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Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.

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By DarioZ
#4773
15º Orifoglia A.I. 281

Darius aveva appena finito di lavarsi il sudore di dosso e la vasca lo chiamava come una voluttuosa amante.
Lui pure bramava l'abbraccio sensuale di quell'acqua profumata, tanto calda quasi da scottarlo.
Tuttavia sapeva bene quanto avrebbe aiutato il calore a sciogliere ogni tensione delle spalle,
a lavare via ogni dolore dalle articolazioni. Mentre si immergeva nell'acqua rovente,
una fitta fece riaffiorare i ricordi che affollarono la sua mente alla velocità del pensiero.


Era in prima linea di fronte all'armata di quelle creature di luce e pura bellezza.
E nonostante questo ogni esitazione fu spazzata via come da tempesta al primo movimento di carica verso di loro.
Strinse salda nelle mani la flamberga, abbassando la guardia passò dalla posta di donna a quella di coda lunga,
preparandosi al poderoso montante, il terreno cedeva dolcemente al suo peso in armatura completa e alla tensione delle gambe.
Cessò ogni pensiero razionale, divenne tutto istinto forgiato da infiniti allenamenti, un turbinio di armi.
Restavano solo alcuni momenti, attimi, in cui nessun pericolo imminente gli permetteva di fissare il presente nella sua memoria razionale.
Molte erano state le ritirate e le cariche, come onde di mare in burrasca sulla spiaggia.

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L'acqua ondeggiava teneramente mentre vi si calava ancor più a fondo.
Sdraiato tra quelle calde braccia che lo carezzavano pienamente,
sollevò il suo piede osservandolo fumare nell'autunnale aria frizzante,
e ritornò lì, come in un lucido sogno, o forse un'incubo.


Un corpo fumante steso a terra. Il suo respiro pesante,
la flamberga che fendeva le luminose carni con maligna gioia.
Creature tanto belle e luminose, come potevano serbare simili oscuri intenti?
Eppure il loro comandante e generale non aveva lasciato spazio ad equivoci.
Sottomissione o morte.
Nessun compromesso.
Nessuna scelta, non questa volta.

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Aveva vissuto gli ultimi anni da servitore ignorando del tutto questi avvenimenti,
eppure ripensandoci i segni erano stati chiari. Ora era uno scudo del Regno,
avrebbe per sempre difeso i suoi compagni d'arme e concittadini da qualsiasi minaccia o sarebbe perito nel tentativo.
Dopo molti giorni finalmente sembrarono sparire i dolori, grazie anche al duro lavoro e la vita di tutti i giorni che erano riusciti quasi a cancellarli totalmente.
Ma ora doveva riposare.
Le costellazioni create dai riflessi del fuoco sull'acqua lo avevano trattenuto troppo a lungo nei suoi pensieri
e domani sarebbe stata una giornata che non avrebbe mai dimenticato, ne era sicuro.

Si lisciò i lungi capelli con olii profumati prima di avvolgerli in un involto di seta e appoggiarlo oltre il cuscino,
coricandosi nell'amorevole abbraccio delle soffici coltri.
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By DarioZ
#4774
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By DarioZ
#4775
21imo Nembonume dell' A.I. 281

Il sudore gli segnava rivoli lungo il viso, comunque disponesse le cose non andava mai bene, non era abbastanza per i suoi gusti. La sedia, il tavolo, le casse.
Sbuffò mentre si preparava a risistemare per l'ennesima volta la casa. All'improvviso una goccia gli colò nell'occhio costringendolo a sfregarvi con forza la manica.


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Riaprendo gli occhi rivide quella creatura che pareva essere stata generata dalla tempesta stessa, beffarda li scherniva da sopra le mura.
Innumerevoli fulmini li avevano dardeggiati più e più volte mentre cercavano di respingere gli implacabili invasori acquatici.
Ora però queste stesse saette avevano preso forma fisica mentre creature di energia pura gli si lanciavano contro senza sosta.

