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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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By Victoria
#2340
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Soffiavano freschi i primi venti autunnali, tra le chiome degli alberi si rincorrevano, in quella macchia di bosco silenziosa ai piedi dei monti Orquirian. Le pareti rocciose sembravano più grigie, forse a causa di un sole davvero fioco, impervie le cime toccavano le nuvole e quante volte i rapaci avevano nidificato lì per poi scendere in picchiata a rapire qualche preda. Uno scalpiccio lento annunciò l’apertura dei cancelli del Forte che faceva da cornice a quello scenario solennemente naturale. Arrivò una ragazza dal rosso manto e si fermò inspirando a pieni polmoni.

Victoria alzò lo sguardo cercando qualcosa di diverso, non c’era neve lassù sui monti, o forse sì… pochi scalatori si erano avventurati e i più non erano tornati per raccontarlo. Sotto invece, in quel dedalo di caverne e alture, per generazioni gli uomini dal Cremisi mantello avevano scongiurato la morte, incontrato il favore degli Dei, affrontato orchi, interi clan di orchi e insidiosi topi giganti dalle capacità magiche. La natura corrotta dalle radici aveva preso forma con tentacoli terribili e qualche volta qualche sprovveduto ci inciampava azzoppando anche il cavallo. Ma in ogni caso, quei cunicoli, salvatori e terribili, erano stati la casa di combattenti e scudi d’oriente, pronti a far arretrare ogni minaccia.
La giovane sacerdotessa sorrise ripensando alla prima volta che si era avventurata, forte dei figli della Signora del Mare, protetta dai tentacoli del suo guardiano abissale, coraggiosa e temeraria per poi… perdersi e girare per ore a vuoto a caccia di una via d’uscita che non trovava. Era passato del tempo ma la domanda che si faceva sovente era a chi si fosse rivolta e perché poi, e quel giorno ebbe nuovamente una visione, un’illuminazione.

Le lingue di fuoco danzavano da una roccia chiarissima, come fuochi fatui salivano a tratti freddi verso il cielo di una caverna, come un silenzioso rituale di fiammelle e poi il grande calore bruciava erbe secche usate nei templi, animando figure fatte di fumo… e lì appariva uno sguardo feroce, possente e sicuro.

Sgranò gli occhi, facendo arrestare il proprio destriero bardato e disciplinato, e ascoltò quel leggero vento. Si sentì confortata dal pensiero dei discorsi che aveva da poco fatto con i suoi fratelli, i Praelati dell’Ordine, i ministri che con lei condividevano missione e intenti, chi con armi di ferro, chi con animo saldo, chi più scoppiettante o riflessivo, chi con poteri sacri evidenti.

“L’Imperatore ha dato il suo avallo, il nostro progetto può partire miei cari fratelli.”
Disse la ragazza mentre il Rosso di Amon che tracannava dal calice iniziava a scaldarle le gote. E se non l’avessero presa sul serio? Perché a causa di quel delizioso vino era tornata la ragazza di sempre, lieve, fluida come il mare della sua Signora. Ma no, in fondo loro erano abituati così, a danzare tra formalità, formalismi e complicità. Bastava guardarsi negli occhi per capire cosa doveva essere fatto, senza molte parole.
E le parole lì ora le sembravano davvero superflue, perché tutti sapevano a chi si affidavano ogni volta che attraversavano quei cunicoli, non sarebbe stato necessario spiegare. Se la fede fosse stata vera e la fedeltà anche, niente avrebbe potuto scalfire quei legami e quegli intenti.

Qualcosa di grande lì sarebbe avvenuto, a memoria, per rafforzare gli spiriti e omaggiare chi con grandi e sicuri occhi li fissava dal cuore, forse, di quegli altissimi monti da più di un secolo.
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By Victoria
#3411
Quando in autunno le foglie degli alberelli dei boschi amoniani perdevano le foglie, quei rami scuri e secchi sembravano quasi l’epilogo di una grande battaglia. I vincitori che si spogliavano delle armature, delle tuniche e delle borchie sui pellami pregiati, per riposare, scarni e indifesi, giusto il tempo di una stagione. La più silenziosa.
Questo era il panorama che si riempiva di orgoglio sotto agli Orquirian, gli alti monti che da barriera naturale separavano le terre selvagge degli Orchi e le campagne amoniane. Un pesante e rigido autunno era davanti agli occhi degli amoniani e questo rendeva gli uomini e le donne riflessivi, più disposti ad ascoltare, più fervidi nell’immaginazione. Perciò forse quando il giovane aspirante amoniano Domyt ricevette l’incarico di studiare le rocce nella zona di Forte Agravain, così voluto e bonificato dalla vecchia Imperatrice Aris Tescal, il giovane prese di buona lena il proprio compito e trascorse lì diverse ore.

“Signora ho per voi il rapporto richiesto, Domyt è stato molto preciso.”
Disse Etharg, il fidato Feziale del Sommo Templare Victoria e appoggiò sul tavolo della piazza un libricino, sporco in alcuni punti, ma ben redatto.

“Adamantio… queste pareti non si smentiscono, sarà uno studio molto utile per il colloquio che intendo fare con gli Djaredin”
Riflettè Victoria, prendendo il libricino e nascondendolo nella sacca tra le pieghe della veste sacerdotale.

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Etharg, si alzò rapido, sapeva bene cosa fare e il suo viaggio tra le nevi della Baronia e poi verso il villaggio nanico, sicuramente gettò le basi per il passo successivo.

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Come sarebbe stato possibile rendere sacro quel luogo? E il fuoco eterno?

Queste domande ronzavano nella mente della giovane guida dell’Ordine, mentre passeggiava negli ampi chioschi della sede templare, mentre l’imbrunire la abbracciava ricordandole, in dolce preludio, che in quell’immenso buio presto la sua signora sarebbe sorta, sorridendole con volto pallido lunare e suadente soffio dei venti.

