- Wed Mar 19, 2025 4:38 pm
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TRA IERI E DOMANI, LA VOCE DEI QWAYLAR
Non sapevo cosa aspettarmi, eppure, quando mi persi nella giungla e mi ritrovai improvvisamente circondato da guerrieri che avevano l'aspetto di ombre, il cuore mi balzò in gola. Tre lance puntate contro di me, nessuna via di scampo. Pensai subito al peggio: nel migliore dei casi, sarei morto. Nel peggiore, avrebbero scuoiato la mia pelle e si sarebbero nutriti di me.
Paralizzato dalla paura, l'unica cosa che riuscii a balbettare fu la verità: "La mia nave è stata distrutta, e l'unica cosa che sono riuscito a fare è nuotare fino alla costa. Non sapevo fosse la vostra terra." Fu tutto ciò che dissi, un'ammissione di debolezza, che speravo avrebbe suscitato un briciolo di pietà.
A mia sorpresa, non ci fu nessuna reazione brutale. I guerrieri si scambiarono uno sguardo, poi, senza dire una parola, mi fecero cenno di seguirli. Non sembrava una richiesta, ma un ordine tacito che non avrei potuto rifiutare. Così, con tutta la mia forza di volontà , riuscii a far muovere il mio corpo stremato e li seguii attraverso la giungla, fino a Waka Nui.
La città dei Qwaylar si trovava nascosta tra gli alberi e circondata da alte montagne, l'ingresso era sorvegliato da una creatura mastodontica con una maschera d'ossa e lunghi tentacoli neri a farle da corona. Una volta entrati scoprii qualcosa che mai avrei immaginato di vedere nella Jungla: le loro abitazioni erano di pietra, ricoperte in parte di oro splendente, eppure si immergevano perfettamente nella natura selvaggia e incontaminata che li circondava. Un enorme fuoco divampava davanti all'imponente capanna del Capo Tribù, e lì passai la maggior parte delle mie giornate, lì ascoltai i loro racconti, le loro leggente e la loro storia, per tutto il tempo che mi fu concesso di restare.
Il primo qwaylar che mi parlò fu il Grande Abma Kmè, mi minacciò un paio di volte con la sua ascia ma notai che aveva gli occhi vispi e buoni, mi disse che era il più anziano tra i qwaylar, aveva visto nascere e morire molti di loro e la storia della Tribù evolversi nel tempo. Nominò molti Tlatoani, da Wekesa Kofi, Rana, Kauppap, Yoruba, tutti erano stati saggi e importanti per preservare la storia e le tradizioni della loro tribù ma uno solo, tra tutti, aveva avuto il coraggio e la forza per rendere Waka Nui la potenza che ora vediamo: Spire Nere.
Nei giorni seguenti ebbi la possibilità e l'onore di parlare con molti altri membri della Tribù, spesso davanti al grande fuoco situato nel centro della città.
Incontrai l'Hawakan, Khewe, un uomo alto e forte, che prima di essere un guerriero era un Djemba, un musico. Mi raccontò molte storie sul suo popolo, in particolare quella di Mami Wata e L'uomo nero, un pericolo che mise a repentaglio la Jungla tutta. Sempre accompagnato da Mbuni Mweupe, il suo ostard, era insieme a Zannargento un anziano del villaggio e in quanto tale braccio destro della Tlatoani.
Insieme a lui conobbi la Wakan Pochteca, Zannargento, una qwaylar su cui aleggiava un rigore mistico che mi incuteva soggezione, mi raccontò come la Tribù lottò contro la desertificazione della Jungla voluta dai Tremecciani e di come i Qwaylar scacciarono l'avanguardia nemica nel loro deserto, salvando lo spirito del Grande Banano che, insieme ai numerosi rituali rivolti a Mawu, li aiutò a ristabilire l'equilibrio sul perimetro dei due territori, dando vita alla Savana che oggi rappresenta l'eterno conflitto tra i due regni e che, all'epoca, fu l'inizio della riconquista di ciò che era stato tolto al Popolo di Mawu.
Abolire la schiavitù e ridare dignità ad un popolo superficialmente giudicato inferiore, non fu un processo semplice ma, un passo alla volta, cominciare a colpire sempre più duramente ogni forma di sfruttamento.
A cominciare da Pamba Naa, una schiava nata a Tremec, comprata dai Nani e liberata, sì, ma con il solo scopo di prendersi cura di un uomo lupo legato presso le loro stalle. I qwaylar la riportarono a casa e le insegnarono cosa volesse dire essere davvero liberi.
Poi fu la volta di Kwatoko, un possente Qwaylar, che mi raccontò come la Tribù combattè con il Popolo di Helcaraxe per massacrare sul campo di battaglia degli elfi adoratori di ragni, colpevoli di aver acquistato alcuni Qwaylar per schiavizzarli e costringerli a costruire il loro villaggio. Un altro Qwaylar, estremamente alto ed esile, si mise a ridere sentendo questa storia, era Hun'Polok che mi narrò anche come la Tribù, con un abile trucco di Oxossi, riuscì a uccidere ancora una volta quegli elfi all'interno delle grotte dei Gazer, scoraggiando fortemente qualsiasi altro interesse a sfruttare nuovamente gli schiavi qwaylar, o a comprarne ancora.
E in fine, venne il momento di colpire i veri nemici, Tremec, i qwaylar erano ormai abbastanza forti e temuti per poter puntare le loro lance direttamente ai responsabili dei loro sacrifici. Fu lo Stregone Hakar, un qwaylar ossuto e con delle inquietanti dita sottilicome fili di ragnatele, che mi narrò di grandi sortilegi, le Macumbe, che la Tribù compì contro i Tremecciani, che misero alle corde tutta l'Oasi fino a costringerli ad arrendersi, senza neanche colpo ferire, e riconsegnare tutti gli schiavi Qwaylar che avevano sottratto a Mawu, abolendo definitivamente la schiavitù all'interno delle mura di Tremec.