A fatica era salito per le scale delle mura, gradino dopo gradino, con l'obiettivo di abbatterne la fonte. Una volta in cima guardò la sua mano appena tolta dal fianco dolorante e la vide coperta di rosso sangue che gocciolava. Dietro di lui il Comandante impetuoso urlava di avanzare. Dopo aver masticato una bacca sfilata dalla polsiera del guanto d'arme, strinse noncurante l'impressionante flamberga che emanava voracità malevola e con un muto urlo di dolore caricò tenendo sollevata la promessa di un fendente decisivo.

Sbatté gli occhi più volte per riprendersi. Era a casa, stava solo apportando dei cambiamenti, come molti ve n'erano stati in quegli ultimi giorni.
Per un attimo provò di tornare in sé prima di riprendere con il lavoro, cercò la sua spada, ma non perché ne avesse reale bisogno.
Calmatosi uscì sul terrazzo per scrollare il lenzuolo e vide le mura della città in lontananza.
Quel baluardo che tanto lo aveva fatto sentire al sicuro in passato, ora sembrava mostrare i segni del tempo e avrebbe richiesto manutenzioni.
Specialmente lì dove gli assalti più imponenti si concentravano giorno dopo giorno. Voltandosi verso ovest si fermò a fissare il cancello lontano all'orizzonte.


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Il dolore pervadeva ogni fibra del suo corpo, i suoi muscoli si rifiutavano di rispondergli, tremando spasmodicamente per i crampi dovuti alle troppe scariche di energia subite. Solo la forza di volontà gli permetteva di stare in sella. No non solo quella... la sua volontà d'acciaio era ora temprata da un fuoco inestinguibile, molto più potente e intenso della sola disciplina. Dove un tempo sarebbe caduto, ora restava saldo. Se prima si sentiva forte dopo ogni battaglia a cui sopravviveva, in questo momento era inflessibile, pronto ad affrontare tutte le armate dei cieli. Anche quel giorno erano stati respinti, nonostante le perdite, nonostante i danni ingenti. Il palazzo era salvo e avrebbero continuato a difendere il loro Re a costo della vita. Con cura reverenziale carezzò un porta-pergamena di pelle sbiancata appeso al fianco, inconsciamente. Quanto ancora sarebbe riuscito a proteggere ciò che lui amava? Gli assalti stavano diventando sempre più insostenibili, la faccenda andava risolta al più presto.

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La luce ormai cedeva il passo al crepuscolo. I primi lumicini iniziavano a punteggiare il panorama davanti a lui. La speranza resta e divampa, avrebbe lottato per tutto questo. Per quanto era rimasto fermo, chiuso nei suoi pensieri? Non aveva più tempo, presto sarebbe uscito di casa, girando per la città, cercando una missiva, un indizio, una luce che lo facesse risplendere. In questo suo vagare giunse al cancello occidentale della Splendida, trovandosi davanti i suoi concittadini e commilitoni che discutevano animatamente. Il Comandante Dreyfus coordinava i lavori, chiedendo pareri ed opinioni tattiche sugli schemi di assalto dei Deva. Il Soldato Lothar piantava pali incessantemente, mentre il Primo abilmente appuntiva entrambe le estremità dei tronchi poco lontano. Mosso da un irrefrenabile senso del dovere, abbandonò la sua cerca e afferrando un'accetta, iniziò ad abbattere alberi con la freschezza di chi inizia la propria giornata. I lividi ed i crampi che ancora gli piagavano il corpo avrebbero atteso il loro turno.

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By DarioZ
#4776
30imo Postapritore del 282imo A.I.

La città dormiva tranquilla durante le oziose prime ore del mattino, l’alba di un nuovo giorno rischiarava il fumo dei comignoli, testimone dell’allegro lavoro dei fornai. L’alba di un giorno finalmente libero da preoccupazioni, angosce e paure che da tempo attanagliavano la gente. Il profondo sonno ristoratore della città ne era testimone. Nonostante la tranquillità Darius si svegliò di soprassalto e in un momento si ritrovò seduto sul letto con il coltello in mano. Rilassandosi un poco per l’evidente assenza di minacce, fu colto da un fortissimo capogiro unito a fitte al fianco che lo fecero violentemente tornare a sdraiarsi chiudendo gli occhi.

