- Fri Mar 25, 2022 8:39 am
#50879
"IL RAGNO E LA FALENA"
Era ormai notte fonda nella locanda di Ilkorin.
Seduto su una sedia, davanti a me sul tavolo
c’è un grande candelabro con accese 4 candele.
Di fronte a me c’è il corridoio che porta alle camere
dove sono alloggiati i nostri ospiti rifugiati.
Nella mia mano sinistra tengo e rigiro
tra le dita un pezzo di legno dorato
mentre con la destra stringo le mie due spille d’osso
pensando e riflettendo.
Il sonno non aveva ancora presa su di me
e nemmeno doveva riuscirci.
Il mio dovere era quello di vegliare sul sonno
di coloro che ormai non dormivano più
serenamente da lunghe notti.
Gli occhi sconvolti di quella eldar che fino a poco tempo fa
era una fiera guardia di Nolwe rimasero impressi nella mia mente.
I feroci moriquendi che ormai avevano conquistato
la città dei machtar non si erano risparmiati
nell’usare empie maledizioni per infliggere orrori indicibili.
Ho davanti i miei occhi l’immagine di quel racconto.
Un eldar, un istar, il cui nome era Reese
che viene trasformato lentamente in un orrendo drider,
in una lunga agonia che deforma e squarcia il corpo
devastando la mente, ma soprattutto distrugge lo spirito.
Un tale abominio non dovrebbe mai sorgere
e che il Padre ne sia testimone estirperò
tale maledizione che minaccia il Doriath
e i responsabili di tanto orrore la pagheranno cara!
Stringendo forte le mie due spille poi faccio un profondo respiro
e mi accorgo che sul il candelabro una piccola falena
è rimasta imprigionata in una ragnatela
con il ragnetto che si avvicina pronto a gustarsi la sua preda.
Non posso non pensare a come gli eldar di Nolwe
siano caduti nella ragnatela dell’oscura fede
che ora li ripaga con questo lungo tormento.
Non li odio, e nemmeno provo pena.
Questa in fondo è stata la loro scelta
con le conseguenze che ne sono derivate.
Osservo la piccola falena che vola disperata
verso una delle candele accese e dopo tanto sforzo
il calore brucia le ragnatele e lei vola libera.
Sorrido e comprendo. Loro sono come questa piccola falena.
Io li aiuterò, aiuterò tutti i torònin e le selèrin
di Nolwe che cercheranno rifugio,
tenderò loro la mano e mai li abbandonerò all’oscurità.
Sarò la fiamma di Suldanas che brucerà
le ragnatele che hanno turbato e gelato
i loro cuori dandogli calore.
Ritroveranno il significato vero del focolare
e della comunità.
Li riporterò nella Luce dei Valar e magari
chissà alcuni di loro riprenderanno le armi
e in nome del Padre cercheranno
la loro rinvincita e vendetta.
Sorrido e trovo tepore in questa fredda notte
mentre mi avvolgo nel mantello
e rimango vigile a proteggere il loro sonno.
Era ormai notte fonda nella locanda di Ilkorin.
Seduto su una sedia, davanti a me sul tavolo
c’è un grande candelabro con accese 4 candele.
Di fronte a me c’è il corridoio che porta alle camere
dove sono alloggiati i nostri ospiti rifugiati.
Nella mia mano sinistra tengo e rigiro
tra le dita un pezzo di legno dorato
mentre con la destra stringo le mie due spille d’osso
pensando e riflettendo.
Il sonno non aveva ancora presa su di me
e nemmeno doveva riuscirci.
Il mio dovere era quello di vegliare sul sonno
di coloro che ormai non dormivano più
serenamente da lunghe notti.
Gli occhi sconvolti di quella eldar che fino a poco tempo fa
era una fiera guardia di Nolwe rimasero impressi nella mia mente.
I feroci moriquendi che ormai avevano conquistato
la città dei machtar non si erano risparmiati
nell’usare empie maledizioni per infliggere orrori indicibili.
Ho davanti i miei occhi l’immagine di quel racconto.
Un eldar, un istar, il cui nome era Reese
che viene trasformato lentamente in un orrendo drider,
in una lunga agonia che deforma e squarcia il corpo
devastando la mente, ma soprattutto distrugge lo spirito.
Un tale abominio non dovrebbe mai sorgere
e che il Padre ne sia testimone estirperò
tale maledizione che minaccia il Doriath
e i responsabili di tanto orrore la pagheranno cara!
Stringendo forte le mie due spille poi faccio un profondo respiro
e mi accorgo che sul il candelabro una piccola falena
è rimasta imprigionata in una ragnatela
con il ragnetto che si avvicina pronto a gustarsi la sua preda.
Non posso non pensare a come gli eldar di Nolwe
siano caduti nella ragnatela dell’oscura fede
che ora li ripaga con questo lungo tormento.
Non li odio, e nemmeno provo pena.
Questa in fondo è stata la loro scelta
con le conseguenze che ne sono derivate.
Osservo la piccola falena che vola disperata
verso una delle candele accese e dopo tanto sforzo
il calore brucia le ragnatele e lei vola libera.
Sorrido e comprendo. Loro sono come questa piccola falena.
Io li aiuterò, aiuterò tutti i torònin e le selèrin
di Nolwe che cercheranno rifugio,
tenderò loro la mano e mai li abbandonerò all’oscurità.
Sarò la fiamma di Suldanas che brucerà
le ragnatele che hanno turbato e gelato
i loro cuori dandogli calore.
Ritroveranno il significato vero del focolare
e della comunità.
Li riporterò nella Luce dei Valar e magari
chissà alcuni di loro riprenderanno le armi
e in nome del Padre cercheranno
la loro rinvincita e vendetta.
Sorrido e trovo tepore in questa fredda notte
mentre mi avvolgo nel mantello
e rimango vigile a proteggere il loro sonno.