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Le Belenil potevano essere lette quella sera, le domande da fare erano precise e la Templare dell’Oracolo iniziò ad officiare il suo rituale danuita…

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“Fratelli, miei Guerrieri di Fede, il cielo mi ha dato le risposte, la Sorella ci ha indicato come onorare il Fratello possente, dio della Montagna e della Forgia!”

Victoria sembrava entusiasta, in estasi, mentre parlava in piedi, nella sala dei Templari, ad alcuni dell’Ordine riuniti.

“Ognuno di voi sarà parimenti essenziale all’impresa… ascoltatemi…”


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La serata si concluse con un accordo tra religiosi, tra fedeli, ognuno fermo e sicuro del proprio scopo, anche i più giovani dell’Ordine. Sapeva di chiedere molto a quegli uomini e donne, alcuni davvero poco avvezzi alle questioni religiose, alle prime armi, impazienti di comprendere il proprio potenziale, per servire la Regola Templare e gli Dei Giusti nel migliore dei modi.
Poi guardò lei, la sua ultima Discepola, amica, sorella e le chiese di prendere dimestichezza col potere del fuoco.

“Dovrai iniziare dal tuo cavallo Eulania, fallo divenire un guerriero, il destriero del Fuoco sarà il tuo primo compagno in questa missione a favore del potere del fuoco di Aengus” le disse e la guardò con fiducia, perché lei comprendesse l’importanza di quel progetto.

Quella mattina, pregando all’alba del nuovo giorno, guardando oltre gli Orquirian, a Victoria sembrò di vedere già tutto possibile e i primi segni dello sguardo di Aengus.


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Last edited by Victoria on Sun Nov 10, 2019 6:29 pm, edited 3 times in total.
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By Victoria
#4338
Da poco era tornata la pace in quella porzione delle terre umane. Ad Amon era scesa la notte e con essa il riposo di quasi tutti i guerrieri, mentre i sogni si alzavano incoraggiati da un pungente freddo autunnale che invitava al riposo, nelle case, nelle locande.

La sentinella di ronda camminava con passo cadenzato, davanti a sé con in mano un’alabarda perfettamente affilata. Qualcosa però la irrigidì e arrestò il passo voltandosi di scatto, poi il volto severo lasciò spazio ad un’espressione sollevata e l’attenti scattò immediatamente.

“Supra Vires Console, non vi avevo vista” disse ad una giovane con le insegne più alte dell’Impero di Amon.

Lei fece un cenno, disvelando un bracciale con simboli sacri e lucenti al polso, e proseguì come distratta, rapita, da mille pensieri notturni.
Qualche passo spedito ancora e sarebbe giunta su di un torrione favorevole ad osservare un preciso punto degli Orquirian. Le mani nascoste nell’ampia tunica colore del mare, il volto tagliato dal vento gelido e gli occhi infervorati, come fiamme.

Quella era stata una serata particolare per Victoria e la sua gente, avevano infatti a lungo discusso con il popolo djaredin, coi loro genieri, i sapienti, il generale Surgur, l’astuto Nerofumo e la saggia Tarja di tante cose. Per molto tempo erano stati dentro i cunicoli che da anni gli amoniani presidiavano, indicando volte e lasciando che gli djaredin prelevassero campioni di roccia o semplicemente esaminassero. Victoria sapeva benissimo che nessuno come quel popolo avrebbe avuto la conoscenza e la capacità di dare via a quel progetto ambizioso quanto necessario.

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“Una grotta? Una caverna con volte alte?” Chiese quasi malmostoso uno di loro.

“Sì, ma che niente vada a disturbare eccessivamente la roccia, che ci siano vene di metallo o piccoli rivoli d’acqua, e che tutto sia naturale, vero ma imponente, ampio, per contenere una Fiamma Eterna.” Aveva risposto il Sommo Templare Victoria con convinzione e indicando i possibili punti dove creare ciò che progettavano.

Tutto lì dentro era immutato ed immutabile. L’odore di muffe e di metalli, di terra e anche di sangue, per le molte battaglie combattute in quei cunicoli sempre infestati. Poi la decisione, uscendo nuovamente fuori, all'aria aperta.

“Sì, potremo farlo qui, ma dovremo montare i giusti tramezzi prima dell’esplosione…. Insomma serve un progetto.” Così si erano espressi i mastri del popolo djaredin.

Gli amoniani schierati, della via della Fede e della Spada, Templari e Legionari, ascoltavano, proponevano, qualcuno pregava, mentre il Feziale di Aengus, Etharg, raccoglieva le informazioni necessarie per la preparazione di questo imponente lavoro.

“Faremo un progetto, per l’esplosione e per portar via i detriti, magari in mare.” Sentenziò qualcuno con l'approvazione della loro guida, Surgur l’Archon.

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La questione pareva chiusa, ed invece si era appena aperta.
Il polo di Kard avrebbe collaborato con gli amoniani per il grande progetto, per l’inizio e poi anche per la fine, perché le loro arti erano tante e necessarie e questo Victoria lo sapeva bene.

“Un nuovo pezzo, Dio Aengus, un nuovo pezzo di questo progetto in tuo onore, sacro fratello della mia Signora e protettore delle mie mani quando lavoro, plasmo forme coi tuoi doni, impreziosisco la mia città.”

Così pregava la Sacerdotessa del Mare sognando l'arrivo di quei progetti, di quelle pergamene dense di sapere e ingegno.

