Qui i giocatori di The Miracle lasciano imprese, poesie, narrare eventi e grandi avventure avvenute e in svolgimento su Ardania. Linguaggio strettamente ruolistico.
Sotto lo scricchiolio di ormai antiche canne della giungla impervia del Watan mi infilo una ciocca selvaggia dietro l'orecchio
e faccio del mio meglio per restare seduta tranquilla. Ivambu resta seduto di fronte a me, aggrotta le sopracciglia per la concentrazione
e così facendo le grinze sulla sua testa rasata si accentuano. Son poche le volte in cui lo si può scorgere senza maschera rituale,
il suo sguardo dietro di essa è penetrante e introspettivo quanto basta per mettere in imbarazzo.
Anche stavolta era lì, meditabondo su come poter togliere dai guai tre bambine senza ormai dimora. L'avevamo fatta grossa.
Restava lì a meditare mentre noi, afflitte, respiravamo quasi senza far rumore aspettando la sua parola.
Sapevo che era colpa mia, avrei voluto gridare che fosse stata colpa mia ma sapevo già quale sarebbe stata la risposta di Rakakta.
Siamo sorelle e abbiamo sempre condiviso tutto da quel giorno.. Anche i momenti peggiori.
Ed eccoci qui, ad attendere la punizione per avere commesso un errore che ha destabilizzato la pace della vallata.
Mentre giocavamo, io e Nliwa abbiamo esagerato negli schiamazzi e senza accorgercene ci siamo addentrate vicino alle pianure delle idree centenarie.
I loro sguardi si son posati su di noi mettendo in agitazioni le madri in difesa delle uova. Il risultato fu uno spostamento del branco e
la distruzione di alcune piantagioni destinate al nostro sostentamento.
Ivambu apre finalmente gli occhi e mi guarda.
Tiro indietro le spalle e spingo in avanti il petto per raddrizzandomi
però avrei voluto piegarmi sotto il peso del suo sguardo.
Per qualche minuto sento alle mie spalle l'apprensione di Rakakta e Nliwa ma decido di affrontare le mie colpe.
Ivambu lo predicava spesso.
<< Qwaylar mà deve scappa, cresce e affronta sfide. Sarà spiriti a decide se vive o mà.>> Con un cenno di assenso, libera Nliwa e Rakakta ma il suo sguardo si sofferma su di me.
Malgrado la mia agitazione so che devo restare.
Le mie due sorelle stanno uscendo dalla capanna, poi Rakakta esita..
Sento i suoi passi soffermarsi sulla porta, il suo sguardo su di me. Fatico a trattener le lacrime,
so bene cosa vorrebbe dirmi. Decisa, ricambio lo sguardo di Ivambu.
...Attimi di silenzio e di soli sguardi...
"Sente solo Jungla.."
<< Mewah.. Ascolta. Cosa sente?>>
Stupita della domanda faccio correre lo sguardo verso la finestra
che lascia irradiare i colori del mattino e il plumbeo colore delle nuvole.
"Sente.. Cosa sente ora?"
Chiudo gli occhi concentrandomi.
.
.
.
*Tump*
Sentendo il tonfo sollevo sorpresa le sopracciglia.
.
.
.
*Tu-tump*
Riapro gli occhi cercando lo sguardo di Ivampu.
Senza che me ne accorgessi ha posato la mano sulla mia testa e mi guarda dall'alto, restando in piedi.
Mi sorride, un sorriso strano e incomprensibile.
<< Sentirà.. E' tuo destino.
Mà pensa a altro.>> Sentendolo avverto un nodo alla gola che mi costringe a deviare lo sguardo.
Sembra vedere quel che io non riesco a vedere.
A Kaniga Wata tutti dicono il contrario, cacciandomi. Ripetono che son lontana dagli spiriti
perchè rifuggo dalla vita del villaggio e dalle regole che esso impone.
Costringendo anche Rakakta e Nliwa a seguirmi, lontano dagli altri..
*Tud*
.
*Tud*
..Passi.. Passi pesanti e fruscio d'erba.. Dischiudo appena gli occhi ancora pesanti per la notte passata a riposare.
Scosto appena le pelli calde per sollevarmi e resto seduta, intontita ancora dal sogno fatto.
Pigramente guardo accanto a me e lo sento respirare. Makhai, il lupo nero gigante aveva dormito accanto a me quella notte.
Mi lascio scappare un sorriso e mi alzo veloce per godermi le luci del mattino.
