- Tue Nov 03, 2020 12:25 pm
#28310
Inarius Menethil
I. Il richiamo della jungla
Ciclo di Gu (ovvero Granaio, A.I. 284) – Jungla di Waka Nui
Erano trascorsi diversi viaggi di Shoixal e Lhuixan dalla notte in cui Nukubame aveva attaccato il villaggio di Mombata, Waka Nui. Lingua di Serpente era solo un bambino allora, ma ricorda ancora il terrore che aveva provato nel vedere quei “fratelli” qwaylar che assalivano il villaggio con una foga a lui sconosciuta. Nei loro occhi era così facile scorgere l’odio ed il disprezzo che difficilmente non se ne veniva sopraffatti, cadendo prede di una paura quasi ancestrale. Seppur giovane, Lingua di Serpente comprese che la resa dei Qwaylar di Waka Nui fu l’unico modo per salvare le loro vite, dal momento che molti fratelli caddero in occasione dell’attacco di Nukubame, compresi suo padre e sua madre.
Eppure, nonostante sapesse che non avrebbe potuto fare nulla per cambiare le sorti di quello che era stato, nonostante comprendesse che combattere ancora i Nyoka sarebbe stata pura follia, nonostante si rendesse conto che – seppur fregiato di un soprannome da abile cacciatore – lui ancora non era altro che un bambino, Lingua di Serpente si sentì infinitamente in colpa. Nel buio della jungla, quella notte pianse. Alzando gli occhi al cielo non vide neanche la luce di Lhuixan, che spesso gli aveva fatto compagnia nelle notti trascorse a cacciare fuori dal villaggio con suo padre. Era solo, disperato, impotente ed impaurito, come uno spirito in Giza.
Fu una dura lezione per Lingua di Serpente, che fino ad allora si era sempre dimostrato esuberante e sentito in grado di affrontare qualsiasi pericolo. Ma più un fuoco brucia veloce, prima si spegne. Il suo animo venne quasi completamente annullato e così comprese, nel più atroce dei modi, che anche se ci crediamo invincibili possiamo cadere nel tempo di un battito d’ali. Per la tribù di Nukubame lui non era nulla, talmente innocuo che venne persino lasciato in vita, inutile e disprezzato. Arrivò persino a chiedersi se le sue preghiere raggiungessero Mawu o se rimanessero vuote, come il suo cuore in quel momento.
Nello sconforto però Lingua di Serpente fu investito da un’altra verità, oltre a quella dell’ineluttabilità della nostra sorte. Pensò alle storie che era solito sentire intorno al fuoco, quando con gli altri fratelli si narravano racconti e leggende della tribù: una delle sue preferite, seppur considerata triste e sventurata da molti, era quella della distruzione della città di pietra e della punizione di Wukamota. Ciò che lo aveva sempre affascinato era lo spirito di Mombata, la sua determinazione e la sua incrollabile forza. Nel delirio dell’attacco dei draghi verdi, Mombata era riuscito a guidare la sua gente verso la salvezza, dando poi vita a quel villaggio chiamato Waka Nui. Eppure Mombata era solo un uomo: un uomo che, al cospetto del giudizio di Mawu, aveva però lottato e cambiato un destino che pareva ormai segnato. Waka Nui era la dimostrazione della forza di un uomo e Lingua di Serpente, cresciuto a Waka Nui, avrebbe ereditato lo spirito di quel villaggio.
Rialzandosi, Lingua di Serpente corse nel fitto della jungla, giurando a se stesso ed a Mawu che sarebbe cresciuto senza mai arrendersi ed avrebbe compreso il vero significato dell’essere forti…
Lingua di Serpente aprì gli occhi, svegliato dal fruscio del vento tra le fronde degli alberi. Alzandosi, ripensò al sogno che aveva appena fatto. Più che un sogno vero e proprio in realtà era un ricordo di qualche anno prima, al tempo in cui fu costretto a lasciare Waka Nui ed a cercare rifugio nella jungla. Da allora era sempre rimasto solo, cacciando e pregando, imparando e sopravvivendo. Era ormai più che abituato alla solitudine, eppure per qualche motivo quella mattina si sentì a disagio. Tirò fuori da un involto una piccola radice verde ed iniziò a masticarla, mentre rimuginava ancora sul sogno ed i pensieri che ne erano conseguiti. Trascorse diverse ore in quello stato, scandendo il passare del tempo con il consumarsi delle piccole radici che amava masticare. Quando la sua mano si spostò in maniera automatica verso l’involto che conteneva le piante e non trovò nulla da afferrare, Lingua di Serpente parve destarsi da ciò che lo aveva tenuto concentrato fino a quel momento. Con un verso di disapprovazione osservò l’involto vuoto e scosse la testa.
“Inutile attendere ancora. Tempo di andare.”
Lingua di Serpente raccolse il suo arco e si incamminò con passo spedito verso il fiume. Aveva visto diverse volte dei Qwaylar arrivare con una zattera in quei pressi ed aveva intenzione di farsi accompagnare al loro villaggio; la carne fresca che si era procurato il giorno prima a caccia sarebbe stata sufficiente per lo scambio. Finora, ascoltando senza farsi notare e scrutando senza essere visto, aveva solo sentito parlare di Timata Ora: ora era finalmente giunto il tempo di vedere con i suoi occhi.
