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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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By Michael604
#54317
“Nel fuoco è forgiato…”

Il buio allungava la sua morsa sopra gli alti picchi innevati. Il vento gelido serpeggiava tra le rocce e le valli, piegando gli alberi meno robusti e facendo riecheggiare il suo ululato sinistro nella notte che avanzava.
Le piccole fiamme accese, resistevano stoicamente alla furia degli elementi. Contorcendosi violentemente alla morsa del freddo e del vento. Alcune cedevano, fino al punto di spegnersi… Eppure, sotto uno strato di cenere nera i tizzoni ardevano ancora, bramosi di tornare ad ardere con forza: alimentati, quasi paradossalmente, dallo stesso vento freddo che gli aveva sconfitti.

Le ombre danzavano nella neve, pallida e spettrale ma capace di far riflettere su di se la debole luce della luna e delle stelle; che come tanti piccoli diamanti adornavano quel mare bianco e dall’abbraccio mortale.
Le basse case fatte di legno erano silenti. Deboli luci provenivano dal loro interno, quasi nel timore di attirare l’attenzione, o la furia degli elementi su di se. A parte il vento non vi era quasi rumore. Tutto sembrava immobile, sotto il giogo del freddo e della neve.

Un suono ritmico e metallico tuttavia si faceva strada nella notte incombente. Alte fiamme si sprigionavano da una piccola forgia fatta di pietra, ma dal cuore ardente come una stella. Lingue incandescenti si proiettavano verso l’alto lanciando la loro sfida all’oscurità e al freddo. Il battere ritmico del martello sul metallo si propagava nella notte silente, come il suono di un tamburo di guerra.
Un braccio muscoloso colpiva con forza e decisione, plasmando ad ogni impatto il metallo pulsante di vita e fiamme. Ad ogni colpo un bagliore illuminava un viso deciso e concentrato mentre un turbinio di scintille lo avvolgevano in una spirale vorticosa.

La figura ignorava il freddo e la notte, completamente assorto e in simbiosi con il fuoco. Una massiccia statua, dai lineamenti duri lo sovrastava in silenzio, valutandone severamente l’operato.


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Dietro di lui, emergendo dalle ombre della notte si palesò un uomo. Alto e robusto, impellicciato pesantemente contro il freddo. La sua barba, così come i capelli neri, sfumavano dalle tonalità di grigio fino a diventare quasi bianche nelle punte. Due occhi grigi risplendevano alla luce della fiamma, posandosi preoccupati sull’individuo davanti a se.

“Halfdan… è tardi ormai. Vieni dentro casa o ti congelerai.”

La figura davanti a lui non rispose ne si scompose minimamente. Continuò, nel suo incessante e ritmico martellare il metallo.

“Halfdan… Posso capire il dolore che provi, ma non è questo il modo in cui devi affrontarlo.”

Ancora non ricevette risposta, se non nella violenza con cui i colpi venivano ora calati contro il metallo.

“Devi darle il tuo addio, figlio. Senza, il suo spirito potrebbe non trovare la pace che merita.”

La veemenza aumentò ancora. Le fiamme della forgia si agitarono alzando ancora più scintille che turbinavano come impazzite alla furia del vento e dei colpi.

“Lei più di tutti ti avrebbe esortato a non lasciarti andare. A lasciare che il dolore e la rabbia ti dominassero. Placa il tuo fuoco… fallo se non per te stesso, per il suo ricordo…”

Un ultimo colpo, impetuoso e simile ad un tuono venne calato con brutalità. In esso tutta la rabbia e il dolore che provava. Le fiamme si attenuarono, le scintille si spensero adagiandosi lentamente sulla neve.
Calò infine il silenzio, e con esso la notte con le sue ombre e pallide luci.



