari si avvicinarono e lo trafissero in piu punti sintanto che non cadde esanime al suolo.

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Durante la marcia di rientro ebbi modo di ascoltare la conversazione di qualche legionario anziano il quale appariva molto preoccupato per quel che era accaduto durante lo scontro con la banda orchesca. A loro dire questi "nuovi" orchi erano troppo determinati e sprezzanti della morte e...da che avevano memoria non ne avevano mai visti di simili. Forse tutto ciò è il preludio che annuncia una tempesta o forse è solo il normale cambiamento a cui conduce l'evoluzione della vita...solo il tempo potrà dire chi è stato più lungimirante.


(Continua...)