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E mentre così sognava intanto quel preciso punto degli Orquirian pareva più solenne, la roccia più lucente, pronta ad essere trasformata nel grande progetto del Fuoco.
Last edited by Victoria on Fri Nov 22, 2019 12:48 am, edited 1 time in total.
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By Victoria
#5446
Un tramonto rosso sangue illuminava l’ultimo torrione militare di Amon ad occidente, alcuni dei Leoni, i cittadini amoniani, sembravano intenti a riempire zaini di provviste, mentre altri ascoltavano fedeli ordini, allineati davanti al Mastio, il grande edificio al centro della cittadella.

Da lì a poco sarebbero salpati, l’Actuaria della Flotta Imperiale, con le sue magnifiche vele Cremisi, avrebbe sfidato il mare, i suoi tempestosi movimenti e infine il Gorgo misterioso, forte dei venti favorevoli richiamati, per grazia divina, dalla Sacerdotessa Victoria, il Console che li avrebbe condotti in missione.

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Era il tempo giusto per iniziare a pensare ai simboli sacri per quel nuovo cuore nelle montagne Orquirian, fiamme e statue, ma anche lava e fuoco. Così l’idea era stata quella di andare a far visita agli uomini di Krall, nel mondo lontano, virtuosi minatori e scultori, fedeli a qualche strana divinità legata alla fiamma.

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Forse perché la loro vita ruotava intorno al fuoco, o perché ogni cosa lì aveva senso se plasmata col fuoco, i metalli andavano fusi, le armi forgiate e le lunghe ore di lavoro in miniera andavano illuminate dalle fiamme. Sicuro è che quel popolo così operoso e schivo, non faceva mistero del proprio sapere minerario, ed esponendo la statua della Fiamma in diversi luoghi.

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I membri dell’Ordine Templare si mescolarono con i Milites di Legione ed esplorarono, raccogliendo informazioni, o campioni di roccia da quel luogo per provare a lavorarla, perché la statua della fiamma sarebbe stata splendida con quella roccia. Qualcuno invece disegnò le statue per aiutare il lavoro di Victoria e Domyt in un secondo momento, altri cercarono informazioni dai mastri della forgia.

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Il Templare Worras e il Discepolo Domyt furono attirati dal complesso lavoro degli esperti, che tramite calderoni, portavano i metalli allo stato liquido, li lavoravano per poi renderli di nuovo solidi. Lava incandescente bolliva in quegli strani contenitori.

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“Sembra Orialkon Console!” Disse Domyt a Victoria mentre con occhi entusiasti, il laborioso minatore dell’Ordine Templare indicava alcune enormi pentolone sulle braci.
Granger, il fonditore del laboratorio, si asciugava la fronte sudando, l’aria era irrespirabile ma Domyt e Victoria pensarono insieme a una soluzione da sperimentare: calderoni di un metallo capace di mantenere le alte temperature come copertura di altri contenitori in pietra, adatta a contenere caldo liquame lavico.

Tornarono poi insieme agli altri, la Legione era rimasta ferma a dialogare con qualcuno e quel luogo, così silenzioso e per certi versi freddo, scandiva il tempo col rumore dei picconi sulla roccia o dei carri che portavano alle fonderie il metallo.
Un’ultima cosa però andava fatta, scambiare due informazioni con Michelangelo il maestro della scultura, da cui spesso il Sommo Templare Victoria si era recata per impratichirsi all’arte del lavoro della pietra. Dietro lauto compenso le cedette qualche strumento e le fece visionare la sua galleria di sculture sul piano alto della torretta di pietra.

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Non sarebbe stato semplice, quella roccia era dura e sarebbe bastato un colpo errato per rovinare ore di lavoro, si sarebbe dovuta esercitare molto. Questo pensò Victoria mentre, già sulla spiaggia e con l’odore del mare nelle narici, osservava da lontano una di quelle fiamme, svettare granitica tra piccole alture e costruzioni
basse.

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E quel ricordo, quel torcersi della roccia, quella sapiente levigatura della pietra, senza alcuna imperfezione, le sarebbe rimasta nella mente per molti giorni, mentre coi suoi nuovi attrezzi, nel laboratorio di casa, disegnava e modellava piccole statuine del mare. Con profondi occhi vividi, del colore dell’acqua cristallina, Victoria lavorava pregando affinché Aengus, il divino fratello della sua Dea, le concedesse l’arte nelle mani, in grado di plasmare forme da ciò che è apparentemente immutabile ed immortale: la pietra.

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Last edited by Victoria on Sun Dec 08, 2019 4:02 pm, edited 1 time in total.
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By Victoria
#6249
Victoria si sedette su di una cassa e rannicchiò le ginocchia al petto, in una posa naturale e rilassata. Svestiva i panni del Console in quel momento, era in una bottega, parlava di affari con uno dei suoi aiutanti dei cantieri Ek e le piaceva capire le cose che facevano, come le facevano, perché poi ogni pezzo creato sarebbe divenuto parte di una delle sue navi. Quella sera una delle artigiane del ferro batteva la marra di un’ancora poiché il fuso era già perfetto.

“Come fai?” Chiese Victoria alla ragazza che stava lavorando con una certa soddisfazione.

“Un’ancora è semplice da creare, ma le spade… le alabarde… quello è complesso e straordinario. Il codolo di un’impugnatura o la lama, oppure il bilanciamento...” L’artigiana del metallo immerse l’ancora in un barile d’acqua e prese a battere l’elsa di uno spadone.

“E ora stai pensando che Aengus dovrebbe darti i suoi favori magari! Mi spiace non sono una sacerdotessa di Aengus, non posso benedire la tua forgia, ma posso pregare con te.” Disse Victoria alzandosi per guardare meglio.

