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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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By Rakaktas
#48154
“Vieni da me, figlia mia, ti sto aspettando…”
La voce faceva smuovere le chiome degli alberi, i fili d’erba vibravano e la luna sembrava riflettere un colore diverso.
Feah si trovava in una vasta radura contornata da alberi secolari, tanto alti da nascondere il cielo.
Al centro di essa, un albero più basso, proiettava la sua ombra su una scena assai particolare.

Un branco di lupi, dal manto cremisi ed a tratti più scuro, era disposto in cerchio.
Nel cerchio invece, proprio in mezzo a loro, vi era una fanciulla, vestita con abiti color oro ed una tiara con una piccola gemma incastonata. Ella teneva in mano un fiore, rimirato più volte. Davanti a sé, vi erano i petali che andava a tirar via, sussurrando qualcosa.
La forza emanata dalla scena, era tale da respingere qualunque cosa ci fosse intorno.
Eppure Feah ne era attratta. Più tendeva le orecchie, come i lupi, più sentiva che non erano solo parole ad uscire dalla bocca della donna, ma bensì una canzone senza parole. Formata da pensieri ed emozioni.
I piedi iniziarono a muoversi, e pian piano avanzava verso la donna.
Giunta al cerchio dei lupi, essi iniziarono a fare passi indietro ed ad un tratto, correre via verso la foresta.
Erano rimaste solo loro due. Lei non accennava ad alzare lo sguardo, ma i petali iniziavano ad alzarsi in volo e a prendere le sembianze di cigni dalle piume dorate.
La foresta ora cantava insieme a lei, oramai la melodia era chiara.
Feah si inginocchiò, chinando il capo e piangendo. Sapeva che le sue melodie non avrebbero più suscitato in lei nessuna emozione, perché la loro bellezza era ormai oscurata da quella che sentiva in quel momento.
‘Figlia…’
Una frase iniziava a formarsi nella sua testa, chiara e forte.
‘Figlia mia…’
La fanciulla ora stava in piedi, con le stelle che le creavano una corona in cielo.
‘Figlia mia, non dolerti più. La tua melodia mi è giunta forte e vivida, seguimi e canta le mie parole come canti della vita della foresta tutta…’

Feah si svegliò. Il viso era rigato di lacrime, ed in mano stringeva una moneta che aveva trovato qualche giorno prima nella città di Ilkarin mentre faceva il suo solito giro di supervisione dei banchi.

Erano passati due giorni da quando Feah aveva avuto l’ultimo sogno.
In quei giorni bensì aveva passato a fare spola tra la Valle ed Ilkarin. Sperava di trovare un segno, una spiegazione, ma parea che i sacerdoti del tempio fossero più indaffarati del solito e non riuscivano a prestare aiuto ad una Sèler in apparente crisi di fede.
La notte, quando dormiva, continuava a sentire la stessa melodia, ma al risveglio, la melodia veniva coperta da un’altra.
Fu così che al terzo giorno decise di seguire la melodia che la mattina si svegliava insieme a lei.
Seguendo i toni di quella melodia di battaglia, raggiunse il tempio del Minya Luva.
Il tempio si ergeva nella sua maestosità nelle prime luci dell’alba, quando il sole si nascondeva dietro la struttura ed i suoi raggi creavano un contorno luminoso. I sacerdoti erano alle prese con le prime preghiere del giorno, mentre alcuni accoglievano gli animali che giungevano a mangiare e ad abbeverarsi.
Fu uno di quelli che vide Feah con lo sguardo smarrito, avanzare in modo inconscio.
‘Sèler? Va tutto bene?’
Il sacerdote avanzava a gran passo, la tunica seguiva l’andamento delle gambe, piegandosi in base ai movimenti.
‘Sèler!’
Egli prese per le spalle Feah, riscuotendola da quello stato di incoscienza.
‘Tòr… Perdonatemi, non so neppure come sono arrivata qui. Sento qualcosa, una melodia che suona incessantemente nella mia testa, una melodia che mi chiama.’
Il sacerdote, dopo quella risposta, la liberò dalla presa e lei riprese a camminare mentre gli parlava dietro.
‘Sèler, chi non odo nulla se non i rumori della foresta. Siete sicura che non sia qualcosa che solo voi udite?’.
‘Tòr, non so, non è una melodia che i miei strumenti riescono a riprodurre, e ciò mi incupisce.’