Mi avvio verso l'uscita del tempio e mi fermo sull'uscio,
ascoltando l'acqua che si infrange sulla vegetazione, gli animali al loro risveglio.
I passi dei due Naa'Har che scivolano sull'erba riecheggiano nel primo mattino tra le rocce muschiate.
Probabilmente sono stati loro, con la loro cadenza lenta e pesante, a risvegliare i miei ricordi nel sonno. Sorrido.
Chiudo gli occhi, ricordando quel che è passato. Concentrandomi riesco a sentire la Giungla che mi circonda.
"..Mewah sente Lei, Ivambu. Jungla respira e vive."
Last edited by Mewah on Sun Jan 19, 2020 1:26 am, edited 5 times in total.
ꕥ Huine, l'ultima Icq:727009089Discord: qtlibra Fu Alkard Donegal, Mewah, Nuii en'Doron e tanti altri meno conosciuti. #SfasciaGilde #DispensatriceDiDeleteDiMassa #LaSuperba #TenoriTaiga #Cacarona #PatogenoRaro #Cavalcademoni
<<Cosa tu vole trova in altro luogo, Mewah?
Tu mà troverà quello che cerca se mà guarderà dentro di te.
Solo Spiriti sape sempre tutto perchè sape dove deve guardare. Impara da loro..>>
Ivambu aveva sempre una risposta per tutto.
Eppure io sapevo che non poteva comprendere la vera motivazione che mi teneva distante
da Kaniga Wata e ancora mi avrebbe allontanato da tutti.
"Mà ese Mewah sbagliata. Ese loro che mà capisce!"
Mi mordo le labbra quasi fino a farmi male per soffocar tutte le emozioni che mi nascon nel petto
e mi fiondo nella giungla del Watan, l'unico posto dove mi sento trasparente.
Dove tutto è puro, senza alcun inganno, senza dogmi o regole dettate da ragionamenti stupidi.
E' tutto semplice istinto, adrenalina, paure recondite e desiderio di vita.
Cos'altro potrebbe servire?
Cos'altro dovrei cercare?
<<Troverà chi sceglierà te, Mewah. Concentra tuoi pensieri su spiriti, mà su altro.>>
.
.
.
<<......wah..>>
<<Mewah>>
Mi scuoto sentendomi chiamare, anche se lo sguardo era da tempo
posato sul suo viso mi ero persa di nuovo nei ricordi.
<<Deve stare attenta quando io parla, Mewah.>>
<<Abe ragione, scusa Tlatoani.>> mi sforzo di rispondere,
cercando di focalizzar bene il discorso. Ormai da diversi cicli Spire Nere
si sta occupando della mia preparazione,
aiutando lo Djemba a rendermi un buon Makap.
Il controllo del territorio, conoscere la Giungla e i suoi pericoli.
Ogni tana, grotta o sentiero. Animali, altre tribù. I Kokaroti.
Ogni dettaglio potrà un giorno salvarmi la vita e devo conoscerlo.
.
.
.
<<Tu sape dove deve guarda, Mewah?>>
.
Al villaggio la vita era diversa adesso. In genere rifuggivo da tutto e tutti.
Perchè avrei dovuto avvicinarmi? Avevo tutto quel che serviva.
Ma mi sbagliavo.
Da quando ero arrivata a Timata Ora c'era una qwaylar che aveva distrutto ogni mia certezza,
rimodellata e rimontata al giusto posto. Sembrava che adesso, nel guardar coi suoi occhi,
ogni cosa fosse diversa ed avesse finalmente senso.
Il Tlatoani è colui che guida la tribù e conosce la giungla, rispetta le leggi e
porta prosperità al popolo, rendendolo degno agli occhi degli Spiriti.
Lei sembrava scorger al di là del fumo che nasceva dal cuore delle fiamme,
il suo spirito sembrava privilegiato quando interrogava gli spiriti e
cercava una risposta.
Non posso che aver timore reverenziale di lei,
irrigidisco le spalle mentre mi osserva con espressione imperscrutabile dal trono dei Tlatoani mentre attende il resoconto della prova.
Tra qualche ciclo potrò dimostrare che il mio ruolo è stato ponderato con attenzione,
sono decisa questa volta e Rakakta appoggia il mio voler darmi da fare.
Non avevo mai preso una decisione simile e stavolta non avrei avuto ripensamenti.
Chiude gli occhi dopo aver avuto la mia risposta e prende un lento respiro.