Tra i Qwaylar, c'era anche chi veniva considerato un eroe: Kuthzo, un qwaylar mingherlino e agile, si poteva fregiare di questo titolo. Innumerevoli le sue gesta da cacciatore ma in particolar modo quello che mi colpì furono i suoi racconti su come la Tribù riuscì a farsi alleate tutte le Tribù della Jungla per dare infine battaglia allo Stregone Serpente e Nukubame, coloro che regnavano su Waka Nui prima di Spire Nere.
Proprio lei, una qwaylar non più grande di una ragazzina minuta ma con lo sguardo di un serpente pronto a mordere, mi raccontò di come la Tribù sconfisse gli usurpatori del Villaggio. Come lo Stregone Serpente si diede alla fuga di fronte alla furia della Tribù di Mombata e di come il Tlatoani Nukubame, chinò il capo a Spire Nere lasciandole il posto sul trono di Waka Nui.
Girare per quel villaggio era al contempo incantevole e terrificante, molto spesso i rumori del masticare, o forse dovrei dire divorare, che arrivavano da Wuzy, il grande e grosso sacerdote di Mawu, e il suo enorme dinodonte Kirb mi facevano raggelare il sangue. Tutt'ora non so ancora se stessero mangiando un cinghiale o un altro essere umano. Da loro si tenevano molto lontano Kii e la sua capra, per paura di essere mangiati a loro volta. Kii, lo stregone dalla lingua appuntita, era solito girare per il villaggio raccontando quello che scopriva nei suoi viaggi tra i bianchi, perennemente accompagnato dalla sua capra Bokena, inseparabile compagna o forse amante.
Alcuni Qwaylar erano molto eccentrici, uno fra tutti amava vestirsi di colori appariscenti e brillanti: Kujo Becco Fiero era il suo nome, anche se spesso i suoi vestiti si trasformavano in piume e prendeva il volo verso i monti con le sembianze di un tucano.
Questo mi porta anche alla mente come alcuni Qwaylar, specie i più anziani tra la tribù, avevano la capacità di trasformarsi in ciò che loro chiamavano Spirito Guida: una figura animale che li consigliava nel loro cammino.
Questo Spirito poteva avere molte forme: ho visto Qwyalar trasformarsi in gorilla, serpenti, ragni giganti, alligatori, cinghiali, lupi, tucani, rane e qualsiasi animale popolava la Jungla.
Era incredibile anche il modo di scoccare degli arcieri della Tribù. In particolar modo, Kina Koo e Vudo il Rosso, colpirono la mia attenzione per la loro abilità. Imparai che il terrore delle loro frecce aveva attanagliato i cuori degli amoniani e tremecciani alleati, durante molte battaglia al fianco di Loknar.
Molte volte mi fermavo fino a tarda notte a parlare con Woljin Scagliaverde, un qwaylar coriaceo come la sua pazienza e gentilezza. Egli mi raccontò anche come il popolo della Jungla aveva stretto forti legami con noi bianchi, come accadde con i Corsari, i Teschi e i Loknariani, con cui la Tribù fu amica per molti anni. Tuttavia, un altro Qwaylar di nome Boko Kiboko, grosso come un armadio e dai modi bruschi, mi disse che tutti questi presunti amici finirono prima o poi per tradire il popolo della Jungla. I Corsari che per anni si erano dichiarati amici, benefattori, salvatori di Timata Ora, si erano dimostrati manipolatori e opportunisti; i Teschi, che i qwaylar avevano visto nascere e ne avevano supportato la crescita, per delle misere monete scesero in guerra contro la Tribù, mentre i Loknariani, che più di tutti avevano rappresentato una forma di condivisione e di legame profondo, scelsero di dimenticare chi li aveva aiutati in molte occasioni a difendere il loro diritto ad esistere, la loro libertà , preferendo in fine un'alleanza con gli stessi Regni che li avevano ripudiati per anni, che numerose volte aveva versato il loro sangue, nella vana speranza di riconquistare una minima importanza agli occhi di chi li aveva esiliati.
E forse è anche per questo che tutti loro, quando lasciai il Villaggio, mi salutarono con un addio. Non avevano più bisogno di noi "civili", non avevano più alcun interesse ad affacciarsi in un mondo che li aveva delusi così profondamente e la gloria di Mawu, che ora li abbracciava, era più importante di ogni altra cosa. La Jungla, sarebbe tornata ad essere l'unico luogo che valesse la pena calpestare, le profezie del Saggio Mombata, le uniche a dover essere seguite, e i qwaylar, l'unico popolo per cui combattere.
Ed ora? Vi chiederete perchè sto raccontando tutto questo.
Sento il bisogno di condividere con voi questo mio viaggio e la storia di coloro che abitano Waka Nui perchè probabilmente per molto tempo non sentiremo più parlare di loro. Le loro vite, le gesta e le leggende che ho avuto il piacere di ascoltare e di vedere nei fumi del Grande Fuoco, resteranno impresse nella mia memoria e, spero, in quelle di chi avrà voglia di ascoltarmi. La mia speranza è che un giorno torneranno a condividere con noi i segreti che nasconde la Jungla e le loro tradizioni occulte e controverse che sempre danno colore al nostro mondo.
Ma ormai sono vecchio e stanco e solo gli dei sanno se avrò la fortuna di incontrarli ancora.