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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.
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By TmStaffMod
#58792
Il mistero del Grande Silente


In una notte oscura, il Grande Silente, temuto capo dell'associazione criminale nota come le Lame Silenti, scomparve nel nulla. Nessuno sapeva cosa fosse accaduto, ma il suo improvviso silenzio generò un'onda di incertezza tra i suoi fedeli affiliati.

I membri delle Lame Silenti, abituati a seguire le implacabili direttive del Grande Silente, si trovarono improvvisamente senza guida. La sua scomparsa gettò il loro mondo nell'ombra dell'incertezza, mentre le voci e le speculazioni circolavano tra loro come serpenti velenosi.

Qualche giorno dopo, un informatore anonimo rivelò la posizione di un rifugio segreto utilizzato dal Grande Silente. Le Lame Silenti, desiderose di scoprire la verità dietro la sparizione del loro capo, si precipitarono sul luogo indicato. Trovarono il covo in uno stato di caos: macchie di sangue sporche di colpevolezza macchiavano il pavimento, e documenti compromettenti erano sparsi ovunque come testimoni silenziosi di tradimento e intrighi.

Senza la presenza del Grande Silente a comandare, l'associazione cadde nel disordine. L'assenza di un capo forte portò a una lotta per il potere tra i membri più ambiziosi. Le alleanze furono spezzate, e nuove alleanze si formarono rapidamente in un intricato gioco di inganni e tradimenti.

Nel caos che seguì, alcuni cercarono di mantenere l'ordine, proponendo un nuovo leader per le Lame Silenti. Molti, invece, videro l'opportunità di rompere definitivamente con il passato e intraprendere nuove vie.

Nel mentre, il destino del Grande Silente rimaneva avvolto nel mistero. Aveva lasciato il suo segno, ma la sua sparizione aveva scatenato una serie di eventi imprevedibili che avrebbero plasmato il futuro delle Lame Silenti e della stessa Ardania.
In un mondo di oscurità e segreti, il vuoto lasciato dal Grande Silente avrebbe inflitto una cicatrice indelebile nella storia criminale di Ardania.
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By Lizard
#60357
Era bellissima! - Madrigale 288


I due cacciatori stavano cucinando la selvaggina attorno al fuoco.

"Te lo giuro sul sedere di mia nonna!"

Il più anziano stava preparandosi l'erbapipa e guardò il giovane con aria di sufficienza.

"Una donna nuda alata eh? E ti avrebbe avvicinato come una prostituta al bordello?"

Il giovane posò il ramo con cui stava ravvivando le braci.

"Come ho detto! E mi ha detto di cercare le chiavi per aprire i bauli!"

Il vecchio trattenne una risatina.

"Si e dove si trovano queste chiavi?"

Il ragazzo sbuffò leggermente fissando la lepre che si arrostiva lenta.

"Ha detto <<dai servi ammaliati>> o qualcosa di simile."

L'anziano espirò una boccata di fumo.

"Certo, certo, come dici tu!"
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By Miasma
#60615
6 Granaio 288
Arcipelago Magister


Darleen si sventola pigramente il viso, distesa sull'erba all'ombra di una palma da cocco.
Tutt'intorno, un discreto numero di uomini è intento a scavare una grande fossa, allargando l'arena già esistente.

"Quel buco era decisamente troppo piccolo per i nostri piani. Dobbiamo riuscire a finire in fretta, prima della data stabilita... e prima che Aguardar ci mangi vivi."
Douglas ferma la pala per un momento e si appoggia al manico, asciugandosi la fronte madida di sudore e pulendosi la mano sulla camicia già sporca di terra.
"Hey, ma quella è birra nanica?!"

Darleen gli porge una bottiglia semi vuota, il liquido all'interno ormai caldo. Douglas non sembra farci troppo caso e se la scola tutta d'un fiato.

"Tranquillo, siamo a buon punto..."
Darleen lancia un'occhiata agli uomini che continuano a scavare, visibilmente affaticati. Tuttavia, continuano a lavorare di buona lena, come se non si accorgessero del sudore che inzuppa i loro abiti e della luce che gli brucia il collo e le braccia.
"I miei uomini hanno sparso la voce ovunque, vedrai che avremo successo."

"Lo sai che non mi preoccupano le faccende organizzative."
Douglas segue lo sguardo di Darleen e fissa il gruppo di lavoratori per qualche istante, dalla sua espressione traspare una certa ansia. Gli uomini hanno un'aria assente, lavorano senza fiatare.
"È necessario... è assolutamente necessario che lui sia soddisfatto."