<<Tu deve ancora conosce parte antica di Jungla. Viene.>>
Mentre Spire Nere si solleva dal trono il respiro che non mi sono accorta
di aver trattenuto esce con forza mentre mi alzo per seguirla.
Con gli altri Qwaylar di Timata ora ci avviamo verso il Cuore della Giungla, dove gli Spiriti abitavano all'inizio di tutto,
dove ancora li si può percepire e ritrovare, vivendoli nelle melodie che il popolo ancora canta al Grande Fuoco.
Sorrido tra me. Capisco. Seguo ancora i suoi passi mentre cerco di ascoltare ogni minuzia delle sue parole, delle sue spiegazioni.
Guardar con occhi diversi mi aiuterà a comprendere.
"E' questo che tu voleva dire, Ivambu?"
ꕥ Huine, l'ultima Icq:727009089Discord: qtlibra Fu Alkard Donegal, Mewah, Nuii en'Doron e tanti altri meno conosciuti. #SfasciaGilde #DispensatriceDiDeleteDiMassa #LaSuperba #TenoriTaiga #Cacarona #PatogenoRaro #Cavalcademoni
Il giovane qwaylar era seduto davanti al totem del Tempio nella Giungla
con le gambe e le braccia incrociate, vicino a lui c’era Tuahmoemo,
il suo gigantesco fratello Naa’har: ogni tanto girava la testa
in risposta ai vari rumori della Giungla muovendo lentamente
i tentacoli che ornavano la sua testa.
Erano successe molte cose in quel periodo
e il giovane nacactu’har
decise di prendersi del tempo
per una lunga meditazione.
Le immagini scorrevano nella sua mente,
soprattutto quello che era successo nella Giungla
con i barili tossici e quello che si era fatto per salvarla
collaborando con Timata Ora e i Corsari Scarlatti.
L’aiuto più significativo venne dall’anziana Mumusa,
che viveva nella profondità della Giungla e dalle sue erbe.
Nella mente di Orgad era ancora vivo il profumo
di quest’ultime, raccolte personalmente.
Iniziò a rilassarsi concentrandosi il più possibile
per svuotare la mente ma ecco che risuonarono
le parole che Mewah gli disse una sera. “Quando avrà supera limiti di Orgad, inizierà a capisce quando e perché chiama Wendigo”.
Più tempo passava e più il giovane qwaylar capiva
che un dono fosse anche una grande responsabilità
e che Mawu concede le cose più importanti superando prove difficili.
La mente andò alle cacce fatte in Giungla insieme a Tuahmoemo.
Il giovane nacactu’har voleva riuscire a condividere qualsiasi cosa:
il ricordo dei ruggiti della Giungla,
il profumo e il sapore della carne gustata la sera prima
dopo essere andato a caccia con il suo fratello spirituale…
Sì, la caccia…il correre come gli altri figli di Mawu alla ricerca di prede,
come i gazer o gli uomini pesce…
affondare i denti nelle loro carni e sentire il sangue colare dentro la gola…
Che stava succedendo?
Nella mente sentiva una forte pressione e davanti a lui
iniziò a palesarsi del nero fumo denso, accompagnato da uno sconfortante senso di inquietudine.
Iniziò a piovere e Orgad si leccò le labbra …
ma non era acqua bensì sangue…stava piovendo sangue.
Il giovane nacactu’har sentì un forte bruciore al petto
e respirare stava diventando sempre più difficile.
L’ombra oscura cresceva sempre di più e sentiva come se lo stesse risucchiando.
Ne era terrorizzato ma allo stesso tempo ammaliato
e si sentì come se stesse per precipitare in quell’oscurità.
Poi ecco che avvertì forti vibrazioni:
all’inizio erano lontani ma poco a poco ecco farsi sempre più vicine come dei passi molto pesanti.
Ad ogni tremito Orgad si sentiva come tirato su dal baratro
finchè ogni rumore cessò all’improvviso.
Provò stando in silenzio a percepire ogni minima vibrazione proveniente da ciò che lo circondava,
poi sentì un dolore sordo alla testa che gli fece perdere ogni concentrazione.
Riprendendo i sensi si accorse che era ancora seduto davanti al totem e si voltò.
Vide Mewah con molti frutti della Giungla e pelli tra le braccia,
dietro di lei incombeva l’enorme sagoma della sorella Hekimayaroho,
uno dei frutti si trovava invece di fianco a lui.