Era tutto scuro, non riusciva a vedere praticamente niente, solo inquietanti rumori gli rammentavano che il suo avversario era lì davanti. Furiosamente provava a togliersi dagli occhi quella sostanza nera quando un’ondata di acqua salmastra lo travolse gettandolo nel fango. Tossendo e sputando melma, con l’armatura allagata che lo ancorava a terra, faticosamente si rimise in ginocchio. Alzando lo sguardo vide l’orrendo essere bluastro contro cui lottavano mentre annegava, con la gola tagliata, nel suo stesso sangue mescolato all'inchiostro. La creatura cadde con un pesante tonfo, emettendo rochi gorgoglii. Tutto intorno alcuni combattenti della Coalizione estraevano le armi dai corpi delle creature abbattute. Altri invece colti dall'ira continuavano a farne a pezzi i corpi esanimi. Molti di quelli a terra giacevano immobili, se fortunati con lo sguardo al cielo, si ritrovò a pensare per un momento Darius guardandoli. Su tutti però torreggiava la Montagna, che con voce gutturale gridava ordini ai soldati, mentre Generale dei Deva rifulgente osservava la scena in lontananza colto da evidente disappunto. Con la testa bassa, aiutandosi con la spada, Darius si rimise in piedi. Quella strenua difesa sembrava non avere mai fine.

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Riaprì gli occhi osservando il soffitto della stanza, e lentamente riprese coscienza della realtà. Guardò un momento a lato e, riavutosi dal rapimento causato dalla pace che osservava, si alzò per uscire sul balcone. L’aria gelida sul suo corpo ancora sporco e seminudo lo aiutò a far passare i giramenti di testa rimasti, a schiarire i pensieri. Spaziò con lo sguardo tutto attorno a sé, dal mare ad oriente fino al resto città che si tingeva del rosa tenue dell’aurora. Le guardie, pattugliando instancabilmente con le loro torce e lanterne, punteggiavano di luci le mura. In qualche modo perfino queste gli parevano piene di gioia…

Scintille. Ovunque si voltasse scintille di luce lo accecavano, mentre le urla di dolore attorno si mescolavano ad aliene risate d’estasi ed esaltazione. Strinse ossessivamente spada e scudo, unico conforto in quella solitudine di luce, grida e paura. Quelle creature di fuoco e cenere erano emerse dal terreno all'improvviso, cogliendoli tutti alla sprovvista. Inaspettata una sensazione piacevole lo invase lasciandolo sorpreso. Un tocco gentile impresso sulla sua anima gli ridiede forza e coraggio. Riaprendo gli occhi riuscì a intravedere la bestia ardente esultare nell’abbattere compagni e concittadini, amici e onorevoli nemici, la rabbia allora prese il sopravvento spingendolo ad assalire l'essere senza curarsi di dolore, fatica o prudenza. Non avrebbe ceduto, non fino alla morte.

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Un brivido lo scosse. Per quanto tempo era rimasto fermo assorto da quei vivi ricordi? Si lavò, rivestendosi per uscire ed andare a mangiare qualcosa presso l’Aquila di Mare. Sedutosi al tavolo con la pietanza innanzi, venne insolitamente investito dalla consapevolezza della sala della locanda in cui si trovava. Nulla potevano le risate, l’allegro chiacchericcio o i profumi deliziosi. Darius riusciva solo a sentire denti che strappavano cibo, a vedere il sangue di deliziose carni colare lungo il labbro dell’allegro avventore accanto a lui.