Darleen sospira a lungo, poi rivolge a Douglas un sorriso rassicurante.
"Abbiamo mai fallito? Non stare lì a rimuginare, finiamo in fretta il lavoro. Voglio tornare a Tremec prima di sera, con tutta questa polvere avrò proprio bisogno di farmi un bagno."
Mentre Douglas torna ad aiutare gli altri, Darleen stappa un'altra bottiglia di birra e sistema più comodamente la schiena contro il tronco della palma.
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By TmStaffMod
#63043
TRA IERI E DOMANI, LA VOCE DEI QWAYLAR


Non sapevo cosa aspettarmi, eppure, quando mi persi nella giungla e mi ritrovai improvvisamente circondato da guerrieri che avevano l'aspetto di ombre, il cuore mi balzò in gola. Tre lance puntate contro di me, nessuna via di scampo. Pensai subito al peggio: nel migliore dei casi, sarei morto. Nel peggiore, avrebbero scuoiato la mia pelle e si sarebbero nutriti di me.
Paralizzato dalla paura, l'unica cosa che riuscii a balbettare fu la verità: "La mia nave è stata distrutta, e l'unica cosa che sono riuscito a fare è nuotare fino alla costa. Non sapevo fosse la vostra terra." Fu tutto ciò che dissi, un'ammissione di debolezza, che speravo avrebbe suscitato un briciolo di pietà.
A mia sorpresa, non ci fu nessuna reazione brutale. I guerrieri si scambiarono uno sguardo, poi, senza dire una parola, mi fecero cenno di seguirli. Non sembrava una richiesta, ma un ordine tacito che non avrei potuto rifiutare. Così, con tutta la mia forza di volontà , riuscii a far muovere il mio corpo stremato e li seguii attraverso la giungla, fino a Waka Nui.

La città dei Qwaylar si trovava nascosta tra gli alberi e circondata da alte montagne, l'ingresso era sorvegliato da una creatura mastodontica con una maschera d'ossa e lunghi tentacoli neri a farle da corona. Una volta entrati scoprii qualcosa che mai avrei immaginato di vedere nella Jungla: le loro abitazioni erano di pietra, ricoperte in parte di oro splendente, eppure si immergevano perfettamente nella natura selvaggia e incontaminata che li circondava. Un enorme fuoco divampava davanti all'imponente capanna del Capo Tribù, e lì passai la maggior parte delle mie giornate, lì ascoltai i loro racconti, le loro leggente e la loro storia, per tutto il tempo che mi fu concesso di restare.
Il primo qwaylar che mi parlò fu il Grande Abma Kmè, mi minacciò un paio di volte con la sua ascia ma notai che aveva gli occhi vispi e buoni, mi disse che era il più anziano tra i qwaylar, aveva visto nascere e morire molti di loro e la storia della Tribù evolversi nel tempo. Nominò molti Tlatoani, da Wekesa Kofi, Rana, Kauppap, Yoruba, tutti erano stati saggi e importanti per preservare la storia e le tradizioni della loro tribù ma uno solo, tra tutti, aveva avuto il coraggio e la forza per rendere Waka Nui la potenza che ora vediamo: Spire Nere.

Nei giorni seguenti ebbi la possibilità e l'onore di parlare con molti altri membri della Tribù, spesso davanti al grande fuoco situato nel centro della città.
Incontrai l'Hawakan, Khewe, un uomo alto e forte, che prima di essere un guerriero era un Djemba, un musico. Mi raccontò molte storie sul suo popolo, in particolare quella di Mami Wata e L'uomo nero, un pericolo che mise a repentaglio la Jungla tutta. Sempre accompagnato da Mbuni Mweupe, il suo ostard, era insieme a Zannargento un anziano del villaggio e in quanto tale braccio destro della Tlatoani.
Insieme a lui conobbi la Wakan Pochteca, Zannargento, una qwaylar su cui aleggiava un rigore mistico che mi incuteva soggezione, mi raccontò come la Tribù lottò contro la desertificazione della Jungla voluta dai Tremecciani e di come i Qwaylar scacciarono l'avanguardia nemica nel loro deserto, salvando lo spirito del Grande Banano che, insieme ai numerosi rituali rivolti a Mawu, li aiutò a ristabilire l'equilibrio sul perimetro dei due territori, dando vita alla Savana che oggi rappresenta l'eterno conflitto tra i due regni e che, all'epoca, fu l'inizio della riconquista di ciò che era stato tolto al Popolo di Mawu.