Il fabbro si fermò un attimo, dalle iridi scure sembravano uscire scintille poiché i carboni ardenti della forgia si riflettevano in essi. Riprese a battere dopo aver guardato il Sommo Templare per qualche momento, come se fosse imbarazzata, e non rispose. Victoria allora pregò il Dio della forgia, salmodiò una benedizione, si concentrò e sentì forte il calore del fuoco sul volto. La devozione di quell’artigiana era evidente in ogni gesto, nello sguardo di fiamma, e quando pronunciò il nome del suo dio per un istante sembrò che le fiamme, ravvivate con il mantice, prendessero vita in quella fucina e spiriti ancestrali danzassero.

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Tornando a casa, quella sera, ricevette una lettera dell’Yggdrasil di Helcaraxe, Thorgad dei Valdar che da tempo ascoltava i racconti di Victoria, per metà di stirpe nordica, sui progetti che riguardavano Aengus ed il suo culto ad Amon. Lui, fedele del dio della Forgia, fiero guerriero del nord, dove la venerazione di quel dio diveniva incredibilmente forte, viscerale e a volte spaventoso nei suoi rituali, la incoraggiava e con fervore le suggeriva spesso vie o visioni da considerare. Perciò quando lesse del suo invito, per tutto l’Ordine Templare, di andare con lui al vulcano dove commemoravano Aengus, nelle terre della Baronia, non rimase meravigliata, seppur molto felice.

La spiritualità del nord, riguardo al culto di Aengus, avrebbe fatto bene ai Discepoli così come agli ufficiali, ma soprattutto pensava ad Etharg, che a volte faticava a trovare quella Fiamma nella sua battaglia e nei suoi intenti, o a Jaer che intraprendeva la via mistica pura del culto.

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Li radunò tutti nella sede Templare, spiegò poco della meta, e poi insieme attraversarono il passo montano fino alla Baronia, dove trovarono la candida neve, ed il suo gelo investì i volti dei Leoni di Amon. Thorgad li aspettava ad Hulborg e lì si ritrovarono, scambiandosi sguardi e sorrisi complici.

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La strada scelta dal nordico guerriero fu quasi del tutto priva di ostacoli, lo scalpiccio dei cavalli nella neve era ovattato e quando qualche fiocco cadeva dal cielo, tutto sembrava più incantato. Ma appena giunsero alla meta e il manipolo di guerrieri si fermò ai piedi di un imponente costone di roccia, dalla cui cima sorgevano caldi vapori, Victoria guardò stupita, non era mai stata lì e quel vulcano in mezzo a tanto candore le sembrò come un segno, un messaggio di Aengus.

Salirono insieme per quelle stradine strette, col cuore in gola, in cerca di una nuova visione, naturale e anche mistica, fino alla cima, dove alto e coperto di rune, svettava un menhir, tra massi circolari, su di una balconata naturale a picco sul cratere di un vulcano. Di quei simboli nordici Victoria ricordava poco, ma dai racconti di Thorgad piano piano le conoscenze si allargarono. I Discepoli dell’Ordine, incantati dalla calda lava lì così vicina, scoprirono i sacrifici che in quel luogo venivano compiuti, Il Sommo Templare allora spiegò le similitudini di alcuni gesti o scelte, e ripercorse, con gli altri, il mito della creazione, il ruolo di Aengus, fino al Gotterdammerung.

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Le parole del nordico erano fiere, evidente ed illuminante era quel fervore nel dio del fuoco che lì, a poca distanza da così tanto caldo magma, pareva presente con la sua potenza. I Prelati dell’Ordine pregarono, parlarono di molte cose e infine, come richiesto dal Sommo Templare, lasciarono cadere in quella lava qualcosa di loro, come un sacrificio per ringraziare Aengus di così tanta potenza e del suo favore.

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Quel menhir immoto, immutabile, ricco di rune, offrì alla Sacerdotessa Victoria un punto di riflessione, su quanto ogni minimo simbolo potesse aiutare un fedele a ricordare, a legare il proprio spirito a un Dio o a sacrificarsi, addirittura per esso. C’era poi chi lo faceva in modo cruento e veloce, chi per tutta la vita con costante sacrificio. Modi differenti di ingraziarsi un dio, stesse intensità. E allora decise che quella lava doveva esserci in quel punto negli Orquirian, e visto che non era sorta lì in modo naturale, allora ce l’avrebbero portata.

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Il rientro fu un po’ avventuroso, e salutato l’Yggdrasil Thorgad, i Prelati dell'Ordine Templare si prefissarono altri scopi, di purificazione ed opera salda e forte per contrastare il nemico, possenti e decisi come quel caldo fuoco che ancora brillava nei loro sguardi e bruciava nei loro spiriti.

Last edited by Victoria on Sun Dec 22, 2019 2:46 am, edited 1 time in total.
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By Victoria
#7491
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Gli ultimi ufficiali rientravano dalla ronda alla Coorte di Eracles ed i grandi cancelli di Amon si richiudevano lenti e rumorosi dalla porta ovest. Il Console Templare Ek camminava per le vie della Guerriera e salutava tutti, un po’ reticente ad impartire ordini e risposte agli attenti che le rivolgevano, perché i pensieri la portavano lontano e molte erano le cose che sentiva di dover preparare prima di quella sera. Che giunse presto però e con essa un’importante spedizione.