Si massaggiò la testa dolorante e capì che la nacactu’har gli aveva lanciato il frutto per svegliarlo.
Facendo un sospiro mentre portava il ricavato della caccia dentro il tempio,la ragazza disse: "Face attenzione a dove Orgad mette testa, ombre di Jungla pote mangia senza che tu vole”.
Poi il giovane qwaylar si voltò a guardare il suo fratello Tuahmoemo
e si accorse che anche lui lo stava fissando.
Con un profondo respiro Orgad si alzò massaggiandosi la fronte,
come preso da un leggero capogiro
e sentendo un forte brontolio allo stomaco
capì che per quel giorno poteva bastare e che doveva mettere qualcosa sotto i denti.
Tuahmomemo ed Hekimayaroho fecero un verso complice tra loro muovendo i tentacoli
e Mewah uscì dalle stanze del tempio tirando fuori un sacchetto con dentro frutta e selvaggina.
I due nacactu’har quindi si sedettero davanti al fuoco e iniziarono mangiare,
in compagnia dei loro naa’har.
Orgad stava sistemando le erbe raccolte in Giungla dentro il Tempio.
Mentre metteva in ordine le varie tipologie di piante e muschi,
iniziò a pensare quanto tempo era passato e quante cose di lui
erano cambiate da quando aveva deciso di intraprendere la strada del Nacactu’har.
Tutto era iniziato con dei terribili incubi che faceva ogni notte
dentro la capanna che non riuscivano a farlo più dormire.
Orgad era stato Chimalli di Timata Ora,
aveva combattuto e ucciso molti nemici con la ferocia e la furia di Xangò
sentendosi quasi invincibile…ma questo nemico era diverso…
non vi era alcuna lancia che potesse difenderlo da questo tormento.
Il sogno si ripeteva sempre e uguale in quella vicenda: il suono del tamburo,
il fumo negli occhi ...l’oscurità…il gelo e la morte.
Poi ecco la Giungla intorno a lui che appassiva e moriva,
gli animali erano scheletrici, deformi, senza vita e gli davano la caccia.
Lui correva ma essi lo raggiungevano e lo dilaniavano,
gli divoravano le membra mentre lui restava agonizzante ma vivo e urlava…
urlava così forte da svegliarsi tutto ricoperto di sudore
e non riusciva più a riprendere sonno.
I giorni passavano e il giovane qwaylar iniziava a perdere l’appetito
ma soprattutto diventava sempre più taciturno,
nessuno sembrava potesse capirlo, aiutarlo o dargli delle risposte.
Doveva restare forte, senza pensieri
perché il pensare troppo faceva male a un Chimalli
e doveva soltanto dedicarsi ai suoi doveri per il villaggio.
Ma stavolta no…Orgad cedette.
Nonostante tutte le vicissitudini successe in quei giorni
e tutto si era risolto al meglio, il giovane qwaylar si addentrava
sempre più spesso nella Giungla.
Lo sguardo di Orgad andava agli animali e agli alberi
come se volesse percepire le loro voci e quelle degli Spiriti,
come se la Giungla potesse dargli una risposta
e mettere fine a quegli orrendi incubi…ma invano.
Poi un giorno mentre si avvicinò al Tempio nel cuore della Giungla
in cui non poteva addentrarvici: prese la decisione.
Avrebbe voluto capire davvero il richiamo della Giungla,
l’avrebbe difesa, avrebbe aperto la sua mente a Mawu
anche a costo di dover spezzare la sua lancia
e vivere per sempre nella Giungla tra gli animali e gli alberi.
Soltanto una qwaylar avrebbe potuto spiegargli e guidarlo verso questa decisione.
Quindi senza esitazione iniziò a correre alla ricerca della sorella…Mewah.
Improvvisamente arrivò uno schiaffo sulla nuca del giovane nacactu’har
che gli fece interrompere quei ricordi.
Si voltò e vide Mewah che lo guardava con sguardo di rimprovero dicendo “Orgad pensa troppo, perde tempo e mà ascolta,
movece che dobbiamo andare a Timata Ora pe parlace di rituale insieme”.
Massaggiandosi la nuca fece un mezzo sorriso da ebete come per scusarsi e la seguì.
Una sera Mewah invitò Orgad a seguirla
lì dov’è possibile sentire i vecchi sussurri dei Naa’har.
Salutato il custode di quel luogo
si sedettero davanti al corso della piccola cascata.