Urla strazianti provenivano dal portale, tali da poter essere solo frutto di indicibili sofferenze e agonie. La paura ineluttabile avanzava come una gelida lama verso il suo cuore fino quasi a paralizzarlo. Le urla provenivano da quello che sembrava uno strappo della realtà, mentre pulsava placido di luce blu. A sigillo del terrore che ormai sentiva quasi fisicamente ne vide emergere un demone gigantesco, come solo due altre volte ne aveva visti. Un folle corsaro mezz'elfo, sicuramente ubriaco, con uno sguardo venne strangolato dal Generale dei Deva ed il demone, dopo essersi fatto beffe dell'antagonista, si scagliò con velocità sovrumana sul Deva, colpendolo in ogni modo possibile, con un odio che trascendeva qualsiasi cosa Darius avesse mai visto in vita sua. Come lui i sopravvissuti della Coalizione osservavano impietriti l’orrendo spettacolo, mentre il demone strappava a morsi brani di carne lucente del Deva. Distolse lo sguardo, provando nel profondo un vago senso di rammarico nel vedere una simile creatura di luce brutalmente sbranata e fatta a pezzi.

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Quel pensiero continuava a tormentarlo quando tornò in sé. Nauseato alla sola idea di portare alcunché alla bocca, pagò Konstantin e si diresse verso casa, lasciando il succulento piatto abbandonato intonso sul tavolo della locanda. Un’altra cosa inoltre lo tormentava giorno dopo giorno e doveva dirglielo, solo non aveva idea su come fare.
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By DarioZ
#4777
15imo Postapritore del 282imo Anno Imperiale

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Lo scrigno di legno dorato rifletteva tenuamente la danza delle fiamme del camino. I precisi intagli di squisita fattura djaredin ne impreziosivano la superficie. Il contenuto del cofanetto era sicuramente degno di tanta ricchezza, ma non tanto per il già esorbitante valore materiale, quanto per quello affettivo. Darius poteva dire senza esagerare che in esso c’era il suo cuore. Ancora non si spiegava come fosse giunto a quel punto, non lo comprendeva assolutamente. Ormai anche solo evitare di rispondere alle domande curiose di chi lo circondava era per lui motivo di profondo dolore.

“Gli ho spiegato che essere Awenita significa saper sopportare il dolore.”

Le parole di Padre Mantasse riportavano la sua mente indietro. Lo avevano aiutato ad abbandonare la sua superficialità, assieme a quella dei suoi effimeri appagamenti. Lo avevano portato ad esaminarsi, a provare emozioni e sentimenti profondi, a crescere. Tuttavia ne era stato travolto, totalmente impreparato ad essi ed al loro prezzo. Lo avevano avvertito, ma Darius lo stesso aveva spinto la propria sensibilità all’estremo per godere il più possibile delle gioie, esponendosi inerme di fronte ai dolori. E come naturale nella vita arrivarono presto anche questi.

Con un impeto di rabbia lanciò a lato il cofanetto. Con quel gesto voleva rinunciare definitivamente a tutto quello che lo aveva condotto fin lì. Ormai l’unica cosa in cui credeva era la determinazione più che assoluta ad indurire il suo animo. A renderlo impenetrabile come le più dure scaglie di drago, doveva farlo per sopravvivere a sé stesso.

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19imo Postapritore del 282imo Anno Imperiale

I giorni ormai trascorrevano senza che nulla più riuscisse emozionarlo. L’unico suo obiettivo era trascinarsi assolvendo ai suoi doveri, arrivando il prima possibile all’oblio notturno nella speranza che qualcosa, qualsiasi cosa, sarebbe cambiata il mattino seguente. Il cibo sapeva di cenere, l’acqua gli scorreva in gola come sabbia. I deva e l’assalto imminente risuonavano come un vago eco in fondo alla sua mente. Era sprofondato in quello sconforto ancor più cupo il giorno precedente quando, come di consueto, si era recato al tempio a pregare. Varcata la soglia e mossi i primi passi si arrestò colto da una sensazione insolita. Cercando di comprendere meglio scoprì che si trattava di un’assenza di sensazioni in realtà. Osservare le pareti adorne, le sacre effigi, perfino la statua benedetta del dio non gli facevano provare più nulla. Il senso di calore umano, il sentirsi accolto tra mani amorevoli, la forza che tutto questo gli aveva donato per anni non c’erano più. Il suo sguardo scorreva disincantato e rifiutava ogni sacralità di quel luogo. Sentendoselo quasi crollare addosso, uscì di fretta dal tempio, che ormai pareva una gabbia desiderosa di imprigionarlo. Non vi avrebbe mai più rimesso piede, ne era certo.