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By Michael604
#54366
“Nel ghiaccio, temprato…”

La superficie giacchiata era piatta e spessa, con diverse venature che ne correvano per tutta la sua estensione. Venature, che nella loro forma rievocavano strani segni, con la mente che cercava quasi inconsciamente di elaborarne l’arcano significato.
Quel lago ghiacciato era situato sui picchi più alti delle montagne della Baronia, ed era considerato da molti un luogo mistico, dove sciamani ed eruditi si ritiravano per contemplare i misteri dell’esistenza. Alcuni sostenevano di strane luci, forse spiriti o manifestazioni soprannaturali, che albergavano in quel luogo di pace.

A pochi passi dalla riva ghiacciata era stata allestita una piccola pira funebre. I lineamenti di una donna, curata e agghindata come una regina guerriera dei tempi passati, spiccavano da sopra un letto fatto di pesanti ciocchi.
La sua espressione era serena, la sua pelle candida come la neve. I capelli castani con sfumature rossicce le scendevano fin sulle spalle come una cascata. Sul suo petto era poggiato uno scudo dai riflessi argentati e al suo fianco una spada dal fodero finemente lavorato.

I pochi presenti tenevano il capo chinato, forse in contemplazione e in preghiera. Halfdan, invece teneva il suo sguardo fisso sulla giovane donna. Ne ricordava il sorriso e l’espressione corrucciata. Il suo sguardo di fuoco quando arrabbiata, e le sue dolci carezze che ancora sentiva scivolare sul viso. La sua voce era come lo scorrere dell’acqua, limpida e cristallina, del nord.

Sigrid, del Picco. Cacciatrice e allevatrice, abile arciera e indomita guerriera. In lei si notavano le qualità di una vera donna del nord: Forte e tenace ma anche dolce e premurosa, qualità che la legavano, secondo le genti del nord, alla figura dell’orsa. E proprio di un orsa, di nome Ysra, si accompagnava sempre; sorelle legate indissolubilmente dal loro spirito affine.

Halfan ritornò con la mente a quel tragico giorno. Soffiava un vento leggero ma freddo proveniente da nord. Il sentiero fangoso e la vegetazione selvaggia, rendeva difficoltosa la marcia. Pochi rumori permeavano l’aria, carica di tensione. Poi, come un lampo improvviso l’imboscata!
Un gruppo di guerrieri con i colori del clan Bergatt. Le urla che si mescolavano al clangore delle armi e il sangue che bagnava la fredda neve.

Rosse fiamme che lo avvolgevano spingendolo a lottare con ferocia. Chi può cadere con il favore di un Dio dalla propria parte? Pensò stoltamente… Poi un grido. Lo sguardo che vagava per il campo di battaglia disperatamente, prima di imprimersi in modo permanente il colpo fatale per la giovane compagna. Infine il dolore al petto e poi il buio.
Si scosse dai suoi oscuri pensieri notando la figura di suo padre, Egil che gli si avvicinava.


“È ora, Halfdan…”

Gli disse porgendogli una torcia.
Il giovane uomo la prese quasi senza volontà propria, incapace ancora di capire cosa stesse realmente accadendo. Si fece però forza e avanzò verso la pira. Sentiva il respiro farsi sempre più pesante, come se un enorme fardello lo opprimesse.
Il fuoco della torcia si divincolava, bramoso d’ intaccare quel letto di legna secca e consumarla avidamente. Halfdan arrivò ai piedi della pira osservando per l’ultima volta la figura della giovane donna. Quello era il suo ultimo saluto, un ultimo addio alla donna che amava.


“Vi møtes igjen, til Valhalla…”

Le sussurrò chinandosi verso di lei. Le poggio vicino il simbolo sacro di Aengus, baciandola un’ultima volta.
Poi, non nascondendo una certa riluttanza lasciò che il fuoco della torcia si propagasse nella legna della pira.
Si allontanò di alcuni passi, osservando le fiamme che lentamente prendevano vigore e cominciando ad avvolgerla con le sue spire di fuoco.
Da sempre il fuoco era per Halfdan un elemento importante, rappresentazione del volere Divino. Simbolo di nascita e strumento capace di plasmare non solo il metallo, ma il mondo stesso.