Giorni prima la Console Templare Ek aveva chiesto al Console Militare Sten di riunire tutti nella nuova sala del Senato per discutere di possibili strategie per abbattere definitivamente il rudere di un’oscura chiesetta che, ad ogni uscita dai cunicoli amoniani, era la prima cosa che tutti vedevano. Era necessario disporre un luogo adatto per l’avvistamento degli orchi, ora che il clan Narku pareva essersi allontanato dopo le trattative dell’orchessa Shagat con Amon.
Le idee in quella storica sala furono tante, e anche le considerazioni in merito al fatto che un’operazione poco cauta avrebbe potuto chiudere l’uscita dei cunicoli con gravi problemi per la logistica militare di controllo da parte di Amon. Si parlò di polvere da sparo, di scavare e di abbattere con martelli e picconi, ma il tempo era poco e quella parte dei cunicoli necessitava di un intervento veloce, che potesse essere glorificato insieme all’inaugurazione del Tempio nuovo. Perciò Victoria, con aria riflessiva, si soffermò sui maghi presenti e chiese loro se fosse possibile farsi aiutare dalle loro creature, elementali spesso potenti e forti. Morgan Priston prese subito l’idea al balzo e ipotizzò un rituale arcano in grado di poter evocare, per poco tempo, un elementale della terra maggiore, utile per rompere, trasportare, al posto degli amoniani stessi. E dunque così fu, perché quella sera Morgan ricevette l’incarico ufficiale di studiare il rituale adatto.

Non passarono molti giorni poi che i Leoni di Amon, allineati davanti al Mastio, si preparavano per un’importante spedizione, la Legione avrebbe affrontato qualsiasi pericolo pur di proteggere Morgan Priston, e i Sacerdoti dell’Ordine a suo scudo, durante il rituale arcano, e gli altri Guerrieri di Fede non sarebbero stati da meno, per fervore e pratica, comprendendo l’importanza della sicurezza per un sacerdote che ritualizza.

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I Consoli diedero l’ordine di partire e ben presto il manipolo di combattenti era pronto fuori dai cunicoli per fortificare il perimetro della chiesetta, disporre ronde di controllo, mettere in sicurezza l’area, e altrettanto i Sacerdoti per purificare quel luogo, bruciare quel quadro blasfemo, lasciare che Morgan organizzasse il suo pentacolo arcano.

Ci furono diversi imprevisti, Victoria cercava di dar man forte con le preghiere, insieme a Jaer di Aengus, alternando la propria opera di carpentiere per le mura di legno, a quella di guida dell’Ordine, fiera di osservare i combattimenti decisivi e risolutivi dei propri fratelli amoniani, in prima linea con ogni mezzo a scacciare le orde di orchi che, attirati dai rumori, giungevano senza sosta.

Morgan guardò Victoria intensamente, lei comprese che tutto era pronto e chiese al proprio Discepolo Jaer di trovare la giusta posizione per proteggere Morgan che, con sapienza arcana evidente, iniziò a recitare dei mantra particolari, prima con una certa titubanza e poi, man mano che la concentrazione saliva, li recitava con maggiore sicurezza. Intanto fuori da quel rudere imperversava la battaglia di uomini ed orchi, questi abituati a seminare morte e distruzione, ed i primi ad essere scudo d’oriente delle terre degli uomini.

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Victoria si accorse che Morgan sembrava cedere, lo abbracciò quasi, insieme a Jaer, per dargli maggiore forza, e lo benedisse, invocando la forza mentale di Oghmar per l’arcanista, e pregando Danu di illuminare quel luogo oscuro affinché niente potesse andare storto. E all’improvviso, con un fortissimo boato ed un urlo imponente, apparve una creatura maestosa, dagli occhi di pietra e le membra di roccia.

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L’elementale maggiore pareva legato a Morgan, agiva ad ogni movimento dell’arcanista che, debole e provato si affidava ai sacerdoti per sostenere il proprio animo e pervadere quella creatura di arcana potenza.
L’elementale eseguì gli ordini, abbatté ciò che rimanere dei muriccioli, delle panche, del tetto e poi con potenza inaudita, lanciò per aria massi e detriti, verso la montagna come Morgan pareva indicargli.

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Gli occhi di Victoria sembravano increduli, mai aveva visto così tanto potere, e mai aveva avuto così paura di rimanere schiacciata da un masso poiché, ogni volta che l’elementale alzava quelle enormi rocce, per qualche momento Morgan sembrava vacillare, con il pericolo che l’elementale crollasse e con lui ogni cosa che spostava. Ma tutto finì al meglio, perché i tre ritualisti si facevano vicendevolmente forza e quando tutto fu distrutto e della chiesetta rimanevano solo pochi detriti, il Console Ek gridò a tutti gli amoniani che lo scopo era stato raggiunto, e dietro, come a farle eco, un urlo dell’Elementale che scompariva fece tremare gli Orquirian orientali.

Gli astri in cielo brillavano, Nut sembrava più argentea mentre si rifletteva negli sguardi di Milites e Prelati compiaciuti che insieme inneggiavano alla grande forza di Aengus, alla benevolenza di Danu, alla sapienza di Morgan, al sapere bellico dei combattenti e all’unione che insieme li aveva portati a compiere un grande passo verso rigore ed ordine.

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Quei resti erano lo specchio di gesta fiere ed adamantine, nel nome di Crom.

USQUE AD FINEM URBI FIDELIS!

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By Victoria
#9470
Ne aveva riunuti diversi di amoniani, quella sera, la giovane Console, e mentre invocava la benedizione di Danu per mare, sentiva la loro curiosità, i loro interrogativi sulla meta della spedizione. Eppure con fedeltà ed orgoglio impugnavano le armi o contavano le erbe rituali, per prepararsi al meglio. Come ogni amoniano dal cuore saldo fa, se una guida li chiama alle armi.

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Da quella posizione nella boscaglia, la cima fumosa del vulcano sembrava ancora più alta. Le immense ali rosse del suo custode si intravedevano tra lapilli e scintille che, coi movimenti ampi degli arti alati, scoppiettavano in ogni direzione.
Il nutrito gruppo di Leoni, di manto Cremisi vestiti e con sguardo attento, si stava muovendo da diverso tempo verso quel misterioso e pericoloso luogo. L’intento, per quanto giusto e sacro, poneva quei guerrieri di Spirito e Disciplina, di fronte alla necessità di creare una tattica adatta.
Lo scopo era riempire dei particolari calderoni di lava, ma distraendo il grande Drago Rosso, che altrimenti con una sola zampata avrebbe potuto spazzare via l’intero manipolo di uomini.

