- Mon Dec 07, 2020 9:17 pm
#31122
Il ritrovamento del cristallo nel cuore della terra e il recupero del vecchio Cavan, liberato dalla sua prigionia di pietra, aveva generato molte domande nella mente degli accademici, domande a cui solo l’uomo poteva dare risposta.
In attesa che riprendesse le forze e che la sua mente accettasse il risveglio dopo un sonno di molti secoli, Zenon Valdemar aveva assecondato alcune ipotesi sull’origine di quell’artefatto, prima fra tutte quella che fosse stato trascinato da fiumi sotterranei a molte leghe al di sotto della superficie: l’acqua di quei corsi era calda, segno che forse il suo tragitto aveva sfiorato camere vulcaniche in posti remoti di Ardania.
Segnati i luoghi d’interesse su una mappa, il ricercatore si accorse ben presto di aver individuato un punto di partenza che sembrava coincidere con una località custode di uno strano ritrovamento da parte dell’Arcimago in persona, Jeremy Notch: il grande vulcano a nord dell’Oasi di Tremec.
Le domande richiedevano risposta e attendere la ripresa di Cavan avrebbe rallentato le ricerche forse per altre settimane. Era tempo di allestire rapidamente una spedizione, prendendo tutte le precauzioni per difendersi dall’antico signore di quel vulcano, un drago rosso di età incalcolabile.
La squadra di mantelli smeraldo giunse con poca difficoltà alla crepa che l’Arcimago aveva scoperto nel centro della montagna: l’unico ostacolo, seppur di breve durata, fu l’incontro con una nutrita delegazione di Amon e Tremec, uniti in una ricerca che sembrava molto, troppo simile alla nostra. La diplomazia del Gran Maestro dell’Accademia evitò che uno scontro, per futili motivi di territorialità, avesse luogo in quei budelli di roccia e calore: Tremec e Amon ci precedettero, ma di ben pochi passi.
La crepa nel fianco del vulcano era abbastanza ampia da far passare tutti un po’ alla volta, accogliendo dapprima in un corridoio con le pareti naturali decorate da cristalli luminescenti enormi (che fossero della stessa natura di quello trovato mesi fa?) e poi in una vasta caverna, ben più grande del vulcano stesso, infestata da una fauna aggressiva ed insolita, creature intimamente simili a scorpioni giganti del deserto ma con corazze di colori diversi, alcune nere come il carbone e altre di un rosso infuocato.
La fatica nell’accedere alla tappa successiva fu poca, bastò semplicemente seguire la scia di corpi di quelle mostruose creature lasciate dalla furia amoniana.
E si giunse al cuore della nostra ricerca: un’altra caverna aveva dato ospitalità, da settimane o addirittura mesi, ad un campo di studiosi e dei loro servitori, minatori e tagliapietre: avevano rinvenuto un oggetto del mondo antico, una colossale pietra ricoperta di incisioni ancora del tutto da decifrare, un meccanismo il cui funzionamento, una volta compreso, avrebbe forse portato il monolite a spostarsi e lasciarci accedere a segreti che solo nei sogni più sfrenati di ogni sapiente e devoto del Grigio avrebbero avuto vita.
Non fu facile comprendere la storia degli studiosi - o archeologi, così si facevano chiamare - vista la folta presenza di curiosi: non solo amoniani e tremecciani, ma anche mantelli azzurri di Rotiniel erano lì ad ascoltare. Il segreto di quella pietra gigante era nascosto in una lingua arcaica, la giusta combinazione per attivare il meccanismo celata da simboli che in parte erano stati già interpretati, ma che esigevano una maggiore consapevolezza del loro significato. Tutto sembrava essere spiegato, come il capo di quel gruppo di ricerca affermava, su ossa giganti rinvenute in angoli remoti del mondo: grandi mandibole simili a quelle di rettili superiori su cui giacevano intagli precisi ed esplicativi, una chiave per decifrare il codice che da tempo faceva ribollire la mente degli archeologi.
Ma l’osso in loro possesso non bastava, era necessario trovarne altri nelle viscere di Ardania, ognuno di essi un frammento della chiave che avrebbe dischiuso un oceano di sapere, ed estrarli con la massima delicatezza grazie ad uno strumento fornito dagli studiosi stessi.