Abolire la schiavitù e ridare dignità ad un popolo superficialmente giudicato inferiore, non fu un processo semplice ma, un passo alla volta, cominciare a colpire sempre più duramente ogni forma di sfruttamento.
A cominciare da Pamba Naa, una schiava nata a Tremec, comprata dai Nani e liberata, sì, ma con il solo scopo di prendersi cura di un uomo lupo legato presso le loro stalle. I qwaylar la riportarono a casa e le insegnarono cosa volesse dire essere davvero liberi.
Poi fu la volta di Kwatoko, un possente Qwaylar, che mi raccontò come la Tribù combattè con il Popolo di Helcaraxe per massacrare sul campo di battaglia degli elfi adoratori di ragni, colpevoli di aver acquistato alcuni Qwaylar per schiavizzarli e costringerli a costruire il loro villaggio. Un altro Qwaylar, estremamente alto ed esile, si mise a ridere sentendo questa storia, era Hun'Polok che mi narrò anche come la Tribù, con un abile trucco di Oxossi, riuscì a uccidere ancora una volta quegli elfi all'interno delle grotte dei Gazer, scoraggiando fortemente qualsiasi altro interesse a sfruttare nuovamente gli schiavi qwaylar, o a comprarne ancora.
E in fine, venne il momento di colpire i veri nemici, Tremec, i qwaylar erano ormai abbastanza forti e temuti per poter puntare le loro lance direttamente ai responsabili dei loro sacrifici. Fu lo Stregone Hakar, un qwaylar ossuto e con delle inquietanti dita sottilicome fili di ragnatele, che mi narrò di grandi sortilegi, le Macumbe, che la Tribù compì contro i Tremecciani, che misero alle corde tutta l'Oasi fino a costringerli ad arrendersi, senza neanche colpo ferire, e riconsegnare tutti gli schiavi Qwaylar che avevano sottratto a Mawu, abolendo definitivamente la schiavitù all'interno delle mura di Tremec.

Tra i Qwaylar, c'era anche chi veniva considerato un eroe: Kuthzo, un qwaylar mingherlino e agile, si poteva fregiare di questo titolo. Innumerevoli le sue gesta da cacciatore ma in particolar modo quello che mi colpì furono i suoi racconti su come la Tribù riuscì a farsi alleate tutte le Tribù della Jungla per dare infine battaglia allo Stregone Serpente e Nukubame, coloro che regnavano su Waka Nui prima di Spire Nere.
Proprio lei, una qwaylar non più grande di una ragazzina minuta ma con lo sguardo di un serpente pronto a mordere, mi raccontò di come la Tribù sconfisse gli usurpatori del Villaggio. Come lo Stregone Serpente si diede alla fuga di fronte alla furia della Tribù di Mombata e di come il Tlatoani Nukubame, chinò il capo a Spire Nere lasciandole il posto sul trono di Waka Nui.

Girare per quel villaggio era al contempo incantevole e terrificante, molto spesso i rumori del masticare, o forse dovrei dire divorare, che arrivavano da Wuzy, il grande e grosso sacerdote di Mawu, e il suo enorme dinodonte Kirb mi facevano raggelare il sangue. Tutt'ora non so ancora se stessero mangiando un cinghiale o un altro essere umano. Da loro si tenevano molto lontano Kii e la sua capra, per paura di essere mangiati a loro volta. Kii, lo stregone dalla lingua appuntita, era solito girare per il villaggio raccontando quello che scopriva nei suoi viaggi tra i bianchi, perennemente accompagnato dalla sua capra Bokena, inseparabile compagna o forse amante.
Alcuni Qwaylar erano molto eccentrici, uno fra tutti amava vestirsi di colori appariscenti e brillanti: Kujo Becco Fiero era il suo nome, anche se spesso i suoi vestiti si trasformavano in piume e prendeva il volo verso i monti con le sembianze di un tucano.
Questo mi porta anche alla mente come alcuni Qwaylar, specie i più anziani tra la tribù, avevano la capacità di trasformarsi in ciò che loro chiamavano Spirito Guida: una figura animale che li consigliava nel loro cammino.
Questo Spirito poteva avere molte forme: ho visto Qwyalar trasformarsi in gorilla, serpenti, ragni giganti, alligatori, cinghiali, lupi, tucani, rane e qualsiasi animale popolava la Jungla.
Era incredibile anche il modo di scoccare degli arcieri della Tribù. In particolar modo, Kina Koo e Vudo il Rosso, colpirono la mia attenzione per la loro abilità. Imparai che il terrore delle loro frecce aveva attanagliato i cuori degli amoniani e tremecciani alleati, durante molte battaglia al fianco di Loknar.
Molte volte mi fermavo fino a tarda notte a parlare con Woljin Scagliaverde, un qwaylar coriaceo come la sua pazienza e gentilezza. Egli mi raccontò anche come il popolo della Jungla aveva stretto forti legami con noi bianchi, come accadde con i Corsari, i Teschi e i Loknariani, con cui la Tribù fu amica per molti anni. Tuttavia, un altro Qwaylar di nome Boko Kiboko, grosso come un armadio e dai modi bruschi, mi disse che tutti questi presunti amici finirono prima o poi per tradire il popolo della Jungla. I Corsari che per anni si erano dichiarati amici, benefattori, salvatori di Timata Ora, si erano dimostrati manipolatori e opportunisti; i Teschi, che i qwaylar avevano visto nascere e ne avevano supportato la crescita, per delle misere monete scesero in guerra contro la Tribù, mentre i Loknariani, che più di tutti avevano rappresentato una forma di condivisione e di legame profondo, scelsero di dimenticare chi li aveva aiutati in molte occasioni a difendere il loro diritto ad esistere, la loro libertà , preferendo in fine un'alleanza con gli stessi Regni che li avevano ripudiati per anni, che numerose volte aveva versato il loro sangue, nella vana speranza di riconquistare una minima importanza agli occhi di chi li aveva esiliati.