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Quella porzione di territorio era angusta, inospitale su un versante, intricata dall’altra, e l’unico modo per poter sfidare la creatura era attirandolo in giusta posizione. Etharg e Domyt avevano raccolto informazioni e Victoria sapeva che al momento giusto le loro conoscenze sarebbero state importanti. E fu così che astuti e capaci uomini si incamminarono per quelle gole, con la benedizione della Console Templare, affidando completamente al loro sapere la riuscita dell’intera impresa.
Quando questi sparirono dietro la roccia più alta, il silenzio calò in quel lungo corridoio, Victoria la guida osservò gli altri, fece cenno di arretrare, e tutti ordinatamente si posizionarono, per aspettare.
La Legione schierata teneva alte le armi, i Sacerdoti dell’Ordine erano già concentrati tra le loro mura sacre protetti dai guerrieri di Fede, il vento caldo soffiava indomito, bruciava i volti corrucciati, le espressioni severe in una attesa che pareva senza tempo.

“Signora è già passato un po’ di tempo, forse avranno avuto difficoltà.” Disse uno dei milites parlando verso la Console Templare.

Lei con cipiglio fiero rispose: “Sono uomini di Amon, sanno come agire, attendiamo.”

E così, tornato tutto in ordine ed in silenzio, i pensieri iniziarono a vagare nella mente della giovane donna che aveva radunato gli amoniani con l’intento di trovare il giusto tributo ad Aengus, per quel grande progetto che doveva servire ad alzare barriere di fede e forza negli Orquirian orientali.

Sarà questo il modo giusto? Questa prova? Questo sangue che dovremo spargere? La Fiamma eterna… E’ così che deve essere? Così piace al Sacro Fratello della mia Signora Astris?

E mentre questo turbinio di pensieri vagava nella mente di Victoria, ampie ali rosse rabbuiarono il cielo, coprirono le stelle e tutto improvvisamente precipitò.
Gli amoniani tornavano trafelati dalla loro missione, avevano davvero allontanato quel possente guardiano dal cratere, lasciando libero il passaggio per permettere ai Prelati dell’Ordine di prelevare la lava. Ma quell’immenso drago rosso non sembrava contento di questo disturbo e con ferocia straordinaria sfidò quei piccoli uomini.

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Picche alzate con ordine, la testuggine di Legione allineata, invocazioni, frecce, urla di battaglia e coesione. Amon reagiva alla sfida combattendo, un nemico da onorare e a battere con rigore, un combattimento epico, un insieme di sudore, carne lacerata, occhi feriti dalle calde fiammate e sentimenti di ardore per raggiungere lo scopo.

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La battaglia fu estenuante e lunga, ma quando il grande guardiano cadde a terra, ormai fuori combattimento, fu necessario mettere da parte ogni compiacimento per agire furtivamente e con velocità. Il gruppo percorse quelle caldissime gole, lasciando dietro il Grande Rosso esanime, senza voltarsi ma col cuore in gola, sapendo che sarebbe potuto giungere da un momento all’altro, coprendoli con le sue ali ferite e sterminandoli.

In cima al vulcano, ansimando, Domyt e Worras dell’Ordine, calarono con robuste catene i due calderoni di orialkon e pietra chiara, nella parte dove la lava stava per rapprendersi e divenire roccia, così da non essere troppo calda e liquefare ogni cosa. Poi ancora di corsa e con maggiore ardore, tutti ripresero a correre, i più forti controllando le retrovie, alla testa la Console con un cipiglio evidente di preoccupazione.

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Giunti però lì, del Grande Rosso Nessuna traccia… uno strano silenzio e poi un verso acutissimo sul quale era bene non interrogarsi. I destrieri erano nervosi e l’Oasi pareva il miglior punto dove riprendere le forze e dissetarsi. Ma la sosta fu breve, i calderoni dovevano essere affidati ai fabbri di Amon, e la marcia verso la Guerriera riprese possente e decisa.

Qualcuno meravigliato ricordò le tattiche quella stessa sera, in una piazza silenziosa ove solo qualche viandante si attarda a curiosare. Victoria osservò quegli uomini e quelle donne ridere, conscia che forse, in un modo o nell’altro, aveva compiuto la giusta battaglia, quella dell’unione di un popolo stretto sotto medesimo vessillo che, forte della sfida comune, aveva saputo affrontarla con forza e vigore.

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By Victoria
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Quella sembrava proprio la giornata giusta per concludere un affare, l’astro infuocato era alto in cielo, il vento mite delle colline amoniane sfiorava le merci del mercato di Amon e le sentinelle, in perfetta uniforme, si facevano quasi conquistare dai migliori prodotti dei banchi che esponevano cibi e leccornie esotiche.

La giovane donna, con le insegne consolari di Amon, sembrava rincorrere un gatto, cercando di non farsi notare.

“Furore vieni qui! Dannato gattaccio!” E la piccola bestiola dal manto pezzato correva con un piccolo pesciolino in bocca saltando con grazia da un banco all’altro.

Una sentinella poi abbassò una cesta vuota sul malcapitato felino e lo catturò arrestando così la corsa di Victoria.

“Ecco fatto Console, è nella cesta!” Disse la guardia mostrando con la picca il cesto a terra. E Victoria si fermò dandosi un contegno e ringraziando.

L’ora era tarda e quel piccolo sipario le aveva fatto perdere tempo, doveva mandare immediatamente un dispaccio agli Djaredin, Mastro Musonero aveva completato il progetto per scavare nella montagna, doveva invitarli ad Amon il prima possibile e così fece indirizzando la missiva a Surgur l’Archon.