Ma per la prima volta nella sua vita, ora quelle fiamme lo terrorizzavano. Un misto di rabbia e paura gli attanagliavano il cuore mentre la pira veniva consumata e la sua luce si rifeltteva nei suoi occhi in modo indelebile.
Le stesse fiamme che il giovane uomo venerava, ora gli stavano strappando per sempre e da quel mondo, la donna che tanto amava. E con lei, anche una parte di se stesso.


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By Michael604
#54501
“Nel ferro, la forza!”

Una calda luce si innalzava verso il cielo nero e nuvoloso. Con cuore rosso intenso e palpitante di vita, brillava. Sfidando le nere tenebre della notte incombente.
Avide dita si avvolgevano intorno al legno nella loro tipica danza caotica ma ipnotica. Il calore consumava anche la spessa corteccia; corazza naturale capace di resistere al freddo e al vento, ma inerme di fronte a quel mortale assalto.

Una volta consumata, non rimaneva nulla. Se non un nucleo nero ma ancora pulsante, che conservava in sé la forza e l’impetuosità della fiamma che l’aveva creata.
Da quel tizzone nero e palpitante ecco emergere la vera essenza della fiamma: non la sua natura caotica e distruttrice, ma la sua capacità di plasmare anche il cuore della terra stessa.

La roccia si fondeva e come uno scrigno prezioso ora svelava il suo cuore di metallo. Nato dal fuoco, era pronto a lasciare che il calore intenso ne modellasse la sua forma grezza.
Tuttavia, mancava ancora un elemento per completarne la trasformazione. Un elemento opposto ma complementare. Nel freddo abbraccio del ghiaccio esso si sarebbe temprato, ascendendo finalmente alla sua vera natura.

Un figlio dal cuore metallico e tagliente, che racchiude l’essenza dei due elementi che lo hanno generato.


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Una terra antica quella del nord, dove forze primordiali lottano e si fondono costantemente in un caotico abbraccio. Dove fuoco e ghiaccio ne plasmano l’aspetto, dando origine ad una terra brutale e selvaggia, deturpata da profonde cicatrici che la rendono fiera e indomita.

E così sono i suoi figli, i suoi veri figli. Coloro che, come il metallo, ne portano nel cuore la vera natura: Impetuosa e inarrestabile, orgogliosa e indipendente, profonda e misteriosa.
Di saghe e racconti sono portatori, scritte con il sangue e il ferro nell’eternità! Risuonando per sempre nelle grandi sale dorate.

Ma se un tempo nel profondo nord un cuore di ghiaccio pulsava, esso ora era diverso. Mutato. E a lui sempre più lontano.

“Può una spada essere usata per coltivare la terra?
Può uno scudo proteggere dal freddo come un caldo mantello?
Può un vero figlio delle nevi dimenticare e ignorare gli elementi che lo hanno generato?
Dove posso quindi, come il metallo, plasmare la mia vera forma? ”

Halfdan osservava le fiamme della forgia con attenzione, ansioso di intravedere in esse la risposta alle sue domande più profonde. Invocando inconsciamente un segno che potesse poi guidarlo… E poi lentamente, quasi senza accorgersene la sua percezione mutò.

Il vento soffiava nella notte, portando con sé uno strano suono: Lo sbuffo impaziente di una possente bestia. Le fiamme danzavano e si contorcevano cercando di dare forma a qualcosa, di ancora informe e indefinito. Ne percepiva la forza e l’impeto… ma nel cui spirito, fuoco e ghiaccio si agitavano come mare in tempesta.

Halfdan si avvicinò sempre di più alle fiamme. Ne sentiva il rovente tocco, ma non poteva fare a meno di esserne ammaliato. Gli occhi cominciavano a dolergli mentre ne osservava il cuore intenso. Ma poi per un attimo, un singolo istante vide qualcosa:

Dalle fiamme e dal fumo emergeva lentamente una strana figura. Ampie corna appuntite come lance, occhi intensi come il fuoco e un corpo possente capace di travolgerlo alla carica come una valanga…
Nelle cuore delle fiamme, tra il calore e l’intensa luce… aveva trovato infine la sua risposta.



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