E forse è anche per questo che tutti loro, quando lasciai il Villaggio, mi salutarono con un addio. Non avevano più bisogno di noi "civili", non avevano più alcun interesse ad affacciarsi in un mondo che li aveva delusi così profondamente e la gloria di Mawu, che ora li abbracciava, era più importante di ogni altra cosa. La Jungla, sarebbe tornata ad essere l'unico luogo che valesse la pena calpestare, le profezie del Saggio Mombata, le uniche a dover essere seguite, e i qwaylar, l'unico popolo per cui combattere.

Ed ora? Vi chiederete perchè sto raccontando tutto questo.
Sento il bisogno di condividere con voi questo mio viaggio e la storia di coloro che abitano Waka Nui perchè probabilmente per molto tempo non sentiremo più parlare di loro. Le loro vite, le gesta e le leggende che ho avuto il piacere di ascoltare e di vedere nei fumi del Grande Fuoco, resteranno impresse nella mia memoria e, spero, in quelle di chi avrà voglia di ascoltarmi. La mia speranza è che un giorno torneranno a condividere con noi i segreti che nasconde la Jungla e le loro tradizioni occulte e controverse che sempre danno colore al nostro mondo.
Ma ormai sono vecchio e stanco e solo gli dei sanno se avrò la fortuna di incontrarli ancora.
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By Lizard
#63489
LO DJAREDIN MISTERIOSO ADULAIN 289


La locanda ribolliva di voci e risate. Nascosto tra il brulichio degli avventori, lo Djaredin si muoveva con passo sicuro, mimetizzandosi nella calca mentre cercava un tavolo libero.
Ne trovò uno in un angolo poco illuminato e, con un boccale in mano, si accomodò, scrutando la sala in cerca del suo obiettivo.
Quando finalmente lo vide, attirò la sua attenzione facendo tintinnare una borsa colma di monete.
«A te piace bere, lo si legge in faccia!» esclamò con un sorriso sornione.
L’uomo si voltò, osservando prima la figura barbuta, poi la borsa scintillante.
«Mi piace ancora di più l’oro, Signore!» rispose, con un lampo di avidità negli occhi.
Lo Djaredin annuì, soddisfatto.
«Potresti averne molto di più. Devi solo fare una cosa semplice: recarti in ogni locanda che conosci… anche in quelle delle terre dei gambesecche.»
«Di chi?» lo interruppe l’uomo, aggrottando la fronte.
«Degli elfi…» spiegò lo Djaredin, trattenendo a stento una smorfia di disprezzo. «Anche da loro.»
L’uomo annuì, senza staccare gli occhi dalla borsa.
«Sembra facile... e ne avrò ancora?» domandò con finto disinteresse.
«Un baule pieno, se farai tutto come si deve.»
Lo Djaredin si chinò verso di lui, gli pose la borsa delle monete tra le mani e gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
L’uomo ascoltò con attenzione, ripeté sottovoce per assicurarsi di aver compreso… poi, con un cenno rapido, si allontanò, facendo sparire il suo tesoro sotto il mantello.
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