La Console poi salì sul più alto punto del Mastio ed osservò ancora i monti Orquirian tenendo il piccolo micio in braccio, ignara che da lì a poco l’intero gruppo di minatori e genieri djaredin sarebbe piombato come una valanga possente fino ad Amon.

Arrivò presto la sera infatti, e gli amoniani avvisati da una missiva anticipatiaria da parte di Kard, accolsero i mastri djaredin con una certa preoccupazione. Quel botto sarebbe andato a buon fine? O sarebbero crollati i cunicoli per le terre selvagge?

Schierati come soldati, coi picconi lucidi e forgiati perfettamente, i mastri si misero subito all’opera piantando a terra una rotaia che dalla montagna portava al mare, per poter trasportare i detriti, mentre i genieri sistemavano gli esplosivi.


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Il progetto di Mastro Musonero era in bella mostra sul tavolo da lavoro, la carpentiera Lucretia, delle schiere amoniane, la esaminò insieme alla Console Ek per capire quale sarebbero state le successive fasi ed adoperarsi, coi lavoratori amoniani, ad aiutare.

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I lavori procedevano spediti, la fatica si faceva sentire e quando arrivò l’esplosione ci fu un grande fragore ma tante urla di festa e di soddisfazione, i mastri controllavano dentro che nulla fosse crollato se non ciò che era stato stabilito come necessario, però fuori strani movimenti dagli alti monti iniziarono a mettere le guardie in assetto da guerra.


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“Leoni attenti!” Urlò la Console mentre dalle cime degli Orquirian scendevano degli elementali rocciosi, quel boato doveva aver svegliato sbuffi di energia magica ancestrale, ferma lì da chissà quanto tempo. La lotta fu inevitabile e Leoni e Djaredin combatterono insieme per portare in sicuro le tende degli operai e tutti i presenti.

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Quando ogni cosa tornò in ordine poi gli djaredin misero in funzione le rotaie: dall’interno della caverna venivano spinti fuori i massi, estratti dalla caverna da djaredin ed amoniani, e caricati per essere lentamente buttati a mare da quel meraviglioso progetto di ingegneria djaredin!

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Ben presto quei detriti formarono una piccola diga rocciosa di lato ai confini delle mura di Amon, rafforzando così la protezione stessa del Forte Agravain.


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Dentro intanto la caverna prendeva forma, le rocce sparivano e le fatiche venivano ristorare da preziosi intrugli.

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Victoria, Sommo dell’Ordine, si fermò con compiacimento, asciugandosi la fronte, perché quel lavoro tra le rocce la rendeva più vicina al Dio delle Montagne, e sperò che la Fiamma di Aengus fosse lì dentro presto accesa per rafforzare la fede nei suoi fratelli che ogni giorno varcavano quei confini per combattere contro gli orchi.

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E che si affidassero a Lui, che per secoli li aveva protetti in quei cunicoli. E che a Lui tutto questo piacesse e ne sentisse la profonda devozione.

La notte arrivò presto… e con essa la fatica… gli Djaredin salutarono raccogliendo le proprie cose e partirono per le proprie terre, ma Victoria non riusciva ad arrestare i propri uomini, che ancora con foga portavano fuori massi e macerie, fino all’alba, cantando e facendosi forza l’un con l’altro.

Quel tempio, ne era certa, oramai stava per sorgere insieme al nuovo astro di fuoco più vivido che mai a Oriente, sopra le cime rosate degli Orquirian.


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By Victoria
#19594
La Fenice
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Il primo mese del 284, il PostApritore consacrato a Crom, era un mese di grandi festeggiamenti e preparativi nell’impero di Amon, e non solo. Storicamente ogni azione, guerriglia contro non-morte e abomini demoniaci, erano consacrati e dedicati al grande Padre Crom e onorate le sue armi mitologiche Oscillante e Risplendente, forgiate dal figlio Aengus, signore della Forgia.

Il grande tempio a lui dedicato, fuori dalla Vecchia Amon, era quasi stato terminato, le statue si potevano già vedere poste all’ingresso, all’altare, le fiamme di pietra troneggiavano sicure scolpite con maestria ed era tempo di consacrare quel fuoco e quella lava. Serviva un sacrificio particolare, una morte che significata rinascita e il Sommo Templare Victoria Ek convocò a sé l’Ordine, parlando in particolar modo ai cacciatori.
Dovevano riuscire a catturare una fenice, come aveva chiesto ad Eulania la Discepola oramai da molto tempo, perciò insieme partirono per una specifica isola. Non avevano ancora ben chiaro come fare, come aggirare le sue piume fiammeggianti, serviva uno studio congiunto e pensare ad un piano. Ma la sorte fu benevola e lì, avventurieri animati di grande pazienza, trovarono un cacciatore di tesori, bizzarro quanto utile, che spiegò loro come catturare una fenice.

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“Serve un cappuccio che le impedisca di vedere e dei guanti per non farvi bruciare le mani!”

Disse l’uomo conducendoli alla propria nave che pareva più un bazar tanto erano le cianfrusaglie e le cose accatastate. Victoria aveva dotato le sue cacciatrici Dorotea e Eulania di guanti in pelle adatta ma la vera scoperta fu quel particolare cappuccio.

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Dorotea ed Eulania tentarono di catturarla, non era affatto semplice, ma Eulania ne fu capace con la gioia dei presenti che, con forza e decisione, la supportarono quando fu il momento di chiuderla in una grande cassa capace di contenere il suo calore.
L’aiuto di quello straniero fu provvidenziale e la Fenice fu rinchiusa in una gabbia in attesa del giorno del rituale.