L’arco della navata era stato appena decorato con fiori rossi che lo percorrevano per intero.
La statua era sempre lì, nell’angolo del tempio. Cantava, o così Feah vedeva. Perché sì, la sua mente elaborava la melodia che sentiva sotto forma di scia luminosa, più si avvicinava, più il rosso diveniva cremisi, lo stesso colore del manto dei lupi nel sogno.
Quando arrivò davanti alla statua, ormai la melodia era così intensa da coprire ogni altro rumore attorno a lei, e, ad un tratto, cadde in un sonno profondo.

Si trovava sopra un monte, sotto di lei, le nubi celavano il paesaggio.
Era molto in alto, ma ne il freddo ne la neve la toccava. Era vestita in una semplice armatura di pelle che aderiva completamente alla sua pelle. Era pronta, si sentiva pronta per cacciare, ma le sue mani non stringevano né strumenti, né armi. Si lanciò d’istinto fra le nubi, il volo fu breve, un’aquila di grandi dimensioni la afferrò per le spalle ed iniziò a planare. Feah stava piangendo, per la gioia del volo. Fra le lacrime, la sua voce iniziava a cantare, ma non la solita canzone. Cantava la canzone del Minya Luva. I suoi muscoli cambiavano, diventano reattivi, più veloci, così come la sua vista. Ma la preghiera non finiva.
Da dove si trovava vide ombre prendere la forma di Tòr e Sèler armati di archi, che attendevano i suoi comandi, pronti per balzare sulla preda.
Appena mise piede in terra, venne trasportata in una capanna. Era semplice, ma si trovava in mezzo ad un bosco. Di fronte a lei si trovava una figura. Egli teneva un arco sulle gambe piegate e fissava dritta negli occhi Feah.
‘La caccia è iniziata Figlia. La caccia alla ricerca di chi sei. Abbandona ciò che credevi di essere. Una nuova via ti aspetta. Devi solo decidere cosa seguire.’
Feah non arrivò ad emettere parola che si risvegliò sempre ai piedi della statua.

Il sacerdote era seduto accanto a lei. Feah aveva appena finito di raccontare il sogno.
‘Sèler, avete appena avuto un contatto con il Minya Luva, dovete essere stata scelta. Tenete questa boccetta, e recitate con me.’

L’acqua iniziò a cambiare di poco colore, diventando più luminosa.
‘Ay, è sicuro, vi sono stati concessi i doni dai Valar.’
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By Rakaktas
#48412
Feah aveva portato a casa la boccetta di acqua santa. Era confusa, aveva avuto per la seconda volta un sogno troppo vivido, doveva significare qualcosa.
Mentre passava dalla piazza di Valinor, vide uscire dalla bottega del Curatore la Sèler Siniel, vestita di stracci.

‘Sèler! Cosa vi è accaduto?’

Siniel aveva il fiato corto, e mentre le raccontava l’accaduto giunse il tòr Dagor
Siniel si era recata fuori dalla valle, come di consueto, per verificare se fosse tutto in ordine, ma era stata aggredita da uno degli spiriti corrotti che abitano le foreste intorno.

Dopo aver raccontato gli eventi, la sèler disse di aver ricevuto un sogno notti fa. Era presente Elentari, ma non l’elfa calma e placida, bensì l’aspetto violento ed accanto a sè, Siniel disse di aver riconosciuto un’altra figura che poteva essere lei.

Dopo quella notte, Siniel non fù più in grado di parlare, attraverso le preghiere, con Elentari, ma bensì sentiva la stessa forza e la stessa ira che aveva visto in sogno.

Era la stessa cosa che stava succedendo a lei?


Domandò e ricevette risposte che le aprirono gli occhi, non totalmente ma almeno era un inizio.
Siniel le disse che doveva lasciarsi guidare dal proprio cuore e da ciò che sentiva, da quelle melodie che ultimamente le facevano compagnia durante i giorni.
Dopo che finì di parlare, Dagor aggiunse.

'Sèler, avete visto voi stessa. Il padre vi ha concesso le capacità per poterlo udire, per poterlo incontrare in sogno e per potervi fare incontrare Elentari. Questo è un chiaro segno. Tocca solo a voi capire chi seguire e perché farlo.'

Dopo un po’ che conversavano, i due si alzarono e andarono via. Feah era rimasta nuovamente sola, ma stavolta sentiva di dover fare qualcosa in più. Fù così che si recò all’Accademia di Valinor.

Alte librerie, in legno lunare e dorato, ricoprivano le pareti in marmo. Vari studiosi facevano sali e scendi dalle scale, con le braccia colme di libri. Vi erano persino alcuni sacerdoti novizi che cercavano antichi rituali da proporre durante le festività.

Feah si chiede: ‘Ciò che mi manca è il sapere? Quale miglior posto se non qui?’