Si trovavano in uno dei luoghi più sacri del popolo qwaylar.
Gli Spiriti degli antichi e giganteschi Naa’har fluttuavano nell’aria
e passavano vicino a loro, sfiorandoli e senza fargli alcun male.
La Capobranco sembrava molto pensierosa
e il giovane nacactu’har la guardò incuriosito,
Mewah gli rammentò di quando Orgad iniziò il suo percorso
e i vari passi che nel tempo fece avanti,
iniziò così a parlare di argomenti ormai dimenticati.
Parlando iniziò a spiegargli il comportamento dei fiumi,
i loro cambiamenti e aggiunse “Quando noi comprende… Saprà forse co Mawena di Mawu modifica suo corso”
e queste parole rimasero impresse nella mente del ragazzo.
La qwaylar decise di rientrare al Tempio
e lui rispose che sarebbe rimasto ancora lì.
Lei annuì e alzandosi diede due pacchette
sulla zampa del fratello di Orgad prima di andarsene.
Il nacactu’har chiuse gli occhi e iniziò a concentrarsi
cercando con tutti i sensi di percepire l’ambiente attorno a lui.
Una mano la poggiò sulla superficie dell’acqua cercando di sentirne l’essenza.
Voleva anche condividere il respiro e la concentrazione con Tuahmoemo
facendolo avvicinare di più e appoggiò l’altra mano su un tentacolo.
Lentamente iniziò a sentire un calore familiare e piacevole
e gli sembrò di diventare un tutt’uno con il flusso dell’acqua.
Annullando ogni distrazione era entrato
in una profonda pace e quiete interiore.
Una voce iniziò a parlargli nella mente,
non l’aveva mai sentita prima eppure gli era molto familiare.
Il giovane nacactu’har,
restando sempre con gli occhi chiusi,
fece lenti movimenti con la testa
cercando di capire da dove provenisse quella voce.
“…Ma hai saputo scegliere
la giusta direzione finora,
facendo dei tuoi compagni di viaggio
un tesoro prezioso”
Infine il giovane nacactu’har capì
che a parlargli fosse proprio il suo fratello Naa’har.
Per la prima volta i loro cuori batterono ad unisono…
Orgad e Tuahmoemo avevano finalmente
saldato indissolubilmente il loro legame.
Orgad felice si alzò, raccolse dell’acqua
e la verso sulle zampe di Tuahmoemo
come segno della loro unione
e del loro cammino nel percorso come il flusso dell’acqua.
I due fratelli
rimasero così
in quel luogo
per tutta la notte
rafforzando il loro legame.
Per tutto il giorno Orgad era rimasto assorto in profonda meditazione.
Non aveva toccato né cibo, nè acqua, non ne sentiva il bisogno.
La concentrazione era al massimo e i sensi accentuati.
Il giovane nacactu’har aveva atteso la notte per prepararsi
al rituale che doveva affrontare.
Era la serata più importante della sua vita...
oppure...sarebbe stato il suo ultimo ricordo.
Eccolo, assetato si avvicina alla riva del lago.
Scosso, per aver affrontato la prova
più difficile della sua vita,
fiero per averla superata.
Nella mente di Orgad
ancora risuonava
la voce di Tuahmoemo,
il suo fratello naa’har
incontrato mentre era in trance.
“Orgad ese giunto fino a qui tuo percorso…”
Un nuovo sentiero ora era davanti al giovane nacactu’har…
Un sentiero che avrebbe percorso
correndo insieme al Branco
per proteggere la Giungla.
Si abbassò, immerse le mani
nell’acqua per raccoglierla
e bevve voracemente.
Sentiva i muscoli delle gambe forti e scattanti,
pronti per compiere lunghe falcate.
Si guardò le mani, non erano più quelle di un qwaylar,
erano pelose con lunghi artigli.
Si sporse sullo specchio d’acqua
e vide il suo volto animalesco che ringhiava.
Non ne rimase turbato poiché si riconobbe;
Aveva il controllo del suo corpo e della sua mente.
Alzandosi lentamente volse la testa al cielo,
vedendo la luna piena
emise un forte ululato,
tanto potente che
gli animali della Giungla
risposero forte alla voce del nuovo Wendigo.
Why Would you Settle for Less when you can have More? Do not let other Authors Fool you with Empty Marketing Keywords. FLATBOOTS is what you Deserve. Built to last, Built from Scratch, Nothing Less.