Volse un’ultima volta lo sguardo nella direzione in cui sapeva trovarsi Waka Nui, prima di andare avanti. In quel momento si chiese se il richiamo dei suoi fratelli sarebbe stato più forte di quello della jungla. Stringendo la mano sull’impugnatura dell’arco si girò verso il fiume e proseguì, proprio mentre faceva la sua comparsa una zattera con diversi qwaylar a bordo…

Ciclo di Gu (ovvero Granaio, A.I. 284) – Jungla di Waka Nui
Erano trascorsi diversi viaggi di Shoixal e Lhuixan dalla notte in cui Nukubame aveva attaccato il villaggio di Mombata, Waka Nui. Lingua di Serpente era solo un bambino allora, ma ricorda ancora il terrore che aveva provato nel vedere quei “fratelli” qwaylar che assalivano il villaggio con una foga a lui sconosciuta. Nei loro occhi era così facile scorgere l’odio ed il disprezzo che difficilmente non se ne veniva sopraffatti, cadendo prede di una paura quasi ancestrale. Seppur giovane, Lingua di Serpente comprese che la resa dei Qwaylar di Waka Nui fu l’unico modo per salvare le loro vite, dal momento che molti fratelli caddero in occasione dell’attacco di Nukubame, compresi suo padre e sua madre.
Eppure, nonostante sapesse che non avrebbe potuto fare nulla per cambiare le sorti di quello che era stato, nonostante comprendesse che combattere ancora i Nyoka sarebbe stata pura follia, nonostante si rendesse conto che – seppur fregiato di un soprannome da abile cacciatore – lui ancora non era altro che un bambino, Lingua di Serpente si sentì infinitamente in colpa. Nel buio della jungla, quella notte pianse. Alzando gli occhi al cielo non vide neanche la luce di Lhuixan, che spesso gli aveva fatto compagnia nelle notti trascorse a cacciare fuori dal villaggio con suo padre. Era solo, disperato, impotente ed impaurito, come uno spirito in Giza.
Fu una dura lezione per Lingua di Serpente, che fino ad allora si era sempre dimostrato esuberante e sentito in grado di affrontare qualsiasi pericolo. Ma più un fuoco brucia veloce, prima si spegne. Il suo animo venne quasi completamente annullato e così comprese, nel più atroce dei modi, che anche se ci crediamo invincibili possiamo cadere nel tempo di un battito d’ali. Per la tribù di Nukubame lui non era nulla, talmente innocuo che venne persino lasciato in vita, inutile e disprezzato. Arrivò persino a chiedersi se le sue preghiere raggiungessero Mawu o se rimanessero vuote, come il suo cuore in quel momento.
Nello sconforto però Lingua di Serpente fu investito da un’altra verità, oltre a quella dell’ineluttabilità della nostra sorte. Pensò alle storie che era solito sentire intorno al fuoco, quando con gli altri fratelli si narravano racconti e leggende della tribù: una delle sue preferite, seppur considerata triste e sventurata da molti, era quella della distruzione della città di pietra e della punizione di Wukamota. Ciò che lo aveva sempre affascinato era lo spirito di Mombata, la sua determinazione e la sua incrollabile forza. Nel delirio dell’attacco dei draghi verdi, Mombata era riuscito a guidare la sua gente verso la salvezza, dando poi vita a quel villaggio chiamato Waka Nui. Eppure Mombata era solo un uomo: un uomo che, al cospetto del giudizio di Mawu, aveva però lottato e cambiato un destino che pareva ormai segnato. Waka Nui era la dimostrazione della forza di un uomo e Lingua di Serpente, cresciuto a Waka Nui, avrebbe ereditato lo spirito di quel villaggio.
Rialzandosi, Lingua di Serpente corse nel fitto della jungla, giurando a se stesso ed a Mawu che sarebbe cresciuto senza mai arrendersi ed avrebbe compreso il vero significato dell’essere forti…
Lingua di Serpente aprì gli occhi, svegliato dal fruscio del vento tra le fronde degli alberi. Alzandosi, ripensò al sogno che aveva appena fatto. Più che un sogno vero e proprio in realtà era un ricordo di qualche anno prima, al tempo in cui fu costretto a lasciare Waka Nui ed a cercare rifugio nella jungla. Da allora era sempre rimasto solo, cacciando e pregando, imparando e sopravvivendo. Era ormai più che abituato alla solitudine, eppure per qualche motivo quella mattina si sentì a disagio. Tirò fuori da un involto una piccola radice verde ed iniziò a masticarla, mentre rimuginava ancora sul sogno ed i pensieri che ne erano conseguiti. Trascorse diverse ore in quello stato, scandendo il passare del tempo con il consumarsi delle piccole radici che amava masticare. Quando la sua mano si spostò in maniera automatica verso l’involto che conteneva le piante e non trovò nulla da afferrare, Lingua di Serpente parve destarsi da ciò che lo aveva tenuto concentrato fino a quel momento. Con un verso di disapprovazione osservò l’involto vuoto e scosse la testa.
“Inutile attendere ancora. Tempo di andare.”
Lingua di Serpente raccolse il suo arco e si incamminò con passo spedito verso il fiume. Aveva visto diverse volte dei Qwaylar arrivare con una zattera in quei pressi ed aveva intenzione di farsi accompagnare al loro villaggio; la carne fresca che si era procurato il giorno prima a caccia sarebbe stata sufficiente per lo scambio. Finora, ascoltando senza farsi notare e scrutando senza essere visto, aveva solo sentito parlare di Timata Ora: ora era finalmente giunto il tempo di vedere con i suoi occhi.
Volse un’ultima volta lo sguardo nella direzione in cui sapeva trovarsi Waka Nui, prima di andare avanti. In quel momento si chiese se il richiamo dei suoi fratelli sarebbe stato più forte di quello della jungla. Stringendo la mano sull’impugnatura dell’arco si girò verso il fiume e proseguì, proprio mentre faceva la sua comparsa una zattera con diversi qwaylar a bordo…