Fù così che le giornata iniziarono a passare, tra preghiere e letture. I tomi scorrevano come un torrente percorre una montagna, con la stessa furia, e più Feah leggeva, più quei tomi la riempivano di orgoglio e di sapere che tanto le mancava.
Imparò chi fosse realmente Elentari, Morrigan. Capì a cosa si riferisse Siniel quando le raccontò del proprio sogno. Capì pienamente il significato della cerimonia che mesi prima l’aveva vista partecipare come musico ed il perché di tali manifestazioni di magia.
Quando oramai la maggior parte dei tomi era stata letta, decise che era giunto il momento di recarsi al monastero di Morrigan, ad Ilkarin.

Il monastero svettava alto sopra quella montagnola, ed i sacerdoti, vestiti di giallo, colore di Morrigan, erano affaccendati con strumenti di vario tipo. Uno in particolare colpì Feah. Era uno strumento in grado di osservare il cielo notturno e di catturare la luce delle stelle attraverso le lenti.
Ancora la notte non era giunta, quindi decise di fermarsi a pregare quella figura così meravigliosa che prendeva posto al centro del tempio. Passarono le ore e quando il sole iniziò a tramontare, le stelle iniziarono a comparire, una ad una, in quel cielo limpido.

'Sèler? Va tutto bene? Ho notato che siete qui da molto tempo, attendete qualcuno?'

E Feah sorrise.

'Ay tòr, attendevo la notte e le stelle.'
'Siete per caso una devota di Morrigan? Mi correggo, rivolgete le vostre preghiere principalmente a lei?'
'Nay tòr, conosco solo ciò che i tomi dicono riguardo lei, e ciò che i sogni mi raccontano.'
'Ah, comprendo. Ebbene, posso sedermi accanto a voi?.'


Feah, senza voltarsi verso l’elfo, annuì.

Il sacerdote con se aveva quello strumento che lei aveva notato quando era giunta al tempio.

'Siete interessata alle stelle sèler?'

E Feah annui, lo sguardo era rivolto verso il cielo cosparso di luci.

'Permette allora, poggiate i vostri occhi ed osservate attraverso queste lenti. Ciò che vedete non è come la stella è, ma bensì ciò che Elentari ci permette di scorgere, un dono, al pari stesso della Magia.'

Senza indugiare, Feah si avvicinò allo strumento.
Il cielo notturno era così ricco di stelle, da far apparire solo qualche lembo di scuro, ma la maggior parte brillava.

'Vi piace?'
'Sembra di scorgere tante piccole candele, come si fa ad avere paura della notte, quando le stelle ne riempiono le ore? Non me lo spiego Tòr.'
'Morrigan vi arride. Il cielo è così limpido, pare che le stelle vogliano farsi guardare. '


Feah guardò un’ultima volta il cielo ed annuì.

Quella notte, quando tornò a casa e si poggiò sul letto, il sonno la colse all’istante.

Si trovava seduta in mezzo ad un campo in fiore. C’erano vari animali, dai più piccoli ai più grandi ed intorno a lei, stavano sbocciando dei fiori gialli. Sembrava essere tornata nel bosco di Tiond, dove passava le sere nei campi, ed osservava il cielo e gli alberi.
- E così hai deciso di guardare le figlie mie?
Una voce melodiosa riempì l’aria.
- Eppure credevo di aver visto nubi stasera, pare che tu sia stata fortunata figlia. Stasera brillavano più che mai, sembrava fossero particolarmente contente che ci fosse qualcuno come te a guardarle danzare.

Quella figura si stese accanto a Feah. Portava una maschera piena di sfumature gialle e bianche.

- Cos’hai capito in questi giorni? Pare che il padre abbia deciso di mostrarsi, ah beh, più o meno. Sai che non vi è concesso vedere i nostri veri corpi, ma solo qualcosa che riuscite a capire. Eppure sembrava aver capito qualcosa in più di me. Cosa provi per me Feah? Cosa provi per le stelle e per la luna? Cosa provi per la conoscenza e quella grande libreria che hai visitato per così tanto tempo? Non hai paura di ciò che si cela dietro la luna, dietro la maschera stessa? Solo se non avrai paura, solo se imparerai a seguire la luna ed il suo moto, solo in quel momento potrai parlare di me, e solo in quel momento ascolterò le tue preghiere.

All’ultima parola, una sferzata di vento fece alzare i petali dei fiori sbocciati e la figura scomparve.

- Ay Elentari, non ho più paura, ho imparato e voglio concedere a voi la mia vita.

Le stelle brillavano più di prima, e Feah sorrise a loro e si sentì il cuore caldo, e si sentì più viva di prima.
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