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28imo Postapritore del 282imo Anno Imperiale

I flutti si infrangevano fragorosi sulla prua della imbarcazione. Teneva saldo il timone, confortato dal pensiero che avrebbe esaudito un ultimo desiderio prima dei giorni in cui probabilmente si sarebbero decise le sorti di Ardania in una battaglia decisiva. Le belenill e i deva punteggiavano lontani il cielo a nord, tuttavia la sua rotta puntava altrove. Tornando a guardare verso prua le labbra si tesero in un tenue sorriso alla vista che gli si parava innanzi.

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29imo Postapritore del 282imo Anno Imperiale

Darius si scosse dai suoi pensieri, la Sacerdotessa era in piedi davanti a lui e lo osservava sorridendo tesa. Entrambi erano pronti per la battaglia decisiva che si sarebbe svolta di lì a poco.

“Dobbiamo avere fede nei Giusti! Loro ci proteggeranno e riporteranno qui sani e salvi.”

Come poteva dirle una cosa di una tale portata? Infondere in lei in modo tanto spietato le sue angosce e i suoi timori? A maggior ragione prima di una simile battaglia in cui la mente doveva restare lucida e vigile. Erano settimane che non riusciva più a sentire il tocco degli dei, eppure non aveva osato parlargliene anche se molte altre volte in passato lei lo aveva guidato nella sua fede, riportandolo sulla retta via. Era sì la sua guida spirituale ma anche una cara amica, che troppi dolori aveva ricevuto recentemente. Non avrebbe aggiunto il suo a questi facendola preoccupare ulteriormente. Questa volta era una questione troppo profonda per poter esser risolta in breve tempo. Avrebbe affrontato i deva con o senza gli dei, per sé stesso e per il Regno. Con un sorriso che cercava di esser rassicurante le rispose annuendo. Almeno lei sarebbe stata serena, per quanto potevano esserlo tutti loro in quel momento drammatico.

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Secondo Forense del 282imo Anno Imperiale

“Come hai potuto nascondermi una cosa simile? Sono venuta a scoprirlo durante una riunione della Chiesa!”

Il tono duro di lei lo sferzava come una frusta. Eppure era velato di delusione e di sincera tristezza. In realtà non era il tono a dolergli, quanto la verità contenuta nelle parole. La pena di non aver saputo affrontare l’argomento con lei, la sua guida spirituale. Di averle tenuta nascosta una cosa di tale rilevanza. Aveva molte attenuanti ma nessuna giustificazione. Rimaneva ancora più costernato dal fatto che mentre lui le parlava, lei dimostrava gentilezza e comprensività in tutta risposta. In realtà aveva ottenuto esattamente l’opposto di quel che si proponeva.

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Quinto Forense del 282imo Anno Imperiale

Il Sacerdote di Crom gli parlava in modo accorato. Assieme discutevano di fede dinnanzi alla statua del Padre. Gli aveva confessato della sua condizione, del suo senso di smarrimento. In modo radicalmente diverso dalla sua guida egli lo stava spronando, suggerendogli una nuova prospettiva da cui provare a guardare. Per rimarcare con forza quel che diceva si mise perfino a gridare ad un certo punto con sommo stupore di Darius. In quei giorni passava gran parte del tempo a riflettere sul suo futuro, sul passato. La statua austera lo osservava, quale Giusto giudice che in base alle azioni di ciascuno e solo a quelle avrebbe giudicato per poi forse accoglierlo un giorno presso lo Scoglio degli Uccisi.