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Il dono del Nord


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Era oramai il secondo mese del 284 Forense e l’attesa per l’inaugurazione del Tempio delle Forge si stava accorciando, i preparativi in seno all’Ordine Templare erano vividi e profondi erano i pensieri del Sommo Templare che aveva chiesto ai ministri di Aengus di varie terre di poter intervenire e rafforzare il rituale di inaugurazione.

Particolare gradita fu la sorpresa che una sera Goran della chiesa del Nord, insieme a Thorgad e agli altri di Helcaraxe, fecero recandosi ad Amon con speciali doni, simbolo di vicinanza religiosa e di collaborazione per il nuovo Tempio.

“Vi abbiamo portato metalli, ori e armi, raccolti per voi, per contribuire materialmente a questa opera nel nome del Dio della Forgia Aengus, ma anche tre doni propizi e di buon auspicio, simbolo di forza e potere. Tre stalloni nordici.”

Così parlarono i nordici e Victoria ne rimase molto colpita comprendendo, da donna in parte di origini nordiche, il senso e la profondità di quel gesto.
I grandi stalloni furono fatti entrare nella prima stanza del tempio, al cospetto della statua di Aengus e insieme pregarono, uomini del sud e del nord, unendo le proprie fedi nel nome del grande Dio.

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Il rituale d’inaugurazione

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E infine con il terzo mese del 284 giunse il tanto sperato giorno dell’inaugurazione. Victoria ripercorse ogni fase, ogni compito che era stato distribuito ai propri praelati e non solo, tutto doveva essere perfetto e tutto sarebbe dovuto rimanere nella memoria della Guerriera.
Dopo così tanti mesi, spedizioni, lavori, progetti e collaborazioni, lì in quelle montagne storiche, cordone di confine tra Amon e il proprio scopo e nemico, finalmente sarebbe sorto il luogo che avrebbe protetto i fedeli di Aengus. Era tempo di compiere il sacrificio.
Radunati gli amici e i popoli fedeli intorno all’altare centrale, sopra la lava e accanto all’altare a forma di Forgia, Il Sommo Templare Victoria Ek invocò silenzio e benedizione. Domyt dell’Ordine e Dorotea erano stati incaricati di condurre la Fenice sull’altare tramite la grande cassa.

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Quando questa giunse notò la tensione nello sguardo del Gran Maestro dei Cavalieri, Hickaru PhoenixFlames, e dei suoi Cavalieri, sapeva bene quando la donna fosse legata a quell’animale e percepì in lei il timore che la bestia leggendaria fosse uccisa lì, su quell’altare. Ma andava fatto, il fervore andava nutrito e il favore del dio della Forgia meritava quel rischio. Avrebbero dovuto pregare, insieme, che il prodigio del risorgere dalle ceneri, potesse avere luogo, perché quello avrebbe consacrato per sempre un’aura mistica potente in quella lava, su quelle forge.
E così si prepararono.

Il salmodiare del Sommo e dei suoi prelati si alzò, i presenti si unirono timidamente ai canti e alle invocazioni e quando Dorotea e Domyt sull’altare posero fine alla vita di quello straordinario animale fiammeggiante, tutti trattennero il respiro. La tensione era forte, le preghiere più forti, il caore della lava che scorreva rendeva le fronti imperlate di sudore… Victoria urlò con tutta la voce che aveva, usando ogni minima parte della propria fede per onorare il Fratello della propria Signora, per onorare il sangue, la fiamma, la storia.

“Aengus in tuo onore fa che risorga!”
Urlò… e sotto gli occhi di tutti…

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… il prodigio avvenne!

Maestosa e ancora più grande dalle ceneri di quel fuoco straordinario, che consumava il corpo della fenice, ne sorse una ancora più grande, maestosa e indomabile!

Sotto lo sguardo commosso, incredulo, sollevato e meravigliato di tutti la Fenice risorse dalle proprie ceneri, benedicendo con la sua straordinaria fiamma le forge e la lava, volando tra i presenti per poi sparire lontano nei cieli oltre la caverna sacra. Il Sommo Templare Victoria invitò allora la Sacerdotessa Hickaru a parlare per Aengus, invocando la benedizione e sacrificando un’arma nel magma intorno alll’altare.

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E così fu per tutti, amoniani e presenti, a sacrificar armi, radici e reagenti, nel nome del Dio della Forgia.
Ciò che doveva essere compiuto era avvenuto, quel che per mesi era stato un progetto e tanta fatica, aveva visto il suo culmine a la nascita, così, con torce di nuova fiamma, i presenti illuminarono il primo ingresso del tempio, davanti ai bassorilievi di Aengus e alla sua statua.
Il Sommo Templare si inchinò, da quel momento chi attraversava quei cunicoli avrebbe potuto invocare la protezione di colui che domina le montagne e trovarne forza.

Nel cuore degli Orquirian per sempre, nel nome di Aengus!

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Victoria chiuse quel libercolo foderato di cuoio artico e sorrise. Quella preziosa memoria storica era stata scritta su ruvida carta e sigillando le pagine con le decorazioni, in cuor suo, sigillava la propria opera nelle terre verdi.
Molte cose erano mutate nel frattempo, perché così avevano tracciato gli Dei Danu ed Aengus sul suo destino, o perché il Fato che ci governa ci mette sempre alla prova, giorno dopo giorno, scelta dopo scelta.
Nel proprio cuore l’opera per Aengus era uno straordinario ricordo ed il grande quadro sulla parete che aveva dipinto glielo avrebbe sempre riportato alla memoria, ma davanti c’era Danu che con furenti venti la chiamava. Era tempo di donare ogni propria opera alla Signora dei Mari, perché questo era sempre stato il suo primo scopo, servire la Dea, con ogni mezzo, in ogni luogo di Ardania, portando il suo culto in alto.
Con la Luce della Dea, con la Furia dei suoi Mari e con la Forza dei suoi Venti.


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FINE
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