Era tempo di congedarsi e tornare a casa, fantasticando ed ipotizzando sulle possibili culle di quegli altri reperti, luoghi che gli Hammin avrebbero al più presto dovuto ispezionare.
In attesa che riprendesse le forze e che la sua mente accettasse il risveglio dopo un sonno di molti secoli, Zenon Valdemar aveva assecondato alcune ipotesi sull’origine di quell’artefatto, prima fra tutte quella che fosse stato trascinato da fiumi sotterranei a molte leghe al di sotto della superficie: l’acqua di quei corsi era calda, segno che forse il suo tragitto aveva sfiorato camere vulcaniche in posti remoti di Ardania.
Segnati i luoghi d’interesse su una mappa, il ricercatore si accorse ben presto di aver individuato un punto di partenza che sembrava coincidere con una località custode di uno strano ritrovamento da parte dell’Arcimago in persona, Jeremy Notch: il grande vulcano a nord dell’Oasi di Tremec.
Le domande richiedevano risposta e attendere la ripresa di Cavan avrebbe rallentato le ricerche forse per altre settimane. Era tempo di allestire rapidamente una spedizione, prendendo tutte le precauzioni per difendersi dall’antico signore di quel vulcano, un drago rosso di età incalcolabile.
La squadra di mantelli smeraldo giunse con poca difficoltà alla crepa che l’Arcimago aveva scoperto nel centro della montagna: l’unico ostacolo, seppur di breve durata, fu l’incontro con una nutrita delegazione di Amon e Tremec, uniti in una ricerca che sembrava molto, troppo simile alla nostra. La diplomazia del Gran Maestro dell’Accademia evitò che uno scontro, per futili motivi di territorialità, avesse luogo in quei budelli di roccia e calore: Tremec e Amon ci precedettero, ma di ben pochi passi.
La crepa nel fianco del vulcano era abbastanza ampia da far passare tutti un po’ alla volta, accogliendo dapprima in un corridoio con le pareti naturali decorate da cristalli luminescenti enormi (che fossero della stessa natura di quello trovato mesi fa?) e poi in una vasta caverna, ben più grande del vulcano stesso, infestata da una fauna aggressiva ed insolita, creature intimamente simili a scorpioni giganti del deserto ma con corazze di colori diversi, alcune nere come il carbone e altre di un rosso infuocato.
La fatica nell’accedere alla tappa successiva fu poca, bastò semplicemente seguire la scia di corpi di quelle mostruose creature lasciate dalla furia amoniana.
E si giunse al cuore della nostra ricerca: un’altra caverna aveva dato ospitalità, da settimane o addirittura mesi, ad un campo di studiosi e dei loro servitori, minatori e tagliapietre: avevano rinvenuto un oggetto del mondo antico, una colossale pietra ricoperta di incisioni ancora del tutto da decifrare, un meccanismo il cui funzionamento, una volta compreso, avrebbe forse portato il monolite a spostarsi e lasciarci accedere a segreti che solo nei sogni più sfrenati di ogni sapiente e devoto del Grigio avrebbero avuto vita.
Non fu facile comprendere la storia degli studiosi - o archeologi, così si facevano chiamare - vista la folta presenza di curiosi: non solo amoniani e tremecciani, ma anche mantelli azzurri di Rotiniel erano lì ad ascoltare. Il segreto di quella pietra gigante era nascosto in una lingua arcaica, la giusta combinazione per attivare il meccanismo celata da simboli che in parte erano stati già interpretati, ma che esigevano una maggiore consapevolezza del loro significato. Tutto sembrava essere spiegato, come il capo di quel gruppo di ricerca affermava, su ossa giganti rinvenute in angoli remoti del mondo: grandi mandibole simili a quelle di rettili superiori su cui giacevano intagli precisi ed esplicativi, una chiave per decifrare il codice che da tempo faceva ribollire la mente degli archeologi.
Ma l’osso in loro possesso non bastava, era necessario trovarne altri nelle viscere di Ardania, ognuno di essi un frammento della chiave che avrebbe dischiuso un oceano di sapere, ed estrarli con la massima delicatezza grazie ad uno strumento fornito dagli studiosi stessi.
Era tempo di congedarsi e tornare a casa, fantasticando ed ipotizzando sulle possibili culle di quegli altri reperti, luoghi che gli Hammin avrebbero al più presto dovuto ispezionare.
Zenon Valdemar
Legionario Imperiale di Amon
Legionario Imperiale di Amon