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10imo Forense del 282imo Anno Imperiale

Era nella vasca a crogiolarsi in un caldo bagno profumato. Da tempo non si prendeva tanta cura di sé, qualcosa stava cambiando lentamente, come tornando al proprio posto. Come quando si viene disarcionati ritrovandosi senza fiato a guardare il cielo, e lentamente si ricomincia a respirare. Chiuse gli occhi abbandonandosi alle piacevoli sensazioni del momento, a quelle carezze che lo avvolgevano. “Voglio percorrere anche io quel sentiero” aveva detto poco prima. Un nuovo calore lo stava confortando timidamente ma non proveniva da fuori. Nel suo petto un timido germoglio che si affaccia alle stelle sbocciando in mezzo alla cenere. Il fuoco aveva sì bruciato tutto, ma quel che restava era andato ad alimentare l’eterno ciclo della vita.

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20imo Forense del 282imo Anno Imperiale

Cautamente avanzava lungo l’ampia navata, il cuore che batteva furiosamente. Dovette lottare per non apparire tanto nervoso ai sacerdoti presenti. Manteneva lo sguardo dritto davanti a sé e si dirigeva verso le panche dal lato dov’era presente la statua del dio. L’effige divina era lì a scrutarlo imperturbabile, quasi a volergli ribadire che lui era sempre lì presente ad aspettarlo, e che era stato solo Darius ad allontanarsi. Ora era tornato. Sedutosi l’agitazione non accennava a calmarsi, aggravata dal silenzio che si prolungava, dagli sguardi che lui sentiva su di sé, poi un tocco sul suo braccio. Calmo socchiuse gli occhi e cominciò a pregare timidamente, insicuro che bastasse la propria nuova devozione.

Sentendo di aver levato un gravoso peso dalla sua anima si avviò verso casa, felice di esser vivo e di poterne rendere grazie agli dei, libero dalla prigione che egli stesso aveva creato.

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16imo Macinale del 282imo Anno Imperiale

Presto sarebbe arrivata la sera. Era il giorno del suo compleanno. Aveva mandato gli inviti e scritto nelle bacheche. Ciò che doveva esser predisposto era pronto, l’abito scelto già sul letto dei tenui colori dell’azzurro dai riflessi argentei. Sarebbe perfettamente abbinato con uno dei regali che già aveva ricevuto, Ninfa, un destriero dal manto argenteo e dal temperamento forte. Un esemplare come ne nascono pochi ogni generazione. Aveva perfino preparato un breve discorso. Forse non tanto breve, eppure ogni parola di quel che vi era scritto recava un gran significato, di più non era riuscito ad abbreviarlo. Era stato per lui un anno estremamente intenso, emozionante e pieno di errori che lo avevano aiutato a migliorarsi. Ormai aveva abbandonato vecchie vestigia di insicurezza e malinconia dietro sé. Quella sarebbe stata per lui l’occasione di cominciare una nuova vita, un nuovo inizio.

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Last edited by DarioZ on Thu Nov 28, 2019 3:49 pm, edited 3 times in total.
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By DarioZ
#4778
28imo Nembonume del 283imo Anno Imperiale

Darius avanzava lentamente accompagnato solo dalla eco dei duri tacchi degli stivali in pelle di cervo sulle lastre del prezioso marmo del Palazzo. Probabilmente era una delle ultime volte che percorreva quelle sale, si guardava attorno come a memorizzare ogni dettaglio.

Arrivò presto davanti alla porta dello studio Reale.

Rintoccarono alcuni delicati colpi sul legno.

Non avendo ottenuto alcuna risposta, lasciò alla guardia ferma accanto alla porta una lettera impreziosita dalla chiusura tramite un elaborato sigillo.

"Consegnatela a Sua Maestà soltanto."

Voltatosi ripercorse tutta la strada a ritroso senza